|
|
roga.g
|
giovedì 6 gennaio 2011
|
80 anni per un altro capolavoro
|
|
|
|
La vita è fato o scelte individuali , si può guidare il destino o quello che deve accadere è già scritto ?. Clint si pone non solo la domanda "cosa c'è dopo? " ma anche quella se i nostri percorsi sono tracciati o liberi di essre percorsi in base alle nostre scelte . La scena del cappellino che cadendo salva la vita del ragazzo è l'emblema di queste domande. Clint confeziona un gioiello di opera , con qualche leggera sbavatura, ma in questo momento rasenta la perfezione peri come devono essere fatti i film . Domande sospese a cui ognuno di noi deve dare soluzione. La sofferenza che tempra gli animi e che rende il nostro compito su questa terra produttivo.
[+]
La vita è fato o scelte individuali , si può guidare il destino o quello che deve accadere è già scritto ?. Clint si pone non solo la domanda "cosa c'è dopo? " ma anche quella se i nostri percorsi sono tracciati o liberi di essre percorsi in base alle nostre scelte . La scena del cappellino che cadendo salva la vita del ragazzo è l'emblema di queste domande. Clint confeziona un gioiello di opera , con qualche leggera sbavatura, ma in questo momento rasenta la perfezione peri come devono essere fatti i film . Domande sospese a cui ognuno di noi deve dare soluzione. La sofferenza che tempra gli animi e che rende il nostro compito su questa terra produttivo. Si vive per progradire spiritualmente , nel bene e nel male. Amore e sofferenza , felicità e disperazione, in questo capolavoro di opera. Ad maiora
[-]
|
|
|
[+] lascia un commento a roga.g »
[ - ] lascia un commento a roga.g »
|
|
d'accordo? |
|
|
|
club dei cuori solitari
|
venerdì 7 gennaio 2011
|
hereafter
|
|
|
|
"Futuro", "Avvenire", "Il mondo di là" sono i termini che escono cercando questa parola. Sebbene sia risaputo che l'ultimo film di Clint Eastwood parli dell'aldilà, trovo che tutti e tre si sposino bene con Hereafter. È ammirevole, sempre e soprattutto, nel cinema di Clint, l'essere ramingo nei vari territori sconfinati di tutti i generi. Come Howard Hawks, che poteva dirigere James Cagney così come delle marionette, anche il più classico dei registi oggi in circolazione ama variare il tema, passando dal film sportivo a quello di guerra, dal biografico al poliziesco, dalla fantascienza al thriller, mantenendo fissa soltanto l'acutezza e la delicatezza del suo sguardo.
[+]
"Futuro", "Avvenire", "Il mondo di là" sono i termini che escono cercando questa parola. Sebbene sia risaputo che l'ultimo film di Clint Eastwood parli dell'aldilà, trovo che tutti e tre si sposino bene con Hereafter. È ammirevole, sempre e soprattutto, nel cinema di Clint, l'essere ramingo nei vari territori sconfinati di tutti i generi. Come Howard Hawks, che poteva dirigere James Cagney così come delle marionette, anche il più classico dei registi oggi in circolazione ama variare il tema, passando dal film sportivo a quello di guerra, dal biografico al poliziesco, dalla fantascienza al thriller, mantenendo fissa soltanto l'acutezza e la delicatezza del suo sguardo. Questo gli ha dato un'esperienza unica, e la capacità di raccontare qualsiasi cosa senza trovare difficoltà. È divenuto anche molto più pessimista e drammatico negli ultimi anni, abbandonando quasi del tutto i toni da commedia in cui pur si era avventurato negli scatenati anni di gioventù (registica). È diventato oscuro come i tagli d'ombra di Tom Stern, che prima in veste di elettricista, poi di operatore, e infine di direttore della fotografia (succedendo a Bruce Surtees e Jack N. Green, che ha fatto il suo stesso percorso) è il più vecchio compagno di viaggio che abbia sul set. Le decadi passano, ne è appena terminata una, e sebbene non sembri intaccare la vitalità e la produttività di Eastwood, il tempo passa anche per lui, che giunto ad un certo punto sembra volersi dedicare non solo al passato, della guerra, della società e della sua icona; ma anche al futuro, a ciò che lo aspetta, ciò che aspetta tutti noi.
Un film spirituale insomma, metafisico, e Clint può tirare un'altra linea sulle cose da fare. Non ne restano molte. Anche considerando che si ostina a voler curare pure le musiche, generando così un effetto di già sentito ogni volta che parte la colonna sonora, che si ripete con minime variazioni sin da Million Dollar Baby.
Ha però la grande intelligenza di affidarsi sempre a dei validi sceneggiatori, e se con il sopravvalutato Paul Haggis ed il grande Brian Helgeland gli è andata bene, mentre con Nick Shenck a mio avviso è andata malissimo, questa volta è andato sul sicuro reclutando Peter Morgan, uno dei migliori sul mercato. Lo scrittore de L'ultimo Re di Scozia, nonché di tutti quei film dove compare Michael Sheen nelle vesti di Tony Blair, ambienta una delle tre storie della vicenda nella sua Londra, l'altra a Parigi e l'altra a San Francisco. Intreccia i destini di un ragazzino che ha perso l'amato fratello, un sensitivo che soffre per via del suo dono, e una giornalista che in seguito ad uno tsunami è morta per qualche istante prima di tornare in vita. Sono storie ben scritte che continuano ma non evolvono, perché in realtà non possono portare da nessuna parte. Come tutti i bravi drammaturghi Morgan ci gioca attorno, ma alla fine la domanda "Che cosa c'è nell'aldilà? Che cosa avviene dopo la morte?" non trova risposta. E del resto come potrebbe? Nell'ultima scena il sensitivo George (Matt Damon, bravo come sempre) smette di vedere i fantasmi e comincia a vedere il futuro, quello prossimo, che lo riguarda. Il suo personale avvenire, l'unica cosa che dovrebbe interessargli. Godiamocela finché si può.
Eastwood porta a casa un film rispettoso ed equilibrato, in cui spiccano un'attrice bravissima: Cécile de France, e l'incredibile scena iniziale della catastrofe naturale. Un pezzo di cinema catastrofico in cui Clint si inserisce da novellino ed in cui subito primeggia. Si dimostra tra l'altro coraggioso, usando largamente gli effetti speciali come aveva osato solo in Space Cowboys, e uscendo dai consueti confini americani per ambientare gran parte della storia in Europa, e non solo, facendo di fatto fruire un terzo del film in lingua francese sottotitolata. Ormai non dovremmo più stupirci, eppure io continuo a farlo di fronte a quest'ex straniero senza nome, quest'antico pezzo di granito del cinema americano, che più invecchia più diventa delicato e romantico.
Hereafter è un film dove l'aldilà si scorge appena, in pochi rapidi e incerti flash, ma dove si vede e si parla della nostra vita, con partecipazione e umanità, come ama fare Clint.
[-]
|
|
|
[+] lascia un commento a club dei cuori solitari »
[ - ] lascia un commento a club dei cuori solitari »
|
|
d'accordo? |
|
|
|
loriabruzzo
|
sabato 8 gennaio 2011
|
imperdibile
|
|
|
|
Assolutamente imperdibile. Il tema di cosa c'è oltre la morte viene trattato con una semplicità e profondità fuori dal comune. Non ci sono riferimenti religiosi ed il tutto è di un realismo e di una coerenza assoluti. Gli attori sono fantastici. Le immagini bellissime e sempre ampie (penso sia stato usato massicciamnte il grandangolo). L'emozione in alcuni momenti è forte, intensa, partecipativa. Se aspettavate un bel film per andare al cinema, eccolo. Correte a vederlo. Ne vale assolutamente la pena. Non dimenticate qualche fazzolettino per la lacrimuccia. Buona visione.
|
|
|
[+] lascia un commento a loriabruzzo »
[ - ] lascia un commento a loriabruzzo »
|
|
d'accordo? |
|
|
|
federico
|
martedì 11 gennaio 2011
|
la vita è bella
|
|
|
|
E' un argomento la morte difficilmente accessibile ad una critica che non sia ancor piu' strettamente personale e con valenza assolutamente soggettive. Da qui in poi il film e girato da Dio e la musica(sempre di Clint) è stupenda, con finale titpicamente"americano". A parer mio nessuno film , libro, religione, o argomentazione varie, ci faranno cambiare idea che la vita è decisamente meglio di qualsiasi mondo supposto dell'aldila'.
|
|
|
[+] lascia un commento a federico »
[ - ] lascia un commento a federico »
|
|
d'accordo? |
|
|
|
olgadik
|
venerdì 14 gennaio 2011
|
un diverso clint
|
|
|
|
Argomenti come questi affrontati dal vecchio leone americano nel film sono di quelli che imbarazzano e insieme attraggono. Ci riguardano direttamente, anche se ognuno li affronta secondo la sua esperienza e formazione. Tutti, almeno una volta, ci siamo interrogati sul mistero della morte, sulla relazione tra questa e la vita, sui meccanismi profondi che una perdita induce nelle persone. A maggior ragione è logico che lo faccia un regista che non smette di stupirci alla soglia degli ottantuno anni e che ha già in preparazione un altro film. Direi che la mano del maestro nel manovrare con fluida naturalezza la macchina da presa non ha subito grossi mutamenti; il montaggio è efficace come sempre, tutto si svolge in un continuum fatto di tecnica e scrittura.
[+]
Argomenti come questi affrontati dal vecchio leone americano nel film sono di quelli che imbarazzano e insieme attraggono. Ci riguardano direttamente, anche se ognuno li affronta secondo la sua esperienza e formazione. Tutti, almeno una volta, ci siamo interrogati sul mistero della morte, sulla relazione tra questa e la vita, sui meccanismi profondi che una perdita induce nelle persone. A maggior ragione è logico che lo faccia un regista che non smette di stupirci alla soglia degli ottantuno anni e che ha già in preparazione un altro film. Direi che la mano del maestro nel manovrare con fluida naturalezza la macchina da presa non ha subito grossi mutamenti; il montaggio è efficace come sempre, tutto si svolge in un continuum fatto di tecnica e scrittura. Solo due elementi cambiano rispetto alle opere precedenti: l’uso all’inizio degli effetti speciali per descrivere un rovinoso tsunami e la struttura del racconto che segue tre vite parallele in luoghi lontani e diversi, destinati alla fine ad incontrarsi. Nessuno dei due è nuovo nel cinema americano. Del primo si fa costante abuso in filmacci tutti uguali e assolutamente improponibili anche nel genere fantascienza; del secondo si è fatto uso in opere di vario valore, alcune molto interessanti (cito per tutte Crash, Babel e America oggi). Ma agli effetti speciali Eastwood dà un significato pregnante anche perché il fenomeno naturale di riferimento esiste e si è verificato nella realtà di recente; usando invece la struttura frammentata, i cui pezzi si ricompongono alla fine, ha voluto sottolineare come in luoghi diversi e lontani le reazioni di fronte a certe domande siano molto simili per tutti. Le vite al centro del racconto hanno in comune esperienze estreme rispetto alla morte. La giornalista francese Marie Lelay l’ha vista, il ragazzino inglese Marcus la subisce senza trovare pace dopo la fine accidentale del suo gemello, George, un sensitivo americano che riesce a mettersi in contatto con i morti degli altri, a furia di condivisione ha sentito la sua esistenza invasa dal dolore. Per tale motivo ha smesso di utilizzare quel “dono” - per lui una condanna – e ha scelto di fare una vita normale. Nel corso del racconto i personaggi vengono inquadrati ognuno nella città dove vive, con una fotografia nitida e allusiva nel ritagliare gli spazi più adatti a qualificare il tipo di vita di ciascuno. Sullo sfondo di queste esistenze colpite in vario modo, c’è il rapporto difficile con l’aldilà inteso come presenza o come assenza. Il regista non fa l’errore di offrire soluzioni al riguardo ma presenta il problema da vari punti di vista. C’è chi sostiene che la morte azzera tutto, chi studia e affronta scientificamente i fenomeni paranormali e le mutazioni del cervello umano durante il coma, scrivendo al riguardo su pubblicazioni scientifiche. C’è chi sfrutta i bisogni di interrogare la morte e l’aldilà a livello di puro guadagno, da cinico ciarlatano. C’è infine chi mette al servizio dell’altro una facoltà difficile da vivere nella realtà ma consolatoria per il suo prossimo. Come uscirne? L’unico scioglimento che Eastwood offre a tali domande è di abbandonare il passato, abitato da una perdita o da un evento traumatico come il coma, per un futuro che può avere il sapore dell’amore e di nuovi affetti. Se non possiamo esplorare più di tanto l’aldilà del confine possiamo riappropriarci con energia e tenerezza dell’aldiquà. Gli attori sembrano tutti all’altezza del compito; in particolare lo sono le due protagoniste femminili. Belle e diverse, l’una solare e diretta, l’altra vibratile come un cerbiatto. Commovente anche il risultato del piccolo sensibilissimo Marcus. Tra i limiti del film citerei un eccesso di lacrime e momenti patetici, appannaggio, come spesso avviene, di personaggi non adulti. Anche il finale mi è apparso un po’ meccanico e frettoloso, perché l’approccio tra i due protagonisti adulti, da lontanissimo si fa precipitoso e poco plausibile nel suo immediato volgere in sentimento amoroso. Ma a un regista così qualche smagliatura si può perdonare.
[-]
|
|
|
[+] lascia un commento a olgadik »
[ - ] lascia un commento a olgadik »
|
|
d'accordo? |
|
|
|
paride86
|
lunedì 17 gennaio 2011
|
buono
|
|
|
|
"Hereafter", come dice il titolo, è un film sull'aldilà. Si dipana in tre filoni con altrettanti protagonisti, uno francese, uno americano e un ultimo inglese, le cui storie sono destinate ad incrociarsi.
Clint Eastwood realizza un film molto sincero e genuino sul tema della morte e del paranormale, senza cadere in facili cliché
(se si esclude la scena in cui al ragazzino cade il cappello: gesto che successivamente sarà attribuito al gemellino deceduto).
Ciò significa che evidentemente - anche considerando l'età - si tratta di un argomento che gli interessa e che gli sta a cuore. Tuttavia, secondo me, si tratta di un film riuscito solo in parte: l'andamento è un po' lento e si sente l'assenza di una colonna sonora che sottolinei alcuni momenti cardine della storia.
[+]
"Hereafter", come dice il titolo, è un film sull'aldilà. Si dipana in tre filoni con altrettanti protagonisti, uno francese, uno americano e un ultimo inglese, le cui storie sono destinate ad incrociarsi.
Clint Eastwood realizza un film molto sincero e genuino sul tema della morte e del paranormale, senza cadere in facili cliché
(se si esclude la scena in cui al ragazzino cade il cappello: gesto che successivamente sarà attribuito al gemellino deceduto).
Ciò significa che evidentemente - anche considerando l'età - si tratta di un argomento che gli interessa e che gli sta a cuore. Tuttavia, secondo me, si tratta di un film riuscito solo in parte: l'andamento è un po' lento e si sente l'assenza di una colonna sonora che sottolinei alcuni momenti cardine della storia.
E' comunque un film commovente e ben girato, seppur con pigrizia: Eastwood si affida agli effetti speciali e non ci regala nemmeno un pianosequenza, ma solo continui stacchi di brevi inquadrature.
Molto bravi gli attori.
[-]
|
|
|
[+] lascia un commento a paride86 »
[ - ] lascia un commento a paride86 »
|
|
d'accordo? |
|
|
|
emilio zampieri
|
lunedì 17 gennaio 2011
|
eastwood resta troppo... aldiqua
|
|
|
|
Lo stile inconfondibile di Clint Eastwood vale sempre una visione. Abituati, come siamo, a ricevere in abbondanza e secondo gusti prestabiliti, è salutare vedere un film dove i personaggi non sono necessariamente buoni o cattivi (oppure, buoni e poi cattivi, o viceversa). Dove tutto ciò che accade sullo schermo non è strettamente necessario allo svolgimento della trama. Dove non sempre (anzi, raramente) il ritmo corre, ma spesso cammina; e dove l’emozione affiora asciutta, invece di inondarci di lacrime. Insomma, anche Hereafter è un film dallo stile “eastwoodiano”, dove si lavora per sottrazione. Purtroppo, però, qui si è sottratto anche sul contenuto.
[+]
Lo stile inconfondibile di Clint Eastwood vale sempre una visione. Abituati, come siamo, a ricevere in abbondanza e secondo gusti prestabiliti, è salutare vedere un film dove i personaggi non sono necessariamente buoni o cattivi (oppure, buoni e poi cattivi, o viceversa). Dove tutto ciò che accade sullo schermo non è strettamente necessario allo svolgimento della trama. Dove non sempre (anzi, raramente) il ritmo corre, ma spesso cammina; e dove l’emozione affiora asciutta, invece di inondarci di lacrime. Insomma, anche Hereafter è un film dallo stile “eastwoodiano”, dove si lavora per sottrazione. Purtroppo, però, qui si è sottratto anche sul contenuto. O meglio, l’impressione è che Eastwood non avesse ben chiaro di cosa parlare. E se l’aveva, questo non è arrivato a chi scrive.
Di cosa parla il film? Parla della solitudine e della difficoltà di vivere in società di un “diverso”; di una persona a cui non è concesso di vivere, per così dire, in superficie, come tutti facciamo per la maggior parte del nostro tempo. Il sensitivo George (un controllatissimo Matt Damon) fa fatica perfino a concedersi il lusso di un banale corso di cucina. Il film parla degli effetti nefasti dell’Illuminismo, che ci ha dato la fiducia nel raziocinio ma ci ha tolto l’umiltà di credere a ciò che non possiamo dimostrare. La giornalista Marie perde fama, credibilità e compagno dopo aver dichiarato pubblicamente di aver vissuto un’esperienza borderline con la morte. Il piccolo Marcus (George McLaren) non sa elaborare il lutto del fratello-gemello morto in un incidente: la rapida trasformazione della vita in morte, e la difficoltà di staccarsi dalla morte per vivere.
Insomma, di cosa parla Hereafter? Parla di tutto questo, eppure non mette a fuoco nulla. Non c’è un discorso articolato. Stile senza vero contenuto, poesia senza vera sostanza: più che un film pare una serie di pennellate impressionistiche legate da un argomento comune. Il tema dell’aldilà è già di per sé difficilissimo da trattare, e non si capisce bene perché Eastwood lo abbia scelto (metafora dell’aldiqua? Mah…), se, come fa, lo avvicina con reverenziale timore ed estrema discrezione e cautela. E poi, il ritmo è fin troppo blando, e del tutto inutili (e fuori luogo) sono la spettacolare scena dello tsunami e le visualizzazioni dei defunti. Per mettere tutto in discussione e sfornare capolavori Eastwood ha bisogno di temi “solidi”, concreti, come dimostra Million Dollar Baby. Hereafter resta vittima dell’argomento che vuole trattare (o solo usare, non importa): diventa impalpabile come l’idea dell’aldilà.
[-]
|
|
|
[+] lascia un commento a emilio zampieri »
[ - ] lascia un commento a emilio zampieri »
|
|
d'accordo? |
|
|
|
catia p.
|
domenica 23 gennaio 2011
|
hereafter – capolavoro mancato
|
|
|
|
Nonostante la grandissima commozione e il grande coinvolgimento che questa pellicola sa suscitare, Hereafter non è privo di difetti.
Come già per il precedente Invictus, noi fan del grande vecchio Clint, rischiamo di uscire dal cinema dicendo: “Beh...non è Gran Torino.”
Traduzione: non è quel capolavoro che potevamo aspettarci.
Su un piatto della bilancia mettiamo innanzi tutto quello che c'è di buono e, a ben vedere, troviamo parecchi ingredienti, ognuno di qualità sopraffina.
[+]
Nonostante la grandissima commozione e il grande coinvolgimento che questa pellicola sa suscitare, Hereafter non è privo di difetti.
Come già per il precedente Invictus, noi fan del grande vecchio Clint, rischiamo di uscire dal cinema dicendo: “Beh...non è Gran Torino.”
Traduzione: non è quel capolavoro che potevamo aspettarci.
Su un piatto della bilancia mettiamo innanzi tutto quello che c'è di buono e, a ben vedere, troviamo parecchi ingredienti, ognuno di qualità sopraffina.
L'inizio del film è travolgente, proprio come lo tsunami messo in scena.
Ci sembra di vivere quegli attimi di panico assoluto come la protagonista. Un gigantesco fiume d'acqua ci trascina via insieme a lei.
Brandelli di “realtà” vengono colti un po' in soggettiva un po' no, con un mirabile impatto d'insieme (grazie a regia/effetti speciali/montaggio/suoni) che porta la nostra compartecipazione a livelli quasi intollerabili, tanto che ci ritroviamo come Marie (giornalista francese vittima della catastrofe) sopraffatti e sospesi tra la vita e la morte.
Questo incipit spettacolare, con la mano felice di Eastwood che si estende anche su una grandiosa scena d'esterno, ci introduce in realtà ad film di introspezione, silenzi, solitudine e mistero dove la storie di tre vite (Marie la sopravvissuta, Marcus il gemello spaiato e George il sensitivo) sono fatalmente portate ad incrociare i loro destini.
La vita dopo la morte e il possibile ritorno da quest'ultima (Near-Death Experiences) è il pretesto per unire queste vite, così distanti tra loro sia geograficamente (Parigi, Londra e San Francisco) che umanamente (lei brillante ricca e famosa, il bimbo con gravi problemi familiari, il sensitivo in profonda crisi esistenziale).
E' questo che contribuisce a sbilanciare l'attenzione dello spettatore.
Da un lato, in special modo nel primo tempo, il film prosegue magistralmente, lasciandoci il tempo di assaporare tutto il gusto dell'introspezione che sa ispirarci, con classe, eleganza, grande emozione.
Dall'altro, crea grandi aspettative, come grandi sono i dubbi e le domande su cui ci induce a riflettere, per poi disattenderle nel secondo tempo con in più un finale che, a parer mio, arriva troppo presto.
Intendiamoci: è un grande pregio di questa pellicola presentare (e con lo stile meraviglioso di Eastwood) determinati argomenti e non è certo compito del regista rispondere pedagogicamente a siffatti misteri.
Ma l'assenza di un buon quarto d'ora di film per scavare ancora più a fondo pesa sulla citata bilancia come un macigno.
Sul fatto che poi la conclusione “di maniera” fosse l'unica possibile si potrebbe ancora discutere: di sicuro era l'unica auspicabile sia per l'ottimo e convincente Matt Damon (Gerogre il solitario) che per la bella e brava Cécile De France (Marie la rinata).
[-]
|
|
|
[+] lascia un commento a catia p. »
[ - ] lascia un commento a catia p. »
|
|
d'accordo? |
|
|
|
lucamocine
|
martedì 25 gennaio 2011
|
la solitudine dell'essere vivente
|
|
|
|
Beata solitudo. Nasciamo soli, moriamo soli e spesso nella nostra breve esperienza di vita siamo soli anche quando intorno a noi c'è tanta gente. Il buon Eastwood anche questa volta sfiora il capolavoro. Tre anime "viventi" cercano di sconfiggere l'angoscia della loro solitudine cercando conforto e soprattutto risposte a ciò che ogni giorno tutti diamo per scontato: la vita. Per ciascuno di loro l'incipit è doloroso: ciascuno dei protagonisti deve avvicinarsi molto alla morte, per assurdo viverla, per poi cercare il proprio senso della vita. Allora i nostri 3 protagonisti si mettono alla ricerca di risposte in assoluta solitudine.
[+]
Beata solitudo. Nasciamo soli, moriamo soli e spesso nella nostra breve esperienza di vita siamo soli anche quando intorno a noi c'è tanta gente. Il buon Eastwood anche questa volta sfiora il capolavoro. Tre anime "viventi" cercano di sconfiggere l'angoscia della loro solitudine cercando conforto e soprattutto risposte a ciò che ogni giorno tutti diamo per scontato: la vita. Per ciascuno di loro l'incipit è doloroso: ciascuno dei protagonisti deve avvicinarsi molto alla morte, per assurdo viverla, per poi cercare il proprio senso della vita. Allora i nostri 3 protagonisti si mettono alla ricerca di risposte in assoluta solitudine. La risposta arriva, e per tutti e tre è la stessa: l'angoscia di vita che li attanaglia viene sconfitta dalla consapevolezza della propria solitudine. In questa consapevolezza raggiungere la felicità.
[-]
|
|
|
[+] lascia un commento a lucamocine »
[ - ] lascia un commento a lucamocine »
|
|
d'accordo? |
|
|
|
diego p.
|
venerdì 28 gennaio 2011
|
l'aldilà visto con eleganza e curiosità
|
|
|
|
HEREAFTER
Voto: 7/8
Il racconto dell'aldilà in questo film avviene attraverso tre storie completamente diverse che hanno però un comune denominatore: la morte.
Da una parte Marie una giornalista francese che scampata alla tragedia dello tsunam...i dovrà rivedere tutto nella sua vita, dall'altra Markus un bambino che alla perdita del fratello gemello cercherà risposte e conforto in ciarlatani e truffatori, poi c'è George Lonegan (Matt Damon) un sensitivo che non vuole più aver a che fare con il suo dono, dono che lui vede come una condanna, un fardello che gli impedisce di avere repporti normali con le persone.
[+]
HEREAFTER
Voto: 7/8
Il racconto dell'aldilà in questo film avviene attraverso tre storie completamente diverse che hanno però un comune denominatore: la morte.
Da una parte Marie una giornalista francese che scampata alla tragedia dello tsunam...i dovrà rivedere tutto nella sua vita, dall'altra Markus un bambino che alla perdita del fratello gemello cercherà risposte e conforto in ciarlatani e truffatori, poi c'è George Lonegan (Matt Damon) un sensitivo che non vuole più aver a che fare con il suo dono, dono che lui vede come una condanna, un fardello che gli impedisce di avere repporti normali con le persone. Queste storie seppur distanti prima o poi si incroceranno dando una sfumatura cosi delicata e allo stesso cosi intima del mondo dell'aldilà, è un film che fa riflettere, come sempre accade negli ultimi film di Clint Eastwood, è un film che non si fa mettere fretta, al contrario, i toni del regista sono pacati nonostante debba alternare 3 storie, a volte la nostra abitudine, ai film in cui in 5 min accade di tutto, vorrebbe premere sull'acceleratore ma si perderebbe quell'essenza che Clint Eastwood ha voluto dare al film, molto simile alla seconda parte di The Million Dolalr Baby.
Come al solito la fotografia è stata affidata allo storico compagno di avventure di Eastwood: Tom Stern, che però questa volta non mi ha convinto molto.
La nomination all'oscar per gli effetti visivi sincermanete mi è sembrata un pò esagerata, sarà forse un contentino dell'Academy visto che non scorre molto buon sangue con il regista??
Contentino o no continuo a pensare che al momento Clint Eastwood sia fra i migliori registi Hollywodiani, un libertario progressista, come ama definirsi, che non ha alcuna paura di usare uno stile classico. (penso ad esempio a Flags Of Our Fathers).
Un buon Matt Damon che dopo Invictus torna a lavorare con Eastwood, e non ha caso fra le sue migliori interpretazioni che vanno oltre all'essere un bel biondino, complimenti per Frankie McLaren, interpretante il bambino che subisce la peridta del fratello, davvero un ottimo debutto.
Film che consiglio a tutti coloro che non hanno fretta e non cercano per forza risposte dal cinema!
[-]
|
|
|
[+] lascia un commento a diego p. »
[ - ] lascia un commento a diego p. »
|
|
d'accordo? |
|
|
|