alejazz
|
venerdì 5 gennaio 2018
|
la pazzia per trovare la gioia
|
|
|
|
Come può una persona (anzi due) malata mentale (anzi pazza) trovare la gioia? Semplice....rompendo i confini in cui sono costrette a stare.
Così è la storia delle due protagoniste, una donna (Beatrice) che si crede ricca e signorile e un'altra (Donatella) introversa con problemi giudiziari alle spalle. Cogliendo l'occasione della distrazione di una delle operatrici della casa di cura, riescono a scappare e a "rompere i confini" in cui si trovano per cercare la gioia, quella pazza gioia di cui hanno bisogno.
E così che Beatrice e Donatella ritrovano la gioia; la prima con una bravata dietro l'altra frequentando i posti chic (senza avere poi i soldi per pagare) e la seconda ritrovando il figlio che aveva abbandonato anni prima.
[+]
Come può una persona (anzi due) malata mentale (anzi pazza) trovare la gioia? Semplice....rompendo i confini in cui sono costrette a stare.
Così è la storia delle due protagoniste, una donna (Beatrice) che si crede ricca e signorile e un'altra (Donatella) introversa con problemi giudiziari alle spalle. Cogliendo l'occasione della distrazione di una delle operatrici della casa di cura, riescono a scappare e a "rompere i confini" in cui si trovano per cercare la gioia, quella pazza gioia di cui hanno bisogno.
E così che Beatrice e Donatella ritrovano la gioia; la prima con una bravata dietro l'altra frequentando i posti chic (senza avere poi i soldi per pagare) e la seconda ritrovando il figlio che aveva abbandonato anni prima.
E' bello notare anche la complicità delle protagoniste che si aiutano vicendevolmente; il loro problema mentale è l'effetto di un vittimismo societario in cui sono ricadute.
Cosa mi è piaciuto
La sceneggiatura ben sostenuta e articolata i cui eventi sono sempre legati l'uno con l'altro.
L'ottima interpretazione della Ramazzotti per il ruolo difficile che ha dovuto interpretare.
Bella la fotografia e la colonna sonora.
Cosa non mi è piaciuto
Difficile trovare un aspetto negativo. Tuttavia ritengo che il carattere del personaggio Beatrice poteva essere introdotto meglio all'inizio del film. Mentre la psicologia di Donatella appare chiara e limpida sin dall'inizio, quella di Beatrice è ombrata e sta allo spettatore la comprensione e darne una chiave di interpretazione.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a alejazz »
[ - ] lascia un commento a alejazz »
|
|
d'accordo? |
|
dipipe
|
domenica 24 dicembre 2017
|
tutti pazzi
|
|
|
|
Dopo aver guardato questo film mi viene in mente una domanda: chi siamo noi per dire se una persona è pazza? Le due donne protagoniste vivono una realtà dolorante però è, in qualsiasi modo, una realtà. Gli altri che abitano fuori di questa villa dimostrano che la pazzia è dappertutto. Il ex marito della Bruni o la madre della Ramazzoti sono dcapricciossi che potrebbero essere anche pazienti dell' istituto terapeutico. Quindi, cosa c`è di diverso tra loro? La società sarà, alla fine, quella che deciderà il ruolo di ognuno. Detto questo, il film è un vero gioiello che a volte ci fa pensare, anche se in modo leggero, al film 'Thelma e Louise'.
[+]
Dopo aver guardato questo film mi viene in mente una domanda: chi siamo noi per dire se una persona è pazza? Le due donne protagoniste vivono una realtà dolorante però è, in qualsiasi modo, una realtà. Gli altri che abitano fuori di questa villa dimostrano che la pazzia è dappertutto. Il ex marito della Bruni o la madre della Ramazzoti sono dcapricciossi che potrebbero essere anche pazienti dell' istituto terapeutico. Quindi, cosa c`è di diverso tra loro? La società sarà, alla fine, quella che deciderà il ruolo di ognuno. Detto questo, il film è un vero gioiello che a volte ci fa pensare, anche se in modo leggero, al film 'Thelma e Louise'.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a dipipe »
[ - ] lascia un commento a dipipe »
|
|
d'accordo? |
|
dipipe
|
sabato 23 dicembre 2017
|
tutti quanti pazzi?
|
|
|
|
Dopo aver guardato questo film mi viene in mente una domanda: chi siamo noi per dire se una persona è pazza? Le due donne protagoniste vivono una realtà dolorante però è, in qualsiasi modo, una realtà. Gli altri che abitano fuori di questa villa dimostrano che la pazzia è dappertutto. Il ex marito della Bruni o la madre della Ramazzoti sono personaggi capricciossi che potrebbero essere anche pazienti dell' istituto terapeutico. Quindi, cosa c`è di diverso tra loro? La società sarà, alla fine, quella che deciderà il ruolo di ognuno. Detto questo, il film è un vero gioiello che a volte ci fa pensare, anche se in modo leggero, al film 'Thelma e Louise'.
|
|
[+] lascia un commento a dipipe »
[ - ] lascia un commento a dipipe »
|
|
d'accordo? |
|
alcala91
|
venerdì 22 dicembre 2017
|
storia di due strane amiche
|
|
|
|
"La pazza gioia" e un film veramente duro que rifletta la vita delle persone con i problemi mentali. Valeria Bruni e una attrice veramente buona y divertente. La storia dietro queste donne e molto difficili, e le malatie mentali sono molto dure. Mi e piaccuto come e raccontata la storia, i paisaggi e il incontro di Donatella con i suo figlio. Toscana e una bella regione italiana, e quindi gli paisaggi sono veramente bellisimi.
|
|
[+] lascia un commento a alcala91 »
[ - ] lascia un commento a alcala91 »
|
|
d'accordo? |
|
valterchiappa
|
lunedì 30 ottobre 2017
|
la folle ricerca della felicità
|
|
|
|
Beatrice e Donatella non potrebbero essere più diverse. Beatrice è snob, arrogante, logorroica, pettegola, invadente; Donatella è muta, scontrosa, ferina. Beatrice, aristocratica, passeggia con l’ombrellino parasole come una damina dell’800; è florida, indossa vestitini di seta ed ha il comodino pieno di creme e profumi. Donatella ha un solo abituccio, è magra come un osso e ha la pelle martoriata da cicatrici e tatuaggi. Ma Beatrice e Donatella hanno una cosa in comune: sono entrambe pazienti psichiatriche. “La pazza gioia” è la loro storia: la storia di un’amicizia toccante, di una fuga folle, di una ricerca disperata.
[+]
Beatrice e Donatella non potrebbero essere più diverse. Beatrice è snob, arrogante, logorroica, pettegola, invadente; Donatella è muta, scontrosa, ferina. Beatrice, aristocratica, passeggia con l’ombrellino parasole come una damina dell’800; è florida, indossa vestitini di seta ed ha il comodino pieno di creme e profumi. Donatella ha un solo abituccio, è magra come un osso e ha la pelle martoriata da cicatrici e tatuaggi. Ma Beatrice e Donatella hanno una cosa in comune: sono entrambe pazienti psichiatriche. “La pazza gioia” è la loro storia: la storia di un’amicizia toccante, di una fuga folle, di una ricerca disperata. Una storia che insegue lampi di gioia sopra un oceano di dolore. Dove ci sono personaggi detestabili nel loro squallore e figure cariche di umanità; e in mezzo loro: le pazze.
Tutto inizia a Villa Biondi, un centro di recupero immerso nel sole della campagna toscana. Beatrice Morandini Valdirana (Valeria Bruni Tedeschi) si aggira fra le pazienti dispensando giudizi taglienti su tutti; rivendica amicizie potenti, si sente vittima di un complotto, tormenta il giudice che l’ha condannata. Un giorno arriva per essere ricoverata Donatella Morelli (Micaela Ramazzotti), dietro di lei un passato oscuro e terribile. Beatrice si interessa subito alla nuova ospite e indaga: nella sua borsa trova una vecchia foto ripiegata di una bambina col padre, un ritaglio di giornale, un telefonino che contiene solo due messaggi senza risposta ed una vecchia canzone. Il legame fra le due si instaura con molta fatica. Ma un giorno Beatrice, iperattiva, alla prima occasione spingerà Donatella a fuggire con lei.
Viaggeranno, fra mille avventure e disavventure, alla ricerca della felicità. La cercheranno ancora dove non devono, dove l’hanno sempre cercata invano: nei genitori, negli uomini della loro vita. Perché se Beatrice e Donatella sono donne “sbagliate”, il loro solo errore è di aver scelto riferimenti sbagliati, la loro malattia crearne una rappresentazione completamente avulsa dalla realtà. Così Beatrice continua a sognare l’amore dell’uomo becero che l’ha sfruttata o si aggrappa, come a uno scoglio scivoloso, all’ostentazione della ricchezza in cui è vissuta, mentre Donatella coltiva l’immagine fallace di un padre affettuoso, da cui invece è stata abbandonata e ascolta ossessivamente la canzone (“Senza fine” di Gino Paoli) che non gli è mai stata cantata.
Per contro è il mondo che ha con loro la più grave colpa: gli ha negato l’amore, quello dovuto, quello obbligatorio: di un padre, di una madre, di un compagno. Erano fiori delicati (“sono nata triste” dice Donatella in una delle scene più toccanti), sono stati calpestati. E si sono ammalate. Cos’è l’invadenza di Beatrice, se non una disperata ricerca di riconoscimento; cosa l’ermetica chiusura di Donatella, se non il rinchiudersi in una tana finalmente sicura? Nel loro viaggio ricevono ancora tanto male, in maniera talora ripugnante. Ma la meta sarà la scoperta salvifica: l’amicizia che le lega, ciò che hanno costruito da sole, può salvarle.
“La pazza gioia” non è solo un’indagine sul disagio psichiatrico, ma soprattutto un racconto sulla ricerca della felicità. Bene che può talora apparire irraggiungibile, soprattutto per chi parte svantaggiato, ma missione che riguarda ognuno di noi. Infatti che differenza c’è fra noi e un folle? Solo una linea sottile, una gradazione di intensità. E dove c’è più dolore e più bruttura, se non nel mondo dei “sani”? Ma la visione di Virzì non è qui senza speranza, il quadro che dipinge non è uniformemente cupo come quello di “Il capitale umano”. Assieme a padri cinici, madri anaffettive, compagni indegni ci sono, stelle brillanti sul cielo nero, un universo di anime belle: operatori amorevoli, un tassista gentile, una coppia comprensiva.
Una precisazione: non si ride in “La pazza gioia”: le esuberanze di Beatrice (che le fanno pronunciare battute memorabili), per chi ne ha compreso la genesi, suscitano piuttosto un sorriso di tenerezza. Bensì si piange, a fiotti, ma di quel pianto sano che purifica e scalda il cuore. Questo è il prodotto della fruttuosa collaborazione, nella stesura della sceneggiatura, fra Paolo Virzì e Francesca Archibugi.
È noto come il regista toscano sappia tirar fuori il meglio dai suoi attori; ed anche stavolta le sue protagoniste sfoggiano una performance eccezionale. Micaela Ramazzotti, che ha accettato di mortificare la sua bellezza con una magrezza scheletrica, conferma il suo versatile talento, calandosi con efficacia in un ruolo estremo ed oscuro. Vera dominatrice della scena, in maniera forse sorprendente per la qualità della sua interpretazione, è però Valeria Bruni Tedeschi, che riempie ogni fotogramma con una presenza pervasiva e travolgente come il suo personaggio. Ma si deve dar rilievo, fra gli interpreti non principali, alla confermata e indiscutibile bravura di Valentina Carnelutti, capace di creare una sentita compartecipazione emotiva intorno al personaggio della appassionata terapeuta.
10 minuti di applausi a Cannes: che siano il decollo verso le sale mondiali del nostro cinema, rappresentato da uno dei suoi più autorevoli portabandiera. ”La pazza gioia” è talmente superiore a tanti film stranieri che arrivano nelle nostre sale con suono di fanfara, che ci resta ancora incomprensibile la scarsa diffusione delle nostre opere all’estero.
A noi che, usciti dalle sale, abbiamo asciugato le lacrime; a noi che abbiamo amato Beatrice e Donatella e ne abbiamo abbracciato la follia, riprendendo il nostro cammino resta un dovere inderogabile: rincorrere la felicità.
Che sia pazza, ma che sia comunque gioia.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a valterchiappa »
[ - ] lascia un commento a valterchiappa »
|
|
d'accordo? |
|
evak.
|
lunedì 9 ottobre 2017
|
una gioia pazza
|
|
|
|
Paolo Virzì è sempre in grado di sorprendere.
Il film emoziona, rende tangibile l'odore della vita. Quella di tutti: degli strambi, degli straziati, dei cinici, di coloro che amano la vita, dei beati. Tutti sembrano folli, tranne le due protagoniste. Che non lo sono. Amano talmente tanto la vita da non riconoscerla nelle persone che hanno incontrato. E per loro - che sembrano le "pizzicate" de "la pizzica" - l'etichetta sociale delle disturbate.
Virzì ci restituisce uno sguardo raffinato non tanto sulle fragilità umane - perchè queste due donne sono forti, fortissime, sanno lottare, hanno lottato e ora hanno solo bisogno di riposare - quanto sull'inadeguatezza del sociale che non è abituato a riconoscere il desiderio e la libertà.
[+]
Paolo Virzì è sempre in grado di sorprendere.
Il film emoziona, rende tangibile l'odore della vita. Quella di tutti: degli strambi, degli straziati, dei cinici, di coloro che amano la vita, dei beati. Tutti sembrano folli, tranne le due protagoniste. Che non lo sono. Amano talmente tanto la vita da non riconoscerla nelle persone che hanno incontrato. E per loro - che sembrano le "pizzicate" de "la pizzica" - l'etichetta sociale delle disturbate.
Virzì ci restituisce uno sguardo raffinato non tanto sulle fragilità umane - perchè queste due donne sono forti, fortissime, sanno lottare, hanno lottato e ora hanno solo bisogno di riposare - quanto sull'inadeguatezza del sociale che non è abituato a riconoscere il desiderio e la libertà. Un sociale che non riconosce l'amore per le piccole cose menzionate ("le tovaglie di fiandra" "le persone gentili") e che ne ha paura, vedendo in esso il segno di una grande fragilità; una società che non usa il canale emozionale per comunicare quanto quello asettico di procedure mentali-meccaniche standard.
Attraverso Beatrice e Donatella, Paolo Virzì riporta in scena l'umorismo pirandelliano con una poetica inconfondibile.
Questi due personaggi diventano un pò il simbolo della gioia che incontra la pazzia solo quando non può esprimersi.
L'uso di determinati colori nel film fanno da contorno, quasi fino a diventare protagonisti della storia dove la parola non ha posto.
Sceneggiatura, fotografia e regia straordinarie.
Valeria Bruni Tedeschi: immensa.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a evak. »
[ - ] lascia un commento a evak. »
|
|
d'accordo? |
|
alberto
|
sabato 20 maggio 2017
|
la speranza di trovare la felicità
|
|
|
|
Due pazze fuggono da un manicomio per finirne in un altro, il mondo cosiddetto "normale", ma ricolmo di gente egoista, meschina, approfittatrice, sadica e malvagia. Beatrice e Donatella rappresentano gli opposti che si attragono: la prima è altolocata, snob, e considera spesso la seconda come una cafona, mentre questa è più raccolta in sè stessa e ha alle spalle un passato oscuro, con cui si apre in modo molto misterioso la pellicola: una madre col passeggino del proprio piccino, una triste verità che verrà progressivamente a galla una volta che tra le due si consoliderà un rapporto di confidenza e di immedesimazione, grazie ad un viaggio on the road che dimostrerà di non essere le benvenute nei confronti delle loro vecchie conoscenze.
[+]
Due pazze fuggono da un manicomio per finirne in un altro, il mondo cosiddetto "normale", ma ricolmo di gente egoista, meschina, approfittatrice, sadica e malvagia. Beatrice e Donatella rappresentano gli opposti che si attragono: la prima è altolocata, snob, e considera spesso la seconda come una cafona, mentre questa è più raccolta in sè stessa e ha alle spalle un passato oscuro, con cui si apre in modo molto misterioso la pellicola: una madre col passeggino del proprio piccino, una triste verità che verrà progressivamente a galla una volta che tra le due si consoliderà un rapporto di confidenza e di immedesimazione, grazie ad un viaggio on the road che dimostrerà di non essere le benvenute nei confronti delle loro vecchie conoscenze. Infatti gli ex mariti/compagni vivono tranquilli, senza preoccupazioni, e l'ultima cosa che vorrebbero è rivederle; persino il papà di Donatella è esplicito, dicendo che si deve aiutare da sola. La solitudine, la disperazione e soprattutto i rimpianti sono inevitabili, se non fosse per questa semplice ma necessaria amicizia, un'ancora di salvezza senza la quale la vita di entrambe andrebbe avanti inutilmente, pensando ogni giorno a cosa hanno fatto di male per subire una condanna del genere. Ciò si può notare soprattutto dal finale, che fa capire che la "pazza gioia" non si trova scappando, illudendosi di una vita migliore, ma spesso la si trova accanto: "Meno male che ci sei te!". La sceneggiatura di Paolo Virzì ("Il capitale umano", "Tutta la vita davanti"), anche regista, e Francesca Archibugi è abile a lanciare questo importante messaggio, attraverso una storia che ricorda "Thelma e Louise", amalgamato con la comicità della prima parte, scatenata e all'insegna di stravaganti azioni istintive dovute al senso di libertà, e la drammaticità della seconda, in grado di commuovere e coinvolgere lo spettatore, che entra nella loro mente e comprende che la vera pazzia si trova nelle persone a piede libero, che stuzzicano e provocano troppo quella macchina ancora tutta da scoprire che è il cervello umano. Miglior film agli ultimi David di Donatello, insieme a sceneggiatura, regia, costumi (di Katia Dottori) e attrice a Valeria Bruni Tedeschi, che è in grado sia di far ridere sia di far piangere, grazie ad un'interpretazione impeccabile e spontanea (da ricordare anche la sua emozione nel momento della premiazione ai David). Accanto a lei c'è un'altra grande attrice: Micaela Ramazzotti, perfetta nel ruolo di Donatella, insicura ed enigmatica, moglie del regista e sua musa, fonte d'ispirazione per la caratterizzazione delle due amiche (mentre veniva accompagnata incinta dalla Tedeschi). Virzì ha dichiarato anche l'influenza di "Qualcuno volò sul nido del Cuculo" e "Un tram che si chiama Desiderio", da cui ha preso delle battute. Se poi la conclusione è accompagnata dal brano "Senza Fine" di Gino Paoli il filmone è servito.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a alberto »
[ - ] lascia un commento a alberto »
|
|
d'accordo? |
|
criticacritici
|
giovedì 18 maggio 2017
|
quasi un capolavoro
|
|
|
|
Virzì migliora di film in film come il vino buono; a questo avrei dato un 4,5, ma a parziale compenso degli incomprensibili (per me) 1 e 2, assegno 5 stelle.
Peccato per la cancellazione del mio precedente commento, ma Mymovies sa il perchè. ;-)
|
|
[+] lascia un commento a criticacritici »
[ - ] lascia un commento a criticacritici »
|
|
d'accordo? |
|
yarince
|
lunedì 8 maggio 2017
|
tu avresti voglia di parlare se nessuno ascolta?
|
|
|
|
Mi piacciono tutti i suoi film; ovosodo, baci e abbracci, la prima cosa bella, il capitale umano, tutti i santi giorni (in particolare quest'ultimo che mi ha fatto conoscere Thony). Ma questo è veramente il più intenso, il più bello. Muove tutte le corde, forse a volte si fa fatica a reggere il coinvolgimento emotivo, si ride, si piange, si pensa e resta...se fosse un vino direi che è di "lunga persistenza" dove per persistenza non si intende la durata del gusto del vino in bocca, ma le sensazioni retrogustative una volta deglutito. Una storia di amicizia al femminile fra due "borderline" , una un pò mitomane, logorroica, snob e l'altra, introversa, depressa, anoressica e fragile.
[+]
Mi piacciono tutti i suoi film; ovosodo, baci e abbracci, la prima cosa bella, il capitale umano, tutti i santi giorni (in particolare quest'ultimo che mi ha fatto conoscere Thony). Ma questo è veramente il più intenso, il più bello. Muove tutte le corde, forse a volte si fa fatica a reggere il coinvolgimento emotivo, si ride, si piange, si pensa e resta...se fosse un vino direi che è di "lunga persistenza" dove per persistenza non si intende la durata del gusto del vino in bocca, ma le sensazioni retrogustative una volta deglutito. Una storia di amicizia al femminile fra due "borderline" , una un pò mitomane, logorroica, snob e l'altra, introversa, depressa, anoressica e fragile...entrambe hanno un grande dolore e il loro contesto sociale di appartenenza (famiglia, uomini, lavoro) non aiuta, anzi, aggrava la loro instabilità psicologica. (Basaglia avrebbe detto - tu avresti voglia di parlare se nessuno ascolta? ) - Ritenute socialmente pericolose, vengono sottoposte a cure riabilitative in una casa di cura e, nonostante l'iniziale ritrosia di Donatella e le loro differenze caratteriali, scoprono di essere funzionali l'una all'altra, si spronano, si danno energia e si migliorano a vicenda. L'una diventa la cura efficace dell'altra, complici, decidono di regalarsi un giorno "on the road" e darsi "alla pazza gioia", alla ricerca di un pò di felicità "senza fine"... come canta Gino Paoli in sottofondo evocando il rapporto mancato di Donatella col padre senza inizio e una sua bugia senza fine,appunto. Un inno alla vita, all'amicizia, all'emozioni vere e condivise. Bravissime le due attrici. Chapeau a Virzi.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a yarince »
[ - ] lascia un commento a yarince »
|
|
d'accordo? |
|
laugix
|
venerdì 28 aprile 2017
|
quando il cinema riesce a toccare alcune corde..
|
|
|
|
Quando il cinema riesce ancora a toccare alcune corde, a ricordare quanti siamo, quante storie ci siano da raccontare. E sopratutto quando il cinema riesce a farlo bene come in questo film. Di cosa parla il film? Di una storia che gira attorno a persone che potrebbero essere chiamate semplicemente mentalmente disturbate o border-line. Ma per chi ha toccato il fondo o per chi l'ha visto toccare, questo film è un piccolo capolavoro. Da dove nascono i sentimenti? Come si fa a stabilire se siamo capaci di essere in grado di provarli responsabilmente e chi è in grado di stabilirlo al posto nostro? Domande amletiche e difficili a cui rispondere. Ciò che forse importa, senza divagare troppo dalla storia narrata nel film, è che qui si sono sfiorati tutti gli aspetti di quello che viene chiamato ''il sociale'', ed in ognuno di questi, il film ha lasciato il segno nello spettatore.
[+]
Quando il cinema riesce ancora a toccare alcune corde, a ricordare quanti siamo, quante storie ci siano da raccontare. E sopratutto quando il cinema riesce a farlo bene come in questo film. Di cosa parla il film? Di una storia che gira attorno a persone che potrebbero essere chiamate semplicemente mentalmente disturbate o border-line. Ma per chi ha toccato il fondo o per chi l'ha visto toccare, questo film è un piccolo capolavoro. Da dove nascono i sentimenti? Come si fa a stabilire se siamo capaci di essere in grado di provarli responsabilmente e chi è in grado di stabilirlo al posto nostro? Domande amletiche e difficili a cui rispondere. Ciò che forse importa, senza divagare troppo dalla storia narrata nel film, è che qui si sono sfiorati tutti gli aspetti di quello che viene chiamato ''il sociale'', ed in ognuno di questi, il film ha lasciato il segno nello spettatore. La storia di per se sembra all'inizio una trama già vista, che si potrebbe trasformare in una sorta di Thelma e Luise. Ma il film a questo punto fa un passo indietro e 2 avanti, rinunciando alla spettacolarizzazione per mettere in scena gli errori, che uno nella vita paga per colpa propria, o della propria sorte o per causa di qualcuno. Già gli errori, ma fino a quando bisogna andare avanti a pagarli? Mentre li si paga esiste anche una sorta di riavvicinamento alla normalità, alla redenzione, oppure tutto va pagato in una volta sola? Un film che identifica da vicino le persone, come tante, tantissime, e forse come alcuni di noi, che fanno fatica a fare da subito la cosa giusta. Esiste il perdono come deve esistere un prezzo da pagare. Ma quando spesso si dice che l'amore da coraggio ( e purtroppo anche follia), in questo film si è riusciti a toccare tutti i suoi aspetti, senza dare un taglio cinematografico troppo duro, smelenso o bigotto. Il tutto grazie alla maestria di tutto la staff del film, che ha raccontato una storia semplice ma di straordinaria grandezza morale e sociale. E che a tratti a spezzato il cuore così come ha saputo ricucirlo con gioia, speranza, e sorriso.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a laugix »
[ - ] lascia un commento a laugix »
|
|
d'accordo? |
|
|