theconformist
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martedì 8 febbraio 2011
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hereafter: premesse (quasi) mantenute
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Tre storie in tre diversi paesi del mondo, un denominatore comune: la morte come esperienza ignota ed inspiegabile. Matt Damon (intenso e convincente) è un medium americano che maledice il proprio dono, Cecile De France una giornalista francese che ha avuto un incontro ravvicinato con l'aldilà, George Mclaren un ragazzino orfano, con madre tossica e sevizi sociali incombenti, che perde il proprio gemello in una Londra sconvolta dagli attentati terrortistici. Hereafter è un film egregiamente diretto dal sempreverde Clint, ben recitato da un cast convincente (Matt damon su tutti), ma caratterizzato una sceneggiatura che non si prende le proprie responsabilità. Niente a che vedere, insomma, con film come Mystic river, Gran Torino o Million Dollar Baby.
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Tre storie in tre diversi paesi del mondo, un denominatore comune: la morte come esperienza ignota ed inspiegabile. Matt Damon (intenso e convincente) è un medium americano che maledice il proprio dono, Cecile De France una giornalista francese che ha avuto un incontro ravvicinato con l'aldilà, George Mclaren un ragazzino orfano, con madre tossica e sevizi sociali incombenti, che perde il proprio gemello in una Londra sconvolta dagli attentati terrortistici. Hereafter è un film egregiamente diretto dal sempreverde Clint, ben recitato da un cast convincente (Matt damon su tutti), ma caratterizzato una sceneggiatura che non si prende le proprie responsabilità. Niente a che vedere, insomma, con film come Mystic river, Gran Torino o Million Dollar Baby. Manca infatti d'ambiguità - il che suona come un ossimoro in relazione al tema portante del film -, scadendo in un finale che rischia fortemente il patetismo e non è all'altezza di una prima parte molto promettente (splendida la sequenza dello tsunami). Un film che fa piacere vedere, i film da non perdere sono altri però.
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navoce
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domenica 9 gennaio 2011
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bel colpo clint.
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La vita e la morte,messe su due piatti della bilancia,legate da un filo delicato e sottile...Mette in risalto la vita e la curiosità di sapere cosa c'è dopo,lo fa in modo elegante,senza forzare troppo..E' l'impotanza della vita ad avere la meglio,l'unica scelta possibile..Film ottimo,buone le interpretazioni,un pochino meno i dialoghi,sintetici ed essenziali ...Consigliato.
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tritono
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domenica 9 gennaio 2011
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film gradevole ma non convincente.
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Il film è diretto con mano sicura e leggera. Forse un tantino di autocompiacimento ha condotto Eastwood a tralasciare quel meticoloso lavoro di lima
che gli ha procurato tanta ammirazione nella serie straordinaria degli ultimi film. Ma la pellicola nel complesso è gradevole, anche se più "commovente" che "emozionante" La spiritual story contenuta non porta da nessuna parte: né ad una pur opinabile adesione a vaghi concetti come aldilà, premonizioni,visioni, né ad una vera risoluzione di questi vecchi cliché verso una interpretazione esistenziale e psicologica. Il regista (o forse sarebbe più giusto dire lo sceneggiatore) resta con il piede in due staffe, costringendo lo spettatore bendisposto ad assolverlo con una forzosa interpretazione in chiave simbolica.
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Il film è diretto con mano sicura e leggera. Forse un tantino di autocompiacimento ha condotto Eastwood a tralasciare quel meticoloso lavoro di lima
che gli ha procurato tanta ammirazione nella serie straordinaria degli ultimi film. Ma la pellicola nel complesso è gradevole, anche se più "commovente" che "emozionante" La spiritual story contenuta non porta da nessuna parte: né ad una pur opinabile adesione a vaghi concetti come aldilà, premonizioni,visioni, né ad una vera risoluzione di questi vecchi cliché verso una interpretazione esistenziale e psicologica. Il regista (o forse sarebbe più giusto dire lo sceneggiatore) resta con il piede in due staffe, costringendo lo spettatore bendisposto ad assolverlo con una forzosa interpretazione in chiave simbolica. Notevolissima la scena dello tsunami e alcune piccole chicche, come la descrizione piuttosto ironica del clima morale dell'emittente televisiva dove lavora una delle protagoniste (con il suo direttore-compagno ben dipinto come un tipo di progressista chic cui in realtà interessano solo gli ascolti). Bella la storia dei gemelli.
Appunto sulla musica: nei titoli si legge "Music by C. Eastwood" che avrà pur scritto qualche (modesto) commento musicale, che però è abbondantemente mixato alle note straordinarie del Concerto n. 2 di Rackmaninov (questo pero è solo riconosciuto verso la fine dei titoli, quelli che scorrono quando la sala è vuota).
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aesse
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lunedì 10 gennaio 2011
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la gioia di " togliersi i guanti"
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SU “ HEREAFTER”: LA GIOIA DI “TOGLIERSI I GUANTI”
Succede a volte che il procedere degli anni, accumulare passato alle spalle, esperienza e vita, non produca inesorabilmente vecchiaia che è generalmente antitetica alla facilità, semplicità, mi viene da dire bonarietà, caratteristiche con le quali è stato portato a compimento “ HEREAFTER”.
Ci fa di certo piacere che portatore di tali rare prerogative sia quel gran figo di Clint Eastwood della cui memorabile fisicità piuttosto che della sua anima siano, nonostante le ormai infinite prove di essa, segnati, al fine di superare il pregiudizio, purtroppo ancora in vigore, per cui una grande anima difficilmente sia ad appannaggio di chi abbia un fisico un tempo bellissimo.
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SU “ HEREAFTER”: LA GIOIA DI “TOGLIERSI I GUANTI”
Succede a volte che il procedere degli anni, accumulare passato alle spalle, esperienza e vita, non produca inesorabilmente vecchiaia che è generalmente antitetica alla facilità, semplicità, mi viene da dire bonarietà, caratteristiche con le quali è stato portato a compimento “ HEREAFTER”.
Ci fa di certo piacere che portatore di tali rare prerogative sia quel gran figo di Clint Eastwood della cui memorabile fisicità piuttosto che della sua anima siano, nonostante le ormai infinite prove di essa, segnati, al fine di superare il pregiudizio, purtroppo ancora in vigore, per cui una grande anima difficilmente sia ad appannaggio di chi abbia un fisico un tempo bellissimo.
Invece anche questa volta, soprattutto questa volta, Eastwood nonostante l’età incipiente e il tema guida del film riesce a trattare il tutto con facilità, semplicità, bonarietà, prova non ovvia trattandosi di un racconto sulla morte che appellandosi alle suddette qualità narrative si propone come l’esempio più felice mai raccontato con il cinema. Niente turba un equilibrio e un ritmo che è evidente fino dalle prime scene di cui quella iniziale dello tzunami indonesiano molto spettacolare e terrorizzante ma nonostante il suo evidente peso in armonia con il resto. Resto che è la quiete dopo la tempesta, quiete nella quale niente sarà più come prima del passaggio della tempesta ma…meglio…Questo film ci dice di avere fiducia nei confronti di ciò che ci sarà dopo, anche dopo la morte confidando nelle grandi prerogative spesso nascoste e inutilizzate degli uomini. Prerogative ben espresse in George uno dei tre protagonisti del film, dickensiano di ferro, poi c’è Marie, giornalista francese di successo miracolosamente sfuggita alla morte e Marcus, fragile gemello dodicenne sdoppiato causa morte del gemello Jason. George è un sensitivo che non vive serenamente queste sue qualità specifiche e spesso ob torto collo aiuta gli altri ad entrare in contatto con le anime dei loro morti, difficile da credere! Meno invece lo è attribuirgli capacità che gli permettano di entrare in contatto con ciò che i vivi interpellanti, sottociutamente e attribuendolo al loro caro scomparso, vogliono e sperano. E’ il caso di Marcus che dopo una seduta con George, tanto ricercata, se ne torna a casa doppio, cioè intero, quindi più forte e più felice. Sarà di sicuro più felice George che attraverso l’incontro e forse l’amore con Marie che nel frattempo avrà utilizzato la sua esperienza per dare una svolta virtuosa ala sua vita, prova la gioia di “togliersi i guanti” tocca sente ed esprime liberamente la propria natura ed è questa, secondo me, indipendentemente dal tema utilizzato, la vocazione di questo film e la sua più giusta chiave di lettura. Quindi la trattazione dell’argomento del dopo morte è un treno come un altro per arrivare ad affermare quanto sia un sacrilegio inperdonabile rinunciare all’espressione totale e più alta di noi stessi, che va sempre perseguito, senza limiti di età, come fa Clint che ad ogni film sempre più ci meraviglia e soddisfa cresce ed esprime se stesso sempre più come in questa sua ultima opera in cui supera degnamente un cimento così difficile senza scadere né nel bizzarro né nel sentimentale. Lo fa consegnandoci l’ennesimo capolavoro che scivola lieve davanti ai nostri occhi grazie ad una regia magistrale che filma le 3 città Londra, Parigi, San Francisco, con quel tocco magico con cui dirige la recitazione dei protagonisti e non, tutti bravissimi nel rendere credibile e potente una sceneggiatura di alto rango.
ANTONELLA SENSI
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alberto gabrielli
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martedì 11 gennaio 2011
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aldilà o hereafter ?
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La morte si può trattare in tanti modi (del tipo: "quando la morte verrà......." "...urlerò e scalcerò come un mulo" : by Enrico La Talpa – Lupo Alberto) e questo, del sempre grande Clint, è uno dei tanti, ma non dei migliori.
Ridicolizzare santoni improvvisati per rimarcare la grandezza di uno di loro, altrettanto patetico, ma meno divertente, non risolve misteri né stimola emozioni. Marcus, il ragazzo, è personaggio autenticamente terribile nella sua sofferenza - pur con alcune cadute più patetiche che di vero pathos - perché legittimato nel non voler accettare che una parte di sé (più importante dell’ intero sé) il fratello gemello, si perda in quel nulla che è la morte, epilogo ineluttabile del viaggio di un’ anima-coscienza di sé nella materia della vita.
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La morte si può trattare in tanti modi (del tipo: "quando la morte verrà......." "...urlerò e scalcerò come un mulo" : by Enrico La Talpa – Lupo Alberto) e questo, del sempre grande Clint, è uno dei tanti, ma non dei migliori.
Ridicolizzare santoni improvvisati per rimarcare la grandezza di uno di loro, altrettanto patetico, ma meno divertente, non risolve misteri né stimola emozioni. Marcus, il ragazzo, è personaggio autenticamente terribile nella sua sofferenza - pur con alcune cadute più patetiche che di vero pathos - perché legittimato nel non voler accettare che una parte di sé (più importante dell’ intero sé) il fratello gemello, si perda in quel nulla che è la morte, epilogo ineluttabile del viaggio di un’ anima-coscienza di sé nella materia della vita.
Fin qui considerazioni soggettive, di mero apprezzamento personale. C’ è però di più; il cinema è arte, che parla - individualmente - alla società, e contribuisce a formarla; come ben sanno i pubblicitari che di essa (arte) utilizzano ampiamente, a scopo di plagio, le tecniche, tanto quelle materiali (sceneggiatura, diaframmi, colonna sonora, saturazione dei colori…) quanto quelle immateriali (psicologia, atmosfera, pulsioni, fantasia…).
Ed allora: incoraggiare la messa in secondo ordine della realtà (la sola su cui individui e società possono intervenire, magari per rendere più sopportabile la perdita del proprio fratello-guida) rispetto alla irrealtà, l’ inconoscibile, - artatamente reso visitabile -, rappresenta un potentissimo alibi per la fuga dalle proprie responsabilità di soggetti, sociali cioè politici. Non intendo assolutamente dire che questo film sia una istigazione al qualunquismo, ma che, tanto più in tempi, come gli attuali, di rassegnazione diffusa nei confronti dei problemi - non più risolvibili gratuitamente - delle società, dell’ uomo, e del pianeta che lo ospita, non incoraggi a rivoluzionare una realtà che, rispetto al grande tema della morte viene fatta sentire come “picciol cosa” questo si; e non mi piace. Perché di tutto c’ è oggi bisogno, fuorché di autoassolversi perdendosi nella sfera mitica del sé.
Sul piano più filosofico, anche questo film, come gran parte delle religioni, si arroga il diritto di affermare l’ esistenza di un’ anima (e fino a qui ci si può stare, magari intendendola come “coscienza del sé individuale”) che continua a esistere oltre la morte (e anche questo passi) ma, soprattutto, che essa nell’ aldilà sia ancora qui (here) abbia rapporti con il qui, lo possa condizionare (cappellino nel metro), ne abbia memoria. Molto meglio, e filosoficamente più corretto, credere nella reincarnazione: chi può negarla ? tanto la morte, in mancanza di un gruppo di continuità resetta la memoria, e nessun lombrico, nessuna Laura, nessun gatto, nessuna betulla si ricorderà di essere stata/o me.
Avrete capito che etimologicamente parlando, aldilà mi pare significante assai più onesto di hereafter.
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giorgio castelletti
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mercoledì 12 gennaio 2011
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un grand hotel
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Quando si è in un hotel di eccellenza si sa che riceveremo un trattamento ai livelli migliori,è quanto accade a chi assiste a questo film. Ogni tema,e ne vengono introdotti numerosi, è trattato e fornito con essenzialità e perspicacia. La collusione tra presunti fornitori di servizi, in realtà ciarlatani, e chi li cerca è mostrata sottolineando che anche un ragazzo di 12 anni vede l’inconsistenza proposta; la fragilità di ogni progetto relazionale, centrato sulla sostituzione, quando incontra l’imprevedibile, prende forma nella ragazza, determinata ad avere un partner, che scompare quando il partner si mostra capace di fornire la realtà; la propensione a sfruttare qualcuno che dispone di una dote, e vorrebbe riuscire a mantenerla in accordo con se stesso, trova rappresentazione nella ostinazione del fratello di uno dei protagonisti a piegare la sua resistenza verso una attitudine commerciale.
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Quando si è in un hotel di eccellenza si sa che riceveremo un trattamento ai livelli migliori,è quanto accade a chi assiste a questo film. Ogni tema,e ne vengono introdotti numerosi, è trattato e fornito con essenzialità e perspicacia. La collusione tra presunti fornitori di servizi, in realtà ciarlatani, e chi li cerca è mostrata sottolineando che anche un ragazzo di 12 anni vede l’inconsistenza proposta; la fragilità di ogni progetto relazionale, centrato sulla sostituzione, quando incontra l’imprevedibile, prende forma nella ragazza, determinata ad avere un partner, che scompare quando il partner si mostra capace di fornire la realtà; la propensione a sfruttare qualcuno che dispone di una dote, e vorrebbe riuscire a mantenerla in accordo con se stesso, trova rappresentazione nella ostinazione del fratello di uno dei protagonisti a piegare la sua resistenza verso una attitudine commerciale.
Uno dei tre protagonisti ha dodici anni, gli altri due sono una donna e un uomo entrambi intorno alla trentina. Hanno avuto esperienze con denominatore comune la morte e tali eventi li hanno favoriti nel tentare di evitare di morire vivendo. Si incontreranno alla fine ed ognuno sarà capace di contribuire a rendere fertile questo appuntamento improbabile. Nel periodo preso in esame dal film, che è di diversi mesi, i due adulti non hanno un rapporto sessuale con chicchessia. Nessuno dei tre possiede un cane. Siamo davvero in un grand hotel.
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patriarchino
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mercoledì 19 gennaio 2011
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delusione clint!
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Il film risulta essere troppo lento e noioso , povero di riflessioni significative, si limita solamente a mostrare la visione della morte vissuta da tre punti di vista differenti( in prima persona, da esterni per la morte di un caro, come una condanna), lasciando troppo spazio a riflessione personali... La sensazione che si ha alla fine del film è un punto di domanda , che non riguarda il tema del film , ma il film in se per sè!!!!!!!!!
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alexcross
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domenica 23 gennaio 2011
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intensità, emozioni ed il solito grande eastwood
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la bellezza di questo film è la capacità dell'autore di congiungere tre differenti storie che inizialmente si sviluppano autonomamente ma che poi gradualmente convergono in una escalation di intensità ed emotività. non è certo facile proporre al grande pubblico un tema così complesso quale quello dell'esistenza dell'aldilà. Molto bravi i protagonisti, così come l'intramontabile regista che ancora una volta ha offerto al pubblico una narrazione mai banale.
[+] sconvolgente rivivere in un film la pace perfetta.
(di oidee)
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marx66
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domenica 30 gennaio 2011
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clint è fantastico
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Devo essere sincero, tutte le pellicole che trattano questo tipo di argomento mi hanno sempre affascinato e molte volte commosso.....questa è una di quelle perchè non tocca assolutamente il lato religioso dell'aldilà maoffre una visione "laica" della morte.
oltre alla regia, come al solito meravigliosa,meritano un cenno Matt Damon e il gemello veramente tutti e due da oscar!!!!!
Per concludere lasciatemi fare una super recensione sugli effex: uno dei compositor è mio fratello. ha giaà sfiorato l'oscar per tre vv ,speriamo che prima o poi.......
[+] laico?????
(di irene84)
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il poeta marylory
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domenica 30 gennaio 2011
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la morte è continuità della "trascendenza",
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Clint Eastwaood non delude da meritarsi le 5 stelle...
La morte è continuità della "trascendenza", storia di cui ognuno di noi è partecipe...
Clint nella sua ricerca dà un senso ad ogni dipartita, mai avulsa per la continuità del vivere...
Grazie Clint...
il Poeta marylory
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