ombri
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lunedì 28 gennaio 2013
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visivamente affascinante concettualmente infantile
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In questo film a mio avviso la sperequazione tra cura delle immagini e banalità dei contenuti è davvero marchiana. Non c'è dubbio che alcune scene rimangano impresse, così come è affascinante l'idea di portare avanti in parallelo, a tratti scena per scena, un numero così elevato di vicende collegate l'una all'altra (sebbene talora in modo a dir poco labile) ed ambientate in epoche storiche assai lontane le une dalle altre; alla fine però, nonostante il messaggio "profondo" (per me in realtà banalissimo ed infantile: l'amore vince su tutto, ogni nostra azione buona o malvagia ha o avrà delle conseguenze, la nostra vita è collegata a molte altre, etc etc), il film non riesce a lasciare allo spettatore alcuna emozione, traducendosi quindi in un "gioco di stile" sostanzialmente sterile.
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In questo film a mio avviso la sperequazione tra cura delle immagini e banalità dei contenuti è davvero marchiana. Non c'è dubbio che alcune scene rimangano impresse, così come è affascinante l'idea di portare avanti in parallelo, a tratti scena per scena, un numero così elevato di vicende collegate l'una all'altra (sebbene talora in modo a dir poco labile) ed ambientate in epoche storiche assai lontane le une dalle altre; alla fine però, nonostante il messaggio "profondo" (per me in realtà banalissimo ed infantile: l'amore vince su tutto, ogni nostra azione buona o malvagia ha o avrà delle conseguenze, la nostra vita è collegata a molte altre, etc etc), il film non riesce a lasciare allo spettatore alcuna emozione, traducendosi quindi in un "gioco di stile" sostanzialmente sterile. Ciò che rimane è la consapevolezza che non c'era bisogno di tutto quel po' po' di effetti speciali e magheggi registici per tradurre in immagini un concetto nato dalla patetica fusione tra filosofia new age e buonismo di grana grossa; io personalmente, poi, non ho apprezzato il makeup estremo ma talora francamente grottesco con cui vengono storpiate le fattezze degli attori per riproporli in ogni episodio sotto diverse spoglie e addirittura diverso sesso (vogliamo parlare dell'infermiera-kapò della casa di riposo?? semplicemente ridicola...). L'unica delle vicende rappresentate ad avermi piacevolmente impressionata in quanto caratterizzata da uno stile consapevolmente ironico-grottesco è stata quella dell'editore rinchiuso suo malgrado in casa di riposo, con tanto di fuga rocambolesca in compagnia di altri arzilli ospiti (di grande effetto all'inizio della vicenda il lancio dal grattacielo dello spocchioso critico letterario ad opera di un Tom Hanks negli inediti quanto riusciti panni di uno scrittore pulp la cui violenza è pari solo alla sua ignoranza!).. . peccato però per la conclusione, anche qui all'insegna dell'invincibilità dell'amore,totalmente irrealistica e apprezzabile solo da chi vuole l'happy end ad ogni costo.
Insomma, a mio parere questo film si può definire in poche parole come una grande occasione sprecata.
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(di missile77)
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its_never_over
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martedì 15 gennaio 2013
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dispersivo
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Il messaggio , il significato del film è bello e profondo,ma lo si era capito già dal trailer.Il film non aggiunge e toglie nulla,anzi lo ritengo troppo dispersivo.Resta troppo ai margini di ogni singola storia,non approfondisce,risulta vago.Non avvicina lo spettatore alle storie,ai personaggi.Non lo coinvolge,non lo appassione.Rimane solo una sequenza interminabile (il film è lunghissimo) di immagini,belle e ben strutturate.Un po' vuote.
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(di thetruthisunderyourskin)
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linus2k
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domenica 20 gennaio 2013
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inutile e spesso irritante esercizio di stile
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Ammetto di non essere un amante del genere fantascientifico, se non in rarissimi casi. Mi sono avvicinato a Cloud Atlas incuriosito dalla trama che veniva annunciato complessa ed articolata e dalla mega produzione tedesca (si parla del più costoso film indipendente della storia); i registi, gli stessi di Matrix, sarebbero dovuti essere una garanzia.
Ok, ammetto di non aver mai amato nemmeno Matrix ma certo non gli posso negare originalità e pionierismo di alcuni aspetti di quel genere cinematografico.
Questa originalità manca in maniera TOTALE da tutto "Cloud Atlas": una lunga, lunghissima accozzaglia di luoghi comuni, di scene viste e riviste, per un'estenuante maratona di 3 ore che dopo i primi 120 minuti (ad essere gentili) diventano davvero indigeste!
Quello che c'è da riconoscere ai registi è di conoscere la cinematografia passata ed i genere cinematografici e, nell'ingarbugliato incrocio dei 6 episodi, ce li mettono tutti, e tutti ben distinti.
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Ammetto di non essere un amante del genere fantascientifico, se non in rarissimi casi. Mi sono avvicinato a Cloud Atlas incuriosito dalla trama che veniva annunciato complessa ed articolata e dalla mega produzione tedesca (si parla del più costoso film indipendente della storia); i registi, gli stessi di Matrix, sarebbero dovuti essere una garanzia.
Ok, ammetto di non aver mai amato nemmeno Matrix ma certo non gli posso negare originalità e pionierismo di alcuni aspetti di quel genere cinematografico.
Questa originalità manca in maniera TOTALE da tutto "Cloud Atlas": una lunga, lunghissima accozzaglia di luoghi comuni, di scene viste e riviste, per un'estenuante maratona di 3 ore che dopo i primi 120 minuti (ad essere gentili) diventano davvero indigeste!
Quello che c'è da riconoscere ai registi è di conoscere la cinematografia passata ed i genere cinematografici e, nell'ingarbugliato incrocio dei 6 episodi, ce li mettono tutti, e tutti ben distinti.
Si riconosce il film in costume, d'azione, la commedia, il dramma, il fantascientifico ed addirittura il post-apocalittico, tutti ben delineati, con i vari luoghi comuni segnalati ed evidenziati;dalla tratta dei neri, alla commedia sulla terza età, al banalissimo, scontatissimo, praticamente irritante thriller spionistico, all'amore tragico omosessuale (ma mai una volta che 2 omosessuali finiscano bene, eh?), fino alla imbarazzante autocitazione da Matrix e i luoghi comuni post apocalittici (con un doppiaggio al limite del ridicolo), il film presto prende una piega fastidiosa che fa dubitare pesantemente della buonafede dei registi.
Se questo non bastasse, va a pesare l'arroganza di voler inserire messaggi dotti e filosofici, con riferimenti cinematografici, storici, religiosi in un contesto che non può e non sa fruirne.
Così assistiamo esterreffatti, infastiditi e forse persino arrabbiati, all'abuso della tematica dell'olocausto rivista in chiave fantascientifico/splatter (a proposito... troppo sangue ridicolizza, non aumenta il pathos), a citazioni religiose fino a rivedere nel personaggio di Sonmi~451 (che riporta nel numero l'ulteriore riferimento a " Fahrenheit 451", romanzo di fantascienza celebrato al cinema da F. Truffaut) una sorta di Messia, di Cristo portato al martirio, o a rivisitazioni varie di figure cinematografiche usate e riusate.
C'è da dire che i fratelli Wachowski provano, nei pensieri riportati dei vari personaggi, anche a trasmettere quella sorta di cinema filosofico introspettivo tipico di Terrence Malick, ma senza minimamente riuscirci e ribadendo di continuo lo stesso, sterile messaggio che con molto meno (soldi, loro, e pazienza, noi) sarebbe arrivato.
Sugli attori c'è da dire che la sensazione sia quella del solito uso di nomi famosi per fare da richiamo, ma nulla e ripeto nulla posso dire che sia memorabile nelle loro interpretazioni.
In merito a questo messaggio, all'esistenza umana come risultato delle nostre scelte e della storia prima e dopo di noi, vi rimanderei a recuperare "Almanya - La mia famiglia va in Germania", piccolo film tedesco passato in sordina nelle nostre sale l'anno passato: con un piccolo film e piccoli attori, trasmette meglio e più intensamente lo stesso significato.
Il mio consiglio? Evitatelo! Meglio 2 piccoli ma intensi film di un'ora e mezzo che 6 scadenti per tre lunghissime ore!
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ddaba7803
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domenica 13 gennaio 2013
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leggere i nostri tempi e i nostri mondi
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La critica ufficiale non è sempre in grado di apprezzare ciò che esce dai suoi standard e si erge a giudice delle opere più innovative, spesso poi destinate a diventare opere di riferimento, se non capolavori. Successe così per la 9° di Beethoven, criticata a suo tempo per ragione che potremmo definire analoghe alle critiche rivolte a Cloud Atlas, come per tante altre opere, e per certi versi è accaduto a Matrix, di cui la critica colse a fatica la carica rivoluzionaria. Sembrano esserne consapevoli i registi di Cloud Atlas, citando nel film il caso di Moby Dick, stroncato dalle critiche del tempo e divenuto un “must” della formazione letteraria americana.
Analogamente, una certa cultura alta (almeno quella che si rivendica tale), snobba le opere della cultura pop, come se fossero di rango inferiore, pena poi pagare il prezzo che la cultura alta parla a un “elite” autoreferenziale che non incide più nella vita reale del mondo e delle persone, mentre la cultura cosiddetta pop intercetta le istanze più significative dell’esistenza di (quasi) tutti.
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La critica ufficiale non è sempre in grado di apprezzare ciò che esce dai suoi standard e si erge a giudice delle opere più innovative, spesso poi destinate a diventare opere di riferimento, se non capolavori. Successe così per la 9° di Beethoven, criticata a suo tempo per ragione che potremmo definire analoghe alle critiche rivolte a Cloud Atlas, come per tante altre opere, e per certi versi è accaduto a Matrix, di cui la critica colse a fatica la carica rivoluzionaria. Sembrano esserne consapevoli i registi di Cloud Atlas, citando nel film il caso di Moby Dick, stroncato dalle critiche del tempo e divenuto un “must” della formazione letteraria americana.
Analogamente, una certa cultura alta (almeno quella che si rivendica tale), snobba le opere della cultura pop, come se fossero di rango inferiore, pena poi pagare il prezzo che la cultura alta parla a un “elite” autoreferenziale che non incide più nella vita reale del mondo e delle persone, mentre la cultura cosiddetta pop intercetta le istanze più significative dell’esistenza di (quasi) tutti.
Qui sta la grandezza di film come Cloud Atlas. Che non si interessa delle regole di genere, dei blockbuster e degli standard ufficiali, e entra in contatto (probabilmente grazie a una capacità intuitiva e innata da parte dei registi), con ciò che ci aiuta a leggere, a capire e a vedere i nostri tempi e i nostri mondi. Ricordiamo che Cloud Atlas è prodotto senza il contributo delle grandi case di produzione (certo i registi, dopo Matrix, se lo possono permettere), e quindi risulta un film indipendente!
Come si fa a non considerare che un film con questo montaggio e questa sceneggiatura, e con una tale esperienza visiva che passa dai mondi della schiavitù dell’800 ai mondi iper-futuristici della fantascienza Wachowski, è una cosa nuova e unica nel cinema? Fraintendere che non si tratta di sei storie giustapposte e montate in parallelo, ma di un'unica storia e di un unico racconto narrativo costruito con le sei storie intrecciate, proprio nella loro clamorosa e sfrontata diversità di genere e di tono, significa non arrivare nemmeno vicino al film, non avere compreso niente di quest’opera. Come si fa a non cogliere il valore di un’opera che si può e deve leggere su moltissimi livelli di profondità e di significato differenti? Molte critiche sostengono che affronta alcuni temi contemporanei, rischiando di sfociare nel puerile e nel banale: significa essersi fermati al primo livello, e non avere compreso che la pienezza di significato giunge dalla possibilità di attraversare tutta la complessità dei livelli insieme.
Jovanotti, nel suo ultimo libro Viva tutto, scrive che «funziona tutto ciò che connette più cose a livello più alto». Questo è il caso di Cloud Atlas. “Connettere” è la parola maestra di questo tempo che sorge dal passaggio repentino del post-moderno a un’epoca che deve ancora essere riconosciuta, ed è ciò che i Wachowski e Tykwer sanno fare meglio.
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owlofminerva
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lunedì 28 gennaio 2013
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qualcuno ci sta già credendo
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Sei vite, sei reincarnazioni, sei epoche, sei dimensioni parallele eppure tutte si svolgono in un’unica dimensione senza tempo, tutti i personaggi accomunati da una piccola voglia a forma di stella cometa.
Nella prima metà dell’ottocento un avvocato si erge a difesa della schiavitù, negli anni 30 a un giovane bisessuale un noto compositore estorce una composizione, l’atlante delle nuvole e ne ripudia l’amore omosessuale, una giornalista negli anni 70 cerca di svelare un complotto per la produzione di un reattore nucleare, nel 2000 un anziano editore viene rinchiuso in un ospizio dal quale tenterà di fuggire, nel 2144 in una dispotica società futuristica un’ umanoide, Sonmi dalle fattezze coreane, nata in una utero-vasca, “servente” in una delle “mangerie” di Papa Song, scopre di essere usata insieme agli altri cloni per soddisfare le passeggere voglie dei maschi per poi essere macellata come vacca appesa a quarti e trasformata in cibo per altri cloni e così si unisce ai ribelli, nel 2321 in una terra post-apocalittica, devoluta all’età della pietra e consumata dalle radiazioni e dall’inquinamento gli uomini sono cavernicoli che si affidano all’oracolo di una donna stregone e fuggono da una tribù di cannibali.
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Sei vite, sei reincarnazioni, sei epoche, sei dimensioni parallele eppure tutte si svolgono in un’unica dimensione senza tempo, tutti i personaggi accomunati da una piccola voglia a forma di stella cometa.
Nella prima metà dell’ottocento un avvocato si erge a difesa della schiavitù, negli anni 30 a un giovane bisessuale un noto compositore estorce una composizione, l’atlante delle nuvole e ne ripudia l’amore omosessuale, una giornalista negli anni 70 cerca di svelare un complotto per la produzione di un reattore nucleare, nel 2000 un anziano editore viene rinchiuso in un ospizio dal quale tenterà di fuggire, nel 2144 in una dispotica società futuristica un’ umanoide, Sonmi dalle fattezze coreane, nata in una utero-vasca, “servente” in una delle “mangerie” di Papa Song, scopre di essere usata insieme agli altri cloni per soddisfare le passeggere voglie dei maschi per poi essere macellata come vacca appesa a quarti e trasformata in cibo per altri cloni e così si unisce ai ribelli, nel 2321 in una terra post-apocalittica, devoluta all’età della pietra e consumata dalle radiazioni e dall’inquinamento gli uomini sono cavernicoli che si affidano all’oracolo di una donna stregone e fuggono da una tribù di cannibali.
Storie collegate da un filo immaginario reso più evidente dalla ciclica interpretazione degli attori che appesantiti, alcuni irriconoscibili, dal trucco vestono i panni di più personaggi. Cloud Atlas adatta il romanzo omonimo di David Mitchell ma la resa è più confusa, le storie sono giustapposte e poco chiare. La componente visiva è interessante, soprattutto nell’illustrazione della città futurista che attinge, nella descrizione del clone e nell’azione del suo salvatore a Matrix. Un plauso va fatto all’eccelso cast anche se talvolta i trucchi troppo pesanti e gommosi rendono i personaggi poco calati nel contesto.
Il risultato non è omogeneo e forse non vuole esserlo, persino i generi cambiano, dalla fantascienza del pianeta terra e della città futuristica alla commedia grottesca delle peripezie degli arzilli vecchietti eppure epico nella resa finale. Il collante è dato dalla lotta per la libertà e la verità, così è con la lotta per l’abolizione della schiavitù, così per il compositore che chiede il rispetto del suo genio creativo, così per la giornalista che riscatta la memoria del padre, così per gli anziani che fuggono dai maltrattamenti e dalla privazione della loro libertà da parte di chi vuole liberarsene e così è per l’uomo della caverna che vuole liberarsi dai pregiudizi, dalle paure e dai cannibali. E Somni diventa la portavoce di un monito che attraversa tutta la pellicola, passato, presente e futuro:
“La nostra vita non è nostra, da grembo a tomba, siamo legati ad altri, passati e presenti, e da ogni crimine e ogni gentilezza generiamo il nostro futuro. La conoscenza è uno specchio Essere vuol dire essere percepiti, pertanto conoscere se stessi è possibile solo attraverso gli occhi degli altri. La natura della nostra vita immortale è nelle conseguenze delle nostre parole e azioni, che continuano a suddividersi nell’arco di tutto il tempo”
Paga con la vita e guadagna l’immortalità ma perché dovrebbero crederle? Perché qualcuno lo sta già facendo.
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joker 91
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sabato 12 gennaio 2013
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cloud atlas ed il significato dell'umanità
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I fratelli WACHOWSKY confezionano un prodotto difficile da giudicare,il film si avvale di un grandissimo cast su cui spiccano i premi oscar Barry e Hanks ed i bravissimi broadbent,weaving,sturgess,grant e na. Il film cerca di affrontare che cosa sia veramente l'umanità attraverso le diverse epoche rappresentando degli esseri cosi diversi eppure cosi simili nei loro sentimenti. Il film rappresenta cosa realmente siamo ed probabilmente cosa saremo,non è difficile osservare attraverso i diversi episodi l'amore,la violenza,l'intelligenza,l'ignoranza ed lo sfruttamento che facciamo pagare ai nostri simili spesso a caro prezzo,il tutto chiaramente deve essere compreso in diverse chiavi storiche per il quale il pensiero umano ed quanto appena detto si esplica in modo diverso,il film mantiene comunque bene in ogni diversa storia il significato su ciò che siamo e che ci unisce.
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I fratelli WACHOWSKY confezionano un prodotto difficile da giudicare,il film si avvale di un grandissimo cast su cui spiccano i premi oscar Barry e Hanks ed i bravissimi broadbent,weaving,sturgess,grant e na. Il film cerca di affrontare che cosa sia veramente l'umanità attraverso le diverse epoche rappresentando degli esseri cosi diversi eppure cosi simili nei loro sentimenti. Il film rappresenta cosa realmente siamo ed probabilmente cosa saremo,non è difficile osservare attraverso i diversi episodi l'amore,la violenza,l'intelligenza,l'ignoranza ed lo sfruttamento che facciamo pagare ai nostri simili spesso a caro prezzo,il tutto chiaramente deve essere compreso in diverse chiavi storiche per il quale il pensiero umano ed quanto appena detto si esplica in modo diverso,il film mantiene comunque bene in ogni diversa storia il significato su ciò che siamo e che ci unisce. Tuttavia sembra essere troppo confusionario negli avvenimenti ed talvolta poco chiaro con troppe parti morte,l'azione serve solo da contorno ed questo potrebbe infastidire lo spettatore medio come i salti da una sequenza all'altra totalmente diversa dalla prima. Un buon film con un risultato più che discreto in grado di relegare molti spunti di riflessione ma è chiaro che i capolavori sono ben altri
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daf_ma
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domenica 20 gennaio 2013
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un film che rapisce
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Cloud Atlas, un film che appassiona e rapisce per tutta la sua durata. Sei storie che si sviluppano in diversi archi temporali, ma legati dal concetto di reincarnazione tale per cui le azioni future rispondono a quelle passate. “La nostra vita non ci appartiene. Da grembo a tomba siamo legati agli altri” questa è una delle frasi emblematiche del film che dà senso e spiegazione ai sei racconti che si intrecciano nel corso della narrazione. Il bene e il male, la speranza, la rivoluzione e la giustizia sono gli elementi chiave sui quali si incentrano le sei storie, presentate in modo non cronologico, facendo uso di continui flashback. Così assistiamo al viaggio nel Pacifico di Adam Edwing che presta il suo aiuto ad uno schiavo clandestino il quale a sua volta lo sottrarrà alle angherie del Dr.
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Cloud Atlas, un film che appassiona e rapisce per tutta la sua durata. Sei storie che si sviluppano in diversi archi temporali, ma legati dal concetto di reincarnazione tale per cui le azioni future rispondono a quelle passate. “La nostra vita non ci appartiene. Da grembo a tomba siamo legati agli altri” questa è una delle frasi emblematiche del film che dà senso e spiegazione ai sei racconti che si intrecciano nel corso della narrazione. Il bene e il male, la speranza, la rivoluzione e la giustizia sono gli elementi chiave sui quali si incentrano le sei storie, presentate in modo non cronologico, facendo uso di continui flashback. Così assistiamo al viaggio nel Pacifico di Adam Edwing che presta il suo aiuto ad uno schiavo clandestino il quale a sua volta lo sottrarrà alle angherie del Dr. Goose. La storia, che tocca i temi della discriminazione e della schiavitù, si sviluppa nel 1849. Nel 1936, invece, Robert Frobisher si dirige ad Edinburgo per tentare la fortuna come copista del compositore Vyvyan Ayris. Il musicista riuscirà a istaurare una perfetta sintonia con il compositore, ma la brama di potere di quest’ultimo innescherà una serie di azioni che porteranno a gravi conseguenze. Raccontata attraverso le lettere, inviate dal giovane musicista al suo amante, la storia si conclude tragicamente con un suicidio. Altre quattro storie si sviluppano in altre quattro epoche, di cui due proiettate nel futuro, nel 2144 e nel 2321. La prima, ambientata nella Corea del Sud, racconta lo sfruttamento di “artifici” in un sistema totalitario che si occupa della loro costruzione per poi servirsene fino a quando non saranno più necessari. Sonmi 451 è uno degli artifici che, nel 2321, ispirerà il popolo di Zachry, ridotto allo stato primitivo. La speranza regna sovrana, la rivoluzione di cui Sonmi 451 è ispiratrice nel 2144, permette a Zachry di aiutare una prescente nel 2321 e di andare oltre le sue convinzioni più radicate. Egli scoprirà che Sonmi non è una divinità ma una semplice donna. I fantasmi che lo ossessionano lo abbandoneranno, lasciandogli la serenità dei giorni che verranno, lontano dalla terra accanto alla prescente. Queste ed altre storie si intrecceranno sulla scorta dei personaggi che, di volta in volta, saranno presentati al pubblico con nuove vesti, a volte coerenti a volte incoerenti con quelle precedenti, ma che spiegano, nella loro totalità, l’idea di fondo che vede nel passato le cause e i motivi delle azioni presenti e future. Un film che rapisce, lasciando perplessi per almeno una mezz’ora dall’inizio del film, ma che tiene alta la tensione per tutta la sua durata. Cast stellare, irriconoscibile in alcuni momenti grazie ad un trucco perfetto. Il film si perde, qualche volta, su battute un po’ forzate che hanno la pretesa di dare al film uno stile più leggero, vicino alla commedia. Per il resto, un gran bel film.
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tom61
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giovedì 24 gennaio 2013
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la redifinizione della fantascienza
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1982: Blade Runner/1999:Matrix (fratelli Wachowski)/2009:Avatar/2010:Inception.... un susseguirsi di colossal/capolavori cinematografici dove il film di genere esce dagli schemi per evocare - attraverso la visionarietà della fantascienza - contenuti e scenari del nostro subconscio (a volte nemmeno tanto sub) quotidiano, per trasmettere messaggi in chiave a chi vuole (e può) leggere tra le righe.
Se l'apocalittico Blade Runner è già diventato parte della nostra quotidianità e Avatar lancia un segnale new-age volto alla comprensione e al rispetto del diverso da noi, attraverso linguaggi cinematografici diversi ma con una matrice comune sul piano contenutistico, oggi i fratelli Wachowski ritornano, dopo Matrix, a sconvolgere le regole del piano scenico-narrativo con questo film che - a tutto diritto - non puo' altro che essere considerato un capolavoro.
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1982: Blade Runner/1999:Matrix (fratelli Wachowski)/2009:Avatar/2010:Inception.... un susseguirsi di colossal/capolavori cinematografici dove il film di genere esce dagli schemi per evocare - attraverso la visionarietà della fantascienza - contenuti e scenari del nostro subconscio (a volte nemmeno tanto sub) quotidiano, per trasmettere messaggi in chiave a chi vuole (e può) leggere tra le righe.
Se l'apocalittico Blade Runner è già diventato parte della nostra quotidianità e Avatar lancia un segnale new-age volto alla comprensione e al rispetto del diverso da noi, attraverso linguaggi cinematografici diversi ma con una matrice comune sul piano contenutistico, oggi i fratelli Wachowski ritornano, dopo Matrix, a sconvolgere le regole del piano scenico-narrativo con questo film che - a tutto diritto - non puo' altro che essere considerato un capolavoro.
Entrato in sala con la giusta dose di scetticismo (registi osannati, cast stellare, film indipendente dal budget milionario... tutti elementi che facevano pensare alla classica furbata di cassetta B-movie) ne sono uscito completamente travolto ed estasiato, non tanto per la qualità delle immagini (unica pecca, a mio avviso, la parte di New Seul, che ricorda in qualche modo gli scenari di Matrix) o per i contenuti (la denuncia di tutte le forme di oppressione, dal razzismo all'omofobia, l'indissolubilità archetipa del legame che unisce ognuno di noi ai nostri simili, la morte intesa non come fine ma come varco), ma per la qualità dell'intreccio narrativo e del montaggio che stravolge ogni schema fino ad oggi conosciuto, costringendo lo spettatore a una ginnastica mentale di quasi tre ore attraverso un dipanarsi di vicende storiche e fantastoriche, apparentemente scollegate (il senso di disorientamento all'inizio è violento, peggio del mal di mare) che saltano in un discontinuum temporale collegato esclusivamente da una voglia a forma di stella cometa che accomuna tutti i personaggi.
Concordo con chi ha scritto che è un film di non facile comprensione e che per molti (compresi coloro che in sala a metà film gettavano la spugna godendosi sogni saporiti) risulterà tedioso e soporifero, ma sono pronto a scommettere qualsiasi cosa che fra vent'anni questo titolo rientrerà nel gotha dei film assolutamente indimenticabili.
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john d
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sabato 26 gennaio 2013
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pompato al limite dell'accettabile
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Un esperimento, un esperimento riuscito male. Sarebbe potuto risultare tuttavia accettabile se non fosse stato presentato all'ignaro ed incuriosito pubblico come uno dei più grandi capolavori della storia del cinema, anzi, come il più grande in assoluto (parole di Tom Hanks). Cloud Atlas è un susseguirsi di scene che non fornisce allo spettatore una 'continuità', ma che anzi lo confonde portandolo naturalmente alla noia ed al disinteressamento. è davvero difficile affezionarsi anche ad uno solo dei personaggi di questo lungometraggio, ed è invece impossibile tener memoria di tutte le vicissitudini narrate nella trama nei minimi particolari. un intreccio di storie che in fondo non porta a nulla, se non alle conclusioni che avevamo già afferrato dal trailer: le nostre azioni sono influenzate dal passato, influenzano il presente ed influenzeranno il futuro.
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Un esperimento, un esperimento riuscito male. Sarebbe potuto risultare tuttavia accettabile se non fosse stato presentato all'ignaro ed incuriosito pubblico come uno dei più grandi capolavori della storia del cinema, anzi, come il più grande in assoluto (parole di Tom Hanks). Cloud Atlas è un susseguirsi di scene che non fornisce allo spettatore una 'continuità', ma che anzi lo confonde portandolo naturalmente alla noia ed al disinteressamento. è davvero difficile affezionarsi anche ad uno solo dei personaggi di questo lungometraggio, ed è invece impossibile tener memoria di tutte le vicissitudini narrate nella trama nei minimi particolari. un intreccio di storie che in fondo non porta a nulla, se non alle conclusioni che avevamo già afferrato dal trailer: le nostre azioni sono influenzate dal passato, influenzano il presente ed influenzeranno il futuro. nulla di più, nulla dimeno, nulla che sorprenda insomma. Usciti dal cinema il cervello inizia ad arrovellarsi alla ricerca di quel particolare nascosto che potrebbe svelare una nuova chiave di lettura del film, chiave di lettura alternativa che, in realtà, non esiste. in conclusione si direbbe un film deludente non tanto di per se ma soprattutto per come è stato presentato.
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doc steve
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martedì 22 gennaio 2013
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altante delle nuvole, un film corale
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Ammetto di essere andato a vederlo senza sapere minimamente di cosa trattasse, avevo sentito che era stato poco amato dalla critica e che c’erano varie storie. Inizia il film ed entri in una spirale, 6 storie di 6 generi diversi interconnesse da miriadi di particolari, tutte coinvolgenti, tutte delle caratteristiche uniche.
Non e’ facile spiegare di cosa parla, perche’ succedono davvero una marea di cose, di particolari…
3 ore di film che volano. Ad ognuno puo’ piacere o non piacere questo film, non e’ da tutti riuscire a stare dietro alla regia, ai personaggi, uno spettatore che vuole solo intrattenimento sara’ infastidito da tanta confusione ma bisogna essere ciechi o davvero superficiali per non capire che ci vuole un lavoro e una genialita’ enormi per poter intrecciare cosi una trama e per riuscire a mantenere un livello di interesse costante, segui decine di personaggi e ti appassioni a ognuno di loro, per un film di questo tipo non si puo’ chiedere di piu’.
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Ammetto di essere andato a vederlo senza sapere minimamente di cosa trattasse, avevo sentito che era stato poco amato dalla critica e che c’erano varie storie. Inizia il film ed entri in una spirale, 6 storie di 6 generi diversi interconnesse da miriadi di particolari, tutte coinvolgenti, tutte delle caratteristiche uniche.
Non e’ facile spiegare di cosa parla, perche’ succedono davvero una marea di cose, di particolari…
3 ore di film che volano. Ad ognuno puo’ piacere o non piacere questo film, non e’ da tutti riuscire a stare dietro alla regia, ai personaggi, uno spettatore che vuole solo intrattenimento sara’ infastidito da tanta confusione ma bisogna essere ciechi o davvero superficiali per non capire che ci vuole un lavoro e una genialita’ enormi per poter intrecciare cosi una trama e per riuscire a mantenere un livello di interesse costante, segui decine di personaggi e ti appassioni a ognuno di loro, per un film di questo tipo non si puo’ chiedere di piu’.
E invece da anche di piu’, la profondita’ delle storie e’ notevole, Lettere da Zedelghem e’ spesso ricordata per il tema dell’omofobia ma non parla solo di questo, e’ anche un racconto che parla di arte, del concetto di artista e di opera.
Un aspetto molto interessante e’ l’utilizzo dei medesimi attori che attraversano vari ruoli riuscendo quasi sempre a essere eccezionali, certi “travestimenti” risultano un po’ forzati ( Doona in versione occidentale)…ma non e’ un pecca vera, in realta’ fa parte di un gioco che e’ tipico del teatro, sai che dietro il Dr. Henry Goose, Isaac Sachs, Dermot Hoggins, Cavendish attore, Zachry Bailey.
Per me e’ stato un tuffo di emozioni, sono uscito dal cinema che avevo bisogno di elaborare quel che avevo visto.
E’ consigliatissimo a tutti ma con una premessa, non e’ un film leggero e neanche banale, il continuo cambio di storia puo' dare fastidio al primo impatto ma se ci si pensa bene e' l'unico modo per gestire 6 storie insieme senza lasciare troppo spazio a una o all'altra.
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