La sfida al cinema italiano di Padroni di casa.
di Roy Menarini
Uscito in poche copie, e perciò bisognoso di interessamenti critici, Padroni di casa di Edoardo Gabbriellini si candida fin da ora a diventare un piccolo culto nostrano, e certamente il film italiano più originale dell'anno. Al di là delle analisi di valore (sceneggiatura insinuante e inattesa, regia inventiva ed efficace, direzione degli attori sorprendente), è più nel prodotto finale che negli addendi che l'opera seconda del regista e attore toscano riesce a colpire a fondo.
E offre la possibilità di ribadire, una volta di più, quanto sia raro nel cinema italiano contemporaneo imbattersi in autori e pellicole capaci di ibridare generi lontani, influenze disparate, modelli imprevisti. Non a caso, se si fa una raccolta critica delle recensioni di Padroni di casa, si possono leggere allusioni a Scene di caccia in Bassa Baviera, a Cane di paglia, al western, a Simenon, insomma a serbatoi artistici talvolta persino contraddittori. Gabbriellini evidenzia un atteggiamento cinefilo, che potrebbe portare all'accumulo di citazioni e invece mantiene sotto traccia la conoscenza della storia del cinema e mostra la convinzione di voler ignorare le aspettative del pubblico medio di fronte al prodotto nazionale. Tutto Padroni di casa diventa così - oltre che una allegoria nera e beffarda del nostro sguardo sull'altro, sul "forestiero" e sul possesso - una continua, eccitante lotta cinematografica tra ciò che ci si attenderebbe e ciò che avviene, tra le nostre abitudini di ricezione (ulteriormente rafforzate dalla presenza di volti noti come Valerio Mastandrea e Elio Germano) e lo scarto da quelle convenzioni. Questa prassi è, in fondo, connaturata ai generi cinematografici, che propongono continuamente - siano essi commedie, thriller o melodrammi - una serie di biforcazioni, bivi, percorsi narrativi di fronte ai quali lo spettatore appassionato gode del suo stesso dubbio: dove andrà il film? Quale strada percorrerà? Quella più prevedibile o quella meno attesa?
Ecco, Padroni di casa è suggestivo proprio perché non si fa mai trovare dove pensi di averlo catturato, né descrivere come si credeva di averlo classificato (e il ruolo riservato a Gianni Morandi esemplifica alla perfezione ciò che andiamo scrivendo). Non è solo questione di commedia che vira via via verso il noir e l'horror, bensì di una più profonda metamorfosi dei nostri codici in direzione dell'imprevisto e dell'inquietante, senza dimenticare di dialogare con pellicole internazionali come Revanche o Calvaire, verso cui Padroni di casa ha poco da invidiare. Tutte ragioni per le quali vale la pena, attraverso il famoso e fantasmatico "passaparola", cercare di valorizzarne i pregi, e di ribaltare i rapporti di potere distributivi che lo vedono partire svantaggiato.