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Oronzo Canà, 23 anni dopo

Lino Banfi porta la mitica Longobarda in serie A!
di Claudia Resta

Il film

martedì 8 gennaio 2008 - Incontri

Il film
Oronzo Canà (Lino Banfi) viene richiamato dal suo "buen retiro" nella campagna pugliese, dove si era rifugiato alla fine della sua carriera, e viene invitato a guidare nuovamente la Longobarda, tornata in serie A e proprietà di nuovi ricchi senza scrupoli che in segreto intendono nuovamente affossarla. L'allenatore intuirà però presto i reali e pessimi propositi dei dirigenti e si batterà alla sua maniera per riaffermare i principi del calcio pulito e della lealtà sportiva.
Lino Banfi, indimenticabile allenatore, racconta Canà.

Che senso ha questo sequel?
Il primo film è diventato un vero e proprio fenomeno: il pubblico lo conosce ancora a memoria, però quando Sergio e Luciano Martino mi sollecitavano a tornare sull'argomento ero sempre dubbioso perché non ho mai creduto nei sequel. Di recente, però, mi sono reso conto che sarebbe stato divertente portare Oronzo Canà a contatto col mondo del calcio di oggi e con tutti gli scandali più recenti. Per questo è più maturo, ma con la stessa mentalità calcistica, perché Canà, al di là del divertimento che provoca, viene ricordato per la sua umanità, la sua generosità e la sua bontà.

Quanti campioni reali avete contattato?
Già a fine agosto avevamo realizzato alcune sequenze nel ritiro del Milan, con Ancellotti, Inzaghi e Seedorf, e in quello della Roma, con Totti, Taddei, De Rossi, Spalletta ed altri. Tra i vari campioni, oltre a Gigi Buffon e Luca Toni, si sono prestati volentieri a interpretare se stessi Francesco Totti e Alex Del Piero: mentre eravamo sul set ridevano così tanto che abbiamo dovuto interrompere più volte le riprese... Del Piero mi ha detto, addirittura, che L'allenatore nel pallone secondo lui non è solo un film di culto, ma un simbolo, e che lui e i suoi compagni di squadra lo usano spesso nei ritiri come un antidepressivo per guadagnare il buon umore.

Vi siete ispirati anche ad altre persone reali?
Niels Liedholm mi consigliò di documentarmi il più possibile su Oronzo Pugliese, l'indimenticabile mister del Bari e della Roma negli anni'60, soprannominato il "Mago di Turi". Mazzone poi rappresenta una specie di alter ego del mio personaggio, sia per la fisionomia che per il carattere: sempre impegnato in imprese impossibili per la salvezza di squadre non troppo titolate, sempre pronto ad arrabbiarsi come un pazzo, ma in fondo buono e generoso. Quando il produttore lo ha cercato, Mazzone non era troppo convinto e allora gli ho telefonato direttamente io e gli ho detto che lui non poteva non esserci perché è un simbolo del calcio pulito. E lui mi ha risposto: "Ecco, mò lo so che me fai commòve e te devo per forza dì de sì".

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