hernan
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mercoledì 23 gennaio 2013
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capolavoro, uno sguardo senza tempo sull'umanità
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E' difficile chiedersi quanto merito sia da attribuire a David Mitchell e quanto alla insolita triade di acclamati registi che ha portato sullo schermo il suo romanzo. Non sembra però difficile notare, almeno negli occhi meno passivamente assuefatti, una sorta di emozione sincera e profonda al termine della visione. Si può uscire dalle sale incantati dagli effetti speciali di un Peter Jackson o strabiliati dalla verve cinematografica di un Tarantino, ma ci si può anche fermare un attimo a riavvolgere e intessere le trame molteplici e tuttavia indissolubilmente legate di Cloud Atlas. La potenza cinematografica sta nell'aver fornito allo spettatore un'insolita chiave di lettura, un passaggio segreto per penetrare la storia, ogni storia, e ricondurla al significato principe dell'esistenza umana, alla dicotomia tra le forze oscure e maligne della sopraffazione e del dominio e i legami indissolubili saldati nell'amicizia e nell'amore.
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E' difficile chiedersi quanto merito sia da attribuire a David Mitchell e quanto alla insolita triade di acclamati registi che ha portato sullo schermo il suo romanzo. Non sembra però difficile notare, almeno negli occhi meno passivamente assuefatti, una sorta di emozione sincera e profonda al termine della visione. Si può uscire dalle sale incantati dagli effetti speciali di un Peter Jackson o strabiliati dalla verve cinematografica di un Tarantino, ma ci si può anche fermare un attimo a riavvolgere e intessere le trame molteplici e tuttavia indissolubilmente legate di Cloud Atlas. La potenza cinematografica sta nell'aver fornito allo spettatore un'insolita chiave di lettura, un passaggio segreto per penetrare la storia, ogni storia, e ricondurla al significato principe dell'esistenza umana, alla dicotomia tra le forze oscure e maligne della sopraffazione e del dominio e i legami indissolubili saldati nell'amicizia e nell'amore. E in un mondo che sembra appartenere a dinamiche macroscopiche, il potere inconoscibile delle scelte individuali, e la loro inimmaginabile influenza sui destini altrui. Tutto questo investe lo spettatore e lo conduce con sè in una dimensione troppe volte dimenticata: lo porterà a riflettere e a stupirsi e a cercare, cercare ininterrottamente un significato, riappassionandolo alla verità. Un altro grande merito va a questi (personalmente Grandi) registi, la maestria con cui hanno saputo mettere insieme sei storie apparentemente differenti, incastrandole alla perfezione e riportandole a un tutto. Ma ancor più, l'elogio principe va alla capacità (credo senza precedenti) con cui hanno saputo reinventare gli stessi attori, addirittura rimodellandoli in razza e sesso, esperimento banalmente minimizzato come tentativo di rappresentare una non meglio definita reincarnazione. Qualche critico, una minima parte in realtà, ha ammesso che questo film potrebbe essere un culto nella storia del cinema. Forse però, la miglior osservazione che abbiano fatto, è che il film va rivisto, più e più volte. Come ci hanno abituato dai tempi di Matrix, Lana e Andy Wachowski hanno impregnato di significati anche questa loro opera. Sta a noi scegliere tra i pop corn o un pò di sane e profonde riflessioni.
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linskymatt
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martedì 29 gennaio 2013
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capolavoro difficile
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Cloud Atlas, che dire? Mi è piaciuto moltissimo, un'altra storia persino rispetto al primo The Matrix. Lo stile della narrazione, unico e innovativo se non rivoluzionario, può non piacere per certi aspetti: è impegnativo seguire le sei trame in parallelo e cogliere tutti i riferimenti che le collegano. Dopo il primo quarto d'ora si capisce però che la storia è unica, fluente attraverso i decenni o i secoli: le gesta dei personaggi presenti influenzano la vita di quelli futuri in un gioco di rimandi che impressiona e affascina.
L'idea di usare gli stessi attori, anche se a tratti quasi irriconoscibili sotto il trucco, per i personaggi principali di tutte le storie porta ancora oltre l'idea di base del film, che credo si ponga l'obiettivo di svelare l'influenza che può avere un piccolo gesto, un'abitudine, una decisione sulle vite delle persone che verranno: ecco quindi che personaggi morti da secoli si trovano a interpretarne altri, vivendo continuativamente in coloro che hanno cambiato.
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Cloud Atlas, che dire? Mi è piaciuto moltissimo, un'altra storia persino rispetto al primo The Matrix. Lo stile della narrazione, unico e innovativo se non rivoluzionario, può non piacere per certi aspetti: è impegnativo seguire le sei trame in parallelo e cogliere tutti i riferimenti che le collegano. Dopo il primo quarto d'ora si capisce però che la storia è unica, fluente attraverso i decenni o i secoli: le gesta dei personaggi presenti influenzano la vita di quelli futuri in un gioco di rimandi che impressiona e affascina.
L'idea di usare gli stessi attori, anche se a tratti quasi irriconoscibili sotto il trucco, per i personaggi principali di tutte le storie porta ancora oltre l'idea di base del film, che credo si ponga l'obiettivo di svelare l'influenza che può avere un piccolo gesto, un'abitudine, una decisione sulle vite delle persone che verranno: ecco quindi che personaggi morti da secoli si trovano a interpretarne altri, vivendo continuativamente in coloro che hanno cambiato.
Il montaggio, come dicevo, avrà i suoi detrattori: è complicato seguirlo senza un'attenzione adeguata e ad alcuni può sembrare caotico. Prestando attenzione però ci si accorge che quasi ogni scena è una continuazione, un approfondimento o un finale alternativo della precedente, e se non lo è ha comunque elementi in comune, anche scenografici o coreografici, con essa.
Le note dolenti? Una sola: "L'orribile impiccio del signor Cavendish" (la storia di un'editore nel 2012). A parer mio il segmento non è all'altezza degli altri, ma è una sbavatura trascurabile.
Infine, mi sembra giusto scrivere di cosa lasci il film in chi lo guarda. Col rischio di ripetermi trovo che Cloud Atlas, sebbene in alcuni punti strizzi l'occhio alle filosofie di reincarnazione e alla vita post-mortem in generale, punti in realtà far nascere una riflessione sul concretissimo, sebbene per noi intangibile, influsso che hanno le nostre azioni e le nostre decisioni sulle vite dei posteri.
Conclusione: si tratta secondo me di un film eccezionale, che tratta un argomento molto interessante in modo brillante e unico e che per quanto mi riguarda si è guadagnato un posto d'onore nella mia personale top 10. Guardatelo!
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giacomo j.k.
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domenica 3 febbraio 2013
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"dolore, forte... occhio di amico, più forte"
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Cloud Atlas, romanzo di David Mitchell, risulta il pane perfetto per i denti dei fratelli Andy e Lana (già Lerry) Wachowski. I due registi di Matrix collaborano con il factotum tedesco Tom Tykwer (che in questo film è impegnato dalla regia alla sceneggiatura, dalla produzione alla colonna sonora) per creare un film che è un mosaico che trascende ogni regola e sfida ogni convenzione cinematografica: sei storie che più diverse non si può si dipanano lungo cinque secoli di storia umana passata, presente e futura, fino a creare un unico tutto in cui (aiutate dal montaggio) le azioni si richiamano l’un l’altra, le parole riecheggiano, gli oggetti passano di mano in mano e le idee continuano a ispirare le generazioni future.
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Cloud Atlas, romanzo di David Mitchell, risulta il pane perfetto per i denti dei fratelli Andy e Lana (già Lerry) Wachowski. I due registi di Matrix collaborano con il factotum tedesco Tom Tykwer (che in questo film è impegnato dalla regia alla sceneggiatura, dalla produzione alla colonna sonora) per creare un film che è un mosaico che trascende ogni regola e sfida ogni convenzione cinematografica: sei storie che più diverse non si può si dipanano lungo cinque secoli di storia umana passata, presente e futura, fino a creare un unico tutto in cui (aiutate dal montaggio) le azioni si richiamano l’un l’altra, le parole riecheggiano, gli oggetti passano di mano in mano e le idee continuano a ispirare le generazioni future. Perfino le persone sembrano rinascere e, nelle varie epoche, fare i conti con le proprie vite precedenti, riconfermando o riscattando il proprio passato: gli stessi pochi attori si alternano nelle varie storie fino ad interpretare anche sei personaggi diversi, di entrambi i sessi, dimostrando un’incredibile versatilità e onorando in pieno gli eccezionali risultati della squadra di truccatori e costumisti.
“Tutti i confini sono convenzioni in attesa di essere superati. Si può superare qualunque convenzione, solo se prima si può concepire di poterlo fare” si afferma nel film. Cloud Atlas non solo rappresenta sei protagonisti che lottano per superare le convenzioni del loro tempo, ma è esso stesso un muro abbattuto, una provocazione, uno schiaffo in pieno volto alla critica e alle convenzioni del cinema. Non a caso due dei registi e produttori di questo piccolo miracolo sono gli stessi fratelli Wachowski che già nel 1999 avevano scioccato il mondo con la visionaria trilogia di Matrix; anzi, no, non gli stessi: Lerry nel frattempo ha cambiato sesso ed è diventato Lana…
In questo film i Wachowski ci riprovano e ci riescono in pieno, sbigottendo pubblico e critica. Lana e Andy prendono l’essenza stessa di post-moderno (quel non-genere trasversale fatto di pastiche, sperimentazioni e connettività ossessive che permea la cultura occidentale dal secondo dopo-guerra) e la plasmano a mani nude fino a portarla all’estremo, in un’opera in cui tutto è connesso, e ogni cosa è a un tempo un’eco del passato e un’ispirazione per il futuro. Non c’è da sorprendersi dunque che le citazioni (sia inter sia intratestuali) si sprechino lungo tutte le quasi tre ore del film: da Charles Darwin a George Berkeley, passando per Madre Teresa di Calcutta. Ma in un’opera di tali pretese non è solo la cura per i richiami e i dejà vu a essere maniacale: non solo la scenografia e i costumi, ma una nota di merito va alla cura dedicata ai linguaggi, adattati non solo alle epoche passate ma anche a quelle future, con l’evoluzione dell’inglese dall’unica lingua (semplificata) dell’”unanimità” del 2144 alla curiosissima neo-lingua con lessico e grammatica propri del XXIV secolo.
In quest’opera di vertiginosa ampiezza e profondità il grande Leitmotiv risulta essere l’uomo stesso con la sua instancabile forza di rinnovamento. Il sestetto “Cloud Atlas” composto da Robert nel 1936 è la forma concreta che tale spirito assume e che quindi Luisa, quarant’anni più tardi, non può che riconoscere anche al primo ascolto. Opposto ad esso vi è lo status quo, costantemente incarnato dai personaggi magistralmente interpretati da Hugo Weaving, mosso da una rabbia cieca e omicida nei confronti del nuovo, anche quando ciò comporti l’autodistruzione (la sua diabolicità è resa evidente nell’ultimo segmento, in cui Weaving interpreta un vero e proprio demone). Dall’altra parte, quello che abbiamo chiamato “lo spirito del rinnovamento” si manifesta nelle piccole grandi scelte e azioni che ognuno dei personaggi (come ognuno di noi) compie ogni giorno, e che sono in grado di influenzare (e talvolta di salvare o condannare) non solo la nostra stessa vita, ma anche quella di molti altri contemporanei e posteri: “La nostra vita non ci appartiene”, dice Sonmi-451. “Da grembo a tomba siamo legati ad altri, passati e presenti. E da ogni crimine, da ogni gentilezza, generiamo il nostro futuro”. Come un lungo e profondo respiro di solidarietà umana, una vibrazione di fondo che supera i confini di spazio e di tempo: perché nessun uomo esiste e agisce in sé e per sé, ma solo in relazione con gli altri.
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blackdragon89
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martedì 15 gennaio 2013
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il debole lo abbatte, il forte che lo inghiotte.
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Un avvocato in viaggio nel Pacifico del XIX secolo combatte contro una strana malattia, un centinaio di anni dopo un giovane musicista si reca da un famoso compositore per apprenderne arte e segreti, nella sfera noir degli anni '70 una reporter viene coinvolta in un'inchiesta contro una sospetta società energetica, un vecchio editore dei giorni nostri viene ricattato e costretto a chiedere aiuto al riluttante fratello, in un 2144 distopico una clone viene chiamata a testimoniare contro il totalitarismo dell'epoca, mentre nel lontano 2321 dopo la caduta degli antenati un primitivo villaggio si ribella contro il popolo cannibale.
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Un avvocato in viaggio nel Pacifico del XIX secolo combatte contro una strana malattia, un centinaio di anni dopo un giovane musicista si reca da un famoso compositore per apprenderne arte e segreti, nella sfera noir degli anni '70 una reporter viene coinvolta in un'inchiesta contro una sospetta società energetica, un vecchio editore dei giorni nostri viene ricattato e costretto a chiedere aiuto al riluttante fratello, in un 2144 distopico una clone viene chiamata a testimoniare contro il totalitarismo dell'epoca, mentre nel lontano 2321 dopo la caduta degli antenati un primitivo villaggio si ribella contro il popolo cannibale.
Tratto dall'omonimo romanzo di David Mitchell, il film come il libro adotta quella particolare meccanica a petali di fiore che era già stata propria di Magnolia, vecchio colossal di Thomas Anderson; sei storie differenti svolte in tempi altrettando differenti, ma aventi un denominatore comune che le fa scorrere sul medesimo filo conduttore. Una sorta di istinto naturale ed involontario spinge i componenti di ogni vicenda a ribellarsi contro un preciso ordine imposto dal più forte, come può esserlo la società, un assassino o persino la gigantesca badante di un ospizio. E dove meglio può germogliare il curioso e arcano fenomeno del deja vu se non in un ambiente pieno di coincidenze e battaglie collettive, vuoi per le discriminazioni razziali o l'omofobia, per i poteri delle compagnie, vuoi per la senilità, il sistema o la religione. E così sotto la dolce melodia di uno scozzese che abbraccia l'intera opera il karma si rivela, conferendo al debole i mezzi per combattere.
Pare ovvio quanto sia impossibile concepire un'opera così grande in una breve durata, obbligando i registi a suddividere gli oneri sotto 170 minuti pieni, numero che, vista la drammaticità dei contenuti, rischia di spaventare i meno permissivi. E invece la trama scorre colma e inesorabile verso il suo corso naturale, scompattando gli eventi in modo da esporli in perfetta armonia di ritmi e rivelazioni, e offrendo allo spettatore uno spettacolo scenico di non poco conto. In nessun attimo la melassa rischia di cedere, grazie anche e soprattutto ad un sublime lavoro svolto in fase di montaggio, sia per quanto riguarda la grafica che per la sceneggiatura e la colonna sonora, melodica e mai invadente. I vari tasselli sono perfettamente incastonati, dando la mera impressione che in realtà le sei Novel facciano parte dello stesso continuum narrativo, fornendo linearità, stabilità ed equilibrio. Del resto si parla di un cast gigantesco, capace di interpretare e reincarnarsi nelle varie spoglie dei protagonisti, in linea con la struttura del racconto stesso.
In definitiva l'Atlante delle Nuvole è un film che mira ad una velata completezza di argomentazioni, riuscendoci in buona parte con intuizioni geniali e techiche cinematografiche straordinarie. Certo non pare il film adatto ad una grande massa di spettatori, essendo particolarmente impegnativo e complesso; un film, senza ombra di dubbio, di quelli da seguire con occhi attenti fino allo scorgersi dei titoli di coda, per non perdere nemmeno un indizio di tutto il fantastico insieme, perchè "cosa è l'oceano, se non una moltitudine di gocce." (Madre Teresa di Calcutta)
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giorgio mancinelli
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venerdì 25 gennaio 2013
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un puzzle senza sorprese
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Spacciato per un film di fantascienza che non è, così come il libro non è da elencarsi in tale categoria, si propone come una sequenza di immagini cartolina sicuramente belle da vedersi, commiste ad altre di scarso interesse antropologico, perché artate, e infiniti e lenti primi piani che ricordano da lontano una certa disciplina Zen. La trama ruota intorno a una visione della storia dell’umanità, probabile quanto impraticabile, suddivisa in temi ricorrenti. Nel film come del resto nel romanzo, questi sono giocati sull’ipotesi del ‘destino’ e la ‘reincarnazione’, sull’esistenza di ‘vite parallele’ e ‘futuribili destinazioni’, legati indissolubilmente (questo il senso del film) attraverso lo spazio e il tempo, attraverso numerosi richiami e citazioni pseudo-filosofiche.
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Spacciato per un film di fantascienza che non è, così come il libro non è da elencarsi in tale categoria, si propone come una sequenza di immagini cartolina sicuramente belle da vedersi, commiste ad altre di scarso interesse antropologico, perché artate, e infiniti e lenti primi piani che ricordano da lontano una certa disciplina Zen. La trama ruota intorno a una visione della storia dell’umanità, probabile quanto impraticabile, suddivisa in temi ricorrenti. Nel film come del resto nel romanzo, questi sono giocati sull’ipotesi del ‘destino’ e la ‘reincarnazione’, sull’esistenza di ‘vite parallele’ e ‘futuribili destinazioni’, legati indissolubilmente (questo il senso del film) attraverso lo spazio e il tempo, attraverso numerosi richiami e citazioni pseudo-filosofiche. Come dire, c’è troppa carne sul fuoco, e la durata del film a lungo andare stanca anche il più volenteroso degli spettatori che, preso dal seguire le sei storie parallele che si alternano e sfumano una nell’altra, come per l’effetto di uno spettacolo di ‘ombre’ cambogiane dove, alla fine dell’intera giornata di tea trazione, si è messi in difficoltà nel seguire lo svolgimento delle trame e ci si sente come dei sopravvissuti. In tutto questo mancano ‘le nuvole’, cioè quella poesia, o se preferite quella liricità, insita nel titolo ‘L’Atlante delle Nuvole’, e nella musica di cui si compone la ‘colonna sonora’ (tecno-classico). Nulla dello ‘straordinario’ annunciato per l’uscita del film, e nulla di più nel messaggio subliminale cui sembra rimandare. Fatto è che mentre nel sequel di Matrix c’èra dato il tempo di ‘gustare’ e ‘digerire’, sequenza dopo sequenza, una certa storicità filmica, che infine era accettata dallo spettatore, in questo concentrato di tre ore, in cui l’impianto narrativo risulta troppo spezzettato e troppo volutamente ‘sensazionalistico’, come appunto un arguto critico ha commentato: “..come se i registi avessero come primario obiettivo quello di stupire lo spettatore piuttosto che di raccontare una storia”. E, alla fine ci si sente colti da problemi di digestione.
“Rimane il grandioso tentativo di raccontare l’umanità intera attraverso un film ed è questo quello che fa di ‘Cloud Atlas’ un esercizio visivo e visionario da cineteca, un tormentato viaggio nell’animo umano che se pur mostrato in differenti ere e situazioni rimane sempre uguale (mentre il mondo tutt’attorno cambia), sempre alle prese con lo strenuo tentativo di capire e realizzare le proprie aspirazioni.”
Bravi gli interpreti e in generale l’intero cast: da un rigenerato Tom Hanks ad Halle Berry, la coreana Doona Bae, Jim Sturgess, Jim Broadbent, Hugo Weaving, Hugh Grant, Susan Sarandon, insomma tutti si impegnano a rendere il loro contributo essenziale alla storia ma senza prevaricarla, in modo da rimanere come tessere di un puzzle, uniche nella loro singolarità ma perfettamente integrate in un disegno più ampio. Sicuramente straordinari i truccatori e i parrucchieri, i costumisti e gli scenografi, in quanto agli ‘effetti’, tolte alcune immagini futuribili, il resto è lasciato all’ormai ottimale fotografia.
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tonysamperi
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mercoledì 6 febbraio 2013
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echoes
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SULLA SCENEGGIATURA :
La prima cosa da dire su questo film è: non è facile da seguire.
Il filo conduttore che lega l'intero plot è il tema della reincarnazione.
In particolare ci sono proposte sei storie differenti, situate in posti e epoche differenti, in cui l'unica costante è il cast.
Grazie ad un makeup fantastico gli attori sono a volte resi quasi irriconoscibili (soprattutto Hugh Grant).
Descrivere la trama è molto difficile, ma si può dire che le storie collegate abbiano situazioni analoghe, in cui sono analizzati i principali temi sociali, in primis la libertà, seguita da amore, tirannia, razzismo e omofobia.
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SULLA SCENEGGIATURA :
La prima cosa da dire su questo film è: non è facile da seguire.
Il filo conduttore che lega l'intero plot è il tema della reincarnazione.
In particolare ci sono proposte sei storie differenti, situate in posti e epoche differenti, in cui l'unica costante è il cast.
Grazie ad un makeup fantastico gli attori sono a volte resi quasi irriconoscibili (soprattutto Hugh Grant).
Descrivere la trama è molto difficile, ma si può dire che le storie collegate abbiano situazioni analoghe, in cui sono analizzati i principali temi sociali, in primis la libertà, seguita da amore, tirannia, razzismo e omofobia. Echeggiano alcune frasi tra le diverse situazioni.
Sicuramente una sceneggiatura non facile da realizzare, vista innanzitutto l'entità della storia. Otteniamo quasi 3 ore di film, che non annoia, ma non è facilissimo da seguire.
Superlativo il montaggio, realizzato in modo da avvicinare le sei situazioni all'altra, facendole sembrare parte di un'unica storia. Il plot si dipana come flashback del vecchio del Tom Hanks cronologicamente più recente.
Nel complesso è stato realizzato un buon film, un nuovo genere non facile, che sicuramente non ci si pente di guardare.
SUL CAST
Sicuramente un cast variegato, un cast ricco in cui non è facile emergere. Ma ogni attore esibisce una grande performance, calandosi nei panni di diversi personaggi e di fatto interpretando altrettanti microfilm.
Detto questo oggettivmente c'è da dire primeggia in tutto e per tutto Tom Hanks, che impersona ruoli molto differenti con una credibilità fuori dal comune.
Ho rivisto volentieri Jim Broadbent (il prof. Lumacorno negli ultimi 2 episodi di "Harry Potter")
SUL DOPPIAGGIO
Torna Angelo Maggi al doppiaggio di Tom Hanks, che per me da "Cast away" è insostituibile.
Luca Ward doppia Hugh Grant, Luca Biagini doppia ovviamente Hugo Weaving, Carlo Valli doppia ancora Jim Broadbent e un inconfondibile Massimo Corvo doppia Keith David. Insomma tutta una schiera di grandi doppiatori che ci hanno regalato le voci italiane dei più grandi film.
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angelo bottiroli - giornalista
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domenica 23 giugno 2013
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un grande capolavoro che pochi hanno capito
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Cloud Atlas, ossia “L’Atlante delle nuvole” è l’ultimo film di Lana Wachowski, Tom Tykwer e Andy Wachowski, registi e sceneggiatori di quello che è senza dubbio un capolavoro cinematografico.
Il film è tratto dall’omonimo best-seller di David Mitchell e narra sei storie contemporaneamente che abbracciano oltre 500 anni di storia: dal 1800 al 2300, sapientemente scelte e tutte in epoche diverse. Ogni attore quindi interpreta sei diversi personaggi e capita pure che una donna interpreti un personaggio maschile e viceversa.
In molti casi il trucco è così riuscito che si stenta a riconosce l’attore che interpreta il personaggio.
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Cloud Atlas, ossia “L’Atlante delle nuvole” è l’ultimo film di Lana Wachowski, Tom Tykwer e Andy Wachowski, registi e sceneggiatori di quello che è senza dubbio un capolavoro cinematografico.
Il film è tratto dall’omonimo best-seller di David Mitchell e narra sei storie contemporaneamente che abbracciano oltre 500 anni di storia: dal 1800 al 2300, sapientemente scelte e tutte in epoche diverse. Ogni attore quindi interpreta sei diversi personaggi e capita pure che una donna interpreti un personaggio maschile e viceversa.
In molti casi il trucco è così riuscito che si stenta a riconosce l’attore che interpreta il personaggio.
Le storie sono così mescolate fra di loro che lo spettatore deve sempre avere la massima attenzione ai dialoghi e alla trama. Storie incastonate una nell’altra di durata variabile, a volte con flash anche molto brevi, ma proprio per questo motivo incutono suspence nello spettatore.
Epoche storiche con trame diverse tutte legate da un unico filo conduttore: i sentimenti e l’impressione (il film non lo dice, ma lo fa capire) che si tratti degli stessi discendenti.
Non siamo, quindi, in presenza di un film sulla reincarnazione, perché le persone nascono e muoiono finendo il loro ciclo vitale.
Significative le parole del traile “Paura, fede, amore, fenomeni che determinano il corso della nostra vita; queste forze cominciano molto prima che nasciamo e continuano dopo la nostra fine. La nostra vita non ci appartiene, siamo legati ad altri, passati e presenti e da ogni crimine e ogni gentilezza generiamo il nostro futuro. Credo che esista un altro mondo che ci attende ed io ti attenderò là” Queste frasi sintetizzano alla perfezione il credo di questo film, dove tutto è connesso tra passato, presente e futuro.
I protagonisti, quindi, non sono le persone, ma sono i sentimenti, che si protraggono nel tempo e a prescindere dall’epoca; si manifestano in maniera diversa nelle persone e le cambiano.
“In momenti come questo immagino i nostri ripetuti incontri in epoche diverse, in vite diverse.” questa è la teoria alla base di Cloud Atlas.
Da non crederci, ma il film è all’altezza del pomposo trailer e non delude sotto ogni punto di vista a partire dall’eccezionale cast di attori, tutti di primo livello e tutti poliedrici nell’interpretare i diversi ruoli e i sei diversi personaggi a cui sono chiamati, ma una menzione particolare, a mio avviso, va a Bae Doo-na attrice coreana eccezionale per la mimica espressiva del volto e Hugh Grant per l’incredibile poliedricità nell’interpretare le parti, una delle quali irriconoscibile a causa del trucco.
Dopo aver visto il film, come faccio di solito, leggo la trama e le recensioni dei critici cinematografici nazionali. Lo faccio sempre dopo, per non farmi influenzare sia sulla visione del film sia sulla successiva recensione. Ebbene, con mia somma sorpresa, ho notato che la maggiorparte, non ha trattato bene questo film relegandolo nel settore dei film discreti.
Forse non hanno apprezzato i dialoghi o forse non hanno capito la storia, ma soprattutto non hanno capito che siamo di fronte ad un capolavoro cinematografico dello stesso livello di Matrix, con la differenza qui, che la fantascienza occupa soltanto una storia e mezza e che la bellezza del film oltre alla valorizzazione dei sentimenti consiste proprio nel sapiente mescolamento di epoche e personaggi.
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erone13
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domenica 13 gennaio 2013
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concedetegli una possibilità.
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Film con grandi ambizioni, per via della lunghezza, dei mezzi, del cast e sopratutto una storia complicata, molto complicata, che dovrebbe portare a un messaggio di fondo universale.
Ci riesce? In parte. E' un tentatico che comunque merita rispetto, anche se la somma è inferiore alle singole parti che lo compongono.
Vale la pena vederlo? Per quanto mi riguarda si, ma devo sottolineare che, probabilmente, c'è la sua base ideologica da accettare, o almeno da non detestare.
Il tema della reincarnazione, del karma che mette perennemente a confronto il bene e il male, ripetendolo all'infinito nel tempo e nello spazio, per molti, è logico, potrebbe essere veramente troppo da digerire, anche perchè spesso si cade nel melodramma, si sfiora il ridicolo e ci sono molte citazioni di altri film (Sentieri selvaggi - Occhi bianchi sul pianeta terra)
Questo per sottolineare che è chiaro che "Could Atlas" non è certo un capolavoro ma come ci sono momenti non riusciti, ce ne sono anche molti altri da apprezzare.
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Film con grandi ambizioni, per via della lunghezza, dei mezzi, del cast e sopratutto una storia complicata, molto complicata, che dovrebbe portare a un messaggio di fondo universale.
Ci riesce? In parte. E' un tentatico che comunque merita rispetto, anche se la somma è inferiore alle singole parti che lo compongono.
Vale la pena vederlo? Per quanto mi riguarda si, ma devo sottolineare che, probabilmente, c'è la sua base ideologica da accettare, o almeno da non detestare.
Il tema della reincarnazione, del karma che mette perennemente a confronto il bene e il male, ripetendolo all'infinito nel tempo e nello spazio, per molti, è logico, potrebbe essere veramente troppo da digerire, anche perchè spesso si cade nel melodramma, si sfiora il ridicolo e ci sono molte citazioni di altri film (Sentieri selvaggi - Occhi bianchi sul pianeta terra)
Questo per sottolineare che è chiaro che "Could Atlas" non è certo un capolavoro ma come ci sono momenti non riusciti, ce ne sono anche molti altri da apprezzare. Confesso che io sono agnostico e certe tematiche non mi coinvolgono più di tante altre, ma le quasi tre ore di visione del film mi sono passate quasi tutte piacevolmente e i finali buonistici di ogni episodio mi hanno alleviato dalla negatività che avevo a metà film. E’ debolezza e ipocrisia, lo ammetto, ma ormai il tema di fondo si era già capito e finire nel drammatico non lo avrebbe cambiato. Per finire vorrei dichiarare che Halle Berry è sempre brava e molto carina, come anche Bae Doona, l’altra protagonista. Vorrei dire molto di più ma i limiti delle 3500 battute non me lo permettono. Ciao.
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mirko77
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lunedì 14 gennaio 2013
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gocce nel mare
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Cloud Atlas: bello ma impegnativo perché i Wachoski lo hanno infarcito di significati filosofici e gli hanno tessuto una trama mirabolante. Innanzitutto il tema dell'eterno ritorno di Nietzche: l'abolizione del tempo lineare e la valorizzazione del tempo circolare. La complessità del cosmo è talmente inaudita che tutte le combinazioni possibili devono essere già esistite una infinità di volte: il passato è anche il futuro e il futuro è il passato.
Poi il tema del libero arbitrio che prende lo spunto da Kierkegaard: nulla è determinato aprioristicamente ma il divenire è sempre libertà, contingenza, salto nel vuoto che esclude tutto il resto.
E ancora l'idealismo new-age che prende spunto da Hegel: sono le nostre percezioni, è la nostra mente che determina i nostri comportamenti, tutto è determinato all'interno della razionalità assoluta e ilo libero arbitrio sarebbe soltanto un'illusione.
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Cloud Atlas: bello ma impegnativo perché i Wachoski lo hanno infarcito di significati filosofici e gli hanno tessuto una trama mirabolante. Innanzitutto il tema dell'eterno ritorno di Nietzche: l'abolizione del tempo lineare e la valorizzazione del tempo circolare. La complessità del cosmo è talmente inaudita che tutte le combinazioni possibili devono essere già esistite una infinità di volte: il passato è anche il futuro e il futuro è il passato.
Poi il tema del libero arbitrio che prende lo spunto da Kierkegaard: nulla è determinato aprioristicamente ma il divenire è sempre libertà, contingenza, salto nel vuoto che esclude tutto il resto.
E ancora l'idealismo new-age che prende spunto da Hegel: sono le nostre percezioni, è la nostra mente che determina i nostri comportamenti, tutto è determinato all'interno della razionalità assoluta e ilo libero arbitrio sarebbe soltanto un'illusione. Questo punto di vista. abbiamo visto, cozza con il pensiero dei critici di Hegel, e soprattutto con il tema marxista dell'ideologia che è anch'esso presente nel film: ogni nostro pensiero 'è dipinto' in una cornice di significati imposti dal più forte. L'idealismo è infine contraddetto dal nucleo centrale del film: il cambiamento è davvero possibile ed è alimentato da forze esterne, Fichte parlerebbe di infinito scontro di io e 'non io'. Ma è proprio nella contraddizione che si insedia la verità.
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mariagiorgia
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venerdì 18 gennaio 2013
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film fanta-filosofico a sei mani
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"La nostra vita non ci appartiene. Da grembo a tomba, siamo legati agli altri. Passati e presenti. E da ogni crimine e da ogni gentilezza, generiamo il nostro futuro".
Questa frase si ripete in tutte e sei le storie di Cloud atlas, adattamento cinematografico del romanzo di David Mitchell. È un film fanta-filosofico a sei mani, della durata di ben 172 minuti.
Da un lato, il film è stato presentato come uno dei prodotti holliwoodiani più importanti del nuovo millennio, dall’altro, il New York Times lo ha messo in cima alla classifica dei film peggiori del 2012. La verità sta sempre nel mezzo.
L’atlante delle nuvole è un film molto ambizioso, complesso per certi versi in quanto i personaggi di ciascuna storia ruotano anche nelle altre, con costumi e ruoli diversi, a volte irriconoscibili.
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"La nostra vita non ci appartiene. Da grembo a tomba, siamo legati agli altri. Passati e presenti. E da ogni crimine e da ogni gentilezza, generiamo il nostro futuro".
Questa frase si ripete in tutte e sei le storie di Cloud atlas, adattamento cinematografico del romanzo di David Mitchell. È un film fanta-filosofico a sei mani, della durata di ben 172 minuti.
Da un lato, il film è stato presentato come uno dei prodotti holliwoodiani più importanti del nuovo millennio, dall’altro, il New York Times lo ha messo in cima alla classifica dei film peggiori del 2012. La verità sta sempre nel mezzo.
L’atlante delle nuvole è un film molto ambizioso, complesso per certi versi in quanto i personaggi di ciascuna storia ruotano anche nelle altre, con costumi e ruoli diversi, a volte irriconoscibili. Ma, tutti sono connessi da un filo conduttore. «Passato, presente, futuro. Ogni cosa è connessa». È questo il messaggio che i registi Tom Tykwer e i fratelli e creatori di Matrix, Andy e Lana Wachowski hanno voluto dare al pubblico attraverso sei storie che corrono parallelamente, ma al contempo, si intrecciano e attingono ad elementi new age, ambientate in epoche storiche (alcune inventate) diverse e in cui si affrontano vari temi quali la discriminazione razziale, la bramosia del denaro e del potere, il controllo dittatoriale della società, ma soprattutto la reincarnazione (la voglia a forma di stella cometa uguale a tutti i protagonisti). Tuttavia, in ogni racconto, anche se tutto si trasforma, rimane la volontà di ricercare qualcosa. Si è alla ricerca della verità e per coglierla, bisogna essere aperti al quel tipo di amore che è privo di pregiudizi (Platone docet).
Cloud atlas è un’opera mosaica che unisce fantascienza, filosofia, azione, sentimenti e piccoli motti di spirito, è sorretta da un montaggio slegato, discontinuo ed impregnato di continui déjà vu che inducono il pubblico ad una elasticità mentale non indifferente ed è supportata da una colonna sonora sublime e sinfonica che inonda lo spirito e il corpo.
Anche se il film presentasse delle sbavature, si possono perdonare i registi perché hanno azzardato (e questo, nel cinema, si può consentire) con Cloud atlas in quanto è un film di ampio respiro, bello visivamente e sublime sonoramente, immerso nei contenuti e immenso per la bravura infinita di un cast spettacolare: Tom Hanks, Halle Berry, Hugh Grant, Jim Broadbent, Hugo Weaving, Jim Sturgess, Bae Doo-na, Susan Sarandon, Ben Whishaw, James D’Arcy, Keith David.
Cloud atlas è un’opera filmica che vola attraverso il tempo e lo spazio, suggestionando e allo stesso tempo, terrorizzando lo spettatore che (si spera) prenda coscienza di sé in quanto ha possibilità di migliorare il futuro per vivere in un mondo migliore, anche se si dovesse ricorrere ad una rivoluzione.
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