writer58
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domenica 29 maggio 2016
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pazzi on the road...
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Il film di Virzì, "La pazza gioia", mi ha lasciato un retrogusto agrodolce. E' un'opera divertente, che mescola in modo equilibrato dramma e commedia, con un buon ritmo ed eccellenti caratterizzazioni.
Ambientato in Toscana, narra la vicenda di due donne approdate in una comunità terapeutica per pazienti psichiatrici su ordinanza del tribunale: Beatrice, di ascendenze alto borghesi, mitomane che millanta frequentazioni con i Clinton e con Clooney e Donatella, giovane madre a cui hanno sottratto il figlio per incapacità genitoriale e depressione "maggiore". Le due sono agli antipodi per personalità e caratteristiche -vulcanica, debordante e logorroica Beatrice; schiva, introversa e ripiegata su se stessa Donatella-, ma, in omaggio al principio della "strana coppia" si avvicinano e diventano amiche,dopo un tentativo riuscito di fuga dalla comunità.
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Il film di Virzì, "La pazza gioia", mi ha lasciato un retrogusto agrodolce. E' un'opera divertente, che mescola in modo equilibrato dramma e commedia, con un buon ritmo ed eccellenti caratterizzazioni.
Ambientato in Toscana, narra la vicenda di due donne approdate in una comunità terapeutica per pazienti psichiatrici su ordinanza del tribunale: Beatrice, di ascendenze alto borghesi, mitomane che millanta frequentazioni con i Clinton e con Clooney e Donatella, giovane madre a cui hanno sottratto il figlio per incapacità genitoriale e depressione "maggiore". Le due sono agli antipodi per personalità e caratteristiche -vulcanica, debordante e logorroica Beatrice; schiva, introversa e ripiegata su se stessa Donatella-, ma, in omaggio al principio della "strana coppia" si avvicinano e diventano amiche,dopo un tentativo riuscito di fuga dalla comunità. La loro fuga si risolverà in un viaggio per tutta la Toscana, alla ricerca di un po' di felicità e dei nodi irrisolti che le hanno condotte alla loro condizione attuale...
Molti riconoscono in Virzì uno dei maggiori interpreti ed eredi della "commedia all'italiana" dei tempi d'oro. Mi pare, tuttavia, una valutazione un po' riduttiva. Certo, i film di Virzì scandagliano un'Italia provinciale, minore, abbarbicata ai suoi vizi e alle sue mitologie e lo fanno rispettando gli stilemi di una commedia drammatica (dramedy direbbero gli americani con una felice sintesi). Ma Virzì mostra una profondità di analisi e uno sguardo peculiari. Ne "La Pazza gioia" il mondo del disagio psichico e delle istituzioni che lo dovrebbero contenere è rappresentato, tranne qualche passaggio di maniera,in modo sobrio e verosimile. Lo scavo che le due protagoniste riescono ad operare è notevole, Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti forniscono un'interpretazione molto buona misurandosi con ruoli difficili ed evitando forzature retoriche o macchiettistiche. C'è un passaggio nel film che mi è parso illuminante: Beatrice si rifugia a casa di sua madre e, nella grande villa dei genitori, si sta girando un film. Il film è della regista Archibugi, che ha scritto la sceneggiatura di "La Pazza gioia". Oltre ad essere un omaggio metanarrativo, mi è parso che la sensibilità con cui la Archibugi narra vicende di adolescenti e giovani donne si sia saldato con lo sguardo attento di Virzì, che restituisce un ritratto dell'universo femminile toccante e non stereotipo. Uno sguardo sulla sofferenza, sul "mal di vivere" che le istituzioni sedano e controllano, ma a cui non sanno rispondere. Un buon film, tre stelle e mezzo.
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maumauroma
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sabato 28 maggio 2016
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la pazza gioia
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Beatrice e' una elegante signora di nobili origini affetta da psicosi paranoide. Donatella e' una giovane donna gravemente depressa segnata nel corpo e nella mente da un passato di droga e da una infelice maternita'. Entrambe sono ospiti di una accogliente casa di recupero immersa nel verde della campagna toscana. Sfuggendo al controllo dei custodi, le due riusciranno per qualche giorno ad "evadere" nel mondo dei cosiddetti "sani di mente", facendo in modo, loro cosi' diverse di carattere, di trovare una sorta di folle amicizia e di aiutarsi a vicenda nel cercare di dare un senso alle loro vite. Ne La Pazza gioia vi erano tutti gli ingredienti per farne un grande film, purtroppo il risultato non (mi) convince.
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Beatrice e' una elegante signora di nobili origini affetta da psicosi paranoide. Donatella e' una giovane donna gravemente depressa segnata nel corpo e nella mente da un passato di droga e da una infelice maternita'. Entrambe sono ospiti di una accogliente casa di recupero immersa nel verde della campagna toscana. Sfuggendo al controllo dei custodi, le due riusciranno per qualche giorno ad "evadere" nel mondo dei cosiddetti "sani di mente", facendo in modo, loro cosi' diverse di carattere, di trovare una sorta di folle amicizia e di aiutarsi a vicenda nel cercare di dare un senso alle loro vite. Ne La Pazza gioia vi erano tutti gli ingredienti per farne un grande film, purtroppo il risultato non (mi) convince. Colpa per lo piu' di una sceneggiatura piena zeppa di situazioni ed episodi a dir poco improbabili se non inverosimili, che sono per di piu' propedeutiche e indispensabili nel dare un senso alla storia. A meno che non si ponga la vicenda su di un piano puramente surreale o favolistico, perche' in questo caso tutto potrebbe essere concesso. Qualche esempio: un controllore di autobus che non controlla, un incallito viveur che si fa rubare l'auto alla stregua di un pivellino, direttori di ristoranti e di banche buoni e puri come angioletti, giovani che imbarcano sul loro suv due sconosciute signore chiaramente disturbate senza la minima esitazione, un tuffo da 20 metri nell'acqua e permanenza di madre e figlio abbracciati per almeno due minuti nel liquido elemento senza alcuna conseguenza sulla salute, un set cinematografico che scrittura seduta stante le due protagoniste,facendosi poi portare via l'auto d'epoca come le comiche di ridolini ,forze di polizia fantozzianamente incapaci di trovare le due fuggiasche quando oggi con un cellulare nella borsa si puo' essere rintracciati in poche ore se non in pochi minuti. ecc ecc. Insomma la sceneggiatura non sta in piedi.Per quanto riguarda le interpreti le prove di Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti sono sicuramente apprezzabili pero' si ha sempre l'impressione che ognuna reciti per conto suo in maniera slegata, forse una questione di montaggio I dialoghi poi sono caratterizzati da una verbosita' eccessiva, a volte insopportabile, anche se in parte giustificata dal ruolo svolto dalla mitomane Beatrice. Ho sempre apprezzato le opere di Paolo Virzi',ma quest'ultima lascia perplessi. E non sembrano sufficienti le generose e piacevoli scollature delle protagoniste che chissa' perche' il regista continuamente propone e la splendida senza fine di Gino Paoli, per dare al film un giudizio ( del tutto personale) poco oltre la sufficienza
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marcello1979
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sabato 28 maggio 2016
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perfetto
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Perfetto ...
Virzi' non ne sbaglia uno...
Unico dubbio :
La Bruni Tedeschi vale da sola il prezzo del biglietto??
il connubio è perfetto come quello tra Sorrentino e Servillo...
Se fosse cosi'.... Dove finiscono i meriti del regista e dove cominciano quelli dell'attrice...
Il tempo dira'..
La Ramazzotti non convince del tutto, troppo "vittima " della sua bellezza..poco portata alla scoperta, sempre gli stessi ruoli...
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(di megliosenza)
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angelo umana
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sabato 28 maggio 2016
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via dalla pazza folla
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Gioia pazza in questo film si direbbe quella che avviene all’interno della toscana casa di cura Villa Biondi, per pazienti psichiatriche, l’aria è giocosa, c’è solidarietà, e la villa sulle colline toscane è un posto ameno. Fuori di lì, nel mondo “normale” dove le due novelle Thelma e Louise (Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti) fuggono per qualche giorno di libertà, c’è tristezza, decadenza, violenza. Valeria - che cita le toghe rosse e un non tanto fantomatico presidente (dev’essere famoso date le anteriori nobili frequentazioni di Valeria, si presume ex pres.
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Gioia pazza in questo film si direbbe quella che avviene all’interno della toscana casa di cura Villa Biondi, per pazienti psichiatriche, l’aria è giocosa, c’è solidarietà, e la villa sulle colline toscane è un posto ameno. Fuori di lì, nel mondo “normale” dove le due novelle Thelma e Louise (Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti) fuggono per qualche giorno di libertà, c’è tristezza, decadenza, violenza. Valeria - che cita le toghe rosse e un non tanto fantomatico presidente (dev’essere famoso date le anteriori nobili frequentazioni di Valeria, si presume ex pres. del Consiglio), cita pure l’Italia allo sbando - rivede la casa sul mare dove abitava e la servitù, la sua passata nobiltà con ospiti che non sembrano granché gioire della vita che fanno, tra le mollezze da nuovi ricchi. Non solo, ed è forse una citazione del regista e di Francesca Archibugi che ha collaborato alla scrittura, Valeria ritrova la madre a cui tocca affittar la nostra casa al cinema italiano, in una villa dove si gira un film. Micaela invece va a cercare il suo ex amato con cui ha avuto un figlio, ex amato causa dei suoi guai.
Dicono le due che stanno cercando un po’ di felicità col vento in faccia, ma quell’uscita servirà solo a scoprirsi amiche e tornare nel ventre protetto della casa di cura. La fuga copre la più parte dei 118 minuti del film, questo tratto del film appare un pò troppo pieno di trovate che ne fanno una commedia e banalizzano un po’ il film. Sono solo le confessioni finali tra le due nuove amiche su una panchina di Camaiore a rivelare il senso della loro presunta “pazzia”. Sono in realtà due “rifiutI” dalla società, creature scomode, difficili da gestire, che bisogna appartare dalla vista e che non tornino a disturbare le comodità della società moderna, che del resto non è così serena e divertita. Una fuga o voglia di libertà che ricorda in parte quella di Qualcuno volò sul nido del cuculo, finisce meno tragicamente ma non ha la stessa intensità del film di Milos Forman.
Paolo Virzì però non fa mai opere banali e che il film sia commedia o dramma poco importa, egli stesso in un’intervista dice che i confini tra le due sfere sono labili. Il valore del film risiede anche nella biografia del regista, che vide sua madre Franca impazzire quando lui aveva la tenera età di cinque anni: essa è raffigurata in Valeria, “spudorata mitomane eccessiva”, così l’intervista. Diverso è il personaggio di Micaela, nata triste e che piangeva tanto da bambina, una persona aggredita dal “mondo più folle di loro” (dall’intervista).
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uppercut
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sabato 28 maggio 2016
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due registi non fanno uno sceneggiatore
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Il soggetto è forte, lo sviluppo narrativo debole. E' un film di ritratti, non di storie. La vicenda raccontata è un folle giro di valzer che non esce mai da se stesso. Il racconto è tutto avvitato nella dinamica della fuga reiterata in modo sempre più forzato e per questo sempre meno credibile. Il risultato? più si va avanti più sembra di stare fermi, presi da un meccanismo che funziona in modo troppo prevedibile e quasi obbligato. Per cui nella seconda parte ci si annoia. Probabilmente c'è stato da parte del duo Virzì/Archibugi un innamoramento totalizzante e incondizionato nei confronti dei due personaggi centrali a discapito degli altri, tutti incapaci di apportare nuova linfa al racconto.
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Il soggetto è forte, lo sviluppo narrativo debole. E' un film di ritratti, non di storie. La vicenda raccontata è un folle giro di valzer che non esce mai da se stesso. Il racconto è tutto avvitato nella dinamica della fuga reiterata in modo sempre più forzato e per questo sempre meno credibile. Il risultato? più si va avanti più sembra di stare fermi, presi da un meccanismo che funziona in modo troppo prevedibile e quasi obbligato. Per cui nella seconda parte ci si annoia. Probabilmente c'è stato da parte del duo Virzì/Archibugi un innamoramento totalizzante e incondizionato nei confronti dei due personaggi centrali a discapito degli altri, tutti incapaci di apportare nuova linfa al racconto. Sbiaditissimo il direttore della Villa che quasi gongola sornione in una situazione che per lui dovrebbe essere tragica. Lunare il buon Marco Messeri nei panni di un affaccio più che di un padre. Di maniera gli omoni feroci. Insomma, due registi non fanno uno sceneggiatore. E lo si sente tanto.
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[+] resta un film memorabile
(di megliosenza)
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enzo70
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venerdì 27 maggio 2016
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un film che fa ridere e piangere è un gra bel film
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Il cinema italiano mette a segno un altro gran colpo, con questo bel film di Virzì, a mio avviso, quello della maturità. Una storia piena di complicazioni, non narrativa, ma sociali, la detenzione, il delitto ed il castigo, la riabilitazione, il disagio psichico, lo Stato che fa, lo Stato che vede, e quello che poi si indigna e getta il cappello con gran dignità. E tutto questo avviene con il racconto di due storie che si intersecano, quella di Beatrice, una donna irrefrenabile in tutti i suoi impulsi, e di Donatella, una giovane depressa e tatuata. Ma come al solito dietro le immagini ci sono le storie vere delle persone, quello del vicino di casa, dell’amico che non incontriamo più, quella dei mille percorsi della vita.
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Il cinema italiano mette a segno un altro gran colpo, con questo bel film di Virzì, a mio avviso, quello della maturità. Una storia piena di complicazioni, non narrativa, ma sociali, la detenzione, il delitto ed il castigo, la riabilitazione, il disagio psichico, lo Stato che fa, lo Stato che vede, e quello che poi si indigna e getta il cappello con gran dignità. E tutto questo avviene con il racconto di due storie che si intersecano, quella di Beatrice, una donna irrefrenabile in tutti i suoi impulsi, e di Donatella, una giovane depressa e tatuata. Ma come al solito dietro le immagini ci sono le storie vere delle persone, quello del vicino di casa, dell’amico che non incontriamo più, quella dei mille percorsi della vita. E Virzì ci porta per mano nella ricostruzione della storia delle due donne e lo fa con intelligenza. Se in una sala cinematografica senti ridere, vuol dire che il film funziona; se senti qualche singhiozzo, vuol dire che il film funziona; ma se senti allo stesso tempo ridere e piangere allora si che dici e bravo Virzì, sei sulla strada giusta. Perché a dirla tutta in un paese che si lamenta sempre guardando con nostalgia al proprio passato si può rispondere che se questo film lo avessero diretto Scola o Monicelli si sarebbe gridato al capolavoro e ad un cinema che non c’è più. E invece negli ultimi anni i segnali ci sono, e come. Ottima, oltre che bellissima, Micaela Ramazotti e straordinaria Valeria Bruni Tedeschi, entrambe perfette per il ruolo. Andate a vederlo.
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nanni
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giovedì 26 maggio 2016
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la pazza gioia
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La malattia mentale non fa prigionieri. Distribuisce dolore e sofferenza democraticamente a destra e sinistra a ricchi e poveri. La sommarietà dell'approccio alla malattia, la parzialità e l'incosistenza della cura sono direttamente proporzionali alla quantità industruale di disturbo mentale che produciamo. Beatrice e Donatella, straordinarie protagoniste de "la pazza gioia" (ossimoro più che appropriato), "ospiti" di un centro di igiene mentale, in un disperato tentativo di fuga da quel mondo ed alla ricerca di un po' di sollievo, inizieranno un viaggio che le porterà, invece, via via e fatalmente al centro del dolore.........quello profondo e desolato dove non c'è che attesa.......dove è difficile trovare risposte o dove forse proprio non ce ne sono.
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La malattia mentale non fa prigionieri. Distribuisce dolore e sofferenza democraticamente a destra e sinistra a ricchi e poveri. La sommarietà dell'approccio alla malattia, la parzialità e l'incosistenza della cura sono direttamente proporzionali alla quantità industruale di disturbo mentale che produciamo. Beatrice e Donatella, straordinarie protagoniste de "la pazza gioia" (ossimoro più che appropriato), "ospiti" di un centro di igiene mentale, in un disperato tentativo di fuga da quel mondo ed alla ricerca di un po' di sollievo, inizieranno un viaggio che le porterà, invece, via via e fatalmente al centro del dolore.........quello profondo e desolato dove non c'è che attesa.......dove è difficile trovare risposte o dove forse proprio non ce ne sono..........con un finale commovente e solo apparentemente consolatorio Virzì fa centro ancora una volta. Da vedere. Ciao Nanni
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francesca50
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giovedì 26 maggio 2016
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un film da riflettere
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Ottimo film in molti sensi ma, per non ripetere quanto già detto, un film che dovrebbe far pensare a come immettere nei servizi sociali persone dotate di intelligenza, umanità e voglia di lavorare, quale invece poco troviamo nelle persone addette.
Inoltre dovremmo pensare ai tanti problemi sociali. Il terzomondismo che oggi ci caratterizza non va bene ed è utopistico.
Pensiamo prima a buoni asili nido e case di riposo e non ad accogliere tutto il mondo rovinando l'Europa. Il Papa attuale poi fa troppa politica spicciola, senza riflettere al danno che la sua parola politica ci porta!
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francesca50
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giovedì 26 maggio 2016
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un film intelligente!
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UN FILM DIVERTENTE MA NON SUPERFICIALE, DIVERSO DAI SOLITI FILM PSEUDOIMPEGNATI CHE IL CINEMA NOSTRANO CI PROPINA: è UN FILM CHE è PIENO DI ELEMENTI RIFLESSIVI!
Il film di Virzì fa vedere come la pazzia in fondo è una diagnosi sociale.
Inoltre fa riflettere che per curare e assolvere ai problemi sociali occorrerebbero persone dotate di intelligenza e di umanità, quali poco si trovano nella realtà. Spesso infatti diventano assistenti sociali persone poco desiderose di reale impegno lavorativo ma anche poco perspicaci per non dire stupide, infarcite di belle lezioncine e molto presuntuose.
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UN FILM DIVERTENTE MA NON SUPERFICIALE, DIVERSO DAI SOLITI FILM PSEUDOIMPEGNATI CHE IL CINEMA NOSTRANO CI PROPINA: è UN FILM CHE è PIENO DI ELEMENTI RIFLESSIVI!
Il film di Virzì fa vedere come la pazzia in fondo è una diagnosi sociale.
Inoltre fa riflettere che per curare e assolvere ai problemi sociali occorrerebbero persone dotate di intelligenza e di umanità, quali poco si trovano nella realtà. Spesso infatti diventano assistenti sociali persone poco desiderose di reale impegno lavorativo ma anche poco perspicaci per non dire stupide, infarcite di belle lezioncine e molto presuntuose.
I servizi sociali dovrebbero invece avere brave persone e soprattutto persone equilibrate e non frettolose.
Il nostro Papa poi, invece di voler salvare a chiacchiere tutto il mondo, importando il peggio dell'Africa, le bande cioè a cui certi africani, come mi ha detto un islamico senegalese quest'estate, volevano sfuggire, farebbe bene a preoccuparsi dei nostri problemi, cioè di ciò che accade negli ospedali, nelle case di riposo (mancanti nel nostro paese e non adeguate) e poi negli asili e nelle scuole e della diffusione della droga e della criminalità.
Quando ci si vuol occupare di tutto non si fa niente e si fa solo danno!
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carlosantoni
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mercoledì 25 maggio 2016
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thelma e louise sul nido del cuculo
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Grande Virzì! Gran bel film, anche se a volte difficile da seguire perché la realtà che descrive ti prende allo stomaco, specialmente nella prima parte. Sì, credo si possa dire che è lui, Virzì, l’erede più alto della commedia all’italiana, quella in cui si sorride, si ride anche, ma sempre restando con l’amaro in bocca. Il suo film è anche un tributo al cinema in senso lato,ironizza sulla sua funzione sociale ed evidenti sono i riferimenti a “Qualcuno volò sul nido del cuculo” (di cui riprende la descrizione dell’universo carcerario, ma calato in una realtà sociale e umana molto meno feroce che non nel film di Forman), e del tutto espliciti quelli a “Thelma e Louise” di Scott. La regia appare solida, così come la sceneggiatura, che nella seconda parte del film si apre come un fiore che sboccia coi colori della delicatezza e di una maggiore introspezione, senza mai perdere il contrappunto fra comicità e ironia da una parte, e dolore e tragedia dall’altra.
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Grande Virzì! Gran bel film, anche se a volte difficile da seguire perché la realtà che descrive ti prende allo stomaco, specialmente nella prima parte. Sì, credo si possa dire che è lui, Virzì, l’erede più alto della commedia all’italiana, quella in cui si sorride, si ride anche, ma sempre restando con l’amaro in bocca. Il suo film è anche un tributo al cinema in senso lato,ironizza sulla sua funzione sociale ed evidenti sono i riferimenti a “Qualcuno volò sul nido del cuculo” (di cui riprende la descrizione dell’universo carcerario, ma calato in una realtà sociale e umana molto meno feroce che non nel film di Forman), e del tutto espliciti quelli a “Thelma e Louise” di Scott. La regia appare solida, così come la sceneggiatura, che nella seconda parte del film si apre come un fiore che sboccia coi colori della delicatezza e di una maggiore introspezione, senza mai perdere il contrappunto fra comicità e ironia da una parte, e dolore e tragedia dall’altra. Eccellente la fotografia e l’uso della mdp.
Ma un elogio particolare, particolarissimo, sento di doverlo tributare alla bravura delle due interpreti principali, Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti, i cui ruoli diversissimi poco per volta finiscono per compendiarsi e compenetrarsi, lasciando che l’affetto, la fiducia che s’instaurano fra loro prevalgano poco per volta sulle nevrosi e la depressione, è semplicemente eccezionale. Difficile vedere due attrici recitare a così altissimi livelli in un duetto complicato e continuo, strettissimo, tanto da poter risultare a volte estenuante. Spero ottengano i più alti riconoscimenti per la loro arte, come d’altra parte il grande, grandissimo Paolo Virzì.
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