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Si muore solo da vivi, scenari romantici, momenti surreali e un'idea chiara di cinema

Una commedia sulle seconde occasioni, ambientata in un mondo di musicisti di provincia, pescatori e balere color zafferano. Dal 19 giugno on demand.
di Paola Casella

giovedì 18 giugno 2020 - Recensioni

Dopo il terremoto che gli ha portato via il fratello e la cognata Orlando ha smarrito ogni direzione. Rintanato in una baracca su Po, lui che era stato il frontman della band Cuore aperto non suona più, e non riesce a tenersi un lavoro. I suoi genitori non sanno come scuoterlo dall'impasse, anche perché Orlando ha la responsabilità di Angelica, la nipotina undicenne rimasta orfana. Ma lui continua a vivere di ricordi, su tutti quello di Chiara, la donna della sua vita ora in procinto di sposarsi con un altro. A dare una scossa, questa volta positiva, alla sua vita sarà Giusi Granaglia, la ex manager musicale che lo spingerà a rimettere insieme i Cuore aperto.


Si muore solo da vivi è l'esordio alla regia cinematografica di Alberto Rizzi, fondatore del centro di produzione veronese di teatro e cinema Ippogrifo nonché attore e regista teatrale, ed è un esordio davvero promettente che dal palcoscenico prende il meglio: la capacità di scrittura (la sceneggiatura è di Rizzi e dell'ottimo Marco Pettenello, da un soggetto dello stesso Pettenello e di Valentina Zanella) e la selezione degli attori, che fra i comprimari include Ugo Pagliai, Marco Morellini e Barbara Corradini.

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