Un po' di felicità |
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Un film di Paolo Virzì.
Con Valeria Bruni Tedeschi, Micaela Ramazzotti, Valentina Carnelutti, Tommaso Ragno.
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Titolo originale La pazza gioia.
Commedia drammatica,
Ratings: Kids+13,
durata 118 min.
- Italia 2016.
- 01 Distribution
uscita martedì 17 maggio 2016.
MYMONETRO
Un po' di felicità
valutazione media:
3,50
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Una dirompente idea di libertàdi gaecupFeedback: 203 | altri commenti e recensioni di gaecup |
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giovedì 9 giugno 2016 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Ma poi...Cos'è la pazzia? Osservando questo straordinario concentrato di umanita messo in scena da Virzì la domanda affiora inevitabile, travolge qualsiasi preconcetto. Si perché il film porta anche noi spettatori all'interno della struttura di ricovero e poi accanto a Beatrice e Donatella durante la loro "fuga" , mostrandoci il mondo dalla stessa, liberatoria angolazione da cui le vedono le due protagoniste, due identità così lontane eppure così vicine, così fragili eppure così forti. E allora ci può sembrare normale anche mangiare un un ristorante di lusso senza pagare, oppure rubare un auto, rischiare tutto per rivedere un figlio...si, ci sembra normale perché le due agiscono senza filtri, senza se e senza ma, vanno diritte al cuore, e allora uno si domanda se è questa la pazzia... I richiami nel film sono tanti, innanzitutto l 'insuperabile "Qualcuno volo sul nido del cuculo" anche se tra il rigido assistente sociale Torregiani e l'inflessibile infermeria Fletcher sono passati 50 anni di evoluzione della psichiatria, che rendono il primo più umano, poi, ovviamente, l'inossidabile "Thelma e Luise", evocata spesso durante la fuga delle due e in particolare nella scena con l auto scoperta. Ma forse questi richiami sono un ulteriore arricchimento del film, perché lo inseriscono in un prestigioso filone di pellicole incentrate su un' idea dirompente di libertà come evasione da ruoli precostituiti. L uso che fa Virzi della macchina da presa, soprattutto i ripetuti primi piani (su tutte il dialogo in cui Donatella racconta del tentato suicidio con loro due che guardano da lati opposti, è come se si fissassero senza vedersi) riducono se non azzerano il contesto,facendo emergere le due statuarie protagoniste, che sembrano ancora più gigantesche in rapporto alle figure maschili di contorno, piccoli pigmei che il regista riesce a costruire a tutto tondo pur dedicando loro pochissime scene. Sono uomini persino un po troppo schematici nelle loro illusa supponenza da bulletti di provincia o nella disperata fragilita di padri falliti, con l eccezione di due figure che si stagliano per equilibrio e in fondo per coraggio, il direttore sanitario e il padre adottivo del figlio di Donatella. Non tutto il genere maschile, evidentemente, viene per nuocere:-)
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