g.trama
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domenica 27 maggio 2012
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un film sull'elevazione spirituale.
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"Into the Wild" di Penn non è definibile un road movie. Se accettiamo questa accezione, escludiamo road, la strada. Un road movie con pretese, e neanche tanto, di esserlo. Il camper in Alaska è fermo, e non solo simbolicamente, in mezzo il fiume volutamente invalicabile che fa di Alexander Supertramp prima consapevole, poi inconsapevole dei suoi limiti. Quella di Penn è una straordinaria riflessione sulla crudeltà e sul panta rei che la natura inevitabilmente è a scapito di tutto. Associabile questa pellicola con quell'altro straordinario capolavoro di inizio millennio che è "Grizzly Man" del cinico genio Herzog. La netta differenza fra i due film è il sensazionalismo: presente in Penn, assente parzialmente in Herzog, poichè comunque entrambi commuovono e non c'è dubbio su questo.
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"Into the Wild" di Penn non è definibile un road movie. Se accettiamo questa accezione, escludiamo road, la strada. Un road movie con pretese, e neanche tanto, di esserlo. Il camper in Alaska è fermo, e non solo simbolicamente, in mezzo il fiume volutamente invalicabile che fa di Alexander Supertramp prima consapevole, poi inconsapevole dei suoi limiti. Quella di Penn è una straordinaria riflessione sulla crudeltà e sul panta rei che la natura inevitabilmente è a scapito di tutto. Associabile questa pellicola con quell'altro straordinario capolavoro di inizio millennio che è "Grizzly Man" del cinico genio Herzog. La netta differenza fra i due film è il sensazionalismo: presente in Penn, assente parzialmente in Herzog, poichè comunque entrambi commuovono e non c'è dubbio su questo. E l'idealismo dei due protagonisti reali all'interno della lente deformata e deformante della cinepresa contrasta parossisticamente con il corso oggettivo, pratico, pragmatico, inarrestabile della natura: non c'è fuga dalla società se non nella natura selvaggia e selvaggio viene etimologicamente da selva, dal greco sei-ròs, chiaro. Ma la chiarezza, la verità hanno un prezzo, ovvero l'oblio nella natura, la rinuncia del proprio posto all'interno del consorzio civile. Entrambi i protagonisti delle due pellicole, questi guerrieri moderni senza armi offensive, sognano l'Alaska e la raggiungono, l'abbracciano, l'amano per la sua bellezza esteriore e interiore, l'amano fino alla fine, una fine data dalla terra stessa non come condanna, ma come difesa e tutela della propria aggettivazione di selvaggia. Il lavoro estenuante di selezione del materiale filmato dal Grizzly Man Treadwell trova un suo corrispettivo equivalente nella durata "finzionale" dell'opera di Penn, poco meno di due ore e mezza. Entrambi i registi perciò creano, ma costruiscono anche, ovvero sono insieme artisti e artigiani, lodevoli per questo, sinceri fino in fondo e professionalemente impegnati. La poetica e l'estetica fanno il resto, quando, come Bene diceva, estetica ed etica sono la medesima cosa. L'etica di un tedesco lungimirante nei confronti di una società a lui aliena e l'etica di un "americano" al cento per cento, familiare con quella stessa società, ma aspramente critico nei confronti della stessa. E il pessimismo non è anti-hollywoodiano o anti-sensazionalista, ma ha ambizioni ben più elevate, è imprescindibilmente connesso all'esito della lotta impari combattuta dai "folli" protagonisti dei due film. E mai più follia fu meritata, mai più follia venne guadagnata da Supertramp, durante la sua esistenza egregiamente rappresentata e immaginata da Penn, seguendo la massima di Thoreau: "unless above himself he can erect himself, how poor a thing is man!" ("a meno che da se stesso non sappia ergersi, che povera cosa è l'uomo!").
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ziogiafo
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venerdì 21 novembre 2008
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alla ricerca della... libertà - 1^ parte
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ziogiafo - Into the Wild, USA 2007 - Tratto da un bellissimo romanzo intitolato “Nelle terre selvagge” di Jon Krakauer, il film rievoca l’appassionante storia vera di Christopher McCandless, che negli anni novanta abbandonò la sua famiglia ed ogni tipo di comfort per intraprendere un avventuroso viaggio verso la “sua libertà”… Lo stile narrativo adottato dal bravo attore-regista Sean Penn (direi sorprendente in questa particolare opera), è quello incantevole del “road movie” anni settanta, utilizzando anche degli opportuni flashback per spaziare nel pregresso dell’interessante vita del giovane protagonista. La suggestiva colonna sonora si avvale di bellissime canzoni composte ad hoc da Eddie Vedder, che si fondono in maniera emozionante con la stupenda fotografia, pilastro fondamentale di questo affascinante film.
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ziogiafo - Into the Wild, USA 2007 - Tratto da un bellissimo romanzo intitolato “Nelle terre selvagge” di Jon Krakauer, il film rievoca l’appassionante storia vera di Christopher McCandless, che negli anni novanta abbandonò la sua famiglia ed ogni tipo di comfort per intraprendere un avventuroso viaggio verso la “sua libertà”… Lo stile narrativo adottato dal bravo attore-regista Sean Penn (direi sorprendente in questa particolare opera), è quello incantevole del “road movie” anni settanta, utilizzando anche degli opportuni flashback per spaziare nel pregresso dell’interessante vita del giovane protagonista. La suggestiva colonna sonora si avvale di bellissime canzoni composte ad hoc da Eddie Vedder, che si fondono in maniera emozionante con la stupenda fotografia, pilastro fondamentale di questo affascinante film. La storia cammina lenta in un susseguirsi di meravigliose immagini, di terre incontaminate e incantevoli scenari che il regista cattura accuratamente con la macchina da presa, esaltando le bellezze naturali di queste terre selvagge in cui il tenace Chris (Emile Hirsch) si immerge “anima e corpo”. L’unico obiettivo del giovane avventuriero è quello di raggiungere l’Alaska, e per portare a termine il suo ambizioso progetto è disposto a rinunciare a qualsiasi cosa. Rifiutando ogni tipo di “benessere”, ostentato dalla società consumistica moderna, si libera velocemente di tutti i suoi beni materiali e parte con entusiasmo verso una nuova vita. Chris, sul suo cammino… incontrerà tante persone interessanti, con le quali si intratterrà piacevolmente, anche se per brevissimo tempo.
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andrea
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mercoledì 20 febbraio 2008
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c'è un supertramp in ognuno di noi
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Il giovane Christopher si è appena laureato. Ma cosa vuole ora dalla sua vita? In cosa ricercherà la felicità, il piacere stesso di vivere? Non in cose, non in oggetti. Ha voglia di fuggire, squarciare il guscio di una noiosa quotidianità, appesantita da una difficile situazione familiare, ed evadere da una società consumistica e gerarchica: la carriera è un invenzione del ventesimo secolo, dice giustamente Christopher, il quale, fatti i bagagli, scappa facendo perdere le sue tracce, per cominciare un'indimenticabile avventura on the road (e "into the wild"), dando così inizio ad una nuova vita. La sua è una vera e propria rinascita, ora non è più Christopher, ma Alexander Supertramp, il supervagabondo, che, liberatosi dei documenti, gli ultimi rimasugli della sua vecchia identità, e senza uno spicciolo in tasca (volutamente), girovaga tra i più affascinanti paesaggi naturali americani.
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Il giovane Christopher si è appena laureato. Ma cosa vuole ora dalla sua vita? In cosa ricercherà la felicità, il piacere stesso di vivere? Non in cose, non in oggetti. Ha voglia di fuggire, squarciare il guscio di una noiosa quotidianità, appesantita da una difficile situazione familiare, ed evadere da una società consumistica e gerarchica: la carriera è un invenzione del ventesimo secolo, dice giustamente Christopher, il quale, fatti i bagagli, scappa facendo perdere le sue tracce, per cominciare un'indimenticabile avventura on the road (e "into the wild"), dando così inizio ad una nuova vita. La sua è una vera e propria rinascita, ora non è più Christopher, ma Alexander Supertramp, il supervagabondo, che, liberatosi dei documenti, gli ultimi rimasugli della sua vecchia identità, e senza uno spicciolo in tasca (volutamente), girovaga tra i più affascinanti paesaggi naturali americani. Lungo il percorso incontrerà bizzarri personaggi, vagabondi come lui, a cui non è difficile affezionarsi, così come non è difficile essere toccati dal suo continuo rimettersi in cammino, che lo costringerà a non rivedere più quelle persone. La vita è fatta di incontri, qualcuno ti può cambiare l'esistenza e poi non lo rivedi mai più. La macchina da presa di Penn è a sua volta vagabonda, esploratrice (si fa grosso uso della camera a mano), compiaciuta dei meravigliosi paesaggi che riprende, e riesce a far assaporare allo spettatore il piacere inebriante della scoperta. Chi vive solo razionalmente, si preclude la possibilità di vivere a pieno la vita. Questa è un'affermazione del giovane Christopher/Alexander, che in effetti rischia un bel po', anche troppo, fino ad annullarsi - in ogni senso - nella natura. La sua meta finale è l'Alaska, dove, raggiunta una soddisfazione così tanto inseguita, comprende che la felicità è tale solo se condivisa. Si riflette, dunque, sulla solitudine, e sull'importanza per l'uomo della compagnia di altre persone, aspetto che il protagonista aveva sottovalutato. Liberatosi di ogni traccia di civiltà, è tornato alla natura più primordiale, a fare i conti con la sopravvivenza, con l'intento di soddisfare una religiosità tutta terrena, personale, individuale. Non c'è altro che può rendere felice un uomo; Alexander, nel Magic Bus, l'ha trovato, ha respirato a pieni polmoni la libertà da sempre cercata, il piacere di sentirsi svincolati da regole umane e schematizzanti, la sensazione di essere vivi al cento percento, senza pagare il prezzo della gerarchia di una società sempre più insoddisfatta e alla ricerca di illusorie sicurezze materiali. Penn ci regala un film intenso, una commistione di avventura allo stato puro, di teneri affetti, di nostalgici momenti, di toccanti incontri e addii, di poetiche evasioni, e di istanti di totale incanto panico. In poche parole, un film sentito, realizzato con sincera sensibilità. In fondo - almeno si spera - dentro di noi, nascosto dal velo di una borghese regolarizzazione, c'è un Supertramp, un uomo che dovrebbe vivere la vita in modo incontaminato, puro, naturale, ricercando non le vane soddisfazioni che la società del consumo ci propina, ma quella felicità, quella libertà, che è insita nella natura stessa che ci circonda e che ci è sempre appartenuta.
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sergio
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mercoledì 30 gennaio 2008
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intenso, toccante, un capolavoro di sean penn
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la storia di chris,ragazzo brillante e tormentato,che,complice una famiglia problematica,si sente estraneo alla società in cui vive,ai non valori che la permeano,a scelte che sembrano essergli imposte.
laureatosi abbandona letteralmente i propri averi ed i propri cari per intraprendere una peregrinazione che lo condurrà alla scoperta di luoghi e persone nuovi e stimolanti,per culminare con l'approdo in alaska, meta prefissata simboleggiante il distacco estremo dal materialismo che il giovane rifugge e la ricongiunzione con se stesso a cui aspira.
un viaggio non solo nel senso fisico del termine,bensì in un'accezione metaforico-spirituale,una progressiva presa di coscienza dell'io ed una critica alla società che omologando persone ed aspirazioni impedisce la realizzazione dell'individuo.
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la storia di chris,ragazzo brillante e tormentato,che,complice una famiglia problematica,si sente estraneo alla società in cui vive,ai non valori che la permeano,a scelte che sembrano essergli imposte.
laureatosi abbandona letteralmente i propri averi ed i propri cari per intraprendere una peregrinazione che lo condurrà alla scoperta di luoghi e persone nuovi e stimolanti,per culminare con l'approdo in alaska, meta prefissata simboleggiante il distacco estremo dal materialismo che il giovane rifugge e la ricongiunzione con se stesso a cui aspira.
un viaggio non solo nel senso fisico del termine,bensì in un'accezione metaforico-spirituale,una progressiva presa di coscienza dell'io ed una critica alla società che omologando persone ed aspirazioni impedisce la realizzazione dell'individuo.
un film straordinariamente intenso,tratto da una storia vera e pertanto ancor più toccante,una fotografia che lascia estasiati ed una colonna sonora che la esalta;
da sottolineare la recitazione del giovane hemile hirsch,la cui interpretazione evidenzia una maturazione professionale che pare andare di pari passo con la crescita interiore del protagonista;
la regia di sean penn è brillante e la trasposizione cinematografica delle vicende di mccandless riesce alla perfezione,regalando allo spettatore due ore e mezzo che paiono un istante;notevoli la scelta di alternare le riflessioni di chris alla voce della sorella,l'uso sapiente del flash back,i dialoghi e forse ancor più i silenzi:un capolavoro che emoziona
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braveheart
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domenica 3 febbraio 2008
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uno spettacolare viaggio verso la libertà
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Nelle terre estreme è un film bellissimo: struggente e magico nello stesso tempo.
Racconta la storia di Chris, ragazzo della borghesia americana, che appena conseguito il diploma abbandona la famiglia alla ricerca di se stesso in un metaforico viaggio verso le terre selvagge. Nel suo lungo cammino Chris incontra tanti personaggi che gli offrono amicizia e amore ma nessuno riesce a penetrare fino in fondo la sua anima piena di solitudine. Il ragazzo è convinto che troverà quello che cerca solo quando sarà veramente solo, quando si sarà messo alla prova fino all’estremo. Il suo lungo peregrinare lo porterà fino in Alaska. Qui, nelle terre estreme, chris capirà che nulla vale la pena di essere vissuto se non lo si può condividere con qualcuno.
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Nelle terre estreme è un film bellissimo: struggente e magico nello stesso tempo.
Racconta la storia di Chris, ragazzo della borghesia americana, che appena conseguito il diploma abbandona la famiglia alla ricerca di se stesso in un metaforico viaggio verso le terre selvagge. Nel suo lungo cammino Chris incontra tanti personaggi che gli offrono amicizia e amore ma nessuno riesce a penetrare fino in fondo la sua anima piena di solitudine. Il ragazzo è convinto che troverà quello che cerca solo quando sarà veramente solo, quando si sarà messo alla prova fino all’estremo. Il suo lungo peregrinare lo porterà fino in Alaska. Qui, nelle terre estreme, chris capirà che nulla vale la pena di essere vissuto se non lo si può condividere con qualcuno. Tra paesaggi spettacolari e personaggi mai banali Penn ci regala uno dei film più toccanti degli ultimi anni: da vedere e rivedere.
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filippaccio
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lunedì 28 luglio 2008
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bello da piangere!
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"C'è una gioia nei boschi inesplorati, C'è un'estasi sulla spiaggia solitaria, C'è vita dove nessuno arriva vicino al mare profondo, e c'è musica nel suo boato. Io non amo l'uomo di meno, ma la Natura di più." ( George Byron ).
Un film per sognatori, per chi idealizza sempre ogni contesto, sospeso su una corda irreale quanto il suo perdersi. E chi sogna lo amerà, cosi come chi e' con i piedi per terra rimarrà perplesso di fronte alle scelte di vita di Chris McCandless. Un sognatore però ha quanto meno il dovere di dargli il massimo. Superpartes le musiche di eddie vedder, che prendono il 10 e lode da qualsiasi angolazione si voglia esprimere il proprio giudizio.
[+] into the wild - l'ultimo volo del falco,
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[+] le aquile volano dentro di me
(di carolina 64)
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sassolino
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sabato 2 febbraio 2008
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una ballata springsteeniana
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Ha i toni e le cadenze di una ballata springsteeniana questo film che a tratti sembra ricordare "la rabbia giovane" di terence Malick dove la natura si presentava come ostile all'uomo e la società veniva accennata sullo sfondo di grandi paesaggi addormentati, grandi pianure senza senso.
Qui la componente panica accresce ancor di più la sensazione d'estasi che si percepisce e insieme il disagio della famiglia medio borghese incapace di dare risposte a un vuoto esistenziale compensabile soltanto con la voracità del viaggio, con la curiosità quasi maniacale di scoprire a poco a poco il significato di ciò che circonda.
Ne risulta un'opera elegiaca, cadenzata dai rallenti, da campi lunghi, da primi piani che si imprimono per sempre sullo spettatore non lasciando tregua ad alcun tipo di ottimismo.
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Ha i toni e le cadenze di una ballata springsteeniana questo film che a tratti sembra ricordare "la rabbia giovane" di terence Malick dove la natura si presentava come ostile all'uomo e la società veniva accennata sullo sfondo di grandi paesaggi addormentati, grandi pianure senza senso.
Qui la componente panica accresce ancor di più la sensazione d'estasi che si percepisce e insieme il disagio della famiglia medio borghese incapace di dare risposte a un vuoto esistenziale compensabile soltanto con la voracità del viaggio, con la curiosità quasi maniacale di scoprire a poco a poco il significato di ciò che circonda.
Ne risulta un'opera elegiaca, cadenzata dai rallenti, da campi lunghi, da primi piani che si imprimono per sempre sullo spettatore non lasciando tregua ad alcun tipo di ottimismo. Un film bigger than life dove anche gli attori risultano essere minuscoli, figure di contorno di un progetto più grande, forse proprio il progetto divino.
Servito da calda musica country e fiabescamente narrato in voce off rimane uno dei più bei film degli ultimi anni, capace di scardinare anche il cupo pessimismo eastwoodiano.
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vagabondo del dharma
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martedì 4 marzo 2008
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nelle terre di dentro
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Il viaggio che descrive Sean Penn sarebbe troppo banale interpretarlo considerando solo il suo lato materiale e pratico: un ragazzo che abbandona la famiglia e la società e si rifugia nelle remote e sperdute lande dell'Alaska per contestare la società e i suoi meccanismi stritolatori, per sottrarsi al bigottismo e all'ipocrisia del sentimentalismo borghese. Sarebbe troppo banale e, se questo fosse stato l'intento, Penn avrebbe fallito lo scopo. Chris si addentra nell'Alaska per trovare quello cerca, ma soprattutto per trovarsi. La natura è metafora di una ricerca interiore che ha come obiettivo la scoperta dell'autentico e del vero. Penn utilizza il viaggio di Chris in chiave simbolica, ma più che manifestare intenti di critica politica indica una strada.
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Il viaggio che descrive Sean Penn sarebbe troppo banale interpretarlo considerando solo il suo lato materiale e pratico: un ragazzo che abbandona la famiglia e la società e si rifugia nelle remote e sperdute lande dell'Alaska per contestare la società e i suoi meccanismi stritolatori, per sottrarsi al bigottismo e all'ipocrisia del sentimentalismo borghese. Sarebbe troppo banale e, se questo fosse stato l'intento, Penn avrebbe fallito lo scopo. Chris si addentra nell'Alaska per trovare quello cerca, ma soprattutto per trovarsi. La natura è metafora di una ricerca interiore che ha come obiettivo la scoperta dell'autentico e del vero. Penn utilizza il viaggio di Chris in chiave simbolica, ma più che manifestare intenti di critica politica indica una strada. Ed è la strada dell'interiorità, la strada maestra dell'umanità, quella che da tempo abbiamo abbandonato, la strada del "conosci te stesso". Chris non è un isolato, ma cerca di essere "solo". Solo per sentire la sua voce più autentica. Disseminare la storia delle citazioni di Thoreau, Tolstoj e London è una chiara dimostrazione che l'intento del regista è quello di indicare "un nuovo modo di vedere le cose". Sarebbe stato facile cadere in suggestioni new age se avesse troppo chiaramente alluso ad un'illuminazione di tipo buddista. Ma la scena finale, con Crhis che muore sorridendo, è una vera e propria illuminazione. La grandezza di Penn, secondo me, sta proprio dalla sua capacità di raccontare una storia di "trasformazione interiore" attraverso un percorso che si dipana lungo il continente americano, la cui geografia è tradizionalmente metafora della conquista di spazi interiori. Era il vero intento di Kerouac, andando oltre la strada come retorica dell'autostop, della droga e della libertà, come libertà da divieti. Era la vera inclinazione di Thoreau, Emerson e dello stesso Henry Miller. Qualcosa di profondamente radicato nella tradizione americana e che in London ha la sua espressione più "selvaggia e naturale". Sentendo i commenti all'uscita del cinema si capisce a chi dà fastidio questo film. Dà fastidio a chi ci vuol vedere una possibile "soluzione" per tutti. A chi legge il percorso di Chris come un gesto "politico", nel senso di indicare una nuova strada a tutti. Invece è solo la vicenda di Chris, una persona che si è interrogata sulla natura dei rapporti sociali e sull'inautenticità che può pervaderli, una persona che sceglie la strada della solitudine (e non dell'isolamento) per trasformarsi interiormente e per trovare una nuova consapevolezza. Raggiuntala, vorrebbe tornare nel mondo e condividerla. E' questo il messaggio di Penn: la condivisione. Chris, novello Cristo, dopo il deserto vuole diffondere la lieta novella. E, anche tra gli uomini, Chris raggiunge la saggezza imparando (dall'anziano signore) che nel perdono si ama veramente. E alla fine ha perdonato tutti, anche i suoi genitori. L'illuminazione è lì, in quel perdono.
Chi ci vede solo la critica alla società, secondo me, si perde gran parte del significato di questo film meraviglioso, che ti stringe le budella e ti fa riflettere. Raccontare la ricerca della verità attraverso una storia di grande appeal non è da tutti, e Penn ci riesce alla grande.
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vagabondo del dharma
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martedì 4 marzo 2008
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nelle terre di dentro
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Il viaggio che descrive Sean Penn sarebbe troppo banale interpretarlo considerando solo il suo lato materiale e pratico: un ragazzo che abbandona la famiglia e la società e si rifugia nelle remote e sperdute lande dell'Alaska per contestare la società e i suoi meccanismi stritolatori, per sottrarsi al bigottismo e all'ipocrisia del sentimentalismo borghese. Sarebbe troppo banale e, se questo fosse stato l'intento, Penn avrebbe fallito lo scopo. Chris si addentra nell'Alaska per trovare quello cerca, ma soprattutto per trovarsi. La natura è metafora di una ricerca interiore che ha come obiettivo la scoperta dell'autentico e del vero. Penn utilizza il viaggio di Chris in chiave simbolica, ma più che manifestare intenti di critica politica indica una strada.
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Il viaggio che descrive Sean Penn sarebbe troppo banale interpretarlo considerando solo il suo lato materiale e pratico: un ragazzo che abbandona la famiglia e la società e si rifugia nelle remote e sperdute lande dell'Alaska per contestare la società e i suoi meccanismi stritolatori, per sottrarsi al bigottismo e all'ipocrisia del sentimentalismo borghese. Sarebbe troppo banale e, se questo fosse stato l'intento, Penn avrebbe fallito lo scopo. Chris si addentra nell'Alaska per trovare quello cerca, ma soprattutto per trovarsi. La natura è metafora di una ricerca interiore che ha come obiettivo la scoperta dell'autentico e del vero. Penn utilizza il viaggio di Chris in chiave simbolica, ma più che manifestare intenti di critica politica indica una strada. [+]
Il viaggio che descrive Sean Penn sarebbe troppo banale interpretarlo considerando solo il suo lato materiale e pratico: un ragazzo che abbandona la famiglia e la società e si rifugia nelle remote e sperdute lande dell'Alaska per contestare la società e i suoi meccanismi stritolatori, per sottrarsi al bigottismo e all'ipocrisia del sentimentalismo borghese. Sarebbe troppo banale e, se questo fosse stato l'intento, Penn avrebbe fallito lo scopo. Chris si addentra nell'Alaska per trovare quello cerca, ma soprattutto per trovarsi. La natura è metafora di una ricerca interiore che ha come obiettivo la scoperta dell'autentico e del vero. Penn utilizza il viaggio di Chris in chiave simbolica, ma più che manifestare intenti di critica politica indica una strada. Ed è la strada dell'interiorità, la strada maestra dell'umanità, quella che da tempo abbiamo abbandonato, la strada del "conosci te stesso". Chris non è un isolato, ma cerca di essere "solo". Solo per sentire la sua voce più autentica. Disseminare la storia delle citazioni di Thoreau, Tolstoj e London è una chiara dimostrazione che l'intento del regista è quello di indicare "un nuovo modo di vedere le cose". Sarebbe stato facile cadere in suggestioni new age se avesse troppo chiaramente alluso ad un'illuminazione di tipo buddista. Ma la scena finale, con Crhis che muore sorridendo, è una vera e propria illuminazione. La grandezza di Penn, secondo me, sta proprio dalla sua capacità di raccontare una storia di "trasformazione interiore" attraverso un percorso che si dipana lungo il continente americano, la cui geografia è tradizionalmente metafora della conquista di spazi interiori. Era il vero intento di Kerouac, andando oltre la strada come retorica dell'autostop, della droga e della libertà, come libertà da divieti. Era la vera inclinazione di Thoreau, Emerson e dello stesso Henry Miller. Qualcosa di profondamente radicato nella tradizione americana e che in London ha la sua espressione più "selvaggia e naturale". Sentendo i commenti all'uscita del cinema si capisce a chi dà fastidio questo film. Dà fastidio a chi ci vuol vedere una possibile "soluzione" per tutti. A chi legge il percorso di Chris come un gesto "politico", nel senso di indicare una nuova strada a tutti. Invece è solo la vicenda di Chris, una persona che si è interrogata sulla natura dei rapporti sociali e sull'inautenticità che può pervaderli, una persona che sceglie la strada della solitudine (e non dell'isolamento) per trasformarsi interiormente e per trovare una nuova consapevolezza. Raggiuntala, vorrebbe tornare nel mondo e condividerla. E' questo il messaggio di Penn: la condivisione. Chris, novello Cristo, dopo il deserto vuole diffondere la lieta n
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venerdì 21 novembre 2008
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alla ricerca della… libertà - 2^ parte
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Queste nuove conoscenze saranno importanti per lui, “serviranno” a colmare quei vuoti immensi di affetto familiare, ed anche a ritrovare quella dimensione “umana” dopo i grandi silenzi che gli vengono imposti dalla natura selvatica, in cui si trova a vivere, in estrema solitudine e per lunghi periodi. In questi particolari momenti, Chris ricorda con sofferenza le molteplici incomprensioni familiari del passato, di cui lui fu sempre la vittima designata, sin da bambino. Per questi motivi si era trascinato in un “modus vivendi” formale fino a ventidue anni, solo per accontentare gli intransigenti genitori… che non erano mai entrati in sintonia con le sue reali esigenze. Era andato via dunque per ribellarsi a tutto questo, abbandonando quei falsi legami e quel triste passato.
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Queste nuove conoscenze saranno importanti per lui, “serviranno” a colmare quei vuoti immensi di affetto familiare, ed anche a ritrovare quella dimensione “umana” dopo i grandi silenzi che gli vengono imposti dalla natura selvatica, in cui si trova a vivere, in estrema solitudine e per lunghi periodi. In questi particolari momenti, Chris ricorda con sofferenza le molteplici incomprensioni familiari del passato, di cui lui fu sempre la vittima designata, sin da bambino. Per questi motivi si era trascinato in un “modus vivendi” formale fino a ventidue anni, solo per accontentare gli intransigenti genitori… che non erano mai entrati in sintonia con le sue reali esigenze. Era andato via dunque per ribellarsi a tutto questo, abbandonando quei falsi legami e quel triste passato. L’unico affetto vero di Chris era Carine, la sorella più piccola, di cui sentirà la mancanza. Per raggiungere la sua meta il giovane “esploratore” si troverà a viaggiare per oltre due anni attraverso gli Stati Uniti, con mezzi di fortuna, fermandosi di tanto in tanto per qualche lavoretto o per qualche sosta di “meditazione” prima di arrivare a quelle fredde e immense terre dell'Alaska. Stupendo è l’incontro di Chris con il vecchio Ron (un meraviglioso Hal Holbrook) - un militare in pensione - saggio e fragile allo stesso tempo. Questo delicato approccio tra il giovane e il veterano (fondamentalmente due persone sole) sfocerà in un simpatico confronto delle loro differenti esistenze, dando luogo ad una reciproca e commovente solidarietà. Commovente è anche il finale del film che non si può raccontare perché è tutto da vedere… Leggete con attenzione le importanti didascalie finali sui titoli di coda. Ottima prova del giovane attore californiano protagonista, ottima la regia, struggenti le musiche, bravi tutti gli altri attori, favolosa la fotografia. Alla ricerca della… libertà. Cordialmente, ziogiafo
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