liuk!
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domenica 27 novembre 2016
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bravissime le attrici
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Dramma italiano che racconta le storie di due "pazze" che scappano per vivere alcuni giorni come Thelma e Louise tra sogni e ricordi che ne delineano le diverse estrazioni e drammi di vita. Sceneggiatura interessante ma non troppo originale, forse eccessivamente drammatica nel complesso. Svettano le due protagoniste, la coppia Ramazzotti - Bruni Tedeschi, che sorreggono tutto il lavoro portandolo ad un alto livello. Veramente bravissime.
[+] eccessivamente drammatica??!!
(di luanaa)
[ - ] eccessivamente drammatica??!!
[+] sono d'accordo. due attrici straordinarie
(di javispagnolo)
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riccardo tavani
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sabato 26 novembre 2016
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la gioia è pazza ma anche tranquillizzante
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l’autore mostra una grande, superiore maestria rispetto ai suoi precedenti lavori, ma questo non significa che non segni anche dei limiti. Limiti, però, che non sono solo individuali, ma riguardano tutta l’attuale situazione artistica e produttiva del cinema italiano.
La prima domanda che dobbiamo porci è se l’opera ci dica qualcosa di nuovo. La seconda è se lo dice in maniera nuova. Appare evidente che qui due sono i celebri precedenti che si prendono a riferimento: Qualcuno volò sul nido del cuculo di Miloš Forman, del 1975, e Thelma & Louise di Ridley Scott, del 1991. Due donne in fuga non dalla violenza e dall’oppressione matrimoniale ma da una comunità di cura mentale nella campagna toscana.
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l’autore mostra una grande, superiore maestria rispetto ai suoi precedenti lavori, ma questo non significa che non segni anche dei limiti. Limiti, però, che non sono solo individuali, ma riguardano tutta l’attuale situazione artistica e produttiva del cinema italiano.
La prima domanda che dobbiamo porci è se l’opera ci dica qualcosa di nuovo. La seconda è se lo dice in maniera nuova. Appare evidente che qui due sono i celebri precedenti che si prendono a riferimento: Qualcuno volò sul nido del cuculo di Miloš Forman, del 1975, e Thelma & Louise di Ridley Scott, del 1991. Due donne in fuga non dalla violenza e dall’oppressione matrimoniale ma da una comunità di cura mentale nella campagna toscana. Più che legittimo, anzi encomiabile, prendere dei riferimenti elevati per reinterpretarli, aggiornarli, adattarli alla propria realtà. Questo, però, contiene già in sé un evidente rischio: quello non solo di non essere all’altezza del modello, ma anche di non farne avanzare contenuto narrativo e forma cinematografica.
I film sopra citati non sono commedie, La pazza gioia sì. Commedia amara, anche drammatica – come nella migliore tradizione italiana – ma pur sempre commedia. Sembra che il mercato cinematografico italiano sia destinato a puntare solo sulla commedia per tentare di incassare qualcosa. La commedia – anche quella di livello superiore, come in questo caso – deve rispondere a precisi requisiti, quali il tono leggero sia sul piano narrativo che formale dell’immagine.
I due alti modelli di riferimento hanno già segnato la storia del cinema, ma era chiaro fin dalla loro prima apparizione che lo avrebbero segnato. La pazza gioia non lo sappiamo ancora, ma non appare così evidente. Ciò che soprattutto caratterizza quei due modelli è l’incontro/scontro drammatico con la realtà sociale esterna, sia alla famiglia-prigione sia alla prigione-psichiatria. Un dramma che ci fa capire meglio la genesi del dolore mentale dalle pieghe della normalità, della realtà aperta, ossia quella là fuori. Nel film di Virzì la peripezia delle fuggitive oscilla sempre attorno al baricentro delle vicende e dei luoghi familiari. Certamente non si può disconoscere che l’autore esibisca un incalzante, buon estro di situazioni paradossali, false, ipocrite, che colpisce poi con tagliente sarcasmo di battute, inquadrature e sequenze. Situazioni comunque mai di minaccia immediata o incombete. La stessa comunità terapeutica è più un nido di protezione che di crudele follia, sia dal punto di vista dei medici, degli operatori che dei malati. Questo sarà anche motivo di vanto per le nostre strutture sanitarie, ma resta il fatto che non si va mai davvero là fuori, neanche per ridere più amaramente o sentire più profondamente ciò che autenticamente causa male e malati.
Il finale è emozionante, coinvolgente, addirittura strappalacrime, perché scatta un immediato meccanismo di identificazione tra lo spettatore e una delle due protagoniste. Ci chiediamo, però, quanto questo impulso salga più dalla situazione ricreata o dalla qualità formale della sequenza, nel senso che a volte diventa troppo facile far scaturire lacrime e commozione con meccanismi non autenticamente drammatici ma solo superficialmente immedesimativi. Tutto quanto detto, ripetiamo, può essere riassunto nell’indicare quel limite originario, costitutivo insito nella scelta obbligata di produrre commedie. Ossia: una pazza gioia sì ma alla fine socialmente tranquillizzante.
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giacomino
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sabato 12 novembre 2016
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*****
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Innanzitutto complimenti ai miei colleghi, le 4 recensioni che trovo in prima pagina ad oggi sono tutte esaustive e ben scritte.
Forse 5 stelle potrebbero sembrare esagerate, in fondo si tratta di un film italiano...si lo so, mancano le bighe trainate dai cavalli come anche gli effetti speciali 3D, ma il film di Virzì è perfetto per quello che vuole e deve essere. Dopo lo strepitoso CAPITALE UMANO il regista ci delizia con un film altrettanto potente che in due ore di cinema agrodolce ci mostra la cruda realtà, le stranezze, le crudeltà e la meraviglia della vita senza mai una sbavatura, una nota fuori tono o un'esagerazione.
Questo on the road bipolare mi ha ricordato film come THELMA & LOUISE, IL SORPASSO ma anche IN VIAGGIO CON PAPA' o PAURA E DELIRIO.
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Innanzitutto complimenti ai miei colleghi, le 4 recensioni che trovo in prima pagina ad oggi sono tutte esaustive e ben scritte.
Forse 5 stelle potrebbero sembrare esagerate, in fondo si tratta di un film italiano...si lo so, mancano le bighe trainate dai cavalli come anche gli effetti speciali 3D, ma il film di Virzì è perfetto per quello che vuole e deve essere. Dopo lo strepitoso CAPITALE UMANO il regista ci delizia con un film altrettanto potente che in due ore di cinema agrodolce ci mostra la cruda realtà, le stranezze, le crudeltà e la meraviglia della vita senza mai una sbavatura, una nota fuori tono o un'esagerazione.
Questo on the road bipolare mi ha ricordato film come THELMA & LOUISE, IL SORPASSO ma anche IN VIAGGIO CON PAPA' o PAURA E DELIRIO....con in più la sesta marcia della follia.
Complimenti a tutti quanti hanno contribuito alla costruzione di questo lavoro.
Ah dimenticavo, la canzone di Gino Paoli in chiusura è perfetta pure lei...
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maree
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venerdì 28 ottobre 2016
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meglio il capitale umano
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Ottime le due attrici..ma la follia ( trattata malissimo per quanto riguarda il personaggio della Tedeschi) è solo un pretesto per accennare e sottolineo accennare certe disfuzioni, tipo il comportamento pessimo degli assistenti sociali e le loro storture.. Ho trovato bravissima Micaela Ramazotti. Non è un film corale..si fa vedere ma non lascia nulla. Un film simpatico ma quanto a profondità ZERO. Il finale poi è davvero patetico. Un film che non sa osare ed andare fino in fondo. Un tema trattato, ripeto, simpaticamente, ma molto lontano dalla realtà.
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pier delmonte
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mercoledì 5 ottobre 2016
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acchiappa molto
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Massima valutazione, non per la storia che se vogliamo rientra nel novero dell’attualità, ma per la difficoltà nell’affrontare il tema, nella difficoltà di gestire persone, dinamiche e ritmo. Virzì ci prende in tutto, salvo alcune forzature (vedi la casualità della serata al locale), il cast è perfetto, ho pensato alle attrici alternative alla Tedeschi e alla Ramazzotti, non le ho individuate. E ci metto pure la commozione finale. Ottimo film.
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nalipa
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lunedì 26 settembre 2016
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valeria bruni tedeschi, mai stata così convincente
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Paolo Virzi si conferma uno dei migliori registi italiani. Ironico ma mai macchiettistico. Io lo associo volentieri all'immenso Monicelli.
E' bravissimo nella direzione degli attori, ha una capacità non comune di raccontare anche il dramma.
Le due attrici protagoniste sono bravissime, forse non simpatiche ma bravissime.
Insomma é un film da vedere!
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afficarlo
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domenica 25 settembre 2016
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delusione profonda
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dopo tanta attesa vedo in bluray il film e resto profondamente deluso , salvo solo l'interpretazione della tedeschi ( ottima attrice ) seppure a fianco della moglie del regista che ormai interpreta sempre la stessa parte ( guardare i film precedenti ) di persona sguaiata e sopra le righe; stavolta anche veste anoressica . assurda la costruzione del cast con solo due attrici professioniste ed il resto dilettanti allo sbaraglio e si vede profondamente . Potrei parlare inoltre delle inesattezze dal punto di vista medico-giuridico ma questo non lo possiamo chiedere ad un film ; ci vuole altro per vincere un oscar anche se veicolati da un grande battage pubblicitario ( come fu per sorrentino ).
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sprock93
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domenica 25 settembre 2016
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virzì non delude
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Ottimo film. Sincero e ben narrato.
La pazzia vista vista dall'interno, essa è semplice ma allo stesso tempo complesso, perchè è così che è!
Le due protagoniste rendono il film una perla.
Gran lavoro, insieme a "la prima cosa bella" fra i miei film preferiti in assoluto!
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eugenio
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domenica 25 settembre 2016
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w il cinema italiano
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Una mappa poetica della Toscana in cui Virzì vota preponderatamente per le donne.
Accolto con applausi all’ultimo Festival di Cannes, nella sezione Quinzaine des Réalisateurs, e da un ottimo riconoscimento internazionale, Virzì dopo le brumose atmosfere della Brianza de Il capitale umano, ci racconta una vicenda che fonde sapientemente dramma e ironia, dolore e pazzia in un contesto geografico assai affascinante come il territorio toscano.
Operai a Piombino, discoteche stile Las Vegas in Versilia, ville dei ricchi intorno a Lucca, il territorio agreste del Chianti e poi una residenza isolata, Villa Biondi, un pò sognata un pò vera, sperduta tra le colline di Pistoia, che ospita una comunità per donne con disturbi mentali, sono il condimento di una storia che riserva tante sorprese confermando l’abilità registica di Virzì, uno dei più talentuosi cineasti italiani.
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Una mappa poetica della Toscana in cui Virzì vota preponderatamente per le donne.
Accolto con applausi all’ultimo Festival di Cannes, nella sezione Quinzaine des Réalisateurs, e da un ottimo riconoscimento internazionale, Virzì dopo le brumose atmosfere della Brianza de Il capitale umano, ci racconta una vicenda che fonde sapientemente dramma e ironia, dolore e pazzia in un contesto geografico assai affascinante come il territorio toscano.
Operai a Piombino, discoteche stile Las Vegas in Versilia, ville dei ricchi intorno a Lucca, il territorio agreste del Chianti e poi una residenza isolata, Villa Biondi, un pò sognata un pò vera, sperduta tra le colline di Pistoia, che ospita una comunità per donne con disturbi mentali, sono il condimento di una storia che riserva tante sorprese confermando l’abilità registica di Virzì, uno dei più talentuosi cineasti italiani.
Beatrice e Donatella. Due donne, due caratteri assai contrastanti in un luogo romito dove alla pace dei campi si alternano lavori socialmente utili. Due donne disturbate e psicologicamente instabili la cui convivenza non potrà che gettare scompiglio nella comunità.
Beatrice (straordinaria Valeria Bruni Tedeschi) è una loquace mitomane, contessa a suo dire in intimità con i potenti della terra e Donatella (un’altrettanto brava seppur sofferente in alcuni frangenti Micaela Ramazzotti), è una magra quanto silenziosa donna che nasconde una terribile vicenda familiare che l’ha portata all’allontanamento del suo bambino.
L’iniziale freddezza di Donatella si scontrerà con la vivacità prorompente di Beatrice e l’incontro/scontro tra le due in un luogo riparato dal mondo come la comunità, un posto travagliato, eppure carico di energia vitale, avrà come esito la naturale fuga verso la “pazza gioia”.
Ma La pazza gioia, il titolo di questo nuovo film, va oltre il semplice concetto di commedia on the road, o almeno di commedia all’italiana basata sugli umori/comportamenti contrastanti dei protagonisti come siamo abituati. E’ un’antifrasi sin dal titolo, in quanto di gioia la pellicola non tratta (se non in parte) visto che il piano di Donatella è vedere ancora una volta il suo bambino affidato a una famiglia protetta e quello di Beatrice un rimbocco affastellato di aiuti alla sua nuova amica con verve e “originalità”.
La bravura di Virzì è questa: fondere più registri stilistici con armonia senza accelerare troppo su ogni pedale “specifico” ma tarando in ogni momento, la commedia propriamente detta (con scene esilaranti rette da Valeria Bruni Tedeschi) con temi assai più tragici e disperati.
Nel confine precario tra normalità e pazzia, Virzì pare dirci che in mezzo è presente l’amore. E’ l’amore per gli uomini, spesso strumenti di concepimento violenti capaci solo di provare rabbia o disgusto o mercificati al denaro col quale pensano tutto sia acquistabile, che risiede la vera anima, del film. Un amore deleterio per le due protagoniste che appunto innamorandosi delle persone sbagliate, diventano “matte”.
Ecco quindi cosa distingue normalità e pazzia: i normali non soffrendo o soffrendo solo in superficie per amore, non comprendono la sottilissima linea che separa il dolore dalla malattia.
Su questo delicato filo, come sapiente equilibriste si muovono Beatrice e Donatella in un viaggio metaforico di grande fascino e bellezza. Noi spettatori nella cornice di una storia dove ilarità ed ebbrezza sono quasi “estranee” al “Capitale umano”, assistiamo allo splendore delle città toscane: Viareggio (con un flashback durante il Carnevale, poi Piazza Mazzini, Piazza Puccini, la pineta, il lungomare, l’ospedale), il luogo delle illusioni e della solitudine, quello in cui si è costretti, alla fine, a luci e musiche spente, a guardarsi negli occhi; Marina di Pietrasanta ( con la discoteca Seven Apple), la piccola Las Vegas della Versilia; Montecatini Terme, il luogo delle scoperte quello dell’incontro tra la madre e la figlia e della scena al ristorante; le Ville della Lucchesia e la strada che da questa arriva alla Versilia sino alla cornice delle Alpi Apuane che con la loro mole cingono le ridenti cittadine rivolte al Tirreno.
La pazza gioiaemoziona senza retorica, evitando di porre il suo accento sulla natura drammatica della commedia come potrebbe vestirsi a un melodramma ma con poche scene condensa il senso di una possibile rinascita, sofferta ma vera, aprendo oltre le tribolazioni, gli abusi subiti e perpetrati, i momenti cupi e sconsolati, la delirante, comica, scombiccherata, allegria di due donne ognuna necessaria all’altra. Due donne rivolte al sole e all’orizzonte immenso di quel Mar Tirreno che nel tra i suoi flutti rimanda a una nuova esistenza e quindi a un nuovo inizio.
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luis23
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venerdì 23 settembre 2016
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trovarsi tra la "follia"
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Cercarsi e trovarsi tra la folla e la follia.
Forse che la razionalità si basa sulle follie di ognuno di noi che viaggiano su frequenze "medie" perciò comunicanti?
La follia non ha frequenze medie, quindi più difficile risulta la relazione, la comunicazione. Quando ciò accade si realizza un doppio miracolo : visitando uno spazio sconosciuto (primo miracolo) ritrovarsi (secondo).
In questo film mi pare di aver visto rappresentata questa forza, di aver visto realizzarsi questo evento.
Le due splendide protagoniste del film attraversano, con le loro scorribande di "pazza gioia", la vita di tante persone "normali", lasciando segni indelebili su ognuna di loro. E la loro pretesa follia evidenzia le debolezze e i vizi degli altri "normali".
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Cercarsi e trovarsi tra la folla e la follia.
Forse che la razionalità si basa sulle follie di ognuno di noi che viaggiano su frequenze "medie" perciò comunicanti?
La follia non ha frequenze medie, quindi più difficile risulta la relazione, la comunicazione. Quando ciò accade si realizza un doppio miracolo : visitando uno spazio sconosciuto (primo miracolo) ritrovarsi (secondo).
In questo film mi pare di aver visto rappresentata questa forza, di aver visto realizzarsi questo evento.
Le due splendide protagoniste del film attraversano, con le loro scorribande di "pazza gioia", la vita di tante persone "normali", lasciando segni indelebili su ognuna di loro. E la loro pretesa follia evidenzia le debolezze e i vizi degli altri "normali".
Valeria Bruni Tedeschi si è fatta magnificamente ammirare, apprezzare già ne "il capitale umano", personalmente la considero la migliore attrice italiana (?) in circolazione; la sua rappresentazione di "pura" follia è potente e delicata contemporaneamente, logico quindi che da ciò sgorghi l'amichevole/materna disposizione nei confronti di Donatella ferita come madre separata dal proprio figlio (Micaela Ramazzotti) la quale mi ricorda fortissimamente - senza nulla togliere alla sua originalità di attrice - la grande Monica Vitti (Donatella come Teresa la ladra), e non solo in questo film .
Mi ha lasciato una grande, potente emozione il film, questa cascata di sentimenti a volte grotteschi, a volte drammatici, ma anche teneri.
Come dimenticare la scena finale del delicato e complice "tic toc" sul vetro alla finestra di Beatrice (Valeria Bruni T), la sua intima emozione, gioia e calore provato nell'aver rivisto, quindi "ritrovato" Donatella (Micaela R). Ritrovata tra la folla e la follia.
La sua emozione l'ho provata anch'io.
Grazie a Virzì e alla sceneggiatura in tandem con Francesca Archibugi. Grande onore al cinema italiano. Grazie.
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