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Mi ha fatto molto piacere vedere che si può fare un film di 118 minuti senza annoiare il pubblico. Credo che la grande forza del film stia nel senso dell'umore che emana dall'inizio alla fine. Mediante l'umorismo (e grazie in grande parte a Valeria Bruni Tedeschi), Virzì riesce a rendere più vicino al grande pubblico una storia di personaggi tragici. Lo spettatore può sorridere e perfino ridere mentre contempla come si trattano argomenti così delicati come i disturbi mentali, i tentativi di suicidio oppure, oserei dire, il parricidio.
Due malate di mente, Beatrice e Donatella, confinate in una clinica psichiatrica dopo esser state condannate dai giudici. Cos'hanno fatto? Una sceneggiatura semplice ma pulita svela gradualmente al pubblico perché Beatrice e Donatella hanno fatto questa fine, (le loro mamme probabilmente hanno avuto molto a che fare con questo).
Il film brilla per l'ottimo lavoro delle attrici. Beatrice (Valeria Bruni Tedeschi), una signora di buona famiglia, vanitosa, chiacchierona e iperattiva è il contrappunto perfetto a Donatella (Micaela Ramazzotti) , una giovane donna scontrosa, triste e scoraggiata.
Beatrice a volte diventa veramente pazzesca e divertente: quando si arrabbia può essere così "politicamente scorretta", predicando le virtù del governo Berlusconi o facendo dei commenti "classisti". Poi però, si trasforma in una donna fragile e innocente, come quando va a trovare il suo ex.
Questa innocenza, quasi infantile, che la Bruni Tedeschi da al personaggio di Beatrice è il vero punto di forza che tocca lo spettatore.
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