
Titolo originale | Tre piani |
Titolo internazionale | Three Floors |
Anno | 2021 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Italia |
Durata | 119 minuti |
Regia di | Nanni Moretti |
Attori | Margherita Buy, Nanni Moretti, Alessandro Sperduti, Riccardo Scamarcio, Elena Lietti Chiara Abalsamo, Giulia Coppari, Gea Dall'Orto, Alba Rohrwacher, Adriano Giannini, Denise Tantucci, Anna Bonaiuto, Paolo Graziosi, Tommaso Ragno, Stefano Dionisi, Teco Celio, Francesco Acquaroli, Alessia Giuliani, Laura Nardi (II), Francesco Brandi, Alice Adamu, Letizia Arnò, Daria Deflorian, Rossana Mortara, Sergio Pierattini, Arianna Serrao, Lorenzo Fantastichini, Roberto De Francesco, Luca De Massis, Karen Di Porto, Silvia Iorio. |
Uscita | giovedì 23 settembre 2021 |
Distribuzione | 01 Distribution |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 2,86 su 40 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 30 marzo 2023
L'adattamento cinematografico dell'omonimo romanzo di Eshkol Nevo, uscito nel 2017. Il film ha ottenuto 1 candidatura a David di Donatello, In Italia al Box Office Tre piani ha incassato 2 milioni di euro .
Passaggio in TV
mercoledì 2 luglio 2025 ore 17,00 su SKYCINEMADRAMA
CONSIGLIATO SÌ
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Tre piani, tre famiglie e la trama del quotidiano che logora la vita, disfa i legami, apre le ferite, consuma il dramma. Al piano terra di un immobile romano vivono Lucio e Sara, carriere avviate, spinning estremo e una figlia che parcheggiano dai vicini, Giovanna e Renato. Al secondo c'è Monica, che ha sposato Giorgio, sempre altrove, ha partorito Beatrice senza padre e 'ha' un corvo nero sul tavolo. All'ultimo dimorano da trent'anni Dora e Vittorio, giudici inflessibili che hanno cresciuto Andrea al banco degli imputati. Un incidente nella notte travolge un passante e schianta il muro dello stabile, rovesciando i destini e mischiando i piani.
Il cambiamento di prospettiva è quello che rende Tre piani interessante e misterioso.
Nanni Moretti mette in scena per la prima volta la storia di un altro, affrontando la profusione narrativa delle serie, coi loro intrighi incrociati, i colpi di scena, la partitura corale. Ma è di letteratura che si tratta. Adattamento del romanzo omonimo di Eshkol Nevo, ambientato a Tel Aviv, Tre piani trasloca a Roma padri tossici, mariti infedeli o assenti, donne che amano troppo, bambine incustodite e fantasmi borghesi. Il film fa un'irruzione fracassante nelle loro vite: una macchina finisce in un appartamento nella prima scena e l'incidente avrà conseguenze immediate, indirette o lontane nel tempo. Gli inquieti condomini di Prati sono assediati dal regista, scossi dalle fondamenta e costretti nell'epilogo a lasciare con le loro stanze, la zona di confort. Piantato all'ultimo piano dell'immobile, Nanni Moretti incarna il ruolo di un magistrato in conflitto (morale) col figlio, che ha provocato un incidente mortale. Dieci anni, tre tempi e due ellissi servono un racconto dove le disillusioni ideologiche sono diventate individuali, l'umorismo irreperibile. Tre piani è un film nero che punta la durezza di un mondo in cui gli uomini non si capiscono più. Impensabile anche solo fare corpo "con una minoranza" di persone. L'intransigenza, la sfiducia e l'egoismo dettano i comportamenti dei personaggi guidati sovente dalla paura e dal senso di colpa.
Moretti osserva tre famiglie alle prese col dolore, il lutto, la responsabilità e moltiplica i punti di vista e i personaggi. Sovrappone piuttosto che collegare i destini dei suoi protagonisti, le cui azioni avranno esiti impilati uno sull'altro, come i piani del suo condominio. Nell'impresa, l'autore perde il controllo e la leggerezza. Lo spettatore è spiazzato, disorientato, ha sbagliato senz'altro indirizzo e vaga come il Renato di Paolo Graziosi in un quartiere familiare eppure estraneo. Ma Moretti lo ritrova, riattivando col film una vecchia segreteria analogica. Dentro un primo piano si mette in scena e al centro del mondo come una volta per far esistere 'meglio' il fuori campo: il condominio come l'Italia tutta intera, in crisi politica e morale. Comincia da lì il riscatto luminoso di un film corale che archivia il personaggio Moretti, quello che parlava di lui per parlare degli altri. Come Woody Allen, Moretti è un intellettuale e un creatore (sovente) frustrato in preda ad angosce esistenziali. Dal 1976 occupa ogni piano e ogni scena dei suoi film, insorgendo contro la sparizione progressiva di riferimenti politici e ideologici, biasimando quelli che lo circondano come il pubblico con un radicalismo amaro e tonificante, un'energia fisica e verbale incessante. Dal 2015 con Mia madre, prova però a cambiare registro, a lasciare andare la vena autofinzionale che irriga dalle origini tutta la sua opera. Senza rinunciare alla sua postura autarchica e irascibile, il critico impietoso dei suoi contemporanei ritorna con Mia madre nella pelle di una donna che ha il volto luminoso di Margherita Buy e che fa la regista come lui. Moretti mette in atto un'implosione interiore e invisibile, si mette 'accanto' al suo personaggio e ci lascia a sbrogliare quella formula enigmatica. Per tanto tempo, mettere in scena per Nanni Moretti è stato mettersi in scena. Pioniere negli anni Settanta dell'autofiction cinematografica, dopo aver fatto un passo di lato e disegnato un alter ego femminile, un'autrice in preda alle crisi e al dubbio durante le riprese di un film politico, muore nei panni di un giudice intransigente e rigido quanto Michele Apicella. Lo vediamo il tempo di un baleno (e di una scena) tornare alla sorgente del suo cinema e poi sparire. Il fantasma esce di scena. A restare è Margherita Buy, mai così bella e radiosa dentro un abito a fiori che Nanni non avrebbe di sicuro approvato, perché "si è vestito tutta la vita con gli stessi colori". Ma lei adesso è libera di essere, di voltarsi verso gli altri. Chiude la comunicazione, archivia la segreteria telefonica e parte sorridendo di quell'ultimo tango illegal. Alla musica, ancora una volta, Moretti affida il compito di realizzare la comunione e di rimettere al mondo. Di rimettersi al mondo 'cambiando indirizzo'.
Ci sono i primi segnali del nuovo film di Nanni Moretti, Tre piani. Sono piccoli segnali ma vanno presi in considerazione, perché Moretti è una delle poche prove dell'esistenza in vita del cinema italiano, oltre ad essere un intellettuale tout court che di tanto in tanto si esprime , su vari piani, con una sua personale potenza critica. Nel nuovo film dà corpo e volto a un giudice. È quanto è dato sapere. Certo, Moretti magistrato ufficiale, come mostra il fotogramma distribuito, genera molta curiosità, perché l'intera opera dell'autore è tutto un esprimere giudizi, sempre imprevedibili, sempre in chiavi inedite e allarmanti, a volte persino profetiche. Va anche detto che Moretti è personaggio politicamente schierato e divisivo. Ma per la sua qualità, al di là della politica, vale il segnale "prova" delle prime righe.
Moretti fa cinema da 43 anni e ogni titolo ha un suo significato e promette indicazioni umane e sociali trasmesse in una chiave che appartiene a lui e a pochi altri: dire cose importanti divertendo.
Dicevo, indicazioni profetiche allarmanti. Nel 2002, lo ricordiamo, in piazza Navona tenne un vero comizio, organizzato dall'"Ulivo". Dopo una breve premessa, parlando dei leader dell'Ulivo disse, anzi urlò: " .. hanno sbagliato tutto, rispetto al non saper più parlare alla testa, all'anima e al cuore delle persone. Hanno fatto una campagna elettorale tiepidissima, non cercando l'unità. Con questo tipo di dirigenti non vinceremo mai!" I dirigenti erano Rutelli e Fassino, due metri dietro di lui. Sembrano frasi di questi giorni.
Un'altra indicazione, ancora più impressionante arriva nel 2011, con Habemus papam, uno dei rarissimi capolavori del cinema italiano recente. L'autore racconta del papa neoeletto che rinuncia perché ha perso la fede. Non possiedo gli elementi, nessuno li possiede, per dire che papa Benedetto XVI Ratzinger, annunciando la sua rinuncia al "ministero petrino", nel febbraio del 2013, lo fece per fede perduta o per suggerimento morettiano. Ma lo fece.
In Caro diario (1993), girando in Vespa in una Roma vuote e surreale. Emerge lo sconforto per lo stato della società di questa epoca, deludente, senza identità e senza un destino. In Aprile, del 1998, Moretti ha ragionato, sugli spunti di quel mese, la vittoria delle sinistre, ma la crisi generale della cultura e delle idee: è un tormentone quella sua frase, guardando in televisione D'Alema: "Ma dì qualcosa di sinistra". Soprattutto quell'aprile vede la nascita del figlio, e di conseguenza una "revisione" sul senso e sulle priorità della vita.
Poi c'è quella che Pasolini, amatissimo da Moretti, chiamava l'ideologia della vita. E la vita ti presenta il dolore, che Moretti racconta nella Stanza del figlio. Palma d'oro a Cannes nel 2002, meritatissima. Una famiglia deve affrontare la morte di un figlio. Tutti gli equilibri sono sconvolti. Giovanni-Nanni cerca di ricomporre, attraverso un percorso comune di catarsi. Nell'opera di un autore naturalmente ci sono le scivolate e gli errori. Non sempre la percezione e il talento sono garanzia di qualità. Quando nel 2006 Moretti venne chiamato a contrastare Berlusconi, firmò Il Caimano. Ne risultò un film non all'altezza. Del resto Nanni, artista anarchico e onesto, lo dice, esplicitamente, in una battuta: "Non voglio fare un film su Berlusconi, sto preparando una commedia" Invece, tirato per la giacca, si trova nella condizione, controvoglia, di doverlo fare. Scelta che rimpiangerà.
Dal suo ultimo film, Mia madre, sono passati quattro anni. Moretti è Giovanni, ha una sorella, Margherita, regista, impegnata, autorevole. La loro vita è cadenzata dalla madre, ricoverata per una cardiopatia: non ce la farà. Margherita è l'alter ego del fratello. Significa che i registri dell'autore, le paure, i dubbi, le fobie, sono doppi. È troppo. Forse Nanni voleva un sostegno. È il film meno felice del grande autore. La speranza è che, con Tre piani, riesca a uscire dallo stallo e dalla ripetitività e ritrovi tutta la sua energia.