stefano bruzzone
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giovedì 26 maggio 2011
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poche idee......
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Premetto che non sono un fan di Clint Eastwood come regista....a parte Gran Torino appena vedibile, gli altri per me son da dimenticare, e quest'ultimo non è da meno. Un film di una noia mortale, a parte la scena iniziale che ci faceva ben sperare. Ora non è d'obbligo che tutti i film debbano contenere azione o scene apocalittiche, ricordiamo capolavori del calibro di Americani o The Big Kahuna tutti girati in una stanza, ma questo rasenta il sonno. Banalissima la storia e banalmente rappresentatata. M.Damon mi piace un sacco, ma a fare il medium proprio non ce lo vedo! Tre storie che nulla c'entrano tra loro per poi riallacciarsi in un finale banalissimo e tirato per i capelli.
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Premetto che non sono un fan di Clint Eastwood come regista....a parte Gran Torino appena vedibile, gli altri per me son da dimenticare, e quest'ultimo non è da meno. Un film di una noia mortale, a parte la scena iniziale che ci faceva ben sperare. Ora non è d'obbligo che tutti i film debbano contenere azione o scene apocalittiche, ricordiamo capolavori del calibro di Americani o The Big Kahuna tutti girati in una stanza, ma questo rasenta il sonno. Banalissima la storia e banalmente rappresentatata. M.Damon mi piace un sacco, ma a fare il medium proprio non ce lo vedo! Tre storie che nulla c'entrano tra loro per poi riallacciarsi in un finale banalissimo e tirato per i capelli.
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frankie
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lunedì 6 giugno 2011
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un film un po' inutile
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Stavolta il buon clint mi ha un decisamente deluso. Ho trovato il tutto traballante, la storia, i personaggi, i dialoghi. Non si capisce che cosa volesse dire né tantomeno dove andasse a parare. Il fatto di essere ben girato non salva il film da una netta insufficienza.
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cacciafilm
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venerdì 7 gennaio 2011
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al di qua dell'aldilà
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Hereafter lo puoi fruire in molti modi. Tutti positivi.
Una lezione di grande cinema, una bella sceneggiatura, messa in scena con un linguaggio ineccepibile.
Puoi anche apprezzare semplicemente la bella storia ai confini della realtà raccontata con molto ritmo e mestiere (dura oltre 2 ore ma non te ne accorgi).
Oppure ti può affascinare l'argomento, la possibilità di stabilire un "ponte"tra i vivi e i morti. Ti potrebbe venire la tentazione di schierarti contro la "congiura del silenzio" che circonda la delicata faccenda.
I sensitivi cialtroni nel film ci sono e sembrano essere facilmente individuabili . Ma questo avviene solo dopo aver visto all’opera quello che sensitivo lo é per davvero.
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Hereafter lo puoi fruire in molti modi. Tutti positivi.
Una lezione di grande cinema, una bella sceneggiatura, messa in scena con un linguaggio ineccepibile.
Puoi anche apprezzare semplicemente la bella storia ai confini della realtà raccontata con molto ritmo e mestiere (dura oltre 2 ore ma non te ne accorgi).
Oppure ti può affascinare l'argomento, la possibilità di stabilire un "ponte"tra i vivi e i morti. Ti potrebbe venire la tentazione di schierarti contro la "congiura del silenzio" che circonda la delicata faccenda.
I sensitivi cialtroni nel film ci sono e sembrano essere facilmente individuabili . Ma questo avviene solo dopo aver visto all’opera quello che sensitivo lo é per davvero. Il vero sensitivo é un operaio di S.Francisco che infatti non lo vuole fare più, vuole stare alla larga dalla morte e dai dolori ad essa legati, è stanco di scusarsi ogni volta che maneggia il dolore di chi ha di fronte. Ma purtroppo ( meglio dire per fortuna) non si riesce mai a separare la vita dalla morte. E allora il film affronta seriamente il problema e propone tre storie, tutte e tre di traverso tra la vita e la morte.
La prima vede protagonista un operaio americano amante degli audio-libri di Charles Dickens, è sensitivo ma vorrebbe, invano, stare alla larga dai suoi poteri.
La seconda vede invece protagonista una francese giornalista TV di successo che a momenti moriva per sempre e che vuole invece riuscire a raccontare la sua vera esperienza border-line.
La terza storia ha come protagonista un ragazzetto londinese che deve diventare grande, nonostante tutto quello che la vita gli toglie giorno dopo giorno.
Sono tre storie separate all'inizio, ma che poi, confluiscono e si intrecciano in modo abbastanza credibile.
Le cose che dicono i morti nel film sembrano essere concilianti, sembrano cercare una ri-appacificazione ed essere un incoraggiamento a chi é ancora vivo per poter andare avanti meglio. Quasi che il vero problema sia affrontare la vita, non quello che c’è o ci potrebbe essere nel dopo morte. Il film sembra proprio essere il trionfo non solo della vita ma delle relazioni che la vita ci offre, morti compresi( se qualcuno ci aiuta a dialogare con loro).
Alla fine sembra quasi che il sensitivo non solo si riappacifichi con se stesso e le sue facoltà, ma che diventi un veggente che guarda avanti, alla vita e al futuro più che alla morte e al passato. Non fai a tempo a storcere il naso di fronte alla accelerazione pretesa dall'happy end che passano i titoli di coda.. e allora esci soddisfatto lo stesso.
In fondo meglio finisca bene, nella ricerca della felicità tra vivi. Banale forse, ma profondamente sano.
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gordon pasha
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venerdì 28 gennaio 2011
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grande clint erede di sergio leone
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E' UN CLINT EASTWOOD CREPUSCOLARE MA è UN TRAMONTO OCEANICO...SI CHIEDE CON FEDE INUSITATA COSA C'E ALDILA' .. E QUANTO VALE L'OGGI RISPETTO A CIO' CHE TROVEREMO DOPO LA VITA. TRA FEDE E SPERANZA UNA STORIA D'AMORE ......UN GRANDE FILO ROSSO ..ATTRAVERSA LA SOLITUDINE DEI NS TEMPI.
GRANDE MATT DAMON CHE ATTRAVERSO DICKENS.E'MENTORE..DI UNA SENSIBILITA' A MOLTI PERDUTA ED E' IL FARO VERSO CUI OLTRE IL TEMPO SI VIAGGIA SOLO COL CUORE....
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redmond
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sabato 5 febbraio 2011
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buona tecnica poche idee
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Si riduce, purtroppo, in una delusione lo spettacolo che offre Eastwood in questa sua ultima fatica.
Ferma l'ottima capacità di realizzare inquadrature - anche grazie alla professionalità di Stern - rimane un che di banale della trattazione di un tema tanto complesso e discusso.
L'aldilà e le sue possibili manifestazioni, è un soggetto tale per cui o si riesce a ridefinirne artisticamente i confini ovvero ci si adegua ad una sorta di "sentito dire". Tertium non datur.
Ed infatti, nel suo sviluppo il personaggio (a parte la stucchevole frase: "non faccio più sedute") non cresce, ma ci viene semplicemente presentato come già provato dalla vita e dal suo dono; lo spettatore non può immedesimarsi.
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Si riduce, purtroppo, in una delusione lo spettacolo che offre Eastwood in questa sua ultima fatica.
Ferma l'ottima capacità di realizzare inquadrature - anche grazie alla professionalità di Stern - rimane un che di banale della trattazione di un tema tanto complesso e discusso.
L'aldilà e le sue possibili manifestazioni, è un soggetto tale per cui o si riesce a ridefinirne artisticamente i confini ovvero ci si adegua ad una sorta di "sentito dire". Tertium non datur.
Ed infatti, nel suo sviluppo il personaggio (a parte la stucchevole frase: "non faccio più sedute") non cresce, ma ci viene semplicemente presentato come già provato dalla vita e dal suo dono; lo spettatore non può immedesimarsi.
Cecile De France viene presentata come l'anello di congiunzione tra Matt Damon ed il pubblico che assiste alla causa della sua "conversione". Tuttavia, non è credibile la difesa della sua posizione e, almeno a giudizio di chi scrive, è più facile supportare che le dà poco credito rispetto a chi rende possibile la pubblicazione del suo libro (per inciso, la copertina del libro "Hereafter" ricorda molto la pubblicistica new age che ha invaso le nostre librerie non contribuendo, in realtà, ad accrescerne la qualità).
La storia dei fratellini Jason e Marcus è certamente toccante ma tende troppo a strappare la lacrima piuttosto che ad agganciarsi al resto della storia cui viene, invero artificiosamente, solamente avvicinata nelle scene finali.
Manca, inoltre, un ben che minimo accenno ad un'atmosfera metaforica: tutto viene presentato, nell'aldilà come nell'aldiqua, nello stesso modo, fatto salvo il facile espediente ottico alla "Incontri ravvicinati del terzo tipo".
Per concludere lo spazio delle critiche, doverose quando si parla di grandi registi, due ultime considerazioni.
La prima è relativa al riferimento a "La Zona Morta" di Stephen King in una versione certamente più poetica e, tuttavia, già vista e sentita.
La seconda sul finale. L'amore - intesa come coumune esperienza necessaria allo sviluppo di un rapporto intenso - che annulla il dolore come dimostra la stretta di mano finale "a somma zero" dell'ultima scena è francamente imperdonabile.
Note positive, si è detto, la fotografia e le scene girate a Londra con un'ottima gradazione di colori freddi (grigio e blu su tutti); inoltre, da kolossal è la scena che apre il film illudendo lo spettatore che vedrà, nel susseguirsi della pellicola, un anticlimax che dispiace.
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pietro viola
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domenica 9 gennaio 2011
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la paura mangia l'anima
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Un film appena più che discreto. Million dollar baby, gran torino, il capolavoro changeling sono molto lontani. Eppure la mano c'è, e si vede nei momenti in cui apre alla vertigine della ineluttabilità del male (la scena iniziale) o in qualche sprazzo sull'eterna possibilità di (auto)redenzione..manca però qualcosa. O forse c'è qualcosa di TROPPO: ecesso di programmaticità, eccesso di didascalismo, eccesso di pedagogia, eccesso di aderenza a forme semplici e rassicuranti (commuovere attraverso ciò che fa commuovere, atterrire attraverso ciò che fa atterrire...). Come se il vecchio clint abbia avuto PAURA: paura di andare fino in fondo, paura di essere impietoso per trovare l'essenza della pietà, paura di affondare la lama nella ferita infetta per tirarne fuori il pus.
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Un film appena più che discreto. Million dollar baby, gran torino, il capolavoro changeling sono molto lontani. Eppure la mano c'è, e si vede nei momenti in cui apre alla vertigine della ineluttabilità del male (la scena iniziale) o in qualche sprazzo sull'eterna possibilità di (auto)redenzione..manca però qualcosa. O forse c'è qualcosa di TROPPO: ecesso di programmaticità, eccesso di didascalismo, eccesso di pedagogia, eccesso di aderenza a forme semplici e rassicuranti (commuovere attraverso ciò che fa commuovere, atterrire attraverso ciò che fa atterrire...). Come se il vecchio clint abbia avuto PAURA: paura di andare fino in fondo, paura di essere impietoso per trovare l'essenza della pietà, paura di affondare la lama nella ferita infetta per tirarne fuori il pus..il rischio è la morte, ma il rischio più grande, tirandosi indietro, è solo quello di una lunga agonia...
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renato volpone
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lunedì 10 gennaio 2011
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il dolore del distacco
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Riprendendo un tema a lungo trattato dalla letteratura, il regista porta sul grande schermo la possibilità di una vita dopo la morte. Il film è costruito con grande abilità: ad esempio la scena iniziale dello Tzunami è bellissima, Gli attori sono convincenti. La storia si dipana da tre paesi differenti, Francia, Gran bretagna e Stati Uniti per portare nel finale tutti i protagonisti ad incontrarsi. Ben costruito, lascia comunque delle perplessità sulla rappresentazione dell'aldilà, difficile da rendere, ma forse troppo semplificata con immagini sdolcinate e defunti vestitissimi e tutti in fila ad aspettare i nuovi arrivi
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paoloviola
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giovedì 20 gennaio 2011
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il testamento di clint ?
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Forse a 80 anni ci si comincia a porre domande sempre più pressanti sul “dopo”, sarà per questo che il sempre più “classico “ Clint Eastwood gira un film su tre vite parallele che fatalmente vanno ad incrociarsi nel finale con i tre protagonisti il cui contatto a vari livelli con la morte cambierà la vita . Marie, giornalista famosa, in una sequenza iniziale veramente coinvolgente vive una esperienza di pre-morte durante lo tsunami in Tailandia durante la quale avrà visioni che rivoluzioneranno la sua vita, da quel momento in poi dedita alla conferma della esistenza di un aldilà.Marcus vive in simbiosi con il fratello gemello Jason, sua guida carismatica, la cui tragica scomparsa in un incidente seguita dall’abbandono della madre tossicodipendente getterà in una crisi totale.
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Forse a 80 anni ci si comincia a porre domande sempre più pressanti sul “dopo”, sarà per questo che il sempre più “classico “ Clint Eastwood gira un film su tre vite parallele che fatalmente vanno ad incrociarsi nel finale con i tre protagonisti il cui contatto a vari livelli con la morte cambierà la vita . Marie, giornalista famosa, in una sequenza iniziale veramente coinvolgente vive una esperienza di pre-morte durante lo tsunami in Tailandia durante la quale avrà visioni che rivoluzioneranno la sua vita, da quel momento in poi dedita alla conferma della esistenza di un aldilà.Marcus vive in simbiosi con il fratello gemello Jason, sua guida carismatica, la cui tragica scomparsa in un incidente seguita dall’abbandono della madre tossicodipendente getterà in una crisi totale. Marcus cercherà disperatamente qualcuno che possa metterlo in contatto con il fratellino scomparso. A questo punto George, ovvero Matt Damon, autore di una interpretazione straordinaria, funzionerà come racccordo tra tutti i personaggi, anche lui ha avuto una malattia che lo ha portato vicino alla morte, miracolosamente scampato è rimasto in possesso di un misterioso potere che gli permette tramite un contatto con le mani, di comunicare con i morti. Vedremo che questo potere sarà vissuto come una condanna a non avere una vita “normale”.
Eastwood ci presenta la morte in diversi modi, a causa di un cataclisma naturale , a causa delle tensioni sociali, per una malattia, per un incidente stradale, ci insegna a convivere con il dolore ed a intraprendere un cammino difficile che non viene superato se non con le diverse facce dell’amore, alla fine vedremo George che intenerito da Marcus, lo consolerà mettendolo in contatto con il fratello e verrà ricambiato dal bambino che gli darà la spinta decisiva per presentarsi a Marie, bellissimo sarà il bacio che George immagina con Marie, per la prima volta una visione del futuro e non di un passato di defunti.
L’esperienza estrema, sembra voler dire il regista, ci prova fino a farci rimanere “morti” anche se restiamo vivi, allora ci vuole uno scossa per “vivere” davvero e comprendere del bisogno di un amore, un amicizia, perché comunque da soli non ce la facciamo. Il film non annoia mai, ha il pregio di una scena iniziale veramente potente ( con la prima volta per Eastwood di importanti effetti speciali ) ed un finale magistrale con tanto di ripresa circolare della macchina da presa di leoniana memoria.
In mezzo a tanti complimenti qualche pecca si trova nella sceneggiatura del pur titolato Peter Morgan ( premio oscar per The Queen ) non sempre l’intreccio tra le vite dei protagonisti è perfetto ma nel complesso Hereafter rimane un ottimo film in cui la cifra poetica e stilistica dello ottuagenario, splendido regista, si sente tutta.
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italink
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venerdì 7 gennaio 2011
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niente di che
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Non è all'altezza dei soliti film di Clint Eastwood. Assolutamente non altezza delle aspettative e nemmeno degli ultimi film del grande regista.
Bellissima la regia, come al solito. Belli i movimenti e la scenografia, meno la fotografia che è cmq impeccabile per quasi tutto il film: 129minuti.
Ruoli non ben delineati e finale più che scontato. No, niente di che.
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qiovanni
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martedì 25 gennaio 2011
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bel film. scorrevole ma non eccezionale.
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Non è un film di fantascienza, non elargisce teorie occulte. Molto scorrevole, per nulla noioso, bravi gli attori. Insomma non è un sui morti, ma è un bel film sui vivi.
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