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Inshallah a Boy, storia di una ribellione femminile, con tante sfumature e senza manicheismo. Con Mouna Hawa, interprete perfetta

Amjad Al Rasheed ha preso le mosse da fatti accaduti a una sua parente e ha provato a chiedersi che cosa potrebbe accadere se una donna dicesse no alle imposizioni sociali. Ambientato ad Amman. Da giovedì 14 marzo al cinema.
di Giancarlo Zappoli

mercoledì 28 febbraio 2024 - Recensioni

Nawal ha una figlia ancora bambina e vorrebbe concepire un altro figlio ma la morte improvvisa del marito sconvolge la sua vita. Il fratello dovrebbe sostenerla ma è comunque vincolato dal rispetto delle tradizioni. Il cognato, che aveva venduto un pick-up al marito e deve ricevere ancora delle rate di pagamento, inizia ad avanzare pretese pecuniarie. Se Nawal fosse incinta e se il nascituro fosse un maschio le cose cambierebbero.

Amjad Al Rasheed ha preso le mosse da fatti accaduti a una sua parente e ha provato a chiedersi che cosa potrebbe accadere se una donna si ribellasse alle imposizioni. Ha trovato nella sua attrice protagonista Mouna Hawa l'interprete perfetta (e riconosciuta con diversi premi a festival internazionali) per la sua Nawal. 

Il regista colloca l'azione ad Amman e in tal modo ci fa conoscere un'altra faccia dell'imposizione alle donne di codici di comportamento che alcune giocoforza interiorizzano accettandoli ed altre no. Al Rasheed è molto abile nel leggere anche le minime sfumature nelle espressioni dei suoi protagonisti ed è anche capace, e non era facile, di tenersi lontano dal manicheismo. 

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