Titolo originale | Tehroun |
Anno | 2009 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Francia, Iran |
Durata | 95 minuti |
Regia di | Nader T. Homayoun |
Attori | Ali Ebdali, Sara Bahrami, Farzin Mohades, Missagh Zareh, Shahrzad Kamal Rovina Sekhavat. |
MYmonetro | 3,00 su 2 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 15 aprile 2010
La rappresentazione di un sottobosco criminale e di un degrado sociale composto di mendicanti reclutati da un'associazione a delinquere che organizza un traffico di neonati.
CONSIGLIATO SÌ
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A Teheran, o meglio Tehroun, come viene pronunciato il nome della capitale iraniana nello slang di chi vive nei quartieri popolari, tre uomini, Ibrahim, Fatah e Madjiid dividono una stanza fatiscente, cercando, ognuno di loro, di arrangiarsi come possono. Ibrahim gira per le strade della città con un neonato in braccio, tentando di impietosire i passanti. Chiede l'elemosina, raccontando loro di essere vedovo, in realtà la moglie lo raggiunge nella capitale, è in attesa del loro primo figlio.
Girato in digitale, Tehroun è l'esordio nel lungometraggio di Nader T. Homayoun, regista iraniano nato in Francia, che scopre l'Iran durante gli anni della Rivoluzione islamica. Sin dalle prime sequenze, il ritmo del film è piuttosto sostenuto e non teme di "scoprire" il lato oscuro di una metropoli tentacolare, "pericolosa" dove ci si può perdere, dove la minima distrazione può essere fatale. È quel che avviene a Ibrahim, il quale pensa che "prendere in affitto" un bambino, costituisca una buona fonte di guadagno, salvo però non fare i conti con la propria naiveté e diventare vittima del proprio raggiro.
È un film che non dà molti indizi, Teheran è appena tratteggiata, potrebbe trattarsi di una qualsiasi altra grande metropoli pervasa di conflitti sociali, dove prostituzione, tratta e sfruttamento di minori, crimine, ricettazione, droga, sono i mali che la affliggono.
Forse l'originalità risiede proprio in questo sguardo "apolide", in una scrittura che, almeno in questa prima prova, non si lascia catturare da un registro facilmente codificabile, tanto meno assimilabile a una certa idea di cinema iraniano giunto fino ad ora sugli schermi europei.
Teheran come qualsiasi altra metropoli,col suo sottobosco di emarginati che si arrabattano per riuscire a sbarcare il lunario ricorrendo ad espedienti.Nader è in realtà un parigino, che osserva il suo paese d'origine con sguardo distaccato e critico. Il film ai nostri occhi occidentali può anche apparire relativamente inoffensivo, anche se tratta temi come il commercio di minori, prostituzione e droga. [...] Vai alla recensione »
Ce dont nous parle ici Nader Takmil Homayoun est le trafic de nouveau-nés. Trafic symbolique, nous dit le cinéaste ("Je ne sais pas si ce trafic d'enfants existe réellement"), qui voulait passer par un film de genre pour dépeindre l'intensité des activités douteuses qui se déroulent dans la capitale iranienne. Ce fils d'opposants du chah, né à Paris, a donc choisi de faire basculer son film social [...] Vai alla recensione »