Il film di Alexis Michalik sintetizza con grazia e divertimento oltre un secolo di spinose sfumature. Campione di incassi in Francia e da oggi al cinema.
di Tommaso Tocci
Un grande successo di pubblico, basato su un grande successo di pubblico, che drammatizza un grande successo di pubblico: Cyrano mon amour è un enorme gioco di specchi dentro cui si muove l'interpretazione vincente di un momento culturale attraverso le epoche. Ma a quale costo? Il regista Alexis Michalik, che come il suo Edmond Rostand, un po' vero e un po' fittizio, ha conosciuto il successo come autore teatrale da giovane, non ne fa mistero: l'ispirazione viene da Shakespeare in Love, che sul finire del secolo scorso trovava la chiave più adatta per re-interpretare in chiave pop l'autore di Romeo e Giulietta mescolandolo al suo stesso testo. È l'anacronismo definitivo in un periodo che aveva portato la frizione temporale ai suoi limiti estremi, con Amleto che vaga nei corridoi di un Blockbuster (Hamlet di Almereyda) e Mercuzio che infiamma la notte sulla melodia di Young Hearts Run Free (Romeo + Giulietta di Luhrmann). Come è possibile, si chiede Michalik, che lo stesso trattamento non fosse mai stato riservato a un autore francese? La storia della cultura d'oltralpe, in fondo, ha saputo coniugare la ricchezza artistica con la mitologia delle epoche che l'hanno prodotta come forse nessun'altra nel panorama moderno.
L'occasione di intrecciare la vita personale di un artista, tra pene d'amore e di scrittura, con la dinamica della sua opera più famosa è di certo ghiotta: così nasce la pièce che ha vinto premi e riempito teatri parigini, e così la pièce è diventata il film che si è consacrato al botteghino.
Il film premio Oscar nel 1998, però, nasceva in un contesto anglosassone che storicamente vive l'ambivalenza tra alto e basso, e tra artistico e commerciale, in modo più fluido. La Francia, come del resto l'Italia, ha invece un'identità radicata nelle categorie tipiche della vecchia Europa, che costringe talvolta artisti e pubblico a schierarsi in modo programmatico.
Lo sa bene lo stesso Michalik, che ha costruito una carriera riempiendo i teatri privati ma restando fuori dalla macchina culturale francese, i cui palcoscenici pubblici esigono (e premiano con i fondi statali) opere più dichiaratamente intellettuali. Proprio questa particolarità emerge appieno in Cyrano mon amour, film di limpido appeal popolare in grado di sintetizzare oltre un secolo di spinose sfumature con grazia e divertimento. E come Rostand, nella sua Parigi immaginifica che si prepara al nuovo secolo, si lascia ispirare dalle parole d'amore indirizzate a Jeanne per popolare i cinque atti del suo Cyrano, Michalik, allo stesso modo, si lascia contagiare dal grande successo della rappresentazione datata 1897 per soddisfare sfacciatamente tutti i quadranti demografici che il cinema del 2019 richiede.
E mentre la commedia degli equivoci si incrocia con il romanticismo, mentre il name-dropping letterario blandisce gli appassionati, Cyrano mon amour riesce perfino a schivare le insidie di una gestione dei personaggi femminili che rischiava di risultare improponibile, aggiornando lo stereotipo di un uomo diviso tra due donne con una riflessione addirittura acuta sulla natura del sentimento amoroso.