Robin Campillo non ha paura di maneggiare materie scomode, dove la sessualità, in particolare, ha una componente morale borderline, tutt'altro che cristallina. Il film entra in piattaforma grazie a Biennale Cinema Channel. GUARDALO SU BIENNALE CINEMA CHANNEL oppure ENTRA CON MYMOVIES ONE »
Parigi, Gare du Nord. Una banda di ragazzini dell'Europa dell'Est si muove per l'immensa stazione, sotto lo sguardo della polizia ma anche di Daniel, un cinquantenne discreto, che ha messo gli occhi su uno di loro, Marek, al quale strappa un appuntamento sessuale a pagamento. A casa dell'uomo, però, l'indomani, si presenta la banda al completo, che svaligia allegramente l'appartamento del malcapitato, lasciandolo pressoché vuoto. A Daniel non resta che incassare il colpo. Ma qualche giorno dopo Marek (il cui vero nome è Rouslan) torna da lui, solo, e tra i due ha inizio una relazione molto diversa, fisica, ma lontana dalla violenza della banda, e sempre più necessaria ad entrambi.
È un oggetto strano, il film di Campillo, che cambia pelle strada facendo, non una ma più volte. D'altronde, l'ambiguità del sentimento è il suo cuore più profondo. Sceneggiatore del miglior Cantet (da Risorse Umane a La Classe) e regista del film che ha ispirato la fortunata serie televisiva di Canal+ "Les Revenants", non ha paura di maneggiare materie scomode, dove la sessualità, in particolare, ha una componente morale borderline, tutt'altro che cristallina.
È un cinema composto, elegante, mai algido ma sempre ordinato, sicuro e raffinato, questo di Eastern Boys: il terreno stilistico ideale per far fruttare il contrasto con una storia difficile da digerire e da giudicare, che sa mettere a disagio ma anche chiudere in maniera speranzosa. Sorprendendo, fino alla fine.
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