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La carne e il metallo

La furia polverosa di Mad Max: Fury Road.
di Roy Menarini

In foto Charlize Theron in una scena del film.
Charlize Theron (49 anni) 7 agosto 1975, Benoni (Sudafrica) - Leone. Interpreta Furiosa nel film di George Miller (II) Mad Max: Fury Road.

domenica 17 maggio 2015 - Approfondimenti

Difficile esprimere a parole la fisicità di Mad Max: Fury Road. Anzi, se non avesse avuto ben altri piani in mente, si potrebbe persino pensare che George Miller desiderasse porre una vera e propria sfida alla critica. Come si fa a "restituire" verbalmente un film così viscerale, in continuo movimento, epidermico (nel senso migliore del termine) e travolgente? Si può paragonarlo, per esempio, ad altre esperienze. Lo stordimento con cui si esce dalla sala - purché dotata di un buon impianto stereo digitale - ricorda chiaramente quella del dopo-concerto, con le orecchie che fischiano, la testa ovattata e la memoria recente piena di immagini e suoni.

Non è un caso. Miller ha concepito il nuovo Mad Max come una sorta di continuo live. Non solo troviamo un personaggio - vestito a metà tra il costume degli Slipknot e l'iconografia alla Rob Zombie - che produce continui riff heavy metal, piazzato su un camion e davanti e decine di amplificatori. Ma l'intero film è attraversato da performance semi-artistiche: dagli incredibili stunt in motocicletta e automobile agli assalitori su pertica, che sembrano (e sono) acrobati circensi. Insomma, un sanguinoso rave party su strada, una specie di spettacolo del Cirque du Soleil in salsa post-hardcore, un "demolition show" come quelli delle arene americane, e ovviamente un western, vera ossessione di George Miller.

L'incubatore è il deserto, quello stesso che fa da sfondo a Wile E. Coyote e Beep Beep. Il paragone non suoni provocatorio, visto che Miller ha ben presente (oggi più che nella prima trilogia) il mondo di Chuck Jones, salvo escluderne la "reversibilità". Se nei cartoon della Warner - che guarda caso produce questo felice ritorno - il coyote e gli altri personaggi tornano all'integrità fisica dopo essere stati affettati, sbriciolati, rasi al suolo, vaporizzati, e così via, per i kamikaze di Mad Max: Fury Road la morte fisica è sicura, anzi persino cercata con voluttà, per arrivare alle porte del Valhalla.
Molto più politico di quanto si possa pensare (con la violenza irragionevole dell'ISIS chiaramente dietro l'angolo), il film di Miller re-insemina la fantascienza attraverso le figure femminili, e la mossa vincente si chiama Furiosa, Charlize Theron nel ruolo della vita, senza un braccio, cyborg meccanico che guida una carovana al femminile che non sarebbe affatto dispiaciuta a John Ford. Rimane forse un po' in ombra proprio Max, ma - se escludiamo l'infelice terzo capitolo (Mad Max: oltre la sfera del tuono) - è sempre stato un outsider guidato da sopravvivenza e vendetta, non un Indiana Jones del post-atomico.
Polvere, sabbia e carne sono protagoniste assolute, persino in un'opera dove la macchina sembra prevalere su tutto, e dove forza di gravità e coreografia diventano i protagonisti di un "pogo" selvaggio di due ore, che sono quello che tutto sommato chiediamo ancora oggi al cinema d'azione fantastica. E per una volta diciamolo: provare a vedere Mad Max: Fury Road fuori da una sala col grande schermo è pura follia.

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