Anno | 2017 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Cina |
Durata | 136 minuti |
Regia di | Feng Xiaogang |
Attori | Xuan Huang, Miao Miao, Yang Caiyu, Li Xiaofeng, TianChen Wang, Yan Su . |
MYmonetro | 3,02 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
|
Ultimo aggiornamento venerdì 27 aprile 2018
Le vite di un gruppo di giovani durante i tormentati Anni Settanta in Cina. Al Box Office Usa Youth ha incassato nelle prime 3 settimane di programmazione 1,8 milioni di dollari e 260 mila dollari nel primo weekend.
CONSIGLIATO SÌ
|
He Xiaoping è sola, povera e senza genitori, ma il generoso Liu Feng la accompagna al corpo di ballo dell'esercito maoista verso cui è diretta. La ragazza nasconde le sue difficoltà e ben presto diviene oggetto di scherno e bullismo da parte delle sue compagne di ballo, convinte che Xiaoping sia solo un'ipocrita.
Il primo dato a emergere dalla visione di Youth è la sua lontananza stilistica e contenutistica da I Am Not Madame Bovary, già di suo in controtendenza rispetto alla filmografia del proprio autore.
Feng Xiaogang si conferma camaleontico e regista con pochi eguali nel cinema cinese odierno, grazie a un affresco ambizioso e provocatorio su un corpo di ballo militare nato durante la Rivoluzione Culturale. Il gruppo di ragazze e ragazzi diventa così punto di vista privilegiato per l'osservazione di come una generazione, nata in una Cina già comunista e presto traumatizzata dalla Banda dei Quattro, sia cresciuta di pari passo con il Paese.
Feng non sceglie né la via strettamente celebrativa né quella radicalmente dissidente, ma si pone a metà strada. Alla prima appartiene il ritratto dell'esercito cinese che, nonostante i suoi difetti, garantisce continuità e protezione per la "gioventù", minacciata dall'interno prima - la Rivoluzione Culturale - e dall'esterno poi - la guerra sino-vietnamita, episodio quasi dimenticato dai nostri libri e dibattiti storici. Dissidente, o meglio critico, invece, è il punto di vista di Feng nei confronti di un ideale di uguaglianza come quello marxista e poi maoista, ripetutamente smentito da prevaricazioni professionali che nulla hanno di meritocratico e da un bullismo tra le ragazze del corpo di ballo, che altri non è se non lo specchio del clima di delazione e processi sommari in corso nel Paese.
Il terzo e inevitabile atto della Cina di Deng, epilogo malinconico sulla gioventù sfiorita, in cui la Coca Cola sostituisce enfaticamente Mao sui cartelloni, è preceduto da un traumatico secondo segmento, che scarta nettamente verso il genere bellico, richiamando il grand guignol esasperato che Feng sfoggiò in The Assembly.
Tre parti per altrettanti stili quindi: estetizzante il primo, truculento il secondo e tendente al mélo l'ultimo. Dei tre è il primo in particolare a stupire, perché abbinato in maniera inconsueta alla Cina anni Settanta e per l'insistenza sull'avvenenza delle ragazze - ritratte in reggiseno nell'intimità degli spogliatoi con sguardo vagamente lubrico - solo in parte giustificata dalla visione ideale ed elegiaca della più bella stagione della vita. Tanto che, quando il personaggio più negativo del gruppo subisce l'inevitabile contrappasso, e questo si manifesta sotto forma di difetto fisico, il fatto quasi non stupisce. Tra luci e ombre, ambiguità e contraddizioni, un'opera che comunque dimostra coraggio e personalità su un tema delicato, confermando il talento del più mutevole tra i registi cinesi.