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ZeroZeroZero, «Negli USA ci credevano pazzi. Ma è così che lavoriamo noi»

Autori e interpreti raccontano a MYmovies l'attesissima serie tratta dal libro di Roberto Saviano. Dal 14 febbraio su Sky Atlantic e NOW TV.
di Andrea Fornasiero

ZeroZeroZero

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martedì 11 febbraio 2020 - Incontri

È arrivata l’ora di ZeroZeroZero: venerdì 14 febbraio prende il via la serie Sky Original tratta dal libro di Roberto Saviano, prodotta con Cattleya e già presentata alla scorsa Mostra del Cinema di Venezia.

Diretta da Stefano Sollima, Janus Metz e Pablo Trapero e sceneggiata dallo stesso Sollima con Leonardo Fasoli e Mauricio Katz, ZeroZeroZero racconta il viaggio di una grossa partita di cocaina che dal Messico deve arrivare in Italia, ma qualcosa va storto e la rotta deve deviare in Africa. Il tutto è raccontato in un incastro continuo fra i tre lati del triangolo composto da venditori, compratori e intermediari, questi ultimi interpretati da star internazionali come Andrea Riseborough, Gabriel Byrne e Dane DeHaan, mentre tra i compratori italiani spiccano Giuseppe De Domenico nei panni del giovane ambizioso e Adriano Chiaramida in quelli di Don Mino, un boss latitante della ‘ndrangheta. 

Abbiamo incontrato Sollima, Fasoli e la producer Gina Gardini, che con il regista collabora da Romanzo Criminale e che ci ha spiegato le impressionanti difficoltà di questa produzione: «Negli Stati Uniti ci dicevano che eravamo pazzi perché nelle serie di solito si va in un posto e si fanno i set, che lì rimangono per anni, come per esempio quelli di Breaking Bad ad Albuquerque. Noi invece già da Romanzo Criminale, e poi Gomorra e Suburra, giriamo in 'practical location': ossia dove la serie viene ambientata. Non avremmo mai fatto ZeroZeroZero in modo diverso, anche se produttivamente è stata un'impresa colossale: 3 continenti, 5 paesi, una troupe fissa di cento persone, più altre cento in ogni paese. Oltretutto non avevamo intenzione di girare “crossboarding”, ossia facendo tutte le riprese previste in una location con registi in rotazione, bensì abbiamo prima completato le puntate di Stefano, poi quelle di Janus Metz e infine quelle di Pablo Trapero».

A parlarci dell’evoluzione del progetto è stato invece Stefano Sollima: «Abbiamo preso uno spunto dal libro di Saviano e da quello abbiamo scritto centinaia di pagine di script, abbiamo costruito un intero mondo, dove ogni personaggio cambia in contatto con la cocaina. Il senso del racconto è quanto questo traffico trasformi realtà sociali ed economiche, si diffonde come una sorta di contagio. Inizialmente ci siamo dati il limite temporale del viaggio ma poi abbiamo capito che le storie dei singoli mondi non riuscivano a rientrare nei 21 giorni della tratta. A quel punto, dopo aver guardato i muri per qualche settimana, abbiamo pensato a raccontare in modo non lineare». Secondo una struttura che ha così sintetizzato Gina Gardini: «Teaser, sigla, storyline A e storyline B, in modo da tenere in movimento in ogni puntata tutte e tre le storie di venditori, compratori e intermediari».


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In foto una scena della serie ZeroZeroZero. [Foto di Rosa Hadit]
In foto una scena della serie ZeroZeroZero. [Foto di Rosa Hadit]

Riguardo la divisione della regia, Sollima ha spiegato: «Abbiamo cominciato a lavorarci anni fa e abbiamo da subito deciso di mantenere il punto di vista di un solo regista su un gruppo di puntate, del resto abbiamo lavorato così anche in passato, sebbene con altri budget. Facevano così anche ne Il trono di spade, dove ogni regista girava solo i suoi episodi e si spostava tra le location. Volevamo che la visione di chi ha girato l’episodio restasse intatta, anche perché la struttura non si articola solo su tre mondi, ma pure su tre linee temporali e per quello serviva un controllo forte sia in scrittura sia in fase di riprese, perché è un incastro veramente molto complesso. Non si poteva farla a pezzi, non credo avrebbe funzionato. Essendo una serie globale volevamo poi punti di vista che fossero altri rispetto ai nostri: Trapero per esempio era l’argentino che doveva raccontare il Messico, anche se poi per il “Tetris” del racconto è finita che ha girato molto in Calabria e io molto in Messico. A Janus fin dall’inizio era affidata la parte africana perché aveva realizzato documentari ambientati in quelle regioni del Mali, tra guerre e jihad. Servivano autori che portassero la propria visione ma che, nel caso di conflitto tra realtà e script, sapessero prediligere la realtà. Da parte mia sono piuttosto istintivo, non parto mai da come girerò la scena, ma da quello che voglio raccontare nella scena. Mi adatto agli spazi e così mi è venuto di tenere il più possibile ferma la macchina da presa. Forse è una sorta di minimalismo inconscio, per cui ti rendi conto di non aver bisogno di altro se sai quello che devi raccontare. Credo si crei un flusso interessante, che valorizza la fotografia e il lavoro degli attori e che paradossalmente diventa più lento anche quando va estremamente veloce».

Dei diversi registi ci hanno parlato anche gli attori e Adriano Chiaramida ha ricordato «Avevo già lavorato con Stefano Sollima in Romanzo Criminale, lui è quello che ha dato la direttiva, ha impostato tutti i personaggi… Con Stefano ho lavorato benissimo, lui mi piace perché in poche parole si fa capire subito. Janus è nordico, sotto certi aspetti è più fiscale, a un certo punto mi ha detto “sei troppo mafioso, fallo un po’ meno” e lo diceva in base all’atteggiamento, all’attenzione allo sguardo, e aveva ragione lui. Pablo mi sembrava un “pazzo”, bravissimo ma saltava come una scimmia. Con lui è stato molto entusiasmante».

Giuseppe De Domenico ha aggiunto: «Con me ogni regista ha portato chiavi di letture diverse, mi appoggiavo a loro per raccontare degli atteggiamenti e sfumature differenti. Ho visto Stefano come il creatore che ha sistemato tutta l’attrezzatura e ha fatto partire la miccia di questi fuochi d’artificio, poi c’è questa grande traccia molto rigida e minimal del danese Janus Metz e infine la grande esplosione di Pablo Trapero».


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In foto una scena della serie ZeroZeroZero. [Foto di Rosa Hadit]
In foto una scena della serie ZeroZeroZero. [Foto di Rosa Hadit]

Delle ricerche effettuate per la serie ci ha parlato invece Leonardo Fasoli: «Siamo partiti bombardando di domande Roberto Saviano e poi siamo andati per la nostra strada. La maggior parte delle cose che succedono nella serie, le rotte, il funzionamento delle navi mercantili con i container e dei porti, il ruolo di New Orleans e dei broker… è frutto delle nostre lunghe ricerche, idem il comportamento dei soldati messicani, i rituali della ‘ndrangheta calabrese e il comportamento dei jihadisti nel deserto. Abbiamo preso spunto da diverse figure reali e dai nostri viaggi nelle location reali. Per esempio nell’ambito della cultura messicana l’aspetto religioso è sincretico con le culture precolombiane. C’è una festa in Messico per esempio in cui si fracassano le statue dei santi in una chiesetta, per sfogarsi delle preghiere che non sono state realizzate. Da noi sarebbe inconcepibile entrare in chiesa e prendere Gesù a bastonate! I narcos poi hanno la santa muerte che è una forma di adorazione della morte, dove la religione cattolica si mescola con le culture originali. Una cosa che abbiamo notato spesso poi è la contrapposizione in atto tra la generazione che non ha più risposte e quella più giovane che, in questa incertezza, tende ad andare verso un’accelerazione della brutalità e della perdita dei valori. Lo si percepisce tanto nei mondi criminali del Messico quanto tra i giovani di Dakar, che passano il tempo al computer dentro le baracche senza fogne. Si fingono viaggiatori occidentali per truffare uomini e donne di mezza età, promettendo storie galanti, riescono a prendersi magari 300 euro e hanno fatto il loro lavoro. Non si tratta nemmeno più della contrapposizione tra primo e terzo mondo, ma di qualcosa di più diffuso, che è nell’aria».

Concludiamo tornando a Stefano Sollima che ci ha spiegato la sua passione per questo progetto: «Credo che fosse necessario raccontare questa storia già da tempo, perché da questo angolo non era mai stata vista prima e mette in scena cose che succedono nel mondo e su cui è importante riflettere. Mi auguro che chi veda la serie provi lo stesso stupore che abbiamo avuto noi di fronte a certe cose». 

Infine all’inevitabile domanda su un possibile proseguimento ha risposto: «Il finale di ZeroZeroZero è chiuso. Un’eventuale seconda stagione sarebbe un altro viaggio, sicuramente con altri personaggi, magari in un altro periodo».


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