no_data
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mercoledì 24 maggio 2023
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faenza, ovvero lo strazio di un capolavoro
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La scoperta del marito della tresca tra la moglie Isabella e l'amico Raimondo con il ricorso ad un'espediente più degno della commedia scolacciata degli anni 80 che del capolavoro di De Roberto; Giulente, del cui ferimento sul Volturno nel romanzo quasi si dubita, con una gamba addirittura amputata e omaggiato -chissà mai perchè?- di una protesi dal cognato Giacomo che invece, per De Roberto, mai gli concedette alcuna confidenza; Giovannino che sfacciatamente si dichiara a Teresa e che la trascina nel ballo come un qualsiasi Tony Manero, lui che quel suo timido "mi vuole bene?" interrogato alla giovane tra i botti per Sant'Agata, la giovane -nel romanzo- non era neppure certa di aver ascoltato davvero, ma magari solo sperato; Giovannino che si toglie la vita durante il matrimonio della sospirata ragazza e non invece, come narra lo scrittore, il giorno della morte del padre di lei (come avrebbe cantato Daniele: tutta n'altra storia), e così avanti per due ore di imbarazzantissima proiezione, da cui è faticosissimo soprattutto non sottrarsi.
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La scoperta del marito della tresca tra la moglie Isabella e l'amico Raimondo con il ricorso ad un'espediente più degno della commedia scolacciata degli anni 80 che del capolavoro di De Roberto; Giulente, del cui ferimento sul Volturno nel romanzo quasi si dubita, con una gamba addirittura amputata e omaggiato -chissà mai perchè?- di una protesi dal cognato Giacomo che invece, per De Roberto, mai gli concedette alcuna confidenza; Giovannino che sfacciatamente si dichiara a Teresa e che la trascina nel ballo come un qualsiasi Tony Manero, lui che quel suo timido "mi vuole bene?" interrogato alla giovane tra i botti per Sant'Agata, la giovane -nel romanzo- non era neppure certa di aver ascoltato davvero, ma magari solo sperato; Giovannino che si toglie la vita durante il matrimonio della sospirata ragazza e non invece, come narra lo scrittore, il giorno della morte del padre di lei (come avrebbe cantato Daniele: tutta n'altra storia), e così avanti per due ore di imbarazzantissima proiezione, da cui è faticosissimo soprattutto non sottrarsi.
Più che coraggio, serve presunzione, unita ad un'abbondante dose di scelleratezza, per prendere uno dei massimi capolavori della nostra letteratura e farne scempio, modificandone intere parti ed inventandone interamente di sana pianta tante altre.
Guardando questa stolta trasposizione di Faenza è impossibile sottrarsi a misurarne la distanza con il rigore, l'eleganza, il rispetto che Suso Cecchi e Visconti riservarono a Tomasi di Lampedusa, curando la messinscena del suo romanzo che, de I Vicerè, è universalmente riconosciuto il più degno e diretto discendente.
Dove Faenza si prende l'arroganza di inventare e violentare, Cecchi e Visconti neppure osarono modificare una parola dei dialoghi, limitandosi solo (si fa per dire; quanta maestria ci volle!) a risolvere quelle contraddizioni tra grammatica letteraria e sintassi cinematografica.
La differenza? Semplice. Che Cecchi e Visconti realizzeranno un'opera che, pur rimanendo fedelissima al testo di Tomasi, diverrà per sempre il "loro" Gattopardo, ponendosi, nella propria disciplina artistica, allo stesso livello, se non sopra, quello che spetta all'autore siciliano nell'arte letteraria; mentre invece Faenza si ergerà sì e no, al livello di un qualunque teleromanzo con scarso share, di cui consigliare la visione esclusivamente a chi si ha in particolare antipatia. Uno scempio!
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biscotto51
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domenica 10 ottobre 2021
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scialbo
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Se avete letto e amato come me questo romanzo imbattibile, il vero Romanzo Italiano al posto dei Promessi Sposi, questo fìlmetto fatto alla carlona senza nerbo, senza valore, ve ne rovinerà il gusto e il ricordo. Ma niente paura: è talmente scialbo, insipido e insignificante che lo dimenticherete in un baleno, al contrario del romanzo, che ho letto due volte e non è detto non lo rilegga una terza.
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fabri
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lunedì 20 settembre 2021
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un buon ritratto dell''aristocrazia siciliana
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Un buon film, che ha come sfondo l'unità d'Italia, senza alcuna velleità storica.
E' più un impietoso ritratto dell'alta aristocrazia siciliana, nella fase del suo declino, con un Buzzanca notevole.
Nel complesso un buon film, superati i primni dieci minuti.
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biscotto51
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martedì 28 gennaio 2014
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deludentissimo
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Per chi ha letto, gustato e ammirato il capolavoro di Federico de Roberto, migliore del Gattopardo, questa trasposizione cinematografica é poco più di una commedia all'italiana, banale, abboracciata, insipida e senza nerbo. Leggete il bellissimo libro e dimenticate questa ciofeca.
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nick castle
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giovedì 31 marzo 2011
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ritratto senza cornice della vecchia italia...
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Tratto dal romanzo di De Roberto, I Vicerè, è un film falsamente storico, in cui gli avvenimenti dell'unità d'Italia fanno solo da contesto storico. Cosa e chi simboleggi la famiglia Uzeda non lo so, anche perchè mi manca la base del romanzo, ma una cosa è certa, il film non si sostiene da solo, ancor più nella versiona cinematografica, accorciata considerevolmente rispetto a quella originale, uscita solamente in televisione. Roberto Faenza dimostra ancora una volta di essere solo un regista discontinuo, poco attento ai particolari, poco interessato al lato tecnico-figurativo delle sue opere e più che provocatorio provocante. Non infondendo il benchè minimo coinvolgimento, anzi facendo perdere il filo degli avvenimenti e dei fatti, il film porta con se, una buona dose di noia, accentuata anche dalla cattiva recitazione, specialmente Preziosi, inadatto a questo ruolo, come Lando Buzzanca che più che fare il padre severo fa il nonnetto pedante, dapprima crudele e poi scorbutico.
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Tratto dal romanzo di De Roberto, I Vicerè, è un film falsamente storico, in cui gli avvenimenti dell'unità d'Italia fanno solo da contesto storico. Cosa e chi simboleggi la famiglia Uzeda non lo so, anche perchè mi manca la base del romanzo, ma una cosa è certa, il film non si sostiene da solo, ancor più nella versiona cinematografica, accorciata considerevolmente rispetto a quella originale, uscita solamente in televisione. Roberto Faenza dimostra ancora una volta di essere solo un regista discontinuo, poco attento ai particolari, poco interessato al lato tecnico-figurativo delle sue opere e più che provocatorio provocante. Non infondendo il benchè minimo coinvolgimento, anzi facendo perdere il filo degli avvenimenti e dei fatti, il film porta con se, una buona dose di noia, accentuata anche dalla cattiva recitazione, specialmente Preziosi, inadatto a questo ruolo, come Lando Buzzanca che più che fare il padre severo fa il nonnetto pedante, dapprima crudele e poi scorbutico. Sebastiano Lo Monaco invece è semplicemente ridicolo. un po' da buttare questa pellicola. Riesumato di questi tempi in alcune rassegne cittadine in occasione dei 150 anni dell'unità d'Italia. Penso che sia meglio non infierire rispetto ai pasticciati riferiementi a Giovanni Verga e al suo "Ciclo dei vinti".
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arteaud
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lunedì 22 giugno 2009
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e.... givannino radalì?????
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I vicerè non è un grande film ... anzi non è proprio un buon film.
é un' italianata che se De Roberto vedesse si rigererebbe nella tomba.
Il libro è un capolavoro pari ai Promessi Sposi, il film è una sorta di Soap opera, o alla maniera di mia nonna soppopera, con un bell'imbusto dagli occhioni blu che fa palpitare tutte le casalinghe disperate.
Ora.... non è questo che c'è nel libro.
e allora sì, si potrebbe affermare che si tratta di un adattamento, di una libera interpretazione; ok... ma stravolgere completamente il significato di un'opera non è interpretare.
Nei Vicerè libro non c'è sentimentalismo, per nulla.
é un linea narrativa che non esiste e non può quindi essere adattata in un film.
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I vicerè non è un grande film ... anzi non è proprio un buon film.
é un' italianata che se De Roberto vedesse si rigererebbe nella tomba.
Il libro è un capolavoro pari ai Promessi Sposi, il film è una sorta di Soap opera, o alla maniera di mia nonna soppopera, con un bell'imbusto dagli occhioni blu che fa palpitare tutte le casalinghe disperate.
Ora.... non è questo che c'è nel libro.
e allora sì, si potrebbe affermare che si tratta di un adattamento, di una libera interpretazione; ok... ma stravolgere completamente il significato di un'opera non è interpretare.
Nei Vicerè libro non c'è sentimentalismo, per nulla.
é un linea narrativa che non esiste e non può quindi essere adattata in un film.
Siamo davanti all'ennesimo strafalcione
italiano... my God!!!!!!
ed ora la domanda sorge spontanea : e giovannino Radalì csa centra ???? ... bè leggete il libro e lo scoprirete !!!!
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libellus
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venerdì 23 maggio 2008
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un film importante e libero
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E' un film che riconcilia con l'italica capacità di sceneggiare i grandi romanzi. L'accuratezza della produzione, la resa degli attori (decisamente superiore alle aspettative), la cadenza degli eventi familiari che fanno da conttrappunto e slancio alla "crescita" amorale del politico Consalvo sono decisamente un merito per il regista Faenza che sa scegliere i suoi film in modo autonomo,lontano dalle mode e dalle insidie dei Kritici di parte. un gran bel film libero!
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vittorio
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lunedì 5 maggio 2008
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interessante ma noioso!!
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Film male interpretato, troppo noioso e con pochi momenti interessanti....
La storia è indubbiamente coinvolgente ma poteva essere fatto molto meglio....
Un sufficiente scarso....
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(di eschilo)
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francesco apicella
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martedì 29 aprile 2008
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un grande affresco realizzato con tanto amore
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Ho visto il film “I Vicerè”, liberamente ispirato al romanzo omonimo di Federico De Roberto e l’ho trovato bellissimo: un affresco armonioso di grande respiro narrativo, emotivamente coinvolgente, mai compiaciuto, commosso e commovente. Il ruolo del dispotico principe Giacomo Uzeda, padre padrone terribile e autoritario, attaccato alla tradizione e alla proprietà, granitico e inflessibile nell’aspetto e nei modi ma intimamente fragile e minato da ossessioni e paure superstiziose, è tratteggiato con amore e totale adesione psicologica da un magnifico Lando Buzzanca, impegnato in una delle sue interpretazioni più riuscite e convincenti, vibrante di pathos, incisiva e viscerale.
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Ho visto il film “I Vicerè”, liberamente ispirato al romanzo omonimo di Federico De Roberto e l’ho trovato bellissimo: un affresco armonioso di grande respiro narrativo, emotivamente coinvolgente, mai compiaciuto, commosso e commovente. Il ruolo del dispotico principe Giacomo Uzeda, padre padrone terribile e autoritario, attaccato alla tradizione e alla proprietà, granitico e inflessibile nell’aspetto e nei modi ma intimamente fragile e minato da ossessioni e paure superstiziose, è tratteggiato con amore e totale adesione psicologica da un magnifico Lando Buzzanca, impegnato in una delle sue interpretazioni più riuscite e convincenti, vibrante di pathos, incisiva e viscerale. Un altro fiore all’occhiello per un interprete drammaticamente a tutto tondo, estremamente versatile e poliedrico…un artista di navigato mestiere, ingiustamente snobbato dalla giuria, poco attenta, del David di Donatello 2008, nella categoria di migliore attore protagonista. Magnetica, tenera, impetuosa, travolgente e coinvolgente la figura di suo figlio Consalvo, dipinta con piglio felino, tormentato e appassionato da un ottimo Alessandro Preziosi, attore eclettico, sempre più bravo e interessante, che unisce a un’indiscutibile, affascinante prestanza fisica, una recitazione di alto livello espressivo, plasticamente corposa e incisiva. Cristiana Capotondi, con la sua recitazione fresca e spontanea, è perfettamente a suo agio nei panni dell’infelice Teresa, sorella di Consalvo, dimostra di essere ormai pronta, artisticamente, ad affrontare anche ruoli più complessi e a misurarsi con personaggi drammaticamente più corposi e più veri di quelli finora interpretati e legati al clichè di brava ragazza, ingenua e romantica, che ormai le sta stretto.
Gli altri attori del film, senza citarli uno per uno per motivi di spazio, sono tutti bravi e contribuiscono col loro apporto, nessuno escluso, alla riuscita di un prodotto corale ad “una sola voce”, confezionato con stile, eleganza e buon gusto da un maestro attento e sensibile, qual è Roberto Faenza; un regista squisito che ha fatto del suo mestiere un’arte raffinata e che, coadiuvato da un’equipe di collaboratori di elevata professionalità (Milena Canonero per i costumi, Maurizio Calvesi per la fotografia, Francesco Frigeri per la scenogtafia e Paolo Buonvino per le musiche, solo per citarne alcuni), non tradisce mai le aspettative del pubblico e della critica.
Dulcis in fundo, una menzione speciale alla grande Lucia Bosè, un’attrice caratterizzata sempre da una recitazione sobria, netta e personale, tornata felicemente al cinema italiano e, qui, alle prese con la figura emblematica di donna Ferdinanda, la zia onnipresente e onnipotente del principe Uzeda. Un piccolo, grande cammeo cesellato con cura e consumata disinvoltura dall’ex miss Italia 1947.
Secondo il mio modesto parere di grande innamorato del cinema, soprattutto di quello italiano, “I Vicerè” è un film da vedere, sorseggiare e assaporare lentamente, con gusto…proprio come un buon vino d’annata.
Con tanto amore
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mario_rossi
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domenica 27 aprile 2008
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ritratto di un cambiamento "all'italiana"
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... non lo si può paragonare al gattopardo anche se ne ha in comune il senso. Una fotografia discreta che aiuta bene la trama e molti temi appena accennati ne fanno un film di taglio televisivo e senza molte pretese ma non per questo da scartare: la storia si può divulgare anche in questo modo. E' un film che scorre senza pretese semplice e alla portata di tutti con l'ottima interpretazione di Lando Buzzanca.
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