monica montanari
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giovedì 7 luglio 2011
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un cowboy sotto le stelle
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Il vecchio cowboy vuol dirci qualcosa e lo fa senza chiederci quella regressione all'infanzia che esige da noi uno Shyamalan facendo ampio ricorso alla "magia della rappresentazione". Eastwood mette in scena tre racconti incentrati allo spasimo - com'è d'uso in Eastwood - sui personaggi e facendoli convergere in un incontro finale, risolutore. In prima fila, un ragazzino inglese, Marcus (personaggio ritagliato sulla falsa riga de il Sesto senso di Shyamalan, di Elliot (Loach) e della saga di Potter (Rowling), interpretato da un tnero ma poco plastico George McLaren. Marcus è alla ricerca di un "contatto" con il fratello gemello morto in un incidente di strada. Abbimo poi George operaio e sensitivo interpretato da un Matt Damon, invecchiato e in fuga da Jason Bourne, bravissimo.
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Il vecchio cowboy vuol dirci qualcosa e lo fa senza chiederci quella regressione all'infanzia che esige da noi uno Shyamalan facendo ampio ricorso alla "magia della rappresentazione". Eastwood mette in scena tre racconti incentrati allo spasimo - com'è d'uso in Eastwood - sui personaggi e facendoli convergere in un incontro finale, risolutore. In prima fila, un ragazzino inglese, Marcus (personaggio ritagliato sulla falsa riga de il Sesto senso di Shyamalan, di Elliot (Loach) e della saga di Potter (Rowling), interpretato da un tnero ma poco plastico George McLaren. Marcus è alla ricerca di un "contatto" con il fratello gemello morto in un incidente di strada. Abbimo poi George operaio e sensitivo interpretato da un Matt Damon, invecchiato e in fuga da Jason Bourne, bravissimo. George vive la condanna di riuscire a entrare in comunicazione con i defunti delle persone che incontra. Infine abbiamo Cecile De France che interpreta con credibilità e scarsa simpatia i panni di Marie, giornalista rampante e sconvolta da un'esperienza di premorte cui cerca di dare spiegazione.
Intrecciando questo materiale, il vecchio cowboy con un piede nella fossa, ci manda a dire "Ehi, ragazzi, non crederete che sia finita qui". Parla ai suoi concittadini ma anche agli europei, adottando la cifra stilistica dei rispettivi linguaggi cinematografici. Di qui la costruzione degli episodi che può risultare farraginosa. Ma a Clint serve far parlare un francese, un inglese e un americano, come nelle barzellette. Per questo costruisce meticolosamente episodi tanto lontani e complessi. Ecco i gemelli "loachiani" delle council house londinesi, ecco il melieu radicale francese elitario e ultraborghese in pieno stereotipo del cinema d'oltralpe, ecco Charing Cross che in pendant con la King Cross di Harry Potter, condurrà anche Marcus a trovare il suo binario "otto e trequarti" sotto la forma di un cappellino che miracolosamente gli salva la vita. Ecco la cartolina dell'italoamericano che sa fare il sugo di pomodoro e degusta barbaresco - che ci piaccia o no, resta questo di noi nell'immaginario globale - . Eastwood ci tiene proprio a farci sentire coinvolti, a farci capire che parla di noi e per noi e che per riuscirci è disposto ad affrontare la solitudine intellettuale che circonda tutti coloro che si inoltrano nel recintro sacro - dell'escatologia, della morte, dell'ultraterreno - riservato per antico patto alle religioni. La coscienza non va dispersa, partecipa solidalmente alla realtà in divenire, continua a operare nel qui ed ora intorno a noi e influenza la realtà "dei vivi", argomenta Eastwood. Una lezione consolatoria e un acuto "j'accuse" verso una scienza che si ideologizza e diviene scientismo, tautologicamente, lasciando fuori di sè le questioni fondamentali dell'esistenza. Lo rivela la battuta chiave del giornalista radicale Didier (Thierry Neuvic): "Se ci fosse qualcosa oltre la morte, la scienza lo avrebbe già scoperto". Che cosa si può immaginare di più puramente antiscientifico di questa chiusura verso potenziali nuove scoperte?
Una notazione stilistica: nel dar celluloide alle visioni di George - Matt Damon, il rischio di scivolare nel "ehi, sono la nonna e ti raccomando di mettere la maglia di lana" era assai alto. La maestria di Eastwood nel non rinunciare all'immagine ma nel saper usare il cinema per dipingere senza fotografare è realmente notevole. I morti avvistati da George - Matt Damon sono luce e flash dal passato.
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xquadro
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lunedì 2 gennaio 2012
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gli affetti e l'aldilà: finezza senza retorica
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Matt Damon, uno dei due protagonisti del film, sensitivo atipico che vive il suo 'dono' come una maledizione, ad un certo punto della storia ammette che conoscere tutto della persona che ti sta accanto può essere doloroso e tremendamente imbarazzante, al punto da non riuscire a sostenere la prospettiva di una vita comune. Clint Eastwood con 'Hereafter' si conferma un regista di grande sensibilità: ad ogni prova svela un altro tratto del suo talento e ha ormai raggiunto un livello di qualità e di finezza espressiva che i suoi film si possono acquisare a scatola chiusa. Con 'Hereafter' l'ex gelidissimo e spietatissimo Ispettore Callaghan arriva a misurarsi con un tema che appassiona filosofi e teologi, lettori di libri e riviste come le (tante) persone che vivono l'impatto con la morte colpiti nella sfera degli affetti e degli amori (anche inespressi) di una intera vita.
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Matt Damon, uno dei due protagonisti del film, sensitivo atipico che vive il suo 'dono' come una maledizione, ad un certo punto della storia ammette che conoscere tutto della persona che ti sta accanto può essere doloroso e tremendamente imbarazzante, al punto da non riuscire a sostenere la prospettiva di una vita comune. Clint Eastwood con 'Hereafter' si conferma un regista di grande sensibilità: ad ogni prova svela un altro tratto del suo talento e ha ormai raggiunto un livello di qualità e di finezza espressiva che i suoi film si possono acquisare a scatola chiusa. Con 'Hereafter' l'ex gelidissimo e spietatissimo Ispettore Callaghan arriva a misurarsi con un tema che appassiona filosofi e teologi, lettori di libri e riviste come le (tante) persone che vivono l'impatto con la morte colpiti nella sfera degli affetti e degli amori (anche inespressi) di una intera vita. Stupenda la scena iniziale che rivela un'ottima regia (lo tsunami visto dal di dentro è un'idea di sicuro effetto e molto ben realizzata), poi è tutto un susseguirsi di situazioni che riservano crescenti e convergenti elementi di interesse. Eastwood ha l'accortezza di non insinuarsi nelle pieghe di una diatriba che risulta ostica, in tutti i suoi risvolti, per gli stessi addetti ai lavori, ma riesce a raccontare sensazioni, delusioni, afflizioni e speranze senza eccedere nella retorica, rischio non secondario per una pellicola di questo tipo. La storia dei due bambini gemelli e della madre tossicodipendente è veramente toccante. Alla fine prevarranno amore ed empatia, coraggio e tenacia, umanità e pace. La vita reale è un po' meno ottimista di Eastwwod ma forse è proprio per questo motivo che risulta difficile sottrarsi al richiamo di certi film. Da non perdere.
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shiningeyes
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giovedì 21 febbraio 2013
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clint maturo e corragioso
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Compito non facile per Eastwood dirigere un film dal genere non proprio conosciuto da lui: il soprannaturale.
Ma Clint è uomo intelligente e di esperienza, e non vorrei essere cattivo nel dire che ormai, alla sua età, sia un tema molto vicino quello della vita oltre la morte. Comunque, Clint, riesce a fare un ottimo lavoro, esplorando gli animi insicuri e i dubbi dei tre personaggi cardine del film, e soprattutto, sul come farci tirare fuori i nostri dubbi e domande sul tema in questione.
Affascinante è senz'altro la sceneggiatura, anche se scricchiola un po' su alcune parti, e rendendosi a volte poco interessante; il montaggio, ottimo, la salva in calcio d'angolo.
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Compito non facile per Eastwood dirigere un film dal genere non proprio conosciuto da lui: il soprannaturale.
Ma Clint è uomo intelligente e di esperienza, e non vorrei essere cattivo nel dire che ormai, alla sua età, sia un tema molto vicino quello della vita oltre la morte. Comunque, Clint, riesce a fare un ottimo lavoro, esplorando gli animi insicuri e i dubbi dei tre personaggi cardine del film, e soprattutto, sul come farci tirare fuori i nostri dubbi e domande sul tema in questione.
Affascinante è senz'altro la sceneggiatura, anche se scricchiola un po' su alcune parti, e rendendosi a volte poco interessante; il montaggio, ottimo, la salva in calcio d'angolo.
Le tre storie sono belle ed interessanti, ma hanno dei punti deboli e non sono distribuite bene: la storia di Marie parte bene, ma poi diventa insipida, ed assume un'importanza inferiore delle altre due.
Quella di George ad esempio, è più curiosa e meglio collegata(un buon Matt Damon), come quella di Marcus, che ci colpisce di più sulla nostra sensibilità.
Film con molti cali, però, conto anche la difficoltà nel girare film di questo genere, spesso privi di carne e pesce, e questo, di film, spicca su molti.
Apprezzo poi particolarmente l'uso delle luci a tono celeste nel film, quasi a dargli quell'aria soprannaturale di cui necessita; senza parlare poi, della apocalittica e devastante scena dello tsunami.
Molti dicono che Clint si è un po' afflosciato dopo “Invictus” e “Hereafter”, e che lo preferiscono nella direzione in toni da duro, come era solito a fare. Io dico che, girare film con successo e impegno come questo, su temi insoliti alla sua sfera, sia segno di maturità e coraggio, e aggiungo che non si può essere duri tutta la vita. Lunga vita a Clint!
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carlo vecchiarelli
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domenica 6 aprile 2014
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il clint eastwood "senza retorica"
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Qualcuno sorriderà, ma a 80 anni suonati Clint Eastwood mostra finalmente un'altra espressione. Fin dalle origini, tra quei set assolati sotto la direzione ferrea di Sergio Leone il suo recitare poteva essere "con o senza cappello". Ora finalmente la narrazione del Clint regista si può definire "con o senza retorica", una retorica prettamente americana che ha da sempre contraddistinto i suoi film contribuendo in maniera importante ad una piena riuscita, si pensi ai recenti "Million dollar baby" e "Gran Torino".
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Qualcuno sorriderà, ma a 80 anni suonati Clint Eastwood mostra finalmente un'altra espressione. Fin dalle origini, tra quei set assolati sotto la direzione ferrea di Sergio Leone il suo recitare poteva essere "con o senza cappello". Ora finalmente la narrazione del Clint regista si può definire "con o senza retorica", una retorica prettamente americana che ha da sempre contraddistinto i suoi film contribuendo in maniera importante ad una piena riuscita, si pensi ai recenti "Million dollar baby" e "Gran Torino".
Per questo motivo "Hereafter" sembra tutto fuorchè una pellicola eastwoodiana, a cominciare dal preludio potente e inesorabile che sorprende lo spettatore al pari della protagonista, Marie, giornalista francese in vacanza in Indonesia, sbatacchiata tra la vita e la morte dalla violenza del maremoto realmente avvenuto nel 2004. C'è poi il leggero umorismo di una famiglia inglese al limite, come quella che costringe Marcus e il fratello gemello ad occuparsi della madre tossicodipendente in un paradossale rovesciamento delle responsabilità; e l'insistenza vagamente subdola con cui George (un Matt Damon davvero ispirato), operaio americano, è incitato dalla mediocrità del fratello a sfruttare i propri poteri di sensitivo, che lo tormentano impedendogli una vita normale e condannandolo alla solitudine più logorante, perchè non voluta.
Questi 3 fili si intrecceranno, in continui accavallamenti tra la commedia e il dramma, tessendo un disegno che avrà come cifra la morte, pur affrontata sotto aspetti completamente differenti: da quello più comune e doloroso della separazione (Marcus perderà il fratello gemello); passando per l'affannosa ricerca del mistero dell'aldilà da parte di Marie, che sacrificherà la carriera e il successo in un improvviso rifiuto delle icone del mondo moderno, per sprofondare in una pericolosa catarsi conoscitiva; fino alla condivisione del mistero della morte, che George non vuole più accollarsi sulla coscienza. Una risposta sarà necessaria per non cadere nel nichilismo, una risposta che risolva il conflitto e il dolore interiore e che possa valere in maniera universale, ma che sottotraccia è sempre stata palesata: l'amore.
Clint Eastwood utilizzando un tema così complesso come quello dell' aldilà ( Hereafter appunto ) crea una poesia sui rapporti umani, con una leggerezza e una profondità che si fondono in un'alchimia fragile e perfetta. Nessuna scorciatoia o porta laterale, solo la consapevolezza di un messaggio forte, che non ha la pretesa di essere verità. Anche l'accostamento voluto tra finzione e fatti realmente accaduti (lo tsunami, gli attacchi terroristici alle metropolitane di Londra ) non fa altro che allontanare quell'aura di mitizzazione dalle vicende raccontate, dando carta bianca ad una riflessione sulla natura dell'uomo, impotente di fronte alla natura, al destino, alla propria degenerazione sociale, al mistero della morte. Ma con la consapevolezza del potere infinito di amare.
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shingo tamai
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venerdì 19 agosto 2016
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un passo dopo il confine
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Di solito Eastwood propone pellicole piuttosto dinamiche nelle quali "piazza" la scena madre piuttosto traumatica come un pugno ben assestato alla bocca dello stomaco.
Qui tutto questo non avviene,anche se lo Tsunami proposto è di grande effetto visivo, perchè è l'intera pellicola a fare a botte da orbi con la nostra sensibilità.
Leggerezza ce n'è poca,è vero,ma è accompagnata da una delicatezza fuori dal comune e da un profondo senso di speranza.
Personalmente ho letto il film come un invito ad essere sereni,a credere che dopo la vita terrena c'è molto altro e che non finisce tutto come una luce spenta.
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Di solito Eastwood propone pellicole piuttosto dinamiche nelle quali "piazza" la scena madre piuttosto traumatica come un pugno ben assestato alla bocca dello stomaco.
Qui tutto questo non avviene,anche se lo Tsunami proposto è di grande effetto visivo, perchè è l'intera pellicola a fare a botte da orbi con la nostra sensibilità.
Leggerezza ce n'è poca,è vero,ma è accompagnata da una delicatezza fuori dal comune e da un profondo senso di speranza.
Personalmente ho letto il film come un invito ad essere sereni,a credere che dopo la vita terrena c'è molto altro e che non finisce tutto come una luce spenta.
Sopratutto il bambino gemello che cerca l'altra metà è un personaggio indimenticabile,ma anche George che ha ricevuto "il dono" o forse "la condanna" non passerà inosservato agli occhi di chi cerca un protagonista semplice ma di grande spessore etico,che rifiuta i soldi ma non può che intenerirsi alla visone del piccolo e ostinato Marcus.
Ai due si aggiunge Marie "colpevole" di essere stata vittima e testimone di ciò che per molti non è comprensibile e credibile.
L'intreccio delle tre vite si rileverà risolutivo per tutti i protagonisti.
Ovviamente ognuno di noi può pensarla come vuole su cosa avverrà dopo che avremo abbandonato il corpo di carne ed ossa,personalmente la strada indicata da Clint non mi dispiace affatto.
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angelo umana
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lunedì 28 febbraio 2011
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non è bene sapere tutto dell'altro
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Sembrava voler essere un film sulla vita oltre la vita. Gli indizi c’erano tutti perché non si parla d’altro tra i protagonisti nelle tre città che appaiono stupende, San Francisco Parigi e Londra, ed anche perché Clint Eastwood nella sua maturità ci ha abituato a riflettere su grandi temi della vita e della morte (l’eutanasia in Million Dollar Baby e l’accoglienza in Gran Torino). Invece era un film sull’amore o così voglio credere: quando alla fine del film Matt Damon sogna il bacio di Cécile De France (splendido sorriso anche 10 anni dopo il bellissimo “Un po’ per caso e un po’ per desiderio” o Fauteuils d’orchestre), ne stringe la mano ed è ormai amore, si prova un po’ di delusione, dopo aver girato attorno al grande tema si tratta “solo” di ricerca d’amore.
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Sembrava voler essere un film sulla vita oltre la vita. Gli indizi c’erano tutti perché non si parla d’altro tra i protagonisti nelle tre città che appaiono stupende, San Francisco Parigi e Londra, ed anche perché Clint Eastwood nella sua maturità ci ha abituato a riflettere su grandi temi della vita e della morte (l’eutanasia in Million Dollar Baby e l’accoglienza in Gran Torino). Invece era un film sull’amore o così voglio credere: quando alla fine del film Matt Damon sogna il bacio di Cécile De France (splendido sorriso anche 10 anni dopo il bellissimo “Un po’ per caso e un po’ per desiderio” o Fauteuils d’orchestre), ne stringe la mano ed è ormai amore, si prova un po’ di delusione, dopo aver girato attorno al grande tema si tratta “solo” di ricerca d’amore. Quella sarà la prima volta in cui il protagonista toccando mani altrui non vedrà più piombargli addosso le immagini dei defunti di chi gli si rivolge, l’amore lo ha “guarito”, quasi banalmente era solo questo che gli occorreva e che occorre a tutti.
Lo ritrova anche il bambino protagonista, è l’amore di sua mamma, che i servizi sociali gli avevano allontanato perché alcolizzata. Tramite il sensitivo Matt Damon, ha saputo che il suo fratello gemello a cui molto si appoggiava, morto in un incidente poco tempo prima, vuole che egli cresca, che diventi grande senza più il suo aiuto. Piccola nota: la visione della stazione Charing Cross della “tube” londinese, dove l’anima del fratello gli ha fatto evitare la carneficina delle bombe del 2005, porta al ricordo di uno dei più bei film del 2010, London River.
C’è pure l’amore per la buona tavola in un corso di cucina italiana a San Francisco, dove Matt conosce una partecipante che potrebbe essere un amore ma non lo diventa perché “non è sempre bene sapere tutto dell’altro”.
Il lungo “giro” sul tema della vita oltre la morte, reso suggestivo nell’arco delle due ore, induce a pensare alla paura che abbiamo della morte, cerchiamo di sapere com’è, cosa c’è di là, eppure siamo soli davanti ad essa, nulla ci può evitare quel passaggio. In realtà la parte interessante non è il dopo, è il prima, la vita stessa, gioie e dolori, e l’amore che ci fa superare quella paura.
E’ un film ordinato, accurato, riflessivo, “stimola ma non eccita” come la maturità di Eastwood. Si sentono spesso dei tuoni come di tempeste incombenti, rumori inquietanti, forse è inquietante solo il rumore delle città e un regista “silenzioso” ce lo fa notare.
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nalipa
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domenica 15 maggio 2011
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il vecchio clint con un film
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sulla morte ma con spunti che invitano alla speranza e fanno, se ce ne fosse necessità, apprezzare la vita.
Una giornalista francese durante lo tsunami in Tailandia nel 2004 affoga e per qualche seconto perde la vita.
Un ragazzino inglese, molto provato dalla difficile esistenza con madre tossica e padre assente, perde il suo gemello in uno stupido incidente e non riesce a più a vivere; il fratello era il suo unico sostegno e conforto.
In America un operaio (un ottimo Damon) ha il potere di parlare con i morti, ma vive questa facoltà come una maledizione e non vorrebbe più saperne nostante perda il lavoro ed il fratello gli prospetta un avvenire ricchissimo se solo si decidesse di fare il sensitivo a pagamento.
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sulla morte ma con spunti che invitano alla speranza e fanno, se ce ne fosse necessità, apprezzare la vita.
Una giornalista francese durante lo tsunami in Tailandia nel 2004 affoga e per qualche seconto perde la vita.
Un ragazzino inglese, molto provato dalla difficile esistenza con madre tossica e padre assente, perde il suo gemello in uno stupido incidente e non riesce a più a vivere; il fratello era il suo unico sostegno e conforto.
In America un operaio (un ottimo Damon) ha il potere di parlare con i morti, ma vive questa facoltà come una maledizione e non vorrebbe più saperne nostante perda il lavoro ed il fratello gli prospetta un avvenire ricchissimo se solo si decidesse di fare il sensitivo a pagamento.
Il "CASO" farà incontrare i tre e..........
Eastwood non azzarda alcuna ipotesi e alcuna risposta, trattando un argomento tanto indagato e sconosciuto, ma realizza un altro bel film dirigendo magistralmente il cast. Bravissimi i gemelli.
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ambra nepi
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sabato 30 luglio 2011
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hereafter, capolavoro di clint eastwood
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Un film potente e poetico sul mistero della morte. Un altro capolavoro del grande Clint Eastwood, che riesce a raccontarci con grazia, senza cadere mai nella banalità, il dramma della morte che irrompe nella vita delle persone. I tre personaggi del film non si conoscono ma sono destinati a incontrarsi. Sarà l’esperienza della morte a dare un senso nuovo alle loro vite. Marcus e Jaison sono due gemelli che si barcamenano in una situazione difficile tra una madre assente ed eroinomane e i servizi sociali. Tra i due bambini c’è un forte legame che viene spezzato dalla morte improvvisa di uno dei due. Marcus, interpretato dal bravissimo George Mc Laren, non si rassegna alla morte del fratello, ne indossa il cappello, lo cerca, vuole capire.
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Un film potente e poetico sul mistero della morte. Un altro capolavoro del grande Clint Eastwood, che riesce a raccontarci con grazia, senza cadere mai nella banalità, il dramma della morte che irrompe nella vita delle persone. I tre personaggi del film non si conoscono ma sono destinati a incontrarsi. Sarà l’esperienza della morte a dare un senso nuovo alle loro vite. Marcus e Jaison sono due gemelli che si barcamenano in una situazione difficile tra una madre assente ed eroinomane e i servizi sociali. Tra i due bambini c’è un forte legame che viene spezzato dalla morte improvvisa di uno dei due. Marcus, interpretato dal bravissimo George Mc Laren, non si rassegna alla morte del fratello, ne indossa il cappello, lo cerca, vuole capire. George Lonegan, Matt Damon - bravo come non mai - ha la capacità di entrare in contatto con i morti, ma vi ha rinunciato per cercare di vivere una vita normale: “Il mio non è un dono ma una condanna”. Fa l’operario a San Francisco, ama Dickens, si è iscritto a un corso di cucina italiana. Marie Lelay, la bella Cécile De France, è una giornalista francese di successo che sopravvivere alla furia distruttiva dello tsunami, durante una vacanza in Indonesia. La donna sta acquistano dei regali a un mercato quando è travolta dall’acqua. Cerca disperatamente di salvarsi, ma una botta in testa le fa perdere la conoscenza. Tutto si rallenta, i suoni si fanno sempre più lontani, mentre la vita se ne va. Nell’oscurità della morte irrompono delle visioni. Tornata alla vita, cerca di dare un significato a quello che ha visto.
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cesare antonio borgia
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venerdì 7 gennaio 2011
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aldilà...
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Aldilà della vita e di ogni significato attribuito alle cose materiali dagli uomini.
Aldilà di ogni immagine che ci viene in mente e di ogni fantasiosa ricostruzione e del desiderio di conoscere quel che sarà e di sapere cosa ci aspetta.
Cosa c'è dopo la vita e cosa ci riserva la morte?Perchè si muore e cosa ne sarà di noi?
Gli interrogativi più antichi toccano un regista che deve inevitabilmente fare i conti con l'età.
Nel film c'è tutta la paura della morte e la si percepisce sempre.Per tutta la durata del film.
C'è,però,la voglia di dare un senso ad un momento,la morte.La voglia di capire se davvero tutto finisce e si esaurisce col venir meno del battito del cuore e delle funzioni cerebrali.
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Aldilà della vita e di ogni significato attribuito alle cose materiali dagli uomini.
Aldilà di ogni immagine che ci viene in mente e di ogni fantasiosa ricostruzione e del desiderio di conoscere quel che sarà e di sapere cosa ci aspetta.
Cosa c'è dopo la vita e cosa ci riserva la morte?Perchè si muore e cosa ne sarà di noi?
Gli interrogativi più antichi toccano un regista che deve inevitabilmente fare i conti con l'età.
Nel film c'è tutta la paura della morte e la si percepisce sempre.Per tutta la durata del film.
C'è,però,la voglia di dare un senso ad un momento,la morte.La voglia di capire se davvero tutto finisce e si esaurisce col venir meno del battito del cuore e delle funzioni cerebrali.
Se davvero tutto si esaurisce nel silenzio.
Il film è un capolavoro.Per la delicatezza e l'emozione che si prova in più occasioni.Il bambino che ha perso il fratellino e ogni sera lo saluta e soffre la sua assenza.
La scrittrice che decide di affrontare temi "scomodi" ed è costretta ad abbandonare il suo mondo luccicante per andare oltre.Per andare ALDILA ...
Ed infine il protagonista,il sensitivo che non riesce a mollare davvero il lavoro che lo rende diverso.E che vorrebbe vivere una vita normale.Per poi infine trovare forse l'unica persona che può capirlo davvero ed innamorarsi.
Il film non ha la pretesa di creare verità.Ma invita a riflettere.Alla base del film vi sono i temi di sempre ma spesso è più facile vivere in uno spazio sicuro,ove tutto è scontato e molte domande non avrebbero senso. Ebbene non sapremo mai cosa accade dopo la morte ma è bene riflettere sul tema in questione.Partendo,magari,dal presupposto che qualcuno entra in coma e poi si risveglia e magari può raccontare qualcosa di nuovo.
Temere la morte è giusto perchè siamo abituati a temere quel che non conosciamo.
Una cosa,però,è certa:il rapporto che ognuno di noi instaurerà con la morte sarà personale,intimo e sapremo di cosa si tratta soltanto quando sarà il momento.
Cesare.
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g. romagna
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sabato 15 gennaio 2011
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hereafter
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Tre vicende scorrono parallele lungo tutto il film: George, operaio americano, riesce a vedere nell'aldilà delle persone con cui entra in contatto. Tale dote, che lo aveva reso ricco, viene da lui abbandonata quando si accorge che stava diventando una condanna, e che vivere a contatto con la morte è una "non vita"; Marie Lelay, brillante giornalista francese, si ritrova coinvolta nello tsunami indonesiano. Tocca con mano la morte, ma si salva. Da lì la sua vita comincerà a perdere pezzi ma a rinfrancarsi per via di nuove convinzioni su ciò che c'è oltre la morte; Markus, dodicenne londinese legatissimo al gemello Jason e costretto a crescere e responsabilizzarsi prima del tempo per via di una madre alcolizzata ed eroinomane, perde in un incidente il proprio fratello, mentre la mamma viene ricoverata in clinica di disintossicazione.
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Tre vicende scorrono parallele lungo tutto il film: George, operaio americano, riesce a vedere nell'aldilà delle persone con cui entra in contatto. Tale dote, che lo aveva reso ricco, viene da lui abbandonata quando si accorge che stava diventando una condanna, e che vivere a contatto con la morte è una "non vita"; Marie Lelay, brillante giornalista francese, si ritrova coinvolta nello tsunami indonesiano. Tocca con mano la morte, ma si salva. Da lì la sua vita comincerà a perdere pezzi ma a rinfrancarsi per via di nuove convinzioni su ciò che c'è oltre la morte; Markus, dodicenne londinese legatissimo al gemello Jason e costretto a crescere e responsabilizzarsi prima del tempo per via di una madre alcolizzata ed eroinomane, perde in un incidente il proprio fratello, mentre la mamma viene ricoverata in clinica di disintossicazione. Il trauma è per il ragazzo insostenibile, e cercherà in ogni modo di rimettersi in contatto con Jason, affidandosi ai più avvilenti ciarlatani. Destino vuole che i tre si incontrino a Londra, e l'esistenza di ognuno conoscerà una svolta... Vero, acuto, profondo e capace di trattare con la dovuta sensibilità un tema in cui ragionevole dubbio, superstizione e ciarlataneria viaggiano a poca distanza l'una dalle altre. L'approccio scientifico e l'aspetto della convinzione intimista procedono di pari passo, in un'abile cesellatura capace di offrire importanti spunti di riflessione anche ai più scettici in materia: illuminante in tal senso è, ad esempio, la questione delle imponenti analogie tra le visioni delle persone in stato comatoso o in apparente condizione terminale, così evidente da spingere anche la comunità scientifica a studi e dibattiti in merito, ancorchè osteggiati dall'ostruzionismo di importanti lobby cristiane. La regia, tecnicamente ineccepibile (che belle le scene dello tsunami!), e la sceneggiatura riflettono un sentimento di forte convinzione nell'esistenza di una realtà ultraterrena, ma non cercano giammai di imporlo con presunzione, ed è questo uno degli elementi che fanno fare al film il salto di qualità, unito all'abilità, straordinaria, nel coniugare con notevole naturalezza quello che naturale non è assolutamente in un tema del genere, ossia l'approccio scientifico e quello emotivo. E poi ci sono quella profondità e quella sensibilità, dettate dalla semplicità, dalle circostanze di vita e dalla forza d'animo, che nessuno come i personaggi di Eastwood sa attualmente avere in ambito cinematografico. Molto difficile è trattare un argomento del genere senza scadere nella banalità, nel buonismo o nella presunzione, ma Eastwood ci è mirabilmente riuscito, dimostrando una volta di più tutta la sua grande caratura registica che lo pone ai vertici della settima arte contemporanea. Teniamocelo stretto questo grande vecchio del cinema, finchè il tempo ce lo consente.
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