accettoilcaos
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venerdì 14 aprile 2017
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inno alla gioia (e alla liberta')
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Beatrice Morandini Valdirana, magistralmente interpretata da Valeria Bruno Tedeschi, è un personaggio che parossisticamente somiglia a Woody Allen, con la sua dialettica concitata, assimilabile per lo più ad un monologo interiore. Paziente della Villa Biondi, è un'attrice lei stessa, presa nella recita della sua vita, che tenta in ogni modo di scrivere il copione che più la faccia sentire al sicuro. E' egosintonica, perfettamente a suo agio con i suoi sintomi, crede di essere vittima di un sistema che trama contro di lei. La sua vita è un triste teatro ma pur sempre più accettabile della realtà.
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Beatrice Morandini Valdirana, magistralmente interpretata da Valeria Bruno Tedeschi, è un personaggio che parossisticamente somiglia a Woody Allen, con la sua dialettica concitata, assimilabile per lo più ad un monologo interiore. Paziente della Villa Biondi, è un'attrice lei stessa, presa nella recita della sua vita, che tenta in ogni modo di scrivere il copione che più la faccia sentire al sicuro. E' egosintonica, perfettamente a suo agio con i suoi sintomi, crede di essere vittima di un sistema che trama contro di lei. La sua vita è un triste teatro ma pur sempre più accettabile della realtà. La madre (Marisa Borini, madre anche nella realtà della Bruni) è una donna che si augura che la figlia muoia, totalmente indifferente alle urla silenziose che quest'ultima lascia disperatamente. L'ex marito è forse innamorato ancora di lei, ma non al punto da poterla aiutare in modo umano e affettuoso. Il sesso, anche piuttosto squallido e grottesco, è l'unica maniera che ha per starle vicino.
Donatella Morelli arriva alla Villa in un secondo momento. E' una donna che non teme di mostrare la sua fragilità. D'altra parte, come potrebbe essere diversamente? La sua vita costellata di grandi dolori e delusioni parla da sé. E' una donna che, anni prima, era arrivata a compiere un gesto estremo pur di liberare se stessa e suo figlio. Luogo testimone di questo avvenimento, è lo splendente panorama del lungomare del Romito (e chi è abituato a viaggiare con il treno verso Livorno lo sa bene) che appare in tutta la sua immensità e rimanda subito a un grande senso di libertà, come se fosse possibile inspirare tutta l'aria del mondo con i propri polmoni. Fare un tuffo, date queste premesse, sembrerebbe la scelta più adatta, quasi l'unica possibile. Il mare è ciò che stava per dividere per sempre madre e figlio ed è grazie ad esso se i due riusciranno a ritrovarsi, anche se per poco, nello spazio di un attimo che vale l'eternità. D'altronde, è così: la corrente porta le cose dove queste devono stare. Virzì riesce a dipingere il tentato omicidio-suicidio come un atto di tenera disperazione; getta su questo uno sguardo benevolo, non di rimprovero né di giudizio morale.
Le due donne diventano inevitabilmente amiche. Inevitabilmente perché sono due esseri complementari, due anime gemelle, come quelle che riempiono i romanzi sentimentali. Il loro profondo legame le porta a consapevolezze molto simili: entrambe capiscono che è necessario curare la propria anima, ciò che conta è farlo insieme, mano nella mano, ridendo a crepapelle quando più fa voglia. Molto intenso lo sguardo che le due si rivolgono quando Donatella ritorna alla clinica, dopo aver rivisto suo figlio ed essersi resa conto che, impegnandosi per riscattare il proprio passato segnato dalla deprivazione, probabilmente avrà la possibilità di rivederlo questo bambino.
Virzì riesce a proiettare lo spettatore all'interno di un universo sanguinante, doloroso e incomprensibile ai più, forse anche inaccettabile e, nonostante questo, lo fa in maniera dolce, come se accarezzasse i personaggi. Non è un giudice delle loro azioni, non li condanna, come invece farebbe chiunque. E' come un padre, un padre commosso nel vedere i loro passi nel mondo, alla ricerca della consapevolezza necessaria per guarire. Passi stentati, sbilenchi, che, se fatti in due, diventano più sicuri e decisi. Passi alla ricerca della libertà, quella vera.
Questo film è per chi, fondamentalmente, ha un cuore e non ha paura di usarlo. E' un film per chi vuole essere libero, e lo vuole essere a tutti i costi.
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genny63
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venerdì 31 marzo 2017
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dove alberga la follia?
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Film straordinario, sia per la bravura incredibile delle due protagoniste, scelte con maestria nelle loro diametralmente opposte esperienze di vita e origini, sia per i temi infiniti su cui riflettere e chiedersi.
La "follia", qui è relegata tale, rivelando lo stridio assordante con il "cittadino tipo" ben inserito nella "follia sociale" che viviamo ogni giorno, in cui l'eccessiva sensibilità e la depressione causata dai veri "folli", viene marchiata a fuoco come malattia psichiatrica, controllata e gestita con farmaci sedanti per coprire le gravi inefficienze del nostro sistema dei servizi sociali, impreparato a gestire le difficoltà relazionali e a ricostruire una trama affettiva risolutrice nelle esistenze di queste fragili donne.
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Film straordinario, sia per la bravura incredibile delle due protagoniste, scelte con maestria nelle loro diametralmente opposte esperienze di vita e origini, sia per i temi infiniti su cui riflettere e chiedersi.
La "follia", qui è relegata tale, rivelando lo stridio assordante con il "cittadino tipo" ben inserito nella "follia sociale" che viviamo ogni giorno, in cui l'eccessiva sensibilità e la depressione causata dai veri "folli", viene marchiata a fuoco come malattia psichiatrica, controllata e gestita con farmaci sedanti per coprire le gravi inefficienze del nostro sistema dei servizi sociali, impreparato a gestire le difficoltà relazionali e a ricostruire una trama affettiva risolutrice nelle esistenze di queste fragili donne.
La solitudine profonda di chi è particolarmente sensibile e disorientato affettivamente dalle circostanze della vita viene qui enfatizzata con particolare chiarezza, mescolando ironia e tragicità con estro notevole, senza mai oltrepassare i limiti, dosando sapientamente i due elementi....e poi, ciliegina finale, arriva il significato e il senso più profondo di questo splendido film........l'amore si rinnova, si trasforma, prende altre facce, altri luoghi, ma non muore mai...è la splendida nota di speranza che Virzì ci lascia attraverso il sorriso sempre più solare di Donatella nell'ultima scena. Grazie, ricevuto.
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luanaa
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mercoledì 8 marzo 2017
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manca la catarsi
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OVVERO IL REGISTA L'HA TENTATA MA E' DI UNA RETORICA E DI UN PATETICO INCREDIBILE (DA TELENOVELAS, PER INTENDERCI).DUNQUE MANCA UN VERO FINALE.. I REGISTI ITALIANI NON SANNO TRATTARE TEMI PROFONDI (VEDI ANCHE IL FILM SULLO STESSO TEMA "SI PUO'FARE"). NON SANNO ENTRARE NEL DISAGIO DI CERTE COMUNITA' E CLINICHE E DICO QUESTO NON PERCHE' NON DEVE ESSERCI LEGGEREZZA OVVERO SOTTIGLIEZZA NEL TRATTARE CERTI TEMI. LA FOLLIA NON E' UN GIOCO MA UNA COSA SERIA, DOVE CERTO CI PUO' ESSERE BELLEZZA DI SGUARDO MA DOVE DEVE ESSERE PRESENTE UNA SERIETA' DI FONDO.QUI MANCA TOTALMENTE. BRAVE SICURAMENTE LE DUE ATTRICI,CHE SALVANO UNA FARSA PERCHE' DI FARSA SI TRATTA.
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OVVERO IL REGISTA L'HA TENTATA MA E' DI UNA RETORICA E DI UN PATETICO INCREDIBILE (DA TELENOVELAS, PER INTENDERCI).DUNQUE MANCA UN VERO FINALE.. I REGISTI ITALIANI NON SANNO TRATTARE TEMI PROFONDI (VEDI ANCHE IL FILM SULLO STESSO TEMA "SI PUO'FARE"). NON SANNO ENTRARE NEL DISAGIO DI CERTE COMUNITA' E CLINICHE E DICO QUESTO NON PERCHE' NON DEVE ESSERCI LEGGEREZZA OVVERO SOTTIGLIEZZA NEL TRATTARE CERTI TEMI. LA FOLLIA NON E' UN GIOCO MA UNA COSA SERIA, DOVE CERTO CI PUO' ESSERE BELLEZZA DI SGUARDO MA DOVE DEVE ESSERE PRESENTE UNA SERIETA' DI FONDO.QUI MANCA TOTALMENTE. BRAVE SICURAMENTE LE DUE ATTRICI,CHE SALVANO UNA FARSA PERCHE' DI FARSA SI TRATTA. NON PARAGONABILE AL CAPITALE UMANO ( PER ME IL MIGLIORE DI QUESTO REGISTA). PER CUI CHI COMMENTA QUI IN POSITIVO NON HA MAI VISSUTO CERTE ESPERIENZE. SUPERFICIALISSIMO!!!
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francesca romana cerri
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martedì 21 febbraio 2017
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raffinato e molto brave le donne
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Le due donne danno una interpretazione fine del disagio e in complesso è un film interiore che fà riflettere . Non ci sono le solite grande banalità tipiche del cinema italiano, i finali scontati all'americana. Si vede che Virzì stà ad un altro livello. Mi aspettavo di meno, di molto meno dal cinema italiano e invece mi ha stupito.
La Bruni Tedeschi qui, eccezionale oltrechè affascinante veramente.
La Ramazzotti non si smente . Bello. Non aggiungo altro poichè la follia è un tema sacro su cui stare in silenzio. La follia stessa appartiene al sacro.
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onufrio
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lunedì 23 gennaio 2017
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ma siete pazze? così risulta
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Virzì racconta con delicatezza, ironia e un pizzico di malinconia la storia di due donne, l'irrefrenabile e isterica Beatrice e la depressa Donatella, entrambe a Villa Biondi, un istituto terapeutico di recupero. Fra le due donne si instaura subito un legame, e appena compare l'occasione di abbandonare la clinica viene colta al volo dando vita ad un'avventura piena di sorprese dove fra una risata e qualche pianto si scaverà a fondo della vita di queste due donne. Le protagoniste regalano una splendida interpretazione confermando la loro indiscutibile bravura, su Virzì c'è poco da dire, dopo il "Capitale Umano" conferma il proprio stato di grazia artistica consegnando al pubblico nuove emozioni e positive sensazioni.
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Virzì racconta con delicatezza, ironia e un pizzico di malinconia la storia di due donne, l'irrefrenabile e isterica Beatrice e la depressa Donatella, entrambe a Villa Biondi, un istituto terapeutico di recupero. Fra le due donne si instaura subito un legame, e appena compare l'occasione di abbandonare la clinica viene colta al volo dando vita ad un'avventura piena di sorprese dove fra una risata e qualche pianto si scaverà a fondo della vita di queste due donne. Le protagoniste regalano una splendida interpretazione confermando la loro indiscutibile bravura, su Virzì c'è poco da dire, dopo il "Capitale Umano" conferma il proprio stato di grazia artistica consegnando al pubblico nuove emozioni e positive sensazioni.
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andrea1974
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martedì 3 gennaio 2017
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un film dal capitale umano
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Paolo Virzì col capitale umano ci sa fare. Con due protagoniste in stato di grazia per intensità interpretativa, una Micaela Ramazzotti e una Valeria Bruni Tedeschi che non vorresti più lasciare, così vicine e così lontane da Thelma e Louise, si entra in un crinale di emozioni che fanno ridere, piangere, soffrire e ritrovarsi al contempo. Dove inizia la pazzia e finisce la normalità? Nessuno ne esce normale, nessuno ne esce invitto, visto da vicino. Gran bel film, un grande film italiano che emoziona senza cadere nel patetico, che restituisce dignità a tutti noi, spettatori coinvolti in questo viaggio verso il recupero del passato e la riconciliazione della memoria: solo così potremo far crescere e lasciare alle spalle incubi e storie irrisolte, o perlomeno riuscire a raccontarle per quelle che sono, storie irrisolte.
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Paolo Virzì col capitale umano ci sa fare. Con due protagoniste in stato di grazia per intensità interpretativa, una Micaela Ramazzotti e una Valeria Bruni Tedeschi che non vorresti più lasciare, così vicine e così lontane da Thelma e Louise, si entra in un crinale di emozioni che fanno ridere, piangere, soffrire e ritrovarsi al contempo. Dove inizia la pazzia e finisce la normalità? Nessuno ne esce normale, nessuno ne esce invitto, visto da vicino. Gran bel film, un grande film italiano che emoziona senza cadere nel patetico, che restituisce dignità a tutti noi, spettatori coinvolti in questo viaggio verso il recupero del passato e la riconciliazione della memoria: solo così potremo far crescere e lasciare alle spalle incubi e storie irrisolte, o perlomeno riuscire a raccontarle per quelle che sono, storie irrisolte.
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stefanomaria
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domenica 25 dicembre 2016
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elogio della follia (?)
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E' facile, facilissimo, cadere nello scontato, nel melenso, nell'irriverente, nel volgare, nella 'captazio benevolentie', quando si prende in mano una materia tanto delicata ed instabile: i temi trattati ne 'La pazza gioia' sono insidiosissimi, una specie di distesa di sabbie mobili a perdita d'occhio, dove rimanere imprigionati è di una facilità disarmante; ed invece, l'ottimo Virzì danza con la levità di un ballerino dell'Etoile tra amicizia, devianza, amore materno, amore filiale, lealtà, empatia, senso del dovere, dedizione, miseria (intellettuale e materiale), meschinità, tossicodipendenza, costrizione, giustizia.
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E' facile, facilissimo, cadere nello scontato, nel melenso, nell'irriverente, nel volgare, nella 'captazio benevolentie', quando si prende in mano una materia tanto delicata ed instabile: i temi trattati ne 'La pazza gioia' sono insidiosissimi, una specie di distesa di sabbie mobili a perdita d'occhio, dove rimanere imprigionati è di una facilità disarmante; ed invece, l'ottimo Virzì danza con la levità di un ballerino dell'Etoile tra amicizia, devianza, amore materno, amore filiale, lealtà, empatia, senso del dovere, dedizione, miseria (intellettuale e materiale), meschinità, tossicodipendenza, costrizione, giustizia...
Bello, uno di quei film da vedere più volte, quello dei quali assaporare i momenti che ci si è persi durante le proiezioni precedenti, le espressioni delle attrici (prime, fra tutte, una bellissima Valeria Bruni Tedeschi), i perfetti tempi scenici (certo, è un film, non è teatro...); ma l'allungamento dei campi sequenza, in alcuni momenti, ha messo in risalto la bravura delle due protagoniste, che duettano in sincrono ma con trasporto e partecipazione, complice, anche, una sceneggiatura perfetta e rigidissima che non può lasciare il campo aperto ad interpretazioni deviate. La Ramazzotti, di fronte alla performance della Bruni, risponde con un'interpretazione un po' in ombra, un po' sottotono, ma pur sempre pregevole ed intensa: se alla prima è stata affidata una parte forse appena meno forte psicologicamente (si tratta di un'aristocratica, violenta, instabile e ladra, sposata ad un avvocato rampante nel giro del cavaliere di qualche anno fa), la seconda ha un ruolo difficilissimo, quello di una madre che tenta il suicidio assieme al suo bambino di pochi mesi, e che non riesce a scrollarsi di dosso questo immane fardello, finché non riuscirà ad avvicinarsi a lui di nuovo (combattendo contro leggi che non sempre tengono conto dei sentimenti, e che, talvolta, forse, sono interpretate con troppa freddezza o fretta...).
Ricordo una divertentissima trasmissione di qualche decennio fa, nella quale c'era un improvvisato critico cinematografico al quale il conduttore chiedeva quale fosse il messaggio del film che aveva visionato; ed allora, io credo che 'il messaggio' di Virzì sia quello che, al di là del danaro, al di là del successo, delle meschinità, delle bassezze, della menzogna, del rampantismo, delle convenzioni, delle apparenze, delle disuguaglianze sociali, dei falsi miti, ci deve indurre a pensare che un po' di pazzia, dopo tanta razionalità (vera o millantata...) debba finalmente entrare nelle nostre vite, debba convincerci ad agire controcorrente, in controtendenza. Perchè non se lo aspettano, perchè credono ancora di poterci guidare come un'automobilina radiocomandata, perchè siamo capaci di autodiscernimento e di autodeterminazione; e mi sembra che la riprova non dati , poi, moltissimo tempo fa... Lo dobbiamo a noi stessi, alle persone a cui vogliamo bene, ai nostri figli (che dovranno vivere nel mondo che lasceremo loro) e ai nostri genitori, i quali hanno lavorato duramente per consegnarci un mondo migliore.
Questo film mi ricorda molto da vicino un altro del 2013, di Roberto Andò, 'Viva la libertà', nel quale ho intravisto una tematica alquanto simile: un politico aveva un fratello gemello un po' instabile, il quale, ad un certo punto, prendeva il suo posto, combinando molto di più del fratello oramai disilluso, colluso, invischiato, senz'anima, e tristemente lontano dalla base che l'aveva eletto.
La medicina, allora, qual è? Un po' di pazzia?
Proviamo...
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shingo tamai
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venerdì 9 dicembre 2016
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questo matto mondo
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Prima di tutto vorrei complimentarmi con le due protagoniste ed in parte scusarmi con loro,pensavo fossero brave ma non a questi straordinari livelli.
Gli eventi narrati sono decisamente tragici e le storie raccontate durissime e a tratti poco digeribili,non per cattiva sensibilità, piuttosto per estrema partecipazione.
Dialoghi mai banali,ritmo incessante, eventi in continua evoluzione.
Ho trovato quasi tutto perfetto ma ,ripeto, ho avvertito ad un certo punto un forte senso di pesantezza, nonostante i dialoghi facessero talvolta sorridere.
Oltre al dolore viene raccontata una meravigliosa amicizia,paragonabile all'amore.
Il finale è meritevole e ci racconta che se abbiamo voglia di evolverci,trovereremo sempre una seconda occasione per noi stessi e per quelli a cui vogliamo davvero bene.
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Prima di tutto vorrei complimentarmi con le due protagoniste ed in parte scusarmi con loro,pensavo fossero brave ma non a questi straordinari livelli.
Gli eventi narrati sono decisamente tragici e le storie raccontate durissime e a tratti poco digeribili,non per cattiva sensibilità, piuttosto per estrema partecipazione.
Dialoghi mai banali,ritmo incessante, eventi in continua evoluzione.
Ho trovato quasi tutto perfetto ma ,ripeto, ho avvertito ad un certo punto un forte senso di pesantezza, nonostante i dialoghi facessero talvolta sorridere.
Oltre al dolore viene raccontata una meravigliosa amicizia,paragonabile all'amore.
Il finale è meritevole e ci racconta che se abbiamo voglia di evolverci,trovereremo sempre una seconda occasione per noi stessi e per quelli a cui vogliamo davvero bene.
Un Virzì decisamente maturo,se Sorrentino ha vinto l'Oscar con poco o nulla, questa pellicola ne meriterebbe almeno due.
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stefano capasso
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lunedì 5 dicembre 2016
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le origini del disagio
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Beatrice e Donatella si incontrano a Villa Biondi, istituto terapeutico di recupero per donne che hanno ricevuto una condanna dal tribunale. Sono pazienti difficili che riescono a sviluppare un’amicizia nonostante siano molto diverse tra loro. Tra litigi e riavvicinamenti arrivano ad organizzare una vera e proprio fuga dall’istituto, che diventerà occasione per conoscersi meglio.
Paolo Virzì firma questo film, che con tratti di commedia commuove raccontando il disagio sociale e psichico. L’analisi di Virzì porta alle origini di questo disagio, e lascia intendere che in un mondo dove tutti potrebbero essere considerati folli, spesso quello che è riconosciuto ufficialmente come tale è una persona che non ha smesso di cercare un riparo alle ferite che ancora sente vive su di sé.
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Beatrice e Donatella si incontrano a Villa Biondi, istituto terapeutico di recupero per donne che hanno ricevuto una condanna dal tribunale. Sono pazienti difficili che riescono a sviluppare un’amicizia nonostante siano molto diverse tra loro. Tra litigi e riavvicinamenti arrivano ad organizzare una vera e proprio fuga dall’istituto, che diventerà occasione per conoscersi meglio.
Paolo Virzì firma questo film, che con tratti di commedia commuove raccontando il disagio sociale e psichico. L’analisi di Virzì porta alle origini di questo disagio, e lascia intendere che in un mondo dove tutti potrebbero essere considerati folli, spesso quello che è riconosciuto ufficialmente come tale è una persona che non ha smesso di cercare un riparo alle ferite che ancora sente vive su di sé. A differenza di chi trova strade alternative di sublimazione.
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luca scialo
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domenica 27 novembre 2016
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se la follia è altrove
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Paolo Virzì sa come far commuovere lo spettatore, raccontare le storie. Qui ci racconta la storia di Beatrice e Donatella, la prima, borghese, colta da aggressività e isteria. La seconda, cubista e depressa, che ha tentato di uccidere il figlio avuto col proprietario della discoteca in cui lavorava. Che non lo ha mai riconosciuto. E così, sono internate in un centro vicino Montecatini, Villa Biondi. Dopo le prime difficoltà iniziali, fanno amicizia e scappano dal centro. In un viaggio alla Thelma e Louise, più folle. Anche se la follia è in ciò che le circonda più che in loro stesse.
Tra ironia, momenti toccanti e la bravura delle due attrici, Micaela Ramazzotti (romanaccia qui alla prova con un accento della maremma) e la Tedeschi, Virzì ci propone una commedia a tinte drammatiche.
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Paolo Virzì sa come far commuovere lo spettatore, raccontare le storie. Qui ci racconta la storia di Beatrice e Donatella, la prima, borghese, colta da aggressività e isteria. La seconda, cubista e depressa, che ha tentato di uccidere il figlio avuto col proprietario della discoteca in cui lavorava. Che non lo ha mai riconosciuto. E così, sono internate in un centro vicino Montecatini, Villa Biondi. Dopo le prime difficoltà iniziali, fanno amicizia e scappano dal centro. In un viaggio alla Thelma e Louise, più folle. Anche se la follia è in ciò che le circonda più che in loro stesse.
Tra ironia, momenti toccanti e la bravura delle due attrici, Micaela Ramazzotti (romanaccia qui alla prova con un accento della maremma) e la Tedeschi, Virzì ci propone una commedia a tinte drammatiche. Torna a scaldarci i cuori dopo il "freddo" Il capitale umano e qualche pellicola non convincente fino in fondo. Finale emozionante e speranzoso. Che fa riflettere su ciò che è davvero giusto e ciò che non lo è.
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