Un'osservazione minuta del lavoro dell'artista israeliano, autore di circa settanta opere e installazioni disseminate per il mondo, tra land art e urbanistica. Da venerdì 27 gennaio al cinema.
di Raffaella Giancristofaro
Nato nel 1930, Dani Karavan è autore di circa settanta opere e installazioni disseminate per il mondo, tra land art e urbanistica. Il filmmaker Barak Heymann, con la complicità di Hava e Tamar, rispettivamente moglie e figlia di Karavan, pedina l’artista mentre controlla e verifica lo stato di manutenzione delle sue creazioni, che si tratti di una piazza o di un monumento, delle aiuole di un giardino o di un supposto canale d’acqua.
Il documentario di Heymann si svela in modo progressivo e paradossale come una riflessione sul tempo e sulla memoria. Mentre cerca di conservare nel miglior stato possibile le sue creazioni, perché perpetuino la traccia di riflessioni filosofiche e storiche, l’artista deve prendere atto della labilità del proprio corpo mortale, del suo limite.
Natura e cultura, l’impermanenza umana e il suo contrario, la continuità delle idee e dei valori attraverso l’arte, si rispecchiano e si parlano, in un’osservazione minuta del quotidiano di Karavan, tra occupazioni pratiche, esercizio di disegno e incontri con amici.