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Il lunedì del cinema: Il viaggio di Yao con Omar Sy, un film sincero dove l’Africa è al centro di tutto

Per il sesto appuntamento de Il lunedì del cinema, Repubblica e MYmovies presentano un film che è assieme placida autobiografia e sentita autofiction. Diretto dal regista Philippe Godeau, uno dei più importanti produttori francesi. Su MYmovies ONE da vedere insieme lunedì 3 giugno dalle 20:00 a mezzanotte. PRENOTA UN POSTO GRATIS » 
di Luigi Coluccio

Omar Sy (46 anni) 20 gennaio 1978, Trappes (Francia) - Capricorno. Interpreta Seydou Tall nel film di Philippe Godeau Il viaggio di Yao.
martedì 28 maggio 2024 - Evento

Lunedì 3 giugno continua l'iniziativa Il lunedì del cinema a cura di Repubblica e MYmovies per il cinema di qualità in streaming. Una sala cinematografica virtuale pronta ad accogliere gli iscritti di MYmovies con una selezione ricercata di titoli da vedere (o rivedere) rigorosamente insieme dalle 20:00 a mezzanotte.

Grandi storie di vita e racconti d'attualità, per chi ama l'intrattenimento, il grande spettacolo e il confronto dopo la visione.

Per il sesto appuntamento di lunedì 3 giugno, Repubblica con Cinema presentano Il viaggio di Yao (prenota un posto gratis), un film che è assieme placida autobiografia e sentita autofiction. Diretto dal regista Philippe Godeau, uno dei più importanti produttori francesi e interpretato dal popolare attore Omar Sy.

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Quanto c’è di senegalese nell’attore più amato di Francia, e di conseguenza, quanto c’è di africano in quel paese europeo? Si tratta di politica e di immagine – di politica dell’immagine – se parliamo di Omar Sy, l’uomo che è sempre tutti i suoi personaggi ma sempre qualcosa in più, superstar cinematografica e televisiva capace di tenere insieme ville-centre e banlieu con un piede sul podio dell’industria francese e l’altro che scalcia per piantarsi nel sistema hollywoodiano.

Sy ha lanciato il sasso e nascosto la mano diverse volte nella sua filmografia, dall’assistente-per-forza di Quasi amici all’immigrato-detenuto di Samba, dal clown-freak di Mister Chocolat al poliziotto-paesano Belleville Cop, sempre in razionale equilibrio tra inclusione e assimilazione, commedia sociale e dramma popolare, rigurgiti del passato e tensioni del presente. Poi, nel 2018, arriva Il viaggio di Yao (guarda la video recensione), che è assieme placida autobiografia e sentita autofiction, per un film che fa della sincerità, della voglia di capire e capirsi, le sue stelle polari – o per le latitudini a cui stiamo, Croci del Sud.
 


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In foto Omar Sy in una scena del film. 

Disponibile in streaming su MYmovies ONE, Il viaggio di Yao origina dalla premessa più semplice che ci sia, cioè il ritorno nella terra degli avi: Seydou Tall (Omar Sy) è uno degli attori più famosi di Francia, conosciuto e idolatrato anche in Africa, che ha appena pubblicato un libro dove ha messo su carta ogni sua tribolazione prima di diventare una star. Figlio di immigrati senegalesi ma mai stato nel paese d’origine, adesso è diretto proprio lì per promuovere l’uscita della biografia, evento che attira nella capitale Dakar anche il tredicenne Yao (Louis Basse), fan sognatore di Seydou partito con mezzi di fortuna da un villaggio nell’est del paese solo per conoscere il suo mito. I due riescono ad incontrarsi e forse non riusciranno più a staccarsi l’uno dall’altro.

Tutto qua. O meglio, da qui si parte e qui si arriva attraverso un movimento circolare sobrio, preciso, autentico. C’è l’intero armamentario narratologico e retorico necessario ad accompagnare un viaggio on the road che sia allo stesso tempo iniziatico e rivelatore, con tappe che rallentano, fanno riflettere, riprendono a macinare chilometri ed emozioni. Omar Sy crede in quello che fa Seydou Tall un po’ perché è lui un po’ perché vorrebbe essere lui (e forse alla fine ci è riuscito con un successivo transfer-biografico nel film Io sono tuo padre), dalla storia dei genitori immigrati in Francia alle sue origini haalpulaar, dall’infanzia in periferia al successo iconico, per una sovrapposizione sentita che non sfocia mai nell’autocelebrazione o nell’autocannibalizzazione – al centro del film c’è sempre e soltanto l’Africa.

Sì, l’Africa che non è mal di cui soffrire ma neanche terra da cui fuggire, nonostante tutto e tutti. Lo sa Yao, che legge, scrive e pensa da orgoglioso fula, senegalese, africano; e arriva a saperlo anche Seydou, che abbraccia di nuovo le radici sepolte nel Sahara ma deve tornare per curare la famiglia che ha sulla Senna. E forse questa esatta consapevolezza su cosa è l’Africa contemporanea e come noi europei (colonizzatori o meno) la guardiamo è il pregio centrale de Il viaggio di Yao, grazie anche alla parata di nomi e professionalità che lo popolano – il regista Philippe Godeau, uno dei più importanti produttori francesi con la sua Pan-Européenne; Fatoumata Diawara, attrice e cantante maliana, alfiere della world music nominata ai Grammy; Germaine Acogny, danzatrice e coreografa insignita nel 2012 del Leone d’oro alla carriera alla Biennale Danza. Insomma, dopo aver unito la Francia, Omar Sy ha valicato il Mediterraneo per fare lo stesso in Senegal.


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