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Aldo Iuliano, regista di Space Monkeys: «Torniamo a fare film con un’idea più artigianale»

Incontro con l'autore dell'ambizioso progetto che racconta desideri e derive della cosiddetta generazione Z. Il film è in programma al Cinema delle province di Roma nei giorni 1, 17, 18 e 19 marzo mentre venerdì 3 marzo sarà mostrato gratuitamente a Spazio scena, in zona Trastevere, seguito da un party all'Hotel Parrasio.
di Luigi Coluccio

lunedì 27 febbraio 2023 - Incontri

Una spiaggia. L’estate che finisce. Dei ragazzi attorno ad un falò. Inizia così Space Monkeys di Aldo Iuliano, opera prima di un regista, sceneggiatore, storyboarder e fumettista con già all’attivo corti visti e premiati da tanti festival e pubblici diversi – come il suo lavoro precedente, Penalty.

Questo lungo d’esordio, prodotto da Andrette Lo Conte per Freak Factory con Rai Cinema e il contributo della Fondazione Calabria Film Commission, è il suo all-in di apertura, tra fantascienza minimal e contemporaneità opprimente, un film che sta avendo il suo percorso indipendente in alcune sale selezionate: mercoledì 1 marzo alle 20.30 sarà al Cinema delle Provincie di Roma, venerdì 3 marzo alle 21.00 sarà mostrato gratuitamente a Spazio scena, mentre sempre venerdì è in programma un freak party all'Hotel Parraiso, a Trastevere, dalle 21.30 in poi. 

Abbiamo incontrato Aldo Iuliano per una lunga e appassionata intervista.

Diciamo innanzitutto cosa non è Space Monkeys, perché tolta l'aura retro-futuristica, il tema dei social media e delle intelligenze artificiali, la spruzzata di thriller, quello che rimane è il suo vero cuore, cioè, semplicemente, un film con dei ragazzi su una spiaggia.
È il punto da cui sono partito, perché mi affascinava questa indagine dei loro sentimenti. Dalla Generazione Z in poi si tratta, come mi piace sempre dire, di una “nuova umanità”, dove questi ragazzi non percepiscono più il confine tra reale e virtuale. Quindi la mia domanda è: allora anche l’essere o non essere ha altri significati? E proprio nel momento in cui ho fatto questa riflessione sul loro tumultuoso mondo interiore, che è proprio dell’adolescenza perché l’adolescenza non ha tempo, mi sono domandato quale possa essere la chiave cinematografica più interessante nel mostrare tutto questo.

Forse immergermi completamente in questo mondo dove non c’è un confine tra reale e virtuale? Da lì mi sono sentito ancora più libero di fare un’opera prima dove cavalcavo anche i miei sentimenti da autore. Ho fatto una lunga indagine con gli sceneggiatori innanzitutto nel capire il perché avvengono determinati episodi legati al tema delle challenge, perché questi adolescenti provano a giocare con la morte per sentirsi vivi, anche se è una cosa che si è sempre fatta dall’alba tempi, erano solo giochi con nomi diversi. Però la mia urgenza autoriale era quella di mostrare come l’umanità intera si ritrova senza strumenti nel leggere quello che accade, e gli adolescenti sono lo specchio più evidente.

Cosa sentono, chi sono, la loro crisi identitaria, il rapporto con la famiglia, l’incomunicabilità con le generazioni precedenti, sono tutte tematiche che mi hanno portato ad affrontare questa notte insieme a loro, perché tutto il film è stare dentro quel gruppo. Volevo che lo spettatore stesse con loro, giocasse con loro, con i ritmi e la velocità di internet, e poi improvvisamente quando arriva la realtà tutto si ferma.

Il tuo film ha una grande costruzione visiva, che va dal disegno grafico del logo ai numerosi piani sequenza, dalle scenografie curatissime agli effetti visivi. E quello che sorprende sono i soli trenta giorni di riprese effettuate e il low budget a disposizione. Vorrei capire quanto lavoro di preparazione c'è stato dietro, tra storyboard, prove, pianificazione ecc.
Quei trenta giorni sono il frutto di tutta la preparazione precedente. E non riuscirei a fare un film senza preparazione, innanzitutto perché ho sempre pensato che quando firmi un’opera parli alle persone, quindi hai una grande responsabilità. C’è un lavoro di sceneggiatura molto lungo anche se lo script sembra invisibile, perché è ovvio che uno spettatore è affascinato dall’impianto visivo, ma ad esempio le backstory sono state volutamente nascoste. Quindi a partire dalla scrittura abbiamo fatto un lavoro di storyboard quasi matematico, considerando la circolarità del film che riflette l’assenza del tempo. Durante la lavorazione pensavo sempre su come togliere il tempo, perché il tempo ti distrae, e invece non volevo alternare degli accadimenti ma far continuamente provare delle cose.

Quindi quei trenta giorni sono un’ottimizzazione del budget, di ciò che avevamo a disposizione, e così sono riuscito a fare quello che avevo in mente. Certo i compromessi sono presenti, avevamo dei piani sequenza più lunghi, alcune soluzioni artigianali da cinema da battaglia ci sono, però è stato molto divertente, creativo, perché nelle situazioni di necessità tiri fuori le soluzioni migliori. Anche nella scena della piscina, ad esempio, non riuscivamo a portare un crane molto grande proprio lì quindi mi sono dovuto inventare questa sequenza dove il controcampo l’ho inserito nel campo. Sono stati trenta giorni pienissimi, sia da un punto di vista tecnico che attoriali, perché anche agli attori ho chiesto un lavoro immersivo molto duro e loro sono stati pazienti. Diciamo che mi svegliavo la mattina e mi dicevo ‘devo rientrare in questi trenta giorni e fare il film che voglio’.
 

La sceneggiatura a firma tua, di tuo fratello Severino e Alessandro Giulietti fa una grande lavoro di caratterizzazione dei giovani della Generazione Z, tra iper-esposizione sui social media, sfide tribali delle varie challenge e momenti di bruciante intimità. In questo c'è qualcosa che ti aiuta grazie al tuo lavoro, che porti avanti da tempo, come insegnate e professore alla Rea Film Academy, all'Università di Teramo, alla DAM Film Academy?
Assolutamente. E ci tengo a precisarti questa cosa, insegno regia come puro spirito di restituzione. Sono andato via dalla Calabria a diciotto anni desideroso di conoscere meglio il mondo dei fumetti, del cinema, quindi ho grande entusiasmo nel condividere con i ragazzi di quell’età l’esperienza che faccio sul campo perché a me questo è mancato. Nessuno mi veniva a dire guarda ci si comporta così, guarda la situazione di mercato è questa, guarda l’immagine si compone in questo modo...

 


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