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Ultimo aggiornamento venerdì 10 aprile 2020
Leningrado, primi Anni Ottanta. Quando la musica rock diventa uno stile di vita rivoluzionario. Il film è stato premiato agli European Film Awards, In Italia al Box Office Summer ha incassato 39 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Viktor incontra la prima volta Mike e Natasha, un giorno d'estate ("leto" in russo). Mike ha già una discreta notorietà come cantante e una passione messianica per la musica rock - Beatles, Iggy Pop, Blondy, Lou Reed, Bowie- che la Russia sovietica cerca di tenere fuori dalla porta. Viktor è meno solare, molto espressivo, già post punk. Mike ne riconosce il talento, trova un nome per la sua band, Garin i giperboloidy, e lo aiuta a registrare e far conoscere la sua musica. Ma il fascino di Viktor colpisce anche Natasha, moglie di Mike e madre di suo figlio.
Kirill Serebrennikov racconta gli esordi di Viktor Coj e dei Kino, la più importante rock band russa degli anni Ottanta, oggetto di un culto vastissimo, per quanto semisconosciuto fuori dall'Unione Sovietica, ed emblema di un periodo di cambiamento e di un'aria di emancipazione che soffiava più forte che mai.
Un periodo e un'aria cui oggi Serebrennikov guarda con nostalgia, e tanto basterebbe per esaurire l'argomento politico del film (finanziato interamente con fondi privati, non governativi, grazie ad una coproduzione francorussa).
Un bianco e nero nouvelle vague e un'interprete che assomiglia ad una giovanissima Anna Karina rendono la temperatura della giovinezza, dell'amicizia e della libertà, propria di un'età, breve e irripetibile, e anche di un'età del cinema, mentre una serie di interventi grafici, di graffi e animazioni pop, punteggiando il film di sequenze-videoclip, di cui non si manca però di sottolineare la natura immaginaria ("questo non è mai successo").
Il triangolo amoroso, composto, oltre che da Irina Starshenbaum, dal cantante Roma Zver e dall'attore tedesco-coreano Teo Yoo, è disteso lungo l'intera durata (non breve) del film, eppure leggero, appena accennato, utile a fornire uno scheletro sentimentale ad un'opera che ha per titolo una stagione e dunque per oggetto una partecipazione collettiva, e nella quale la musica, quella di Coj e quella che ha fatto la storia del rock, ha un ruolo di primo piano.
In questo La la land d'oltre cortina, infatti, il dialogo tra immagine e sonoro è fitto e brillante, anche se non tiene sempre abbastanza conto del pubblico: Serebrennikov sembra a volte procedere per la sua strada, compiaciuto della sua reinvenzione visiva, senza porsi il problema di stare cantando da solo. La consapevolezza che il sipario sta per calare, sui Kino e sul sogno di libertà, getta però sul film un'ombra di malinconia che arricchisce quel dialogo di un sottotesto più amaro e profondo.
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Un nuovo bel film sulla musica rock e la sua potenza rivoluzionaria che oltre a cambiare per sempre le sorti delle nuove generazioni occidentali, negli anni ottanta era riuscita (anche se in minima parte) a filtrare tra le rigide maglie della censura dell'Unione Sovietica .
La grande domanda del cinema sul rock è sempre la stessa: come filmare la musica? Non è una domanda peregrina, visto che - tra documentario e finzione - le modalità con cui mettere in scena il sentimento musicale e l'esecuzione tecnica sono innumerevoli, e non di rado in contraddizione tra di loro. Nel suo struggente Nico, per esempio, Susanna Nicchiarelli ha intuito che la musica è tutt'uno con il suo performer e i luoghi in cui si esprime. E dunque il malinconico tour europeo della cantante affaticata, in un clima di epoca al tramonto nei territori del comunismo in disfatta, donava note ancora più lancinanti ai pezzi dell'artista tedesca.
Quelle atmosfere non sono troppo lontane da quelle che si respirano in Summer (guarda la video recensione) di Kirill Serebrennikov, ispirato al periodo giovanile del cantante rock russo Viktor Coj. I live con i funzionari di partito a controllare le reazioni degli appassionati, l'orizzonte climatico e urbano grigio e infelice, il rapporto improvviso e inatteso tra le sonorità della new wave e il paesaggio industriale, e così via. Di diverso c'è invece l'età anagrafica dei protagonisti, Mike e lo stesso Viktor, e della formidabile Natasha, ragazza al tempo stesso con la testa a posto (è una giovane madre) e con la passione - anche erotica - dell'antagonista.
Il contrasto tra il mondo sovietico, malinconico e privo di attrattive, e la vitalità della ricerca musicale, con tutte le influenze rock che si mescolano con le radici locali in maniera talvolta sorprendente, fa sì che anche Summer trovi un suo mood inedito.
Non importa che la fotografia richiami Control di Anton Corbijn (dedicato a Ian Curtis e ai Joy Division attraverso un bianco e nero simile ma più metallico), o che fin troppo apertamente Serebrennikov attui una versione light degli stilemi Nouvelle Vague - o che alcuni siparietti grafici gravitino in maniera un po' sospetta nelle zone oleografiche di Julien Temple o di Across the Universe di Julie Taymor. Quel che conta, come in fondo accade con tanti album rock magari non perfettamente riusciti o tecnicamente rivedibili, è il "tiro" e la capacità di rendere credibili cose, personaggi, ambienti.
Inoltre, la cultura musicale di Serebrennikov mostra una competenza divulgativa adeguata, così come lo scandaglio sul trapasso tra sonorità anni Settanta e nuovi stili degli anni Ottanta.
E qui forse diventa suggestivo tracciare per Summer una diagnosi differenziale.
Gli anni Ottanta sono da qualche tempo oggetto di una forte riconsiderazione storica. Da decennio del riflusso ideologico e dell'addio alle utopie - secondo una lettura storiografica troppo legata al decennio precedente - quello ottantesco è divenuto un periodo di dense riflessioni. Se prima prevaleva una linea "discontinuista" (gli anni Ottanta come funerale dei Settanta e momento di cesura netta), ora si riguarda con più serenità alle forme di continuità col passato e alle metamorfosi culturali.
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Accorciate, accorciate. Woody Allen stava sull'ora e mezza (con i titoli di testa all'inizio del film, lette-e bianche su fondo nero: quanto ci manca!). Pensate alla meraviglia: per superare i 90 minuti serve un permesso speciale. Per superare le due ore -come fa questo film, e non è l'unico di questi tempi, sarà mica il cattivo esempio delle serie? - va dimostrato che era impossibile tagliare (tranquilli, [...] Vai alla recensione »
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