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The Kill Team, una storia potente sulle distorsioni del militarismo

Dal documentario del 2014 a un film di finzione, che di finto però ha ben poco. Da giovedì 17 ottobre al cinema.
di Giancarlo Zappoli

lunedì 14 ottobre 2019 - Recensioni

Andrew Briggman è un soldato di stanza nella zona di Kandahar e fa parte di un plotone che deve presidiare l'area ed individuare eventuali cellule terroristiche. A capo dell'unità è il sergente Deeks il quale è impegnato a trasformare i suoi uomini in assassini che vedano in ogni afgano non un essere umano ma un possibile attentatore indipendentemente dall'età. Briggman non può accettare una simile logica ma al contempo non sa decidersi tra il denunciare il superiore, mettendo in gioco la sua stessa esistenza, oppure lasciarsi attrarre dalla forza seduttrice di chi pensa che seminare indiscriminatamente la morte sia un atto di valore.

Nel 2011 il soldato Adam Winsfield viene condannato a tre anni per aver partecipato all'omicidio di un afgano inerme. In realtà era stato lo stesso Winsfield a chiedere al padre, via chat, di intervenire dopo il primo omicidio ma l'uomo si era sentito rispondere che il figlio, rischiando la pelle, avrebbe dovuto denunciare direttamente ai superiori in loco quanto stava avvenendo. Dan Krauss fu colpito da questa situazione contraddittoria e decise di girare un documentario uscito negli States nel 2014.

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