Anno | 2023 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Svizzera, Italia |
Durata | 95 minuti |
Regia di | Luc Walpoth |
Attori | Iazua Larios, Ursina Lardi, Alessio Lapice, Bruno Todeschini, Fabio Troiano Christina Rosamilia, Orfeo Orlando, Alberto Albertino, Hedy Krissane. |
Uscita | giovedì 11 gennaio 2024 |
Tag | Da vedere 2023 |
Distribuzione | Casa delle Visioni |
MYmonetro | 3,44 su 4 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 21 dicembre 2023
Un dramma sociale al contempo malinconico e pieno di speranza che esalta le piccole cose e dà voce agli "esclusi" di una società basata sulla competitività. In Italia al Box Office Peripheric Love ha incassato nelle prime 6 settimane di programmazione 4,9 mila euro e 3,5 mila euro nel primo weekend.
CONSIGLIATO SÌ
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Torino. Giorgio lavora come guardiano notturno in una fabbrica che rischia la chiusura. Maria, sua moglie, è messicana ed è la colf della famiglia del direttore della fabbrica la cui moglie è figlia del proprietario. A Maria piacciono i bambini ma non può averne perché Giorgio è sterile. Un giorno però, senza aver avuto rapporti con nessun altro, Maria si scopre incinta.
Una Torino industriale, periferica e da ville in collina fa da personaggio in una storia che mette a confronto razionalismo e speranza.
In produzioni cinematografiche che sembrano spesso orientate a trovare una collocazione
su una delle piattaforme disponibili sottomettendosi, in tutto o in parte, alle regole da esse
dettate, è raro trovare film come questo. Opera prima di Luc Walphot, che ha però
un'importante esperienza nel campo dell'audiovisivo, la vicenda di Giorgio e Maria si
presenta come una riflessione non sugli individui ma sulle persone. Questo secondo
termine porta con sé il bisogno di relazionarsi agli altri sperando di poter essere compresi.
È quello che i due hanno fatto scegliendosi e accettando una condizione di non
genitorialità. Giorgio con una rassegnazione dettata dalla ragione, Maria conservando viva
una speranza alimentata dalla fede religiosa.
Nel momento in cui il 'miracolo' avviene a lui
crolla tutto addosso. Però un tratto della sua personalità ci ha aperto uno spiraglio di
speranza. Giorgio ama riparare le cose rotte o che comunque non funzionano più. Il
problema è che a non funzionare più in questa società non sono solo i rapporti
interpersonali ma anche un mondo del lavoro in cui la precarietà è diventata la regola.
Mentre si mettono in scena le differenze sociali che fanno sì che Maria sia e resti
comunque la colf sulla cui sorte si può decidere anche se ha un ottimo rapporto con il figlio
dei datori di lavoro, un aiuto e un sostegno possono giungere da chi, per motivi diversi, si
colloca come periferico nelle dinamiche sociali.
Il giovane sacerdote (che vediamo muoversi in una chiesa praticamente deserta) e la prostituta transgender, che Giorgio in qualche modo si trova ad aiutare, possono costituire lo specchio in cui i due possono trovare quell'immagine reale di se stessi che sembrano non essere più in grado di offrirsi reciprocamente. Torino diventa così il luogo in cui sviluppare credibilmente una vicenda che si snoda tra la zona industriale, la periferia e la villa in cui vivono un rapporto ormai raggelato i datori di lavoro di entrambi i coniugi. Walpoth sa come scavare sia nel volto teso di Fabio Troiano sia nella dolce (ma anche combattuta) fede/fiducia di Iazua Larios. Un finale un po' più sospeso e quindi meno esplicito avrebbe forse lasciato allo spettatore uno spazio di adesione personale e non etero diretta ancora più ampio. Questo però non toglie valore a un film coraggioso e, di fatto, anticonformista.
Cromatismi e ritmo piatti in quell'indugiare sull'immagine che fa cinema arty e richiama il mélo francese, anche se il giovane Luc Walpoth è svizzero, abita a Los Angeles e ambienta il suo esordio (dopo Baby Money, co-firmato) sulle colline di Torino. Stampato sulla bocca, il sorriso di Maria (Iazua Larios) - messicana, quindi domestica (rubacchiona) per vocazione - è il segnale del miracolo.
Capita alle volte di trovare film che affrontano temi sostanzialmente cattolici con un approccio squisitamente laico. Capita da tempi non sospetti in verità, come quando Anna (1951) di Alberto Lattuada, concepito come vehicle per la nuova diva Silvana Mangano e grande successo di quella stagione, raccontava la vicenda di una ex ballerina di nightclub ora novizia-infermiera impegata in ospedale, spostando [...] Vai alla recensione »
Che un film di finzione svizzero venga distribuito in Italia rappresenta sempre una bella notizia. Spesso si dice, anche ingiustamente, che le pellicole italiane non abbiano sbocchi oltre Chiasso, ma è ancora più difficile che una elvetica superi il confine e trovi visibilità da noi. Ci riesce "Peripheric love", il secondo lungometraggio dello zurighese Luc Walpoth che è presentato un anno fa alle [...] Vai alla recensione »