
Un film misurato che non cede al discorso militante ma resta ancorato alla sua protagonista. In concorso.
di Marzia Gandolfi
Cresciuta nelle banlieue parigine e in seno a una famiglia musulmana, di origine algerina, Fatima non sa dove ‘mettersi’. Ama il calcio e le donne, la sua famiglia e dio, senza riuscire a conciliarle e a riconciliarsi con se stessa. Per fare ordine balla sul dancefloor o dialoga con l’Imam, attraversando senza paura le sue contraddizioni.
Adattamento del romanzo omonimo (e autobiografico) di Fatima Daas, La petite dernière è un gesto di cinema di grande purezza. Per Hafsia Herzi è prima di tutto una questione d’amore, di emancipazione e costruzione personale di una ragazza musulmana che ama le donne e abita un ambiente religioso, sociale e familiare intrinsecamente intollerante.
Hafsia Herzi resta sobria, eludendo pathos e caricatura, e trovando un’attrice ispirata che dona a Fatima la complessità necessaria. Dal punto di vista formale, il film resta misurato, nessuna oscillazione della m.d.p., nessuna illusione documentaristica ma un’attenzione costante alla grana della realtà.