luca scial�
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martedì 4 settembre 2012
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la natura preferita alla consuetudine
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Chris si è appena laureato col massimo dei voti e potrebbe frequentare Hardard. Ma non è felice. E' stanco della società consumista e materialista in cui vive e delle bugie familiari nelle quali è cresciuto (i genitori convivono senza mai essersi sposti, essendo stati degli amanti con rispettive famiglie). Così decide di mollare tutto e dirigersi verso l'Alaska con mezzi di fortuna. Durante il suo cammino incontrerà tante persone che gli daranno qualcosa e lui ricambierà con la propria saggezza e forza di volontà.
Sean Penn traspone un libro di Jon Krakauer "Nelle terre estreme", che narra la vera storia di Christopher McCandless, un giovane benestante che rinuncia a tutte le sue sicurezze materiali per immergersi nella natura selvaggia.
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Chris si è appena laureato col massimo dei voti e potrebbe frequentare Hardard. Ma non è felice. E' stanco della società consumista e materialista in cui vive e delle bugie familiari nelle quali è cresciuto (i genitori convivono senza mai essersi sposti, essendo stati degli amanti con rispettive famiglie). Così decide di mollare tutto e dirigersi verso l'Alaska con mezzi di fortuna. Durante il suo cammino incontrerà tante persone che gli daranno qualcosa e lui ricambierà con la propria saggezza e forza di volontà.
Sean Penn traspone un libro di Jon Krakauer "Nelle terre estreme", che narra la vera storia di Christopher McCandless, un giovane benestante che rinuncia a tutte le sue sicurezze materiali per immergersi nella natura selvaggia. Film coinvolgente emotivamente e visivamente, con protagonista assoluta la natura con la sua forza, la sua bellezza, il suo mistero. Il genere umano resta una comparsa, con i suoi limiti e le sue debolezze. Ma il giovane Chris rappresenta la speranza di chi ancora vuole andare oltre i valori materiali in cui è decaduta la moderna civiltà. Non importa se ci riuscirà: almeno lui ci ha provato.
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solo un'opinione
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giovedì 20 settembre 2012
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film da spalmarsi addosso
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Viverlo
Questa volta prima di iniziare a scrivere ho voluto leggere qualche recensione qua e là.
Ho letto commenti contrastanti su questo film alcuni entusiastici altri direi quasi offensivi.
A mio avviso il punto è che questo film non va visto e seguito soffermandosi a guardare, ascoltare e
osservare ciò che racconta e ciò che ci fa vedere ma vada in qualche modo vissuto, ci sia la
neccessità di immedesimarsi per un attimo e di uscire nell'immedesimazione un attimo dopo.
Immedesimarsi per provare almeno una volta nella vita ad immaginare certe situazioni, e di uscirci
e guardare al film con la predisposizione di chi osserva oltre le immagini, di chi cerca
di vedere oltre a ciò che si percepisce solo con gli occhi.
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Viverlo
Questa volta prima di iniziare a scrivere ho voluto leggere qualche recensione qua e là.
Ho letto commenti contrastanti su questo film alcuni entusiastici altri direi quasi offensivi.
A mio avviso il punto è che questo film non va visto e seguito soffermandosi a guardare, ascoltare e
osservare ciò che racconta e ciò che ci fa vedere ma vada in qualche modo vissuto, ci sia la
neccessità di immedesimarsi per un attimo e di uscire nell'immedesimazione un attimo dopo.
Immedesimarsi per provare almeno una volta nella vita ad immaginare certe situazioni, e di uscirci
e guardare al film con la predisposizione di chi osserva oltre le immagini, di chi cerca
di vedere oltre a ciò che si percepisce solo con gli occhi.
Io penso che se la predisposizione mentale che assumiamo al momento in cui decidiamo di vedere questo film
e se la nostra attitudine rispetta le impressioni sopra citate, difficilmente potremmo terminare la visione
con un commento negativo, in caso contrario immagino che altrettanto difficilmente ariveremmo mai alla fine
del film.
Per gustarlo, ovviamente questa è solo una mia impressione, ritengo che la nostra filosofia di vita debba ritenere
possibile il fatto che la vita può essere ben diversa da ciò che vediamo tutti i giorni e da ciò che siamo abituati
a trovarci attorno e questa differenza non è gestita dal denaro, dal potere e dall'economia in generale, la vita
può esser molto diversa da ciò che appare e questa differenza si può trovare senza ricorrere a nessun mezzo "esterno"
a ciò che abbiamo già in dote al momento della nostra nascita.
Se riteniamo impossibile questo concetto molto probabilmente questo film non è per noi.
E' un film pieno, complesso, forse a tratti credo lo si possa considerare pesante, non lo considero lento
perchè la lentezza in questo film non può essere un valore ma credo si debba considerare un componente per altro
fondamentale e di coerenza con lo stile di vita che racconta.
La storia è quella di una fuga, disperata, dalla civiltà e dalla società identificata a modello di due genitori
che non sono mai stati accettati, che hanno costruito una famiglia su menzogne non tanto celate, che si comportano
secondo ordine della civiltà degli sviluppati, che rispondono ad un codice preciso del buon essere umano in società
ma che mancano clamorosamente nel loro unico e vero compito, quello di genitori, di riferimento per i due figli
adolescenti che in modi diversi vivono la loro esistenza da senza famiglia nonostante per la formalità
dell'ufficio anagrafe la famiglia esista e sia anche "stimabile".
La fuga mista alla ricerca, alla ricerca di quella profondità che in molte esistenze rimane nascosta nel nostro
io più profondo, in quella parte interiore che spesso per volontà o meno risulta irragiungibile ma che se raggiunta
si svela nei suoi reali concetti che sono quasi sempre di una semplicità disarmante.
Una sezione del commento separata andrebbe riservata sia alla regia sia alla colonna sonora, ma la ritengo superflua,
o si sceglie di vedere il film e di assaporare e godere di questa sezione o si sceglie di non farlo.
Due parti su tutte nello scorrere del tempo e delle immagini mi sono rimaste impressa forti e precise nella mente... non credo servano parole, basta ricordarle così:
"una vita con la possibilità di essere utile con le persone che si lasciano aiutare; un lavoro che si spera possa essere di una qualche utilità e poi natura, libri, musica"
"Ti sbagli se pensi che le gioie della vita vengano soprattutto dai rapporti tra le persone. La felicità è dappertutto, è ovunque, in tutto ciò di cui possiamo fare esperienza; Abbiamo solo bisogno di cambiare il modo di vedere le cose"
Concludendo "into the wild" secondo me è un film che ti devi plasmare addosso, che devi digerire con calma anche un pò di tempo dopo aver terminato la sua visione, e quindi capire se ti sei sentito a tuo agio o meno.
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greyhound
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lunedì 11 febbraio 2013
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la complessità dell'animo umano
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Into the wild è un film duro da digerire per uno spettatore alla ricerca di qualche ora di evasione dalla realtà quotidiana. Non tanto per il fatto di non contenere particolari momenti di azione, risate o lacrime facili, ma proprio in quanto ci mette di fronte a tematiche profonde che, probabilmente, prima o poi nella nostra esistenza ci hanno sfiorato. Quello di Chris è un viaggio non solo di iniziazione, bensì una ricerca affannata di un significato da dare alla propria vita; una ragione che non sia solo quella di accumulare (cose, denaro o persone) ma di raggiungere ed afferrare ciò che veramente si necessita per ottenere la felicità. O, forse, uno scampolo di quest'ultima.
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Into the wild è un film duro da digerire per uno spettatore alla ricerca di qualche ora di evasione dalla realtà quotidiana. Non tanto per il fatto di non contenere particolari momenti di azione, risate o lacrime facili, ma proprio in quanto ci mette di fronte a tematiche profonde che, probabilmente, prima o poi nella nostra esistenza ci hanno sfiorato. Quello di Chris è un viaggio non solo di iniziazione, bensì una ricerca affannata di un significato da dare alla propria vita; una ragione che non sia solo quella di accumulare (cose, denaro o persone) ma di raggiungere ed afferrare ciò che veramente si necessita per ottenere la felicità. O, forse, uno scampolo di quest'ultima.
Strutturandosi attorno a dei metaforici capitoli attinenti il suo nuovo essere, la pellicola mette in mostra ciò che uno spettatore, ad un primo e semplicistico sguardo, potrebbe considerare come una semplice fuga da una realtà familiare opprimente ed anche piuttosto ottusa (almeno nel senso di priorità assegnata alle cose), nonché menzognera (leggi il falso legame esistente tra i genitori). In realtà è qualcosa di più, ovvero un allontanamento reale e spirituale da una società che non assegna importanza a quei valori in grado di riempire la vita di una persona. Quindi, secondo i canoni di Chris, con un distacco dalla famiglia vi sarebbe un abbandono contestuale della società, essendo la prima un microcosmo della seconda.
Tale situazione è racchiusa in tre situazioni rilevanti: l'arrivo a Los Angeles dopo un lungo periodo in mezzo alla natura, fatto che gli farà comprendere l'impossibilità di restare ancorato alla società odierna; il rapporto che sviluppa con la ragazza all'interno della comunità hippy, con la quale nascerà una complicità trascendente un'idea consueta di attrazione (distacco dalle passioni); e l'amicizia costruita con l'anziano soldato la cui famiglia era stata distrutta da un evento tanto improvviso quanto devastante. Il saluto finale, ai bordi dell'autostrada, lascia intravedere il rigetto di una possibilità ultima di un qualsiasi legame umano, lasciando all'anziano la sensazione di un viaggio senza ritorno.
Indubbiamente una pellicola potente, capace di indurre la riflessione su ciò che ognuno di noi vorrebbe ottenere nel corso della propria esistenza e, a seconda dei punti di vista, capire se lo sforzo profuso è stato o è sufficiente, così come la bontà dell'obiettivo da raggiungere. Chris giunse alla conclusione che la felicità può essere raggiunta solamente quando condivisa, nel momento in cui si è circondati da persone con cui si è in sintonia e, possibilmente, con al fianco un partner in grado di comprenderci nel profondo. Il protagonista arrivò a questa conclusione solamente alla fine, nel momento in cui non era più possibile tornare dal sentiero intrapreso.
A noi fare tesoro della sua esperienza, validandola, oppure contestarla con altri pensieri ed opinioni.
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gazza973
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sabato 6 dicembre 2014
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mah
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Il personaggio di Chris, proposto da S.Penn, sembra uscito da una pubblicità di canale 5. Rifugge il capitalismo cacciando nel bosco con la carabina di precisione e facendo il rafting in kayak! A me il kayak sembra uno sport da fine settimana per impiegati annoiati! Andiamo! Critichi la società e ti compri (che atto anticonsumista!) una canoa? Io credo veramente che Penn vada in cerca di consensi facili con questa pellicola patinata e ruffiana... E che dire della scena patetica dei soldi che bruciano? Siamo al livello del libro “Cuore”! E la scena del morso alla supermela che sa di ... mela naturale? Che profondità di spirito! Vai a lavorare la terra con la vanga a Rigoli e poi lo senti come è buona l'insalata biologica! Vedrai che rivoluzione interiore! Penn ridicolizza questo povero personaggio! Bisogna "uccidere il falso essere interiore per suggellare la rivoluzione spirituale" o mio Dio! Penn, sa fare di meglio il parroco qui di fronte con le parole! Questo film è girato con lo stile del manuale delle giovani marmotte! E che dire dell'arroganza tipicamente borghese di questo ragazzo (l'offesa è “borghese”, non “arroganza”) che si atteggia a sapientino con tutte le frasi inflazionate tipo "e ricordati sempre.
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Il personaggio di Chris, proposto da S.Penn, sembra uscito da una pubblicità di canale 5. Rifugge il capitalismo cacciando nel bosco con la carabina di precisione e facendo il rafting in kayak! A me il kayak sembra uno sport da fine settimana per impiegati annoiati! Andiamo! Critichi la società e ti compri (che atto anticonsumista!) una canoa? Io credo veramente che Penn vada in cerca di consensi facili con questa pellicola patinata e ruffiana... E che dire della scena patetica dei soldi che bruciano? Siamo al livello del libro “Cuore”! E la scena del morso alla supermela che sa di ... mela naturale? Che profondità di spirito! Vai a lavorare la terra con la vanga a Rigoli e poi lo senti come è buona l'insalata biologica! Vedrai che rivoluzione interiore! Penn ridicolizza questo povero personaggio! Bisogna "uccidere il falso essere interiore per suggellare la rivoluzione spirituale" o mio Dio! Penn, sa fare di meglio il parroco qui di fronte con le parole! Questo film è girato con lo stile del manuale delle giovani marmotte! E che dire dell'arroganza tipicamente borghese di questo ragazzo (l'offesa è “borghese”, non “arroganza”) che si atteggia a sapientino con tutte le frasi inflazionate tipo "e ricordati sempre...se vuoi qualcosa nella vita, allunga la mano e prendila" o "la felicità è reale solo quando è condivisa" ... ci manca che dica che non ci sono più le mezze stagioni e siamo al completo! Dicevo che Chris rifugge il consumismo aggirandosi nei boschi munito di carabina con mirino di precisione e praticando il rafting con canoe in plexiglass.... Ma questi strumenti chi glieli ha dati? Li hai fabbricati lui come gli indiani facevano con arco e frecce? O li ha comprati al supermarket? Questo film è una trappola per borghesi che vogliono lavarsi lo spirito dopo aver fatto shopping! Un film fatto per essere compreso e applaudito da consumisti in cerca di indulgenze. Non critico il personaggio storico. Parlo della sua rappresentazione. Parlo della forma. Kubrik o Welles non sarebbero mai scaduti in rappresentazioni così scontate. La regia è scolastica, i dialoghi pedanti e il film avrebbe potuto durare anche 1 ora in meno. La voce fuori campo pesa come un macigno e ti spiega, evidentemente credendoti un deficiente che da solo non può capire, i pensieri di Chris. E la colonna sonora è bella come i poster dei tramonti con le palme sul mare... Siamo ben lontani dall'immaginario di Francis Ford Coppola, dal viaggio di Willard, chiamato a risalire il fiume e trovare il temibile colonnello Kurtz. Questo è IL viaggio verso il nocciolo della verità. Più si va avanti, più si perde ogni distinzione tra giusto ed ingiusto, tra civiltà e barbarie. Il colonnello Kurtz, libero veramente dalle categorie morali, è il signore nietzscheano, il guerriero antiborghese che brandisce la spada della verità, il colto che uccide, legge e scrive poesie. Kurtz è il figlio che si è ribellato al padre vestito di stelle e strisce, il personaggio scomodo vero che ci grida di non temere le tenebre dello spirito umano. L'orrore è nostro amico! Uccidendo Kurtz, la società borghese nasconde lo sporco sotto il tappeto e tira un sospiro di sollievo. Morto Chris, invece, il sospiro di sollievo l'ho tirato io.
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darius
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domenica 3 febbraio 2008
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un film da oscar
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Quarta avventura registica per Sean Penn nel cinema ( le altre sono video musicali e documentari ). Film forse ancora acerbo dal punto di vista della direzione che, comunque, realizza un prodotto di 2,30 ore che si fa vedere senza alcun momento di noia o di tentennamento narrativo; merito anche del ricorso, azzeccato, al flashback e di una bella colonna sonora. Non si tratta affatto di un qualunque road movie, bensì di qualcosa di più. Anzitutto, c'è il coraggio assoluto di Penn nel portare sugli schermi una storia scomoda ed antiretorica, estrema sotto ogni punto di vista, sia quello paesaggistico ( anche se, volutamente, il paesaggio non è un fattore preponderante come, con ogni probabilità, ci si aspetta in certi casi ) che quello umano.
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Quarta avventura registica per Sean Penn nel cinema ( le altre sono video musicali e documentari ). Film forse ancora acerbo dal punto di vista della direzione che, comunque, realizza un prodotto di 2,30 ore che si fa vedere senza alcun momento di noia o di tentennamento narrativo; merito anche del ricorso, azzeccato, al flashback e di una bella colonna sonora. Non si tratta affatto di un qualunque road movie, bensì di qualcosa di più. Anzitutto, c'è il coraggio assoluto di Penn nel portare sugli schermi una storia scomoda ed antiretorica, estrema sotto ogni punto di vista, sia quello paesaggistico ( anche se, volutamente, il paesaggio non è un fattore preponderante come, con ogni probabilità, ci si aspetta in certi casi ) che quello umano. Chris Supertramp certo ha letto molto Jack London, il cui capolavoro, " Call of the Wild " riecheggia nel titolo del film; ma credo che il suo vero maestro, del resto citato, come London, nel film, sia Henry David Thoreau, pensatore estremo degli albori della cultura nordamericana, cultore dell'assoluto individualismo libertario il cui fondamento egli rintraccia nella ricerca di una vita priva di agi, a diretto contatto con la natura e le sue sfide. La storia di Chris si inquadra nel genere del " romanzo di formazione ", ma è priva di facili intenzioni edificanti e banalmente ecologistiche, dato che il protagonista non cede ad alcuna " tentazione " affettiva o economica, pur di perseguire, in totale e, si direbbe, fanatica coerenza con se stesso il proprio sogno di libertà. Come il desiderio di conoscenza dell'Ulisse dantesco o quello di libertà personale e politica del Werther di Goethe, anche questo sogno è destinato ad infrangersi, proprio a causa della sua, insostenibile, utopia. Ma tutti noi davvero vorremmo che questo Supervagabondo sopravvivesse ancora nell'incontaminata Alaska e che ci inviasse ancora resoconti e fotografie della sua meravigliosa ed estrema avventura, dato che sul volto di questo straordinario ragazzo splendeva il sole di un bene sempre più raro, quello della nostra, mai realizzata, libertà.
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(di raffy31)
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francesco cerminara
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martedì 5 febbraio 2008
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sean penn, connubio perfetto fra arte e vita.
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Akira Kurosawa, maestro di cinema, affermava: “Il cinema racchiude in sé molte altre arti; così come ha caratteristiche proprie della letteratura, ugualmente ha connotati propri del teatro, un aspetto filosofico e attributi improntati alla scultura, alla pittura, alla musica”. Forse niente come queste parole potrebbe descrivere la settima arte e basterebbero solo quelle per indurre il pubblico a vedere “Into The Wild”. In effetti, Sean Penn è riuscito ad ottenere una connessione unica fra le arti, che ha portato al concepimento di un capolavoro. La struttura della pellicola prende spunto da una storia realmente vissuta, descrivendo le azioni di un ragazzo intelligente, ricco, ma scontento, che ha avuto il coraggio di abbandonare il lusso per vivere in morboso contatto con la natura.
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Akira Kurosawa, maestro di cinema, affermava: “Il cinema racchiude in sé molte altre arti; così come ha caratteristiche proprie della letteratura, ugualmente ha connotati propri del teatro, un aspetto filosofico e attributi improntati alla scultura, alla pittura, alla musica”. Forse niente come queste parole potrebbe descrivere la settima arte e basterebbero solo quelle per indurre il pubblico a vedere “Into The Wild”. In effetti, Sean Penn è riuscito ad ottenere una connessione unica fra le arti, che ha portato al concepimento di un capolavoro. La struttura della pellicola prende spunto da una storia realmente vissuta, descrivendo le azioni di un ragazzo intelligente, ricco, ma scontento, che ha avuto il coraggio di abbandonare il lusso per vivere in morboso contatto con la natura. Il viaggio, l’ alienazione, gli hanno permesso di capire l’ autentico valore della vita, degli affetti e delle persone, vere e spontanee soltanto quando sono lontani dall’ industrializzazione, dall’ ipocrisia, dal denaro. Le esperienze, così come il film, si risolvono in una lunga successione di emozioni, di scene crude, di digressioni e di riflessioni profonde. L’ interprete Emile Hirsch viaggia in terre selvagge, fra la neve, fa l’ autostoppista, senza perdere intensità, la padronanza del corpo e della scena. E’ un giovane di ottime prospettive e se resta con i piedi per terra, può ambire a traguardi ancora più alti. Deve dividere il merito con il regista, la cui prima realizzazione rimarrà nell’ immaginario collettivo. Non possono passare in secondo piano la nitidezza della fotografia, la scrittura raffinata ed allo stesso tempo aggressiva, la musicalità, lo scavo interiore e la regia magistrale e mittente di messaggi al mondo giovanile. Perché Mr.Penn, ha indirettamente risposto a Raul Bova, che intervistato a “Quelli che il calcio” (in occasione della giornata della memoria), ha affermato che per le scuole sarebbe meglio proiettare il film di Moccia e non i film storici, per i quali non c’è nulla da obiettare. Oserei dire che il buon Bova ha peccato di presunzione e di insensibilità. I giovani devono nutristi della storia e di trasposizioni non banali sul mondo giovanile. Gli consiglio di andare a guardare, assieme ai bulli, ai figli di papà ubriachi e spericolati “Into the wild”. Si accorgerebbe (e non solo lui) cos’è l’arte e chi veramente è in grado di raccontare il mondo giovanile.
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[+] da un vagabondo
(di anthony vasty)
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charles
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giovedì 7 febbraio 2008
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intenso e selvaggio
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Non capita spesso di lasciare la sala cinematografica con l'impressione, chiara sin da subito, di aver assistito ad un'opera di tale intensità.
Alcuni film si apprezzano con il passare delle ore successive alla visione, altri solo dopo averli rivisti una seconda volta in home video, per alcuni, poi, serve il conforto ed il confronto delle critiche dei giornali e le conversazioni degli amici.
"Into the Wild", tratto dall'omonimo romanzo di Jon Krakauer, ci racconta l'ambizioso viaggio geografico e spirituale di un ragazzo, ricco e fresco di diploma al College, in fuga dall'ipocrisa capitalistica della civiltà contemporanea e rivolto alla conquista di tutto quello che ancora sente di non avere.
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Non capita spesso di lasciare la sala cinematografica con l'impressione, chiara sin da subito, di aver assistito ad un'opera di tale intensità.
Alcuni film si apprezzano con il passare delle ore successive alla visione, altri solo dopo averli rivisti una seconda volta in home video, per alcuni, poi, serve il conforto ed il confronto delle critiche dei giornali e le conversazioni degli amici.
"Into the Wild", tratto dall'omonimo romanzo di Jon Krakauer, ci racconta l'ambizioso viaggio geografico e spirituale di un ragazzo, ricco e fresco di diploma al College, in fuga dall'ipocrisa capitalistica della civiltà contemporanea e rivolto alla conquista di tutto quello che ancora sente di non avere.
Uno spunto narrativo, già visto e sentito altre volte, serve stavolta a Sean Penn per regalare al cinema contemporaneo un film decisamente ben fatto.
La sceneggiatura riesce egregiamente a rimanere in equilibrio tra retorica e poetica,
la recitazione è commovente e selvaggia come le terre vergini dell'Alaska,
la regia ed il montaggio regalano incisivi contrasti iconografici tra uomo e natura,
la musica è calda e vibrante e tocca immediatamente il cuore di chi la ascolta...
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marco mattioni
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mercoledì 20 febbraio 2008
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la soluzione è scappare...?
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Christopher è un ragazzo di buona famiglia, che ha vissuto un'infanzia tormentata dal rapporto difficile dei suoi genitori e dalla frustazione del padre, collaboratore della NASA. Unica sua confidente è la sorella, unici amici i libri di autori straordinari che gli raccontano la solitudine ed i viaggi, la ricerca di se stessi e la libertà.
Terminata la scuola, arriva il momento del collage, che sarà finanziato dalla famiglia e dal fondo per gli studi. A tale scopo il padre, come regalo per la maturità, gli propone di cambiare macchina; la macchina di Chris è quello che viene definito un "catorcio" ma è la macchina che aveva tanto ricercato non appena patentato. Chris ha in mente altro: l'abbandono totale all'avventura, lo scrollarsi di dosso di tutti i privilegi di una società agiata e tecnologicamente avanzata, il ritorno alla natura selvaggia,insonna, la ricerca della felicità!
Parte allora, scappando di casa, alla volta dell'alaska, senza soldi (Il fondo per gli studi lo da in beneficenza), con in mente il solo fisso obiettivo dell'Alaska.
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Christopher è un ragazzo di buona famiglia, che ha vissuto un'infanzia tormentata dal rapporto difficile dei suoi genitori e dalla frustazione del padre, collaboratore della NASA. Unica sua confidente è la sorella, unici amici i libri di autori straordinari che gli raccontano la solitudine ed i viaggi, la ricerca di se stessi e la libertà.
Terminata la scuola, arriva il momento del collage, che sarà finanziato dalla famiglia e dal fondo per gli studi. A tale scopo il padre, come regalo per la maturità, gli propone di cambiare macchina; la macchina di Chris è quello che viene definito un "catorcio" ma è la macchina che aveva tanto ricercato non appena patentato. Chris ha in mente altro: l'abbandono totale all'avventura, lo scrollarsi di dosso di tutti i privilegi di una società agiata e tecnologicamente avanzata, il ritorno alla natura selvaggia,insonna, la ricerca della felicità!
Parte allora, scappando di casa, alla volta dell'alaska, senza soldi (Il fondo per gli studi lo da in beneficenza), con in mente il solo fisso obiettivo dell'Alaska.
Nel suo cammino molti i personaggi incontrati: una coppia di hippie ormai attempata, legati al sogno degli anni settanta ma comunque legati al concetto di famiglia ormai sfuggitogli; un agricoltore che contrabbanda apparecchiature elettroniche; un signore, veterano della seconda guerra mondiale, che ha perso moglie e figli in un incidente stradale e che ora si è abbandonato alla vita, lavorando il cuoio ed una coppia di giovani nord europei anche loro in cerca di avventura.
Tutto fila nella trama del racconto (tralaltro tratto da una storia vera) e ci da una chiara visione e caratterizzazione del personaggio Christopher; quello che invece rimane buttato là e non approfondito, è la creazione del rapporto con i personaggi che il protagonista incontra: troppo profondo appare nella sua rappresentazione ma inverosimile dal punto di vista concettuale (come può arrivare un ragazzo di venti anni dare consigli di vita ad uno di 80?). Si capisce come i tempi cinematografici dettino la tempistica degli eventi ma un bravo regista sa "rimanere nei tempi" (Che sono anche abbastanza lunghi: 148 minuti). Ultima analisi negativa: la fine del film.
Il protagonista afferma "la felicità non è nulla se non condivisa"! Dovrebbe cosi cadergli tutto l'ideale che si era venuto a creare nella mente fino a questo punto, in più alimentato dal fatto di rimanere intrappolato senza viveri ed avvelenato da bacche selvatiche; invece niente è più veloce che il trapasso.
Usciamo dal cinema con un pò di amaro in bocca, ma anche con un retrogusto dolce che ci piace! Pen è stato bravo a non cercare lo spettacolo dato dai paesaggi ma la camera è sempre stretta sui personaggi; gli serviva focalizzare sulle persone e sulla loro reale solitudine ed evasione dal mondo frenetico, non tanto sulla natura che fa solo da contenitore. Altra delizia, la colonna sonora, affidata alle eccezionali corde vocali di Eddie Vedder, cantente dei Pearl Jam, con la sua chitarra, che ci da le calde senzazioni dei paesaggi e degli stati d'animo.
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[+] non male
(di alfredik)
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[+] x andrea e paleutta
(di luc)
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savana
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martedì 10 marzo 2009
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a 24 anni si è ancora ragazzini ma questo è troppo
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Nelle terre estreme che è il libro sulla vita di Mister supertramp scritto da Jon Krakauer è l'ultima frontiera della superficialità. Non c'è dubbio che ciascuno di noi debba provare sulla propria pelle il peso di una str.nz.at.a ma provare sulla nostra pelle la prolissità di luoghi comuni che si accavallano per tutta la durata anche del film beh beh beh è veramente troppo. Supertramp un uomo comune pieno di luoghi comuni con niente che mi accomuna
[+] l'uomo comune
(di sal)
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reiver
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lunedì 23 marzo 2009
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cuore selvaggio
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E' un bel film.Una frase semplice,probabilmente anche scontata,ma che esaurisce ogni sterile polemica da parte di chi si è lasciato andare ad invettive contro questa pellicola.Un ritmo non lento,ma "naturale";la storia di un viaggio che non è una fuga ma un percorso di formazione,attraverso tappe che segnano un rito di passaggio,la trasformazione di un ragazzo in un uomo.E' da questo punto che voglio partire;i miei amici hanno sviscerato il film da ogni punto di vista,ne hanno analizzato i tanti pregi e i pochi difetti...Quindi io posso concentrarmi sulla storia di Chris.Prima di vedere il film,lo confesso,questo ragazzo non mi stava simpatico,nè condividevo il concetto di "fuga dalla civiltà".
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E' un bel film.Una frase semplice,probabilmente anche scontata,ma che esaurisce ogni sterile polemica da parte di chi si è lasciato andare ad invettive contro questa pellicola.Un ritmo non lento,ma "naturale";la storia di un viaggio che non è una fuga ma un percorso di formazione,attraverso tappe che segnano un rito di passaggio,la trasformazione di un ragazzo in un uomo.E' da questo punto che voglio partire;i miei amici hanno sviscerato il film da ogni punto di vista,ne hanno analizzato i tanti pregi e i pochi difetti...Quindi io posso concentrarmi sulla storia di Chris.Prima di vedere il film,lo confesso,questo ragazzo non mi stava simpatico,nè condividevo il concetto di "fuga dalla civiltà".Non apprezzavo poi (e non apprezzo tuttora) alcuni commenti che trovo al limite del delirio,autentici pistolotti moraleggianti che aborro da sempre.Però vedendo "Into the wild" ho percepito la sua vicenda da un'altra prospettiva,che è l'unica possibile per me:quello di un ragazzo,di un figlio che non si sente amato dai genitori...Steve McQueen diceva che quando uno non si sente amato da padre e madre si convince che qualcosa in lui sia sbagliato,ma in Chris è scattato un meccanismo inverso,quello della repulsione non solo verso la famiglia,ma verso l'intera società "borghese" (quanto odio questo termine!),verso le sue regole,addirittura verso i rapporti sociali.Chris non fugge dalla società,ma semplicemente va alla ricerca di un mondo ideale che non esiste,e che lui identifica nella natura selvaggia,nel mito dell'Alaska.Il problema è che la natura è selvaggia ma ostile tanto quanto la società,e come la società ha le sue regole spietate e dettate da una logica incontrovertibile;secondo questa logica chi è debole muore,chi è forte sopravvive.Non c'è spazio per i sentimenti,per la pietà,per la commozione,e la libertà agognata diventa un concetto abbastanza effimero e virtuale,perchè una eccessiva identificazione con la natura diventa,se non controllata,una regressione ai primordi della civiltà,e questo Chris lo capisce,anche se in ritardo.Ho letto carrellate di commenti,di approvazione o disapprovazione,verso il comportamento del protagonista...Io non me la sento di giudicarlo.Per sapere come mi sarei comportato al suo posto avrei dovuto vivere la sua stessa vita:negli anni ho imparato che è troppo facile commentare dall'esterno.Più in generale io dico che è sbagliato cercare di cambiare le persone a seconda delle proprie esigenze:si può anche non condividere del tutto un comportamento,ma prima bisogna provare a capirlo.Io posso dire di aver capito Chris,e mi dispiace che il suo rito di passaggio,il suo percorso formativo che inaspettatamente per lui gli ha fatto riscoprire il valore di quei rapporti sociali che pensava di poter annullare,si sia concluso in questo modo,perchè il mondo avrebbe avuto un grande uomo in più.Un uomo capace di apprezzare i veri sentimenti e le vere emozioni,che non sono il vento gelido in faccia,una vista mozzafiato o una discesa spericolata giù per il fiume Colorado,ma il calore rappresentato dall'affetto delle persone che ti vogliono bene.Alla fine il film mi ha portato a riflettere su questo.Su quanto cioè sia importante manifestare i propri sentimenti,esprimerli,ricambiare l'affetto che si riceve.E' questo il rimpianto,o il rimorso, che io potrei avere,quello di aver risposto gelidamente (come una statua di marmo) o con indifferenza (come un orso) a chi ha provato a renderti felice.
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[+] belle riflessioni..
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