ralphscott
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venerdì 20 maggio 2016
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tutti matti,appassionatamente.
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Opera di grande sensibilità che esalta la prova di due ottime attrici. La Beatrice della V.B.Tedeschi è strepitosamente tragicomica. Si ride,tanto,e ci si commuove. Virzì degli ultimi anni sforna proprio bei film:con "La prima cosa bella",mio preferito,ed "Il capitale umano",questo è in degna compagnia.
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vincenzo ambriola
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venerdì 20 maggio 2016
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il sottile confine tra normalità e pazzia
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Beatrice e Donatella vivono a Villa Biondi, un istituto terapeutico per il recupero di donne che hanno commesso reati in condizioni che richiedono una terapia di recupero. Insomma, donne pazze. Le due riescono a scappare e vivono un paio di giorni alla ricerca dell'amante, della madre, del padre, del figlio. Nel frattempo combinano un sacco di guai. Se si adotta il loro punto di vista, il mondo è molto diverso da come lo percepiscono le persone cosiddette normali. E' normale prendere soldi da un portafoglio che non ti appartiene, prendere in prestito un'automobile, mangiare a scrocco in un ristorante di lusso. Lo è perché c'è una buona ragione per farlo, perché l'azione è propedeutica al raggiungimento di un obiettivo, indipendentemente dalla morale che la considera socialmente errata.
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Beatrice e Donatella vivono a Villa Biondi, un istituto terapeutico per il recupero di donne che hanno commesso reati in condizioni che richiedono una terapia di recupero. Insomma, donne pazze. Le due riescono a scappare e vivono un paio di giorni alla ricerca dell'amante, della madre, del padre, del figlio. Nel frattempo combinano un sacco di guai. Se si adotta il loro punto di vista, il mondo è molto diverso da come lo percepiscono le persone cosiddette normali. E' normale prendere soldi da un portafoglio che non ti appartiene, prendere in prestito un'automobile, mangiare a scrocco in un ristorante di lusso. Lo è perché c'è una buona ragione per farlo, perché l'azione è propedeutica al raggiungimento di un obiettivo, indipendentemente dalla morale che la considera socialmente errata. Anche la loro vita sembra normale, con scelte discutibili ma sempre in qualche modo giustificate. Ma la società non accetta queste persone, le esclude estremizzandole, chiudendole in recinti protetti, imbottendole di psicofarmaci. Virzì riesce con grande garbo a raccontarci la normalità di chi non è considerato normale, senza indulgere nel vittimismo rivestito di buonismo. I dialoghi sono sempre freschi, spontanei, in una recitazione ispirata ed emotivamente calda. Stupenda Micaela Ramazzotti, sempre coerente con il personaggio, molto difficile da rappresentare. Altrettanto brava Valeria Bruni Tedeschi, più a suo agio in Beatrice, logorroica e mitomane. Un film da ricordare, per ricordarsi che il confine tra la normalità e la pazzia è molto esile e facile da superare, spesso in una sola direzione, purtroppo.
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no_data
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venerdì 20 maggio 2016
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assolutamente da vedere
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Presentato alla Quinzaine des Realisateurs a Cannes 2016, il film fa pensare ad un incrocio tra Telma e Louise e Qualcuno volò sul nido del Cuculo con una verve tutta italiana. Due ore di puro divertimento, ma anche 2 ore spese bene per venire a contatto, pur solo visivamente, con le molte realtà di alcune malattie mentali, della sofferenza, dei sentimenti e dei comportamenti che pervadono i malati e, non solo, con l'insofferenza della malattia da parte di alcuni famigliari e la generosità di talune figure che, prodigandosi nel processi di guarigione, indipendentemente dal ruolo e dall'età (vedi il figlioletto), riescono spesso a compiere dei piccoli miracoli. Divertente, spiritoso ed anche commuovente, è degno di essere annoverato tra il Grande Cinema Italiano come ha giustamente commentato qualcuno tra il pubblico in sala.
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Presentato alla Quinzaine des Realisateurs a Cannes 2016, il film fa pensare ad un incrocio tra Telma e Louise e Qualcuno volò sul nido del Cuculo con una verve tutta italiana. Due ore di puro divertimento, ma anche 2 ore spese bene per venire a contatto, pur solo visivamente, con le molte realtà di alcune malattie mentali, della sofferenza, dei sentimenti e dei comportamenti che pervadono i malati e, non solo, con l'insofferenza della malattia da parte di alcuni famigliari e la generosità di talune figure che, prodigandosi nel processi di guarigione, indipendentemente dal ruolo e dall'età (vedi il figlioletto), riescono spesso a compiere dei piccoli miracoli. Divertente, spiritoso ed anche commuovente, è degno di essere annoverato tra il Grande Cinema Italiano come ha giustamente commentato qualcuno tra il pubblico in sala. Pubblico che ha lungamente applaudito il cast. Complimenti a Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti, magistralmente dirette da Virzì che hanno dato il meglio di loro stesse, grazie anche ad un'ottima sceneggiatura.
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sofialenzerini
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venerdì 20 maggio 2016
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film ricco di emozioni,coinvolgente e sorprendente
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Uno di quei film che rimangono sulla pelle, che non scivolano via ma catturano mente e cuore. Virzì propone il tema della disperazione che si mischia alla pazzia e sviluppa questa tematica attraverso un' ottica totalmente umana e sentimentale. La pazza gioia racconta la fragilità di due donne senza stabilità, alla ricerca di un luogo che non conosca l'inquietudine di chi è nato triste, di chi soffre, di chi vive trascinandosi. La drammaticità si fonde con il divertimento in maniera affascinante, e nonostante la continua percezione di estrema sofferenza, si sorride e si ride, fino a sperare. Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti si completano a vicenda e dimostrano, ancora una volta, una straordinaria bravura e un' interpretazione da togliere il respiro.
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Uno di quei film che rimangono sulla pelle, che non scivolano via ma catturano mente e cuore. Virzì propone il tema della disperazione che si mischia alla pazzia e sviluppa questa tematica attraverso un' ottica totalmente umana e sentimentale. La pazza gioia racconta la fragilità di due donne senza stabilità, alla ricerca di un luogo che non conosca l'inquietudine di chi è nato triste, di chi soffre, di chi vive trascinandosi. La drammaticità si fonde con il divertimento in maniera affascinante, e nonostante la continua percezione di estrema sofferenza, si sorride e si ride, fino a sperare. Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti si completano a vicenda e dimostrano, ancora una volta, una straordinaria bravura e un' interpretazione da togliere il respiro. Virzì è riuscito a dipingere perfettamente il bisogno di aiuto e la richiesta continua di umana comprensione, in un film arricchito dal valore dell'amicizia. Una storia emozionante, che fa riflettere su come il rimedio al dolore sia il curarsi assieme.
Buon film!
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gioggi.88
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giovedì 19 maggio 2016
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un film gentile, potente e intenso.
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Il film narra della maldestra fuga di due donne, Donatella e Beatrice, entrambe residenti a Villa Biondi, comunità terapeutica per pazienti psichiatriche nella campagna Toscana. Valeria Bruni Tedeschi è Beatrice, femme fatale dell'alta borghesia,ricca, logorroica e un po' frivola, un tempo sposata con un facoltoso avvocato dell'entourage berlusconiano, si è poi lanciata in una relazione con un delinquente approfittatore, è affetta da disturbo bipolare e minimizza con battute e scenate istrioniche la propria vita e ciò che la circonda, ammonisce con battute sarcastiche le altre abitanti della struttura e rimpiange il suo passato, tra ristoranti d'élite e vacanze in barca, non rinunciando mai al suo rossetto e ai suoi flaconi di valium.
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Il film narra della maldestra fuga di due donne, Donatella e Beatrice, entrambe residenti a Villa Biondi, comunità terapeutica per pazienti psichiatriche nella campagna Toscana. Valeria Bruni Tedeschi è Beatrice, femme fatale dell'alta borghesia,ricca, logorroica e un po' frivola, un tempo sposata con un facoltoso avvocato dell'entourage berlusconiano, si è poi lanciata in una relazione con un delinquente approfittatore, è affetta da disturbo bipolare e minimizza con battute e scenate istrioniche la propria vita e ciò che la circonda, ammonisce con battute sarcastiche le altre abitanti della struttura e rimpiange il suo passato, tra ristoranti d'élite e vacanze in barca, non rinunciando mai al suo rossetto e ai suoi flaconi di valium. Donatella, interpretata da Micaela Ramazzotti è una giovane donna,magra e sciupata con un passato burrascoso, affetta da una sindrome depressiva per colpa della quale le è stata negata la custodia del figlio,dato in adozione. L'unico pensiero che la tiene in vita è di poterlo anche solo rivedere; profondamente diversa da Beatrice, Donatella ha due occhi enormi e spaventati, taciturna e cupa, l'unico momento in cui sorride è quando ascolta con le cuffiette "Senza fine", convinta che il suo babbo, pianista scapestrato di pianobar, l'abbia scritta per lei quando era piccola.
Attraverso questa fuga improvvisata e senza meta, nasce un'amicizia bizzarra tra due donne completamente diverse, che tentano di non annegare nel dolore e si tengono per mano, cercando di venire a capo della loro vita a brandelli.
Questo film ha il merito di trattare con delicatezza e poesia, ma anche verità e senza buonismo uno dei temi più difficili da raccontare: il disturbo mentale. Mi piace chiamarlo disturbo e non "malattia" o "patologia" perché la pellicola ha la capacità e la forza di approcciarsi a questa problematica trattandola non come qualcosa di "morboso" ma con estrema umanità, raccontando prima di tutto di due donne, sotto diversi punti di vista: come madri, figlie, mogli, amanti prima che come "pazienti" e quindi "malate" . Anche la scelta del regista di inserire nel cast delle pazienti realmente residenti in comunità di cura insieme alle attrici professioniste sta proprio a sancire la linea molto labile che c'è tra "normalità" e la "patologia".. è un film che dà speranza, perché riesce a raccontare con leggiadria un tema che è pesante come un macigno, senza retorica a sovvertire i luoghi comuni sui pazienti psichiatrici, non vuole indorare la pillola, è a tratti brutale e drammatico, perché non censura la disperazione e la pericolosità della loro condizione, ma la rispetta.
Ci aiuta a guardare con occhi diversi la "pericolosità" di qualcuno che compie un gesto disperato, non più come telespettatori spaventati dai mostri "del telegiornale", ci obbliga a frugare dentro di noi e a rivedere la nostra candida vita da "mulino bianco", ci spiazza nella scena finale sulla spiaggia, in cui Donatella gioca con il figlio, dove il suo amore disarmante è più forte delle sentenze giudiziarie, della "pericolosità" di una diagnosi, del disagio mentale.. È semplicemente l'amore di una madre.
Si intuisce anche tutta la ricerca svolta dal regista sul campo, in un progetto che ha anche una valenza di tipo "documentaristico", e che riassume a che punto è la psichiatria sul territorio, quali sono le realtà delle comunità terapeutiche, i centri diurni, gli OPG (nel 2014, epoca delle riprese erano ancora aperti) l'enorme lavoro degli operatori, e le varie tipologie di professionisti: quelli che combattono fianco a fianco dei loro pazienti, gioendo dei piccoli risultati quotidiani e i burocrati anaffettivi che anziché curare giudicano.
Un film che fa ridere, riflettere, commuovere.
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flaw54
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giovedì 19 maggio 2016
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sorrentino e garrone...... lasciamo perdere
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Virzì si rivela ancora una volta l'asse portante del nostro cinema con un film duro, talvolta "insopportabile", ma capace di commuovere e di lasciare un messaggio fondamentalmente positivo di speranza e di riscatto. Interpretazione strepitosa delle due attrici Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti, la prima logorroica, fuori di testa, ma con un fondo di forte bontà e amicizia e la seconda capace di creare un personaggio tragico che rimarrà nella memoria di noi spettatori. Bravi anche gli attori di contorno e bravo Virzì a valorizzare i luoghi turistici noti della nostra Toscana. È un film vero, coinvolgentd che si distacca in maniera notevole, e aggiungerei fortunatamente, dal vuoto estetizzantd in cui si muovono autori comd Sorrentino e Garrone.
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Virzì si rivela ancora una volta l'asse portante del nostro cinema con un film duro, talvolta "insopportabile", ma capace di commuovere e di lasciare un messaggio fondamentalmente positivo di speranza e di riscatto. Interpretazione strepitosa delle due attrici Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti, la prima logorroica, fuori di testa, ma con un fondo di forte bontà e amicizia e la seconda capace di creare un personaggio tragico che rimarrà nella memoria di noi spettatori. Bravi anche gli attori di contorno e bravo Virzì a valorizzare i luoghi turistici noti della nostra Toscana. È un film vero, coinvolgentd che si distacca in maniera notevole, e aggiungerei fortunatamente, dal vuoto estetizzantd in cui si muovono autori comd Sorrentino e Garrone.
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soleilmoon
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giovedì 19 maggio 2016
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strepitosa valeria
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Una storia tutto sommato semplice, di amicizia e sostegno all'interno di una casa famiglia per donne con problemi psichici, che prende vita grazie alla strepitosa interpretazione dell'attrice Valeria Bruni Tedeschi. Calandosi meravigliosamente in questo personaggio di donna complessa, regala al film un tocco di comicita' inaspettata. Micaela Ramazzotti e' un'ottima spalla, piu' dark e tormentata ma altrettanto credibile.
La forza del film sta nell'aver delineato molto bene i personaggi e aver trovato gli interpreti idonei. Un plauso va a Anna Galliena perfetta e incisiva nella sua particina di madre di Donatella.
Per apprezzare il film al di la' della storia triste e un po' scontata bisogna cogliere gli spunti comici, la leggerezza dei dialoghi, la bravura degli attori, altrimenti puo' risultare anche noioso.
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vanessa zarastro
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mercoledì 18 maggio 2016
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follia, fantasia e amicizia
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“La pazza gioia” è un bel film. È raro vedere un film italiano che non sia uno neo-neorealista il cui maggiore scopo è disvelare la realtà e denunciare una situazione. Più in linea con la commedia che Scola e Monicelli ci hanno fatto amare, il film di Virzì vuole essere un inno alla vita, alla voglia di esserci nonostante tutto. Una storia di affetto e di amicizia a metà tra la realtà e l’invenzione così come i suoi due personaggi femminili. In particolare la bravissima Valeria Bruni Tedeschi ha il ruolo di Beatrice, una ricca nobile un po’ âgée con una mentalità reazionaria e snob, che confonde la fantasia dalla realtà continuando a impartire ordini anche a Villa Biondi - la comunità terapeutica nella quale è relegata - come se le altre pazienti fossero tutte sue domestiche, giardiniere e cameriere.
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“La pazza gioia” è un bel film. È raro vedere un film italiano che non sia uno neo-neorealista il cui maggiore scopo è disvelare la realtà e denunciare una situazione. Più in linea con la commedia che Scola e Monicelli ci hanno fatto amare, il film di Virzì vuole essere un inno alla vita, alla voglia di esserci nonostante tutto. Una storia di affetto e di amicizia a metà tra la realtà e l’invenzione così come i suoi due personaggi femminili. In particolare la bravissima Valeria Bruni Tedeschi ha il ruolo di Beatrice, una ricca nobile un po’ âgée con una mentalità reazionaria e snob, che confonde la fantasia dalla realtà continuando a impartire ordini anche a Villa Biondi - la comunità terapeutica nella quale è relegata - come se le altre pazienti fossero tutte sue domestiche, giardiniere e cameriere. Donatella invece – la straordinaria Micaela Ramazzotti – è una giovane donna proletaria piena di tatuaggi e di pochissime parole, provata da varie disavventure della vita, ex cameriera in un night-club, anche lei sbarcata a Villa Biondi. L’incontro tra le due è in crescendo, la logorroica Beatrice non si arresta difronte alla scorbutica Donatella e man mano riesce a sfondare il muro protettivo dietro il quale si trincera e ad acquistarne la fiducia. In fondo la trama del film è tutta qui nel rapporto tra le due donne, con la progressiva apertura dell’introversa e con l’affiorare di sincerità dell’altra una volta crollate le maschere, e si apprezza così sia la strepitosa interpretazione delle due attrici, sia la mano alla regia di Virzì priva totalmente di sbavature.
Dopo fughe rocambolesche - non programmate ma nate casualmente per un disguido - con la voglia di gioire della libertà in giro per vari luoghi della Toscana, Donatella finirà per aprirsi con l’amica e raccontare la sua storia: rimasta incinta del suo capo già sposato è stata da lui stesso licenziata. Con sacrifici arriva a partorire ma, una volta nato suo figlio, per una serie di gravi motivazioni, sarà dato in adozione. Beatrice, dal suo canto, si era invaghita di un imbroglione l’ha raggirata e truffata facendola finire in galera. Nel narrare le vicende delle due donne Paolo Virzì fa nascere il dubbio che la follia sia una conseguenza, in crescendo, delle privazioni affettive e delle grandi delusioni d’amore che hanno accresciuto il senso di malessere e/o il disagio sociale.
Film intenso, ironico, poetico e commovente che ha appena riscosso un gran successo a Cannes.
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pier71
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mercoledì 18 maggio 2016
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molto bello!
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Finalmente un film degno di chimarsi tale e di uscire in sala. Divertente e delicato, schizzato e commovente. Brava la Ramazzotti ma è Valeria Bruni Tedeschi che regge tutta la baracca: fragile, bella, incontenibile: un uragano. Marco Messeri sempre superlativo, toccante. Sì, stavolta Virzì azzecca quasi tutto. Averne.
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flyanto
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mercoledì 18 maggio 2016
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due donne strampalate ma fortemente fragili
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Presentato al Festival di Cannes di quest'anno, "La Pazza Gioia" è l'ultima opera che Paolo Virzì ha diretto e scritto insieme a Francesca Archibugi. Incentrato tutto su due particolari personaggi femminili, ottimamente interpretati da Valeria Bruni Tedeschi e dalla moglie del regista Micaela Ramazzotti, "la Pazza Gioia" presenta una sorta di road movie delle due donne richiamando, sia pure alla lontana per atmosfera e situazioni, l'antecedente capolavoro di Ridley Scott "Thelma e Louise" per la loro estrema ricerca di libertà ed affermazione personale,
La vicenda inizia all'interno di una comunità alquanto alternativa dove vengono curate delle persone disturbate psichicamente e tra loro vi risiedono anche le due protagoniste che però vivono questo luogo come una grossa limitazione alla loro personale libertà individuale.
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Presentato al Festival di Cannes di quest'anno, "La Pazza Gioia" è l'ultima opera che Paolo Virzì ha diretto e scritto insieme a Francesca Archibugi. Incentrato tutto su due particolari personaggi femminili, ottimamente interpretati da Valeria Bruni Tedeschi e dalla moglie del regista Micaela Ramazzotti, "la Pazza Gioia" presenta una sorta di road movie delle due donne richiamando, sia pure alla lontana per atmosfera e situazioni, l'antecedente capolavoro di Ridley Scott "Thelma e Louise" per la loro estrema ricerca di libertà ed affermazione personale,
La vicenda inizia all'interno di una comunità alquanto alternativa dove vengono curate delle persone disturbate psichicamente e tra loro vi risiedono anche le due protagoniste che però vivono questo luogo come una grossa limitazione alla loro personale libertà individuale. intrecciando subito tra loro una sorta di rapporto amicale e di profonda complicità, in occasione di una libera uscita insieme agli altri pazienti dall' istituto, esse riescono ad improvvisare una fuga che le condurrà a vivere numerose ed strampalate avventure. In realtà entrambe sono reduci da un passato alquanto difficile e problematico, in particolare la più giovane a cui hanno tolto l'affidamento del figlio che nel frattempo è stato adottato da una famiglia ritenuta più idonea a crescerlo. Nel corso delle matte scorribande il loro legame si consoliderà sempre di più, riconducendole all' "ordine" prestabilito, per loro fortemente limitante ma quanto mai necessario.
Un'opera senza alcun dubbio molto cruda, sia pure realizzata da Virzì come una sorta di viaggio quasi fantastico e poco realistico, ma ciò evidenzia molto chiaramente l'atmosfera di irrazionalità e di incoscienza in cui vivono le due protagoniste. Fortemente segnate dalla vita e da un percorso personale alquanto difficile, esse ovviamente non si riconoscono come donne affette da problemi psichici o, più precisamente, lo riconoscono ma non totalmente e pertanto minimizzano grandemente le proprie problematiche ed il proprio stato di salute, affidandosi all'aiuto dei farmaci di cui ormai sono divenute fortemente dipendenti. E con il loro mondo e la loro condizione "strampalata" Paolo Virzì tratteggia magistralmente il disagio mentale umano, le sue incongruenze e le lotte condotte contro la forzatura coatta di venire relegati entro dei confini prestabili e ritenuti "giusti" perchè costituenti la normalità e le regole in base a cui bisogna comportarsi.
Il finale, concepito in maniera, forse, eccessivamente positiva, alleggerisce la pesante condizione ed atmosfera in cui vivono le due protagoniste dirette sempre più verso una sorta di baratro e dona così allo spettatore la fiducia e la speranza verso una possibilità di riscatto e di guarigione.
Ottima, ripeto, l'interpretazione di entrambe La Tedeschi e la Ramazzotti che consegnano al pubblico due ritratti di donne vere, fortemente depresse ed altalenanti nell'umore, sognatrici e soprattutto profondamente sole nel profondo del loro animo.
Altamente consigliabile seppure non troppo allegro.
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