giacomogabrielli
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lunedì 28 maggio 2012
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tu rom uid lov. *
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La compagnia di produzione targata Mediaset stavolta produce e distribuisce quello che ci si poteva aspettare come un bell'omaggio alla città eterna, con i suoi scorci magici e le eterne rovine, intrecciando il tutto con una bella storia romantica dalle tinte brillanti come solo Allen sa(peva) fare. Se a Londra, Barcellona e Parigi -soprattutto-, il maestro americano della commedia se l'era cavata più che bene, beh, sbarcato in Italia ha inciampato... e alla grande. Situazioni ridicole, attori fuori parte e troppe forzature, in quello che è un film insipido e che non lascia niente. Una specie di cinepanettone, ma con meno volgarità; un 'The Turist' senza la Jolie e Depp.
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La compagnia di produzione targata Mediaset stavolta produce e distribuisce quello che ci si poteva aspettare come un bell'omaggio alla città eterna, con i suoi scorci magici e le eterne rovine, intrecciando il tutto con una bella storia romantica dalle tinte brillanti come solo Allen sa(peva) fare. Se a Londra, Barcellona e Parigi -soprattutto-, il maestro americano della commedia se l'era cavata più che bene, beh, sbarcato in Italia ha inciampato... e alla grande. Situazioni ridicole, attori fuori parte e troppe forzature, in quello che è un film insipido e che non lascia niente. Una specie di cinepanettone, ma con meno volgarità; un 'The Turist' senza la Jolie e Depp. Autoparodistico il modo in cui sono stati pubblicizzati all'interno del film alcuni marchi italiani, penosi certi ruoli che degli attorucci italiani si sono voluti ritagliare a tutti i costi e come sempre imbarazzante l'idea che gli autori del film, come spesso accade, hanno degli italiani. Il film resta un 4 su 10 solo per merito di un inedito Roberto Benigni che risolleva il film dall'immenso squallore che lo domina, regalandoci due o tre situazioni 'carine', e di Woody Allen, che torna anche nelle vesti di attore, profanando così la sua 'promessa' fatta appena dopo la morte del suo doppiatore italiano Oreste Lionello, riguardo al fatto di non voler più comparire come attore dopo la morte di quest'ultimo. Per farla breve insomma, grazie anche a dialoghi scritti male, momenti -miseramente falliti- che vogliono riprendere la magia di 'Midnight in Paris', bruttissime musiche suonate con la fisarmonica che sembrano diffuse con degli autoparlanti per le strade di Roma e interpretazioni terribili, tra cui anche quella di uno sprecato Alec Baldwin e di un'inutile Penelope Cruz, è un film assolutamente evitabile. Il finale è tra i più brutti e 'italiani' mai visti. Un film che poteva dare nuova luce al cinema nostrano, ma che lo ha fatto piombare ancor più in basso. TU ROM UID LOV *
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goldiewilson
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martedì 22 maggio 2012
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allen torna in scena a dirigere caso e clichè
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Da fervido ammiratore di Woody Allen, dell'intelligenza e della spiazzante complessità dei personaggi da lui interpretati tanti anni fa (guardo a più riprese Provaci ancora Sam e Io e Annie), devo riconoscere che l'accusa di essere un "cineasta spento" che di recente gli è stata rivolta è in buona parte condivisibile. To Rome with love rappresenta però, in questa decadenza del periodo europeo di Allen, uno scatto di orgoglio: Woody è tornato sulla scena, a me personalmente era mancato. Irresistibile la sequenza a tavola in cui insiste sulle chance di successo canoro del tenore in erba, senza riuscire a contenersi... Il film è azzeccato anche sotto altri aspetti: la struttura su più episodi gli conferisce freschezza, trovo indovinata la scelta degli attori (fino a oggi il creatore di facebook, l'architetto di Inception e la stravagante ragazza di Greenberg sono ancora "di nicchia"), il caso e le buffe fragilità del personaggi completano piacevolmente il quadro.
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Da fervido ammiratore di Woody Allen, dell'intelligenza e della spiazzante complessità dei personaggi da lui interpretati tanti anni fa (guardo a più riprese Provaci ancora Sam e Io e Annie), devo riconoscere che l'accusa di essere un "cineasta spento" che di recente gli è stata rivolta è in buona parte condivisibile. To Rome with love rappresenta però, in questa decadenza del periodo europeo di Allen, uno scatto di orgoglio: Woody è tornato sulla scena, a me personalmente era mancato. Irresistibile la sequenza a tavola in cui insiste sulle chance di successo canoro del tenore in erba, senza riuscire a contenersi... Il film è azzeccato anche sotto altri aspetti: la struttura su più episodi gli conferisce freschezza, trovo indovinata la scelta degli attori (fino a oggi il creatore di facebook, l'architetto di Inception e la stravagante ragazza di Greenberg sono ancora "di nicchia"), il caso e le buffe fragilità del personaggi completano piacevolmente il quadro. Ho trovato però finta la rappresentazione di Roma, come se il set fosse stato montato all'interno di un set più grande. Non esistono caos, clacsonate, schiamazzi, orde di turisti nonostante le giornate soleggiate, ecc. Di realistico, solo il fatto che la giovane mogliettina si perda nella sua vastità, e che a nulla le servano le indicazioni dei locali... è un modo di celebrare una città a suon di clichè e a colpo sicuro: ma il target intellettuale degli spettatori di W.A. non sarà cambiato nel corso degli anni? Infine, condivido i pareri di chi ha sottolineato la differenza di visione o rappresentazione delle donne italiane rispetto alle straniere.
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stockton
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lunedì 21 maggio 2012
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troppi stereotipi sugli italiani
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Non parliamo di un regista qualunque. Questo è stato la storia del cinema. Lui eguale a nessuno.
Dopo aver visto Vicky Cristina Barcelona e Midnight in Paris (il primo leggermente migliore del secondo, ma il secondo comunque notevole), la trilogia "europea" di Woody Allen poteva sicuramente terminare in modo piu' adeguato (a meno che il regista non abbia in mente qualche altro film da ambientare in europa.. Londra, Madrid, Berlino?).
Un film banale e pieno di stereotipi sull'Italia e sugli italiani. Gli americani arrivano in Italia come se gli abitanti fossero indigeni da colonizzare con la loro cultura. In nessuno dei precedenti film "europei" emerge questo aspetto in maniera cosi' forte.
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Non parliamo di un regista qualunque. Questo è stato la storia del cinema. Lui eguale a nessuno.
Dopo aver visto Vicky Cristina Barcelona e Midnight in Paris (il primo leggermente migliore del secondo, ma il secondo comunque notevole), la trilogia "europea" di Woody Allen poteva sicuramente terminare in modo piu' adeguato (a meno che il regista non abbia in mente qualche altro film da ambientare in europa.. Londra, Madrid, Berlino?).
Un film banale e pieno di stereotipi sull'Italia e sugli italiani. Gli americani arrivano in Italia come se gli abitanti fossero indigeni da colonizzare con la loro cultura. In nessuno dei precedenti film "europei" emerge questo aspetto in maniera cosi' forte. Ma non lo dico perchè sono italiano (e romano). A me non è sembrato di vedere gli stessi stereotipi sui francesi nel secondo film (ricordate di aver visto francesi con sottobraccio la baguette?), in cui invece veniva valorizzata la recente storia di Parigi di inizio 1900.
Tanto per dirne una, senza descrivere usi e costumi degli antichi romani (per fortuna non ci ha nemmeno provato), non si poteva fare un riferimento piu' marcato alla dolce vita e via Veneto? non credo che Woody Allen non ne sapesse nulla, avendo vissuto anche in quel periodo ed avendo conosciuto piu' di un regista italiano di livello come Fellini.
Invece si trova a parlare del mondo dell'opera lirica, aggiungendo un altro stereotipo sugli italiani che secondo lui ne sarebbero grandi amanti e esperti.. tanto per dirne una, perchè non prendere qualche spunto da un recente film con Julia Roberts ("mangia prega ama").. la parte ambientata a Roma è molto piu' calzante..
Ed anche gli abitanti di Pordenone ed i friulani in genere, secondo me potrebbero avere qualcosa da ridire da come sono stati stereotipati.
Si salva qualche idea. Benigni divo per un giorno, ad esempio. Oppure la storia d'amore tra i due studenti americani.
Oltretutto, peccato per le troppe marchette, stile film del Monnezza anni 70.. anche li' forse Woody Allen avrebbe fatto meglio a darci un'occhiata per capire qualcosa di piu' degli italiani..
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fuso di cinema
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venerdì 18 maggio 2012
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un film godibile
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Non il capolavoro di Allen ma a mio avviso non va criticato così tanto, vorrei vedere a voi dover fronteggiare un capolavoro come Midnight in Paris, si farebbe qualcosa di banale in confronto? certamente
Va preso per quello chhe è ed è un buon film
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phil123
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venerdì 18 maggio 2012
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allen...il dio del cinema!
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Woody Allen è sicuramente uno dei migliori registi di sempre, questo non è il suo lavoro migliore ma il 5 stelle non glielo toglie nessuno!
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(di maverik82)
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darth vader 21
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venerdì 18 maggio 2012
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sottovalutato...
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non sarà il film più riuscito del nostro woody, però si rivela una divertente commedia; leggera sì, ma anche con qualche spunto di riflessione...a mio giudizio il caro regista ci ha anche voluto troppo bene, stereotipando solo in parte i personaggi comuni in Italia...ci è andato pesante sui telegiornali (menomale!) che ci fanno davvero una brutta figura...
Consigliato a tutti! Sicuramente non merita questa media!
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donni romani
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mercoledì 16 maggio 2012
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le vacanze romane di allen
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Le vacanze romane di Woody Allen lasciano decisamente l'amaro in bocca a chi ama e apprezza il grande cineasta newyorkese da tanti anni. La selta di dividere i film in quattro episodi si rivela fin da subito debole, forse perchè le sceneggiature sono fiacche, forse perchè i personaggi non hanno tempo di svilupparsi, resta il fatto che le storie scontate e banali di questi personaggi in cerca di autore - e regista - restano fragili e stereotipate, echi lontani di ben altri caratteri di Allen, residui stanchi di un talento che avevamo appena ritrovato in "Midnight in Paris" e già perduto.
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Le vacanze romane di Woody Allen lasciano decisamente l'amaro in bocca a chi ama e apprezza il grande cineasta newyorkese da tanti anni. La selta di dividere i film in quattro episodi si rivela fin da subito debole, forse perchè le sceneggiature sono fiacche, forse perchè i personaggi non hanno tempo di svilupparsi, resta il fatto che le storie scontate e banali di questi personaggi in cerca di autore - e regista - restano fragili e stereotipate, echi lontani di ben altri caratteri di Allen, residui stanchi di un talento che avevamo appena ritrovato in "Midnight in Paris" e già perduto. Le battute latitano, solo alcuni scambi al vetriolo Allen-Davis reggono lo standard alleniano - "Il mio quoziente d'intelligenza è 150" dice lui, "Lo stai valutando in Euro, in dollari vale molto meno" replica lei - la sprezzante critica al furore giornalistico che perseguita l'uomo qualunque Benigni appena diventato famoso (un Benigni che fa il Benigni, ancora, davvero?) poteva anche essere intrigante ma è davvero troppo scolastica e priva di originalità - nei telegiornali ascoltiamo domande ben più surreali del "Lei indossa boxer o slip?" che la reporter d'assalto rivolge al povero piccolo diavolo assurto ai fasti del nulla mediatico, mentre la presa in giro di certo teatro sperimentale capace di mettere in scena un Rigoletto sotto la doccia strappa qualche sorriso, ma nulla più. Le tante partecipazioni di attori italiani sono totalmente trascurabili, una Muti di plastica, un Gemma che a malapena si intravede, uno Scamarcio appena divertente, presenze inutili, buone forse a soddisfare l'orgoglio del cinema italiano ma niente più. Una spanna sopra gli altri il malinconico Baldwin sulle tracce del proprio passato e una divertente Cruz prostituta molto amata negli ambienti della Roma bene, ma la sensazione generale resta quella di un film stanco, svogliato, messo insieme senza ispirazione. Gli stereotipi si sprecano, la scena in cui si vede una processione religiosa fa letteralmente cadere le braccia, come se a Roma ancora si svolgessero processioni per il Santo Patrono - ma che Italia conosce Allen? - il personaggio che chiude il film gesticolando in canottiera è un omaggio ai coatti dei film Anni Sessanta o un ennesimo equivoco sui gesti, e i gusti, dei romani? e la musica tutta mandolini - da Volare ad Arrivederci Roma a Ciribiribin - è davvero tutto ciò che possiamo ascoltare come sottofondo di Roma 2012? E' con vera amarezza che si lascia la sala, non tanto per il ritratto macchiettistico di Roma e dei romani che Allen propone, nè per la esilità dello script e dei dialoghi, ma per la consapevolezza che anche uno scrittore raffinato e profondo come Woody Allen, pur di fare il suo canonico film annuo, più puntuale delle tasse, gira svogliatamente uno delle sue pellicole più pigre e sciatte. Salta una stagione Woody, e magari torna a Manhattan, che sicuramente conosci meglio di Roma.
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paride86
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mercoledì 16 maggio 2012
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poco riuscito
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Il film peggiore di Woody Allen, almeno tra quelli che ho visto - e sono parecchi.
Non brilla né per soggetto, né per regia, né tantomeno come attore: ahimè, un flop totale.
Uno dei pochi film, inoltre, in cui Benigni non fa ridere.
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Il film peggiore di Woody Allen, almeno tra quelli che ho visto - e sono parecchi.
Non brilla né per soggetto, né per regia, né tantomeno come attore: ahimè, un flop totale.
Uno dei pochi film, inoltre, in cui Benigni non fa ridere.
L'unico personaggio degno di nota è quello di Penelope Cruz che, nonostante si sia doppiata da sola in italiano, fa un'ottima figura.
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virginik
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lunedì 14 maggio 2012
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lo sguardo mancato
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Poco da aggiungere al commento della Cappi se non una domanda: Perché? Dedicarsi a qualcosa che si vuole rappresentare, salva la individualissima interpretazione che se ne vorrà dare, non può prescindere dalla profonda conoscenza di quella stessa materia. Ecco, quello che lascia trapelare l'Allen di questa pellicola direi che non è "il colpo d'occhio dello straniero sui costumi della capitale da maestro di sintesi e di cinismo" quanto la faciloneria con cui il colpo d'occhio è stato lanciato. Facile raccontare la recente Italia raccontata da tutte le cronache più o meno rosa di tanta stampa estera. Il film offre un costume dedotto da un'occhiata al giornale.
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Poco da aggiungere al commento della Cappi se non una domanda: Perché? Dedicarsi a qualcosa che si vuole rappresentare, salva la individualissima interpretazione che se ne vorrà dare, non può prescindere dalla profonda conoscenza di quella stessa materia. Ecco, quello che lascia trapelare l'Allen di questa pellicola direi che non è "il colpo d'occhio dello straniero sui costumi della capitale da maestro di sintesi e di cinismo" quanto la faciloneria con cui il colpo d'occhio è stato lanciato. Facile raccontare la recente Italia raccontata da tutte le cronache più o meno rosa di tanta stampa estera. Il film offre un costume dedotto da un'occhiata al giornale. Vero tutto o quasi, per carità, se non nella Roma di oggi, in quella del passato, anche il vigile che a Piazza Venezia non c'è più e che non avrebbe mai abitato a Piazza di Spagna, veri i vicoli e le cartoline romane ma Roma appare uguale a se stessa, appunto come una foto scattata indifferentemente da trenta, quaranta o cinquanta anni, appiccicata con una calamita al frigo di una famiglia media americana. Rimane il rimpianto che un grande regista non abbia voluto superare la superficie per afferrare quello che Roma emana, dalla sua storia millenaria alle più attuali contraddizioni, dall'arte offerta a piene mani alla sofferenza di convivenze difficili. Uno sguardo mancato. Come manca la risposta al perché iniziale. Non è sufficiente essere stanchi.
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[+] chissa'
(di tommyuntouchable)
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fulviowetzl
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lunedì 14 maggio 2012
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siamo o non siamo un paese burlesquonesco?
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Ognuno si merita quello che vale. L'Italia di Berlusconi è un cumulo di macerie culturali. L'immaginario è corrotto ma tutto ciò è avvenuto con la nostra complicità e ignavia. Le quattro storielline che si intercalano rendono bene l'esprit di quest'Italia che viaggia(va) al ritmo di bunga bunga verso il baratro. Il paradosso, e nessuno l'ha notato, è che il film è stato prodotto da Berlusconi (Medusa). Allen è riuscito quindi nel miracolo di far produrre a Berlusconi per la prima volta un film con Benigni, suo eterno e odiato nemico. Ma si sa, Berlusconi è interessato solo ed esclusivamente al profitto, quindi, deve aver pensato che mettere insieme due talenti complementari come Allen e Benigni fosse un affare.
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Ognuno si merita quello che vale. L'Italia di Berlusconi è un cumulo di macerie culturali. L'immaginario è corrotto ma tutto ciò è avvenuto con la nostra complicità e ignavia. Le quattro storielline che si intercalano rendono bene l'esprit di quest'Italia che viaggia(va) al ritmo di bunga bunga verso il baratro. Il paradosso, e nessuno l'ha notato, è che il film è stato prodotto da Berlusconi (Medusa). Allen è riuscito quindi nel miracolo di far produrre a Berlusconi per la prima volta un film con Benigni, suo eterno e odiato nemico. Ma si sa, Berlusconi è interessato solo ed esclusivamente al profitto, quindi, deve aver pensato che mettere insieme due talenti complementari come Allen e Benigni fosse un affare. Gli è riuscito in parte, perché il film non sta avendo grande successo. E Allen comunque è riuscito a non tradire se stesso. La storia di Leopoldo Pisanello, che conquista la fama per una settimana, (il famoso warholiano "quarto d'ora di celebrità"), grazie anche a Benigni e al suo uso del corpo e dello stupore, è un piccolo saggio sulla società dell'apparire degna del Buñuel de "Il fantasma della libertà". La storia dell'incontro tra Allen, regista lirico in pensione ed Armiliato che sa cantare solo sotto la doccia, e la conseguente messa in scena de "I pagliacci" con il box della doccia in scena è geniale e sapido e attinge come spostamento semantico dallo stesso film di Buñuel (là erano i commensali che defecavano tutti intorno ad un tavolo e ci si chiudeva di nascosto nel ripostiglio a mangiare), oltre al piacere di veder cantare dal vivo la migliore voce del canto italiano. Il remake de "Lo sceicco bianco" ( o forse dello sceico beige di Benigni nel FFSS arboriano?) con Mastronardi, Cruz, Albanese, Scamarcio ricorda più che Fellini, certi ricevimenti all'aperto di Johnny Stecchino e certe commedie italiane degli equivoci improbabili meno alte di Fellini, vedi Salce, il primo Scola, Dino Risi minore. L'unico episodio "americano" e completamente alleniano anzi, un omaggio a se stesso, è quello di Ellen Page, attricetta mangiauomini con Eisenberg che si fa consigliare da Alec Baldwin (come Bogart consigliava lui in "Provaci ancora Sam"), ed è pieno di riflessioni non di seconda mano sulla seduzione, sui sentimenti, sulla delusioni che lo scorrere del tempo ti riserva. Roma cartolinesca? Certo, tutta "caldarrostata" dalla fotografia rosso tramonto di Darius Khondji, "product placement" a gogò, mimetizzato nei dialoghi, trasforma il film in una serie ininterrotta di figurine liebig o in certi fotoromanzi anni cinquanta coevi delle Vacanze romane wyleriane. Non offendiamoci quindi. Allen ci ha comunque omaggiato del film che oggi ci meritiamo. Siamo o non siamo un paese burlesquonesco?
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