Anno | 2023 |
Genere | Documentario, |
Produzione | Italia |
Durata | 95 minuti |
Regia di | Chloe Barreau |
Attori | Anne Berest, Laurent Charles-Nicolas, Ariane Deboise, Marco Giuliani, Anna Mouglalis Jeanne Rosa, Sébastien Ryckelynck, Rebecca Zlotowski. |
Uscita | mercoledì 13 settembre 2023 |
Tag | Da vedere 2023 |
Distribuzione | I Wonder Pictures |
MYmonetro | 3,72 su 4 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 11 settembre 2023
La vita della regista attraverso le parole delle persone che l'hanno amata. In Italia al Box Office Frammenti di un percorso amoroso ha incassato 26,6 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Dai primi anni '90, cioè dalla sua adolescenza, la regista Chloé Barreau ha iniziato a filmare con una videocamera digitale i suoi fidanzati e amanti, conservando le registrazioni. Oggi quelle immagini di feste casalinghe, uscite di gruppo e incontri amorosi, a volte clandestini, si collocano come contrappeso, pietra di paragone e rari documenti in dialogo con le interviste individuali che Barreau torna a registrare oggi con le stesse persone. Il fine è ricordare, a scopo terapeutico, dettagli, anche molto intimi, di ogni relazione, e confrontare le rispettive versioni delle cose, per capire cosa, nella memoria emotiva, sia rimasto. Un gioco di rispecchiamenti che presto si rivela una sorta di terapia individuale e in qualche modo anche di un gruppo. Tra i dodici interpellati, anche le attrici Anna Mouglalis e Jeanne Rosa e la regista Rebecca Zlotowski.
A chi appartengono i nostri ricordi? Ne siamo proprietari? Possiamo impedire a qualcuno di ricordarsi di noi? Con una serie di domande poco rassicuranti si apre questo girotondo tra (ex?) innamorati, ispirato, non solo nel titolo, al celebre saggio di Roland Barthes, quasi dichiarandosi come un suo aggiornamento.
In quelle pagine, precise nel sezionare chirurgicamente i molteplici sensi del linguaggio dei sentimenti, molti lettori alle prese con la fine di una storia hanno trovato conforto. Usando i VHS di Chloé come le voci di quella raccolta, il film sviscera le relazioni erotiche degli interpellati, sempre in rapporto alla protagonista, di cui tutti parlano ma che si materializza solo nelle immagini del passato.
Nel farlo, procede per parole e situazioni che tornano quasi identiche in ogni rapporto, dall'impeto del primo innamoramento alle finzioni e alle crudeltà, anche involontarie, di ogni fine. Tra il tempo e il contesto in cui fu concepito il saggio di Barthes e l'oggi, riaffiora in modo molto spontaneo il periodo delle prime esperienze, totalizzanti, acerbe e tuttavia fondanti. Che corrisponde anche all'era della diffusione delle prime mini DV portatili e dell'ubriacatura per i video diari, così come delle lettere ancora (per poco) scritte a mano e inviate via posta. I momenti di rilettura di quelle parole, l'irruzione diretta e spudorata, senza apparenti censure, in quel ragionare d'amore così privato e sincero, e le reazioni degli adulti nel ritrovarsele sotto gli occhi e in bocca, sono probabilmente i più toccanti del film. Anche perché costituiscono una tregua temporanea dal principio narcisista del film, che qui si apre chiaramente a uno spazio di identificazione forte.
Prodotto da Lynn, divisione di Groenlandia dedicata ai progetti a regia femminile, con la supervisione editoriale di Giulia Steigerwalt, Frammenti di un percorso amoroso è passato in Notti Veneziane alle Giornate degli Autori 2023. Chloé Barreau, classe 1976, parigina e romana d'adozione, riusa qui alcuni materiali dai suoi film precedenti, Stardust memories e Anna M. (mentre il successivo La colpa di mio padre, altra storia fortemente autobiografica, era stato selezionato dal Biografilm Festival nel 2012). Un'investigazione che, se per per iterazione della formula e autoreferenzialità seduttrice può a tratti risultare frustrante, d'altra parte è mossa da una volontà tenace, condivisibile, soprattutto temeraria: esporsi come oggetto cinematografico per sapere di non essere stati dimenticati da chi ci ha amato.
FRAMMENTI DI UN PERCORSO AMOROSO disponibile in DVD o BluRay |
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È risaputo che l’amore sia uno dei principali protagonisti del cinema. Non sembra però di averne mai sentito trattare all’interno di un documentario. Questa lacuna è stata finalmente colmata dalla regista francese Chloé Barreau, che a settembre ha presentato il suo "Frammenti di un percorso amoroso" alle Giornate degli Autori del festival di Venezia.
Certo, c’è il Roland Barthes di “Frammenti di un discorso amoroso” – ma qui il linguaggio che tenta di restituire l’insondabile e che alla fine non fa altro che certificare la solitudine di ognuno di noi, non è quello delle lettere ma del cinema. Poi Choderlos de Laclos con "Le relazioni pericolose" – per lo sforzo fisico dato dal moto interiore dell’animo e dal vergare incessante della penna, annodando insieme nomi, incontri, castità e tradimenti. Quindi, perché no?, Raymond Carver e “Di cosa parliamo quando parliamo d’amore” – il tentativo unico e irripetibile di strappare all’oblio una manciata di vite, per parlare di quello che li tiene insieme giorno dopo giorno, fino a quando tutto non sarà più.
Tante, troppe cose. Eppure succede questo prendendo un’esistenza, dall’inizio alla fine (o meglio, da quando il tuo corpo muta e inizia a provare cose mai sentite prima, per arrivare all’oggi dove ti guardi indietro e riesci a metterle in fila, quelle variazioni), e moltiplicandola con i vissuti di chi sta accanto, continuando a poggiare l’uno sopra l’altro dramatis personae, scene madri, finali ancora da scrivere. Una drammaturgia continua, in divenire, che si allarga incontro dopo incontro, racconto dopo racconto, risalendo indietro nel tempo e nelle genti fino al primo amore, alla prima storia.
Ma da dove parte Frammenti di un percorso amoroso, l’auto-documentario di Chloé Barreau presentato all'ultima Mostra del Cinema di Venezia all'interno delle Notti Veneziane delle Giornate degli Autori, e ora in sala con I Wonder Pictures? Parte dalla sua vita, è chiaro, con la regista che raduna (quasi) tutti i suoi amori del passato davanti ad una camera e, inscrivendo le dichiarazioni in differita di oggi dentro le riprese fatte da lei al tempo, srotola un flusso di confessioni, rimpianti, illuminazioni, bugie, silenzi, pentimenti che abbracciano tutto quello che è successo a lei con tutto quello che è accaduto agli altri.
Si può cominciare da lì, dalla gioventù senza tempo in un liceo del Quartiere Latino di Parigi, dove a inizio anni ’90 Chloé conosce Sébastien, il primo uomo e quindi il primo amore; oppure da Jeanne, la prima amica e il primo amore mai dato; o dopo, più avanti, da Laurent e Ariane, Laurent insieme a Chloé mentre Chloé trovava finalmente il suo primo corpo femminile in Ariane. E poi Rebecca, l’amica della sorella, Anne, il rovescio di Rebecca, la fuga con l’omosessuale Jean-Philippe, l’incontro in strada con Anna e Jean-Philippe che le lascia sole, quindi l’arrivo in Italia, un altro peso dell’amore, altre forme dei corpi, Bianca, Marina, Marco, infine di nuovo Parigi e lo iato a Barcellona con Carolina che iato non è...
La genealogia è quasi interamente ricostruita – di tutti i suoi compagni e compagne soltanto uno si è rifiutato di apparire, ma il risentirsi per il film ha permesso ad entrambi di riallacciare i rapporti; Anne, Anne Berest, con cui non parlava da venticinque anni e che adesso fa la scrittrice, invece ha accettato di esserci solo per rispetto dell’opera che Chloé stava edificando. Ma forse tocca andare ancora più lontano, al primo lavoro di Barreau, La faute a mon pere, assemblaggio della storia del padre, Jean-Claude Barreau, il prete militante che negli anni ’70 ha sconvolto la cattolicissima Francia annunciando il suo matrimonio con un’infermiera, poi storico, consigliere di Mitterand sull’immigrazione, presidente dell’Istituto Nazionale Francese sugli Studi Demografici. Una storia d’amore impossibile eppure raccontabile, simbolica ma vissuta appieno, e che ha trasmetto a Chloé l’unica forma possibile d’amore – idealistico, sublime, visionario.
Tempo fa Mario Perniola, adattando ai tempi l'assioma cartesiano, intitolava un articolo Sono visto dunque esisto. Il calembour ricorda un passaggio di Stan Brakhage (In difesa del cine-amatore) che citiamo a memoria: l'atto di vedere non può che compiersi con gli occhi di quell'altro che siamo noi stessi; l'altro che sono i nostri stessi desideri. A smuovere questo gioco d'associazioni è la visione [...] Vai alla recensione »
È un film che suscita di continuo, quasi da un secondo all'altro, reazioni alquanto controverse, ammirazione e irritazione, quello girato da Chloé Barreau, il suo secondo, autobiografico quanto il primo. S'intitolava, il primo, La faute à mon père, in italiano La colpa di mio padre, era uscito 11 anni fa e riguardava i genitori di Chloé, soprattutto il padre, un ex prete che sposando un'infermiera [...] Vai alla recensione »
Di cosa parliamo quando parliamo d'amore? Chloé Barreau si interroga su innamoramento e amore con un documentario che utilizza le proprie registrazioni d'epoca. Tutte le relazioni sentimentali dagli anni '90 agli anni 2000 riversate su VHS e riproposte ai diretti compagni e compagne in forma di intervista. Che impressione fa leggere una lettera d'amore? Che cosa si prova a riaprire porte del passato [...] Vai alla recensione »