yris2002
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martedì 24 marzo 2009
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quando la parola non sa tradurre l'emozione
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Recensire "Into the wild" è forse troppo limitante, è un film talmente profondo, intenso, autentico, da poter essere solo rivisto e rivissuto più volte, permettendogli di penetrare nell'anima, e nella testa, lasciando che ci assorba interamente. E' un film che svuota e annulla per poi far rinascere come a nuova vita, a una sensibilità più consapevole di cos'è la vita, cos'è la felicità, e cosa non lo è per nulla.
La profondità delle esperienze vissute da Chris, estreme tanto quanto le terre che ne fanno da scenario ideale, e spettacolare, testimoniano un'ansia di vita e di verità che trascendono ogni errore che il ragazzo certamente compie, vittima egli stesso di un'età che ti fa credere che l'ideale debba sempre essere perseguito in modo assoluto, noncurante della necessità di "scendere a patti" con quella realtà, spesso ostile, capace di promettere solo finto benessere, dalla quale tuttavia fuggire non sempre è la soluzione più costruttiva.
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Recensire "Into the wild" è forse troppo limitante, è un film talmente profondo, intenso, autentico, da poter essere solo rivisto e rivissuto più volte, permettendogli di penetrare nell'anima, e nella testa, lasciando che ci assorba interamente. E' un film che svuota e annulla per poi far rinascere come a nuova vita, a una sensibilità più consapevole di cos'è la vita, cos'è la felicità, e cosa non lo è per nulla.
La profondità delle esperienze vissute da Chris, estreme tanto quanto le terre che ne fanno da scenario ideale, e spettacolare, testimoniano un'ansia di vita e di verità che trascendono ogni errore che il ragazzo certamente compie, vittima egli stesso di un'età che ti fa credere che l'ideale debba sempre essere perseguito in modo assoluto, noncurante della necessità di "scendere a patti" con quella realtà, spesso ostile, capace di promettere solo finto benessere, dalla quale tuttavia fuggire non sempre è la soluzione più costruttiva. La fuga dimostrerà di essere, tuttavia, quasi terapeutica per il giovane, che solo alla fine di un lungo e doloroso viaggio scoprirà la preziosità delle relazioni umane vere, quelle che sanno farti desiderare l'Uomo come entità necessaria con cui condividere la felicità, così come ogni altra emozione.
Il soundtrack di Eddie Vedder contribuisce alla capacità del film di entrare nelle viscere dell'anima, generando una forte empatia con le vicende e scatenando un movimento di emozioni che lasciano lo spettatore in una condizione di reale difficoltà nel tradurre in parole un coinvolgimento dal quale, appunto, si può solo lasciarsi travolgere, senza alcuna pretesa di razionalizzarlo.
Un film imperdibile, impeccabile, una perla rara.
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f.vassia 81
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giovedì 27 maggio 2010
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alla ricerca dell'uomo
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Ispirandosi alla vera ( e toccante ) storia di Chris McCandless, Penn ci accompagna in un emozionante viaggio nella natura selvaggia dei grandi spazi aperti americani, alla ricerca della radice dell'uomo, che sembra essere in realtà duplice: da una parte c'è, come per ogni creatura, l'esigenza di una reale libertà da rigide e ipocrite imposizioni artificiose ( in questo caso quelle dell'alta società borghese statunitense, ovviamente ); dall'altra, però, l'uomo, essendo "animale politico", necessita di condividere le esperienze coi propri simili ( "la vera felicità è quella condivisa" scrive Chris alla fine del suo viaggio di scoperta ).
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Ispirandosi alla vera ( e toccante ) storia di Chris McCandless, Penn ci accompagna in un emozionante viaggio nella natura selvaggia dei grandi spazi aperti americani, alla ricerca della radice dell'uomo, che sembra essere in realtà duplice: da una parte c'è, come per ogni creatura, l'esigenza di una reale libertà da rigide e ipocrite imposizioni artificiose ( in questo caso quelle dell'alta società borghese statunitense, ovviamente ); dall'altra, però, l'uomo, essendo "animale politico", necessita di condividere le esperienze coi propri simili ( "la vera felicità è quella condivisa" scrive Chris alla fine del suo viaggio di scoperta ). Ecco allora che, accanto a quello nella natura, troviamo un paradigmatico percorso parallelo tra figure di persone ancora profondamente "umane", capaci cioè di ritrovare bontà e amore per il prossimo anche nelle avversità che ogni esistenza pone. Penn mostra una maturità registica che lo candida ormai fra i maggiori autori del cinema statunitense contemporaneo: sceglie con giusta sensibilità le location naturalistiche, dirige ottimamente il promettente protagonista e gestisce con equilibrio il ritmo, che mai risulta troppo disteso o concitato; molto belle, inoltre, le ballate presenti in colonna sonora. Bisogna poi apprezzare, in conclusione, un sincero elogio alla cultura come patrimonio comune dove ritrovare se stessi e il modo in cui vivere da autentici esseri umani.
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toma90
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venerdì 18 giugno 2010
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un bel fil su una astoria di debolezza...
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Into the wild… film acclamato dalla critica e sorretto dai soliti sostenitori, derisori di una società ormai orientata al disfacimento. Esiste un tempo per le sfide nella mentalità di un giovane adolescente, un tempo in cui famiglia e soliti inculcati valori vanno lasciati alle spalle. E’ il tempo del diventare grande, il tempo della maturazione. Ma far di questo tempo, di questa esperienza giovanile un affronto alla sfida stessa che si racchiude nel termine adolescente è qualcosa di troppo. Il film non rappresenta il glorioso raggiungimento di una superiore libertà ma il profondo disprezzo per ciò che ci caratterizza. La società è imbastardita, nulla, deficiente di fronte a sfide comuni e a riguardati obiettivi.
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Into the wild… film acclamato dalla critica e sorretto dai soliti sostenitori, derisori di una società ormai orientata al disfacimento. Esiste un tempo per le sfide nella mentalità di un giovane adolescente, un tempo in cui famiglia e soliti inculcati valori vanno lasciati alle spalle. E’ il tempo del diventare grande, il tempo della maturazione. Ma far di questo tempo, di questa esperienza giovanile un affronto alla sfida stessa che si racchiude nel termine adolescente è qualcosa di troppo. Il film non rappresenta il glorioso raggiungimento di una superiore libertà ma il profondo disprezzo per ciò che ci caratterizza. La società è imbastardita, nulla, deficiente di fronte a sfide comuni e a riguardati obiettivi. La critica è buona, ma ciò che spaventa è la soluzione. Non è un superomismo nietzscheano quello che vi troviamo ma una semplice debolezza portata a compimento da una mente debole e incapace di sostenere le violenze mondane. Suicidio signori, niente più che semplice suicidio:un suicidio voluto e improvvisato, risultato di una debolezza che ha impedito al giovane protagonista di affrontare i grandi problemi che giravano intorno a se. Sarebbe bastato accorgersi di essere un perno, di essere un inabile fulcro di una situazione familiare al limite del possibile per evitare 40000 km in giro per stati uniti e messico alla ricerca di qualsivoglia soluzione a un problema che andava affrontato a livello subconscio.
Per diventare grandi, per mirare la libertà suprema sarebbe bastato dare uno stop a tale situazione:porsi in gioco,criticare se stessi, criticare il padre , la madre, il forviante pensiero secondo cui il ricco è giusto. Conosco ragazzi che hanno affrontato la situazione dentro le familiari muraglie con il solo risultato di restare isolati nella propria casa. Conosco ragazzi che hanno messo in gioco se stessi per rinsaldare voluti rapporti con forzuti ragionamenti, contrastando facili prese di posizione concluse dopo ragionamenti intarsiati su mentalità popolari e retrograde. Il fuggire, così esaltato nel libro è in realtà debolezza e armistizio. Provi il giovane viaggiatore a reinterpretare il viaggio come guerra interiore, provi esso a riaffrontare il viaggio partendo dalla base del suo intelletto. Si accorgerà questo di essere una debole dolce figura in fuga da colpe che non ha commesso ma che si è trascinato con se a furia di fuggire da responsabilità che eran tanto sue tanto del mondo che lo circondava.
Se lasci qualcosa lo devi lasciare senza rimorsi, senza pericolosi sentimenti che mangiano e corrodono l’anima. La libertà è un miraggio senza queste premesse e il finto sorriso che lo accompagna nell’ultima testimonianza tangibile di se è l’ineccepibile trionfo di un’ipocrita vittoria su una guerra mai stata combattuta.
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zyklonb
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lunedì 18 ottobre 2010
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quanto e' lunga la strada che porta verso casa....
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INTO THE WILD .. un piccolo capolavoro,come una gemma grezza; uno di quei film che è già stato annoverato come "cult" da molti della mia generazione e che, ne sono sicuro, fara' sempre più proseliti con lo scorrere del tempo. Partendo dal racconto delle peripezie di un giovane ventitreenne Chris McCandlles(al secolo "Alexander Supertramp")Penn,ispirato come non mai e mosso da un'autentico rispetto ed empatia nel riguardo delle vicissitudini del protagonista che trasuda ad ogni scena,ci conduce per mano attraverso paesaggi americani mozzafiato in un viaggio introspettivo sul senso e il significato stesso dell'esistenza. Il film e' un autentico paradosso. Chris è(era)un ragazzo segnato da una famiglia conformista e oppressiva, dal rigetto di valori,doveri che la societa' contemporanea impone e, non esplicito ma lapalissiano, turbe mentali di altra natura che lo spingono nell'estremo gesto di abbandono totale della civiltà.
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INTO THE WILD .. un piccolo capolavoro,come una gemma grezza; uno di quei film che è già stato annoverato come "cult" da molti della mia generazione e che, ne sono sicuro, fara' sempre più proseliti con lo scorrere del tempo. Partendo dal racconto delle peripezie di un giovane ventitreenne Chris McCandlles(al secolo "Alexander Supertramp")Penn,ispirato come non mai e mosso da un'autentico rispetto ed empatia nel riguardo delle vicissitudini del protagonista che trasuda ad ogni scena,ci conduce per mano attraverso paesaggi americani mozzafiato in un viaggio introspettivo sul senso e il significato stesso dell'esistenza. Il film e' un autentico paradosso. Chris è(era)un ragazzo segnato da una famiglia conformista e oppressiva, dal rigetto di valori,doveri che la societa' contemporanea impone e, non esplicito ma lapalissiano, turbe mentali di altra natura che lo spingono nell'estremo gesto di abbandono totale della civiltà. Non e' un eroe, non è Rambo, anzi ne è l'antitesi ma la determinazione e il suo spirito libero lo conducono nel suo lungo peregrinare in situazioni quantomeno pericolose(la discesa in canoa delle rapide del fiume colorado);incontri segnati da una umanità e sobrietà eccezionali che, oltre a contribuire alla sua crescita come uomo, rappresentano l'ultimo baluardo di attaccamento ad una vita più stereotipata che Supertramp spezza ogni volta in virtù della sua sete di risposte e di sfida con se stesso che iconifica in un nome: Alaska. Da segnalare la splendida colonna sonora di Eddie Vedder che nutre tutto il lungometraggio di una malinconia cosi soave che tocca il cuore. Ognuno cerca il senso della propria esistenza lungo tutta una vita, alcuni senza riuscirci; Chris sul viale del tramonto il suo l'ha trovato, ha vinto la sua sfida. E io con lui
"la felicita' è reale solo se viene condivisa"
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breveecirconciso
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mercoledì 23 marzo 2011
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la ricerca, nelle terre selvagge
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Da guardare con gli occhi spalancati. Il film narra la vicenda, vera, di Christopher McCandless, ventiduenne neolaureato che decide di abbandonare il West Virginia, e la sua vita agiata già tracciata dai genitori, per dedicarsi ad un viaggio nella natura incontaminata, alla ricerca della Verità. Per rendersi impossibile da rintracciare, distrugge la propria identità e se ne crea una nuova, Alexander Supertramp, e parte. La meta finale l'Alaska.
Durante il viaggio Alex transita in differenti luoghi, dove incontra persone diverse tra loro, ognuna delle quali gli insegna qualcosa e impara qualcosa da lui. In quei momenti Alex cresce, matura, invecchia. Perchè questo è il viaggiare: una vita nella vita.
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Da guardare con gli occhi spalancati. Il film narra la vicenda, vera, di Christopher McCandless, ventiduenne neolaureato che decide di abbandonare il West Virginia, e la sua vita agiata già tracciata dai genitori, per dedicarsi ad un viaggio nella natura incontaminata, alla ricerca della Verità. Per rendersi impossibile da rintracciare, distrugge la propria identità e se ne crea una nuova, Alexander Supertramp, e parte. La meta finale l'Alaska.
Durante il viaggio Alex transita in differenti luoghi, dove incontra persone diverse tra loro, ognuna delle quali gli insegna qualcosa e impara qualcosa da lui. In quei momenti Alex cresce, matura, invecchia. Perchè questo è il viaggiare: una vita nella vita. E non si può gioire veramente per il raggiungimento della meta, se non si è gustato appieno ogni momento del viaggio. Paradossalmente, il vero viaggio Alex lo compie quando si ferma a condividere ciò che è il suo bagaglio.
Alla regia Sean Penn incanta lo spettatore, aiutato anche da una fotografia mozzafiato, che fa parlare i paesaggi, laddove i protagonisti dei dialoghi non sono i personaggi in carne ed ossa. E alla comparsa dei titoli di coda vien voglia di tornare là, nelle terre selvagge.
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jacopo menichetti
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giovedì 7 febbraio 2008
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into the wild. storia di una ricerca
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Christopher è un giovane che può ottenere ciò che molti desiderano: studiare legge in una celebre università, avere una macchina nuova, aspirare ad un futuro di benessere e successo. Fare soldi. Desideri condivisi da molti, rimpianti da altri, che hanno fallito l'ascesa sociale o che hanno potuto solo sognarla. Desideri diffusi, ma inautentici, aridi, imposti da norme sociali pervase di individualismo ed edonismo. Da questa consapevolezza nasce l'esigenza della rottura. Questa però, più che assumere la forma della fuga, si esprime nella volontà di una ricerca: è questo il significato del suo viaggio, almeno credo. Christopher cerca un'umanità autentica immergendosi nella natura profonda, allontanandosi dal mondo "civile" dei consumi e degli egoismi.
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Christopher è un giovane che può ottenere ciò che molti desiderano: studiare legge in una celebre università, avere una macchina nuova, aspirare ad un futuro di benessere e successo. Fare soldi. Desideri condivisi da molti, rimpianti da altri, che hanno fallito l'ascesa sociale o che hanno potuto solo sognarla. Desideri diffusi, ma inautentici, aridi, imposti da norme sociali pervase di individualismo ed edonismo. Da questa consapevolezza nasce l'esigenza della rottura. Questa però, più che assumere la forma della fuga, si esprime nella volontà di una ricerca: è questo il significato del suo viaggio, almeno credo. Christopher cerca un'umanità autentica immergendosi nella natura profonda, allontanandosi dal mondo "civile" dei consumi e degli egoismi. Non scappa dai suoi simili, ciò che lo renderebbe egocentricamente snob: l'Alaska non è una nicchia, un'isola di incomunicabilità, ma un luogo di pace, di riflessione, di ascolto di sè. La scoperta della sua ricerca infatti è che una gioia è vera solo se condivisa. Ma cosa vuol dire condividere? Basta stare attorno al tavolo di un ristorante con la famiglia dopo la cerimonia del diploma per avere una gioia condivisa? A volte, per condividere, è necessario isolarsi. Ed è questo il senso del viaggio di Christopher.
Guardando il film ho visto luoghi che suscitano stupore, rispetto, che chiamano all'attenzione un'umanità sempre più concentrata su se stessa, incapace di fermarsi e guardare, vedere. La cinepresa ti accompagna in spazi immensi, e poi ti schiude la visione di piccoli dettagli, esprimendo una ritrovata reciprocità tra uomo e mondo, nel dialogo incessante tra Christopher ed i luoghi che egli attraversa. Credo che non sia necessario per ognuno di noi compiere un viaggio simile per trovare o ritrovare l'autenticità profonda dell'essere umano. La storia di Christopher non è la narrazione di gesta straordinarie del tutto estranee agli orizzonti di ognuno di noi. Essa parla non alle nostre fantasie, ma alla nostra quotidianità.
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dandy
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mercoledì 30 marzo 2011
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se vuoi qualcosa nella vita.....
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Dopo aver atteso per anni aspettando il consenso dei familiari,Penn adatta il bestseller di Jon Krauker,sulle vicende del vero Chris McCandless,riflettando sui temi eterni della mitologia americana(il mito della frontiera,il viaggio alla ricerca di se,il confronto con l'altro,il distacco dalla famiglia,la presenza di Dio).Tutti visti dalla prospettiva del protagonista,un pò no global,un pò santo e un pò folle.Penn decide di rompere la continuità spaziale e temporale riducendo al minimo l'enfasi del viaggio(solo verso la fine si comincia a interrogarsi sul destino del protagonista).Il risultato è maestoso,ammaliante e appassionante.Come tutti i film del regista non facile,ma come tutti i film del regista personale e unico.
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Dopo aver atteso per anni aspettando il consenso dei familiari,Penn adatta il bestseller di Jon Krauker,sulle vicende del vero Chris McCandless,riflettando sui temi eterni della mitologia americana(il mito della frontiera,il viaggio alla ricerca di se,il confronto con l'altro,il distacco dalla famiglia,la presenza di Dio).Tutti visti dalla prospettiva del protagonista,un pò no global,un pò santo e un pò folle.Penn decide di rompere la continuità spaziale e temporale riducendo al minimo l'enfasi del viaggio(solo verso la fine si comincia a interrogarsi sul destino del protagonista).Il risultato è maestoso,ammaliante e appassionante.Come tutti i film del regista non facile,ma come tutti i film del regista personale e unico.Molti i momenti indimenticabili(l'incontro col vecchio Ron,la lenta panoramica all'indietro dopo la "riappacificazione"di Chris con la famiglia).Straordinario il protagonista,ma il resto del cast non gli è da meno,compresa kirsten Stewart,ormai totalmente relegata all'insulsa serie "Twilight".
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shirub
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mercoledì 23 settembre 2015
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concorde
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Concorde con l'opinione di Darjo più sopra. Aggiungo solamente: più che una ricerca di sè stesso è una fuga sgangherata da una situazione familiare che indubbiamente ha coinvolto nel profondo il protagonista. Una forma di ribellione terminata in tragedia. Sia per lui che per le persone a lui care. Più che un viaggio di avventura, pur essendo tuttavia innato il desiderio del protagonista di estraniarsi dalla civiltà, diviene quindi una fuga, ammessa infine dallo stesso in punto di morte: l'uomo è un essere sociale. Concordo inoltre con l'enorme carne sul fuoco posta da Penn sotto forma di aforismi e citazioni che cercano di mostrare una profondità tuttavia superficiale nel protagonista.
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Concorde con l'opinione di Darjo più sopra. Aggiungo solamente: più che una ricerca di sè stesso è una fuga sgangherata da una situazione familiare che indubbiamente ha coinvolto nel profondo il protagonista. Una forma di ribellione terminata in tragedia. Sia per lui che per le persone a lui care. Più che un viaggio di avventura, pur essendo tuttavia innato il desiderio del protagonista di estraniarsi dalla civiltà, diviene quindi una fuga, ammessa infine dallo stesso in punto di morte: l'uomo è un essere sociale. Concordo inoltre con l'enorme carne sul fuoco posta da Penn sotto forma di aforismi e citazioni che cercano di mostrare una profondità tuttavia superficiale nel protagonista. Un pò come leggere le esperienze proferite da alti autori (i suoi preferiti) e farle proprie, assodate, senza però averle mai vissute. Con i social questo fenomeno è sempre più in voga e lascia trasparire esclusivamente quanto ognuno di noi debba scoprire la "propria" verità attaverso l'esperienza della vita, per poterla raccontare con parole proprie. Ottima la fotografia, film per nulla noioso e coinvolgente il soundtrack. 3 stelle perchè il film ha dato comunque da riflettere.
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dosius
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martedì 3 marzo 2020
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selvaggiamente bello
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Sean Penn non è solo un attore accattivante (“Mystic River”, “Milk”), ma anche un regista molto bravo. Dirige il film in maniera ottima e con pochissimi buchi di scena, riesce ad appassionare il pubblico e la critica grazie a un ottima colonna sonora di Eddie Vedder (cantante dei Pearl Jam), ma soprattutto con un cast eccezionale: non che E. Hirsch sia un attore famoso, ma qui da il meglio di se e i risultati si vedono. L’amore e la paura per la natura selvaggia è uno dei temi centrali del film, insieme ai problemi sociali del mondo. Sono rimasto perplesso, come molte altre persone, quando ho visto che il film è vietato ai minori di 14 anni! Per quale motivo? Forse perché fa scandalo vedere lo squartamento di un’alce o una scena di nudo di pochi secondi, o molto probabilmente questo film quando è uscito ha creato un po’ di fastidi allo stato americano: il motivo per cui non ha vinto molti Oscar e in particolare come miglior film è miglior regia.
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Sean Penn non è solo un attore accattivante (“Mystic River”, “Milk”), ma anche un regista molto bravo. Dirige il film in maniera ottima e con pochissimi buchi di scena, riesce ad appassionare il pubblico e la critica grazie a un ottima colonna sonora di Eddie Vedder (cantante dei Pearl Jam), ma soprattutto con un cast eccezionale: non che E. Hirsch sia un attore famoso, ma qui da il meglio di se e i risultati si vedono. L’amore e la paura per la natura selvaggia è uno dei temi centrali del film, insieme ai problemi sociali del mondo. Sono rimasto perplesso, come molte altre persone, quando ho visto che il film è vietato ai minori di 14 anni! Per quale motivo? Forse perché fa scandalo vedere lo squartamento di un’alce o una scena di nudo di pochi secondi, o molto probabilmente questo film quando è uscito ha creato un po’ di fastidi allo stato americano: il motivo per cui non ha vinto molti Oscar e in particolare come miglior film è miglior regia. Infatti non era nemmeno tra le nomination di questi due premi. Ha vinto tutto nel 2007 “The Departed” che è un bel film, ma sinceramente anche se è completamente diverso, non può neanche sperare di essere bello come il grande “Into the Wild”. Il film è puro e interessante perché rischia il tutto per tutto con una storia che tocca.
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jonnylogan
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domenica 1 settembre 2024
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perdersi per ritrovarsi
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“Perdersi per ritrovarsi ….”
– Chris McCandless
Questo il messaggio veicolato dal terzultimo film diretto da Sean Penn, gravemente snobbato fra i vincitori della notte degli Oscar 2008 ma non certo ignorato al botteghino. La vita di un ragazzo agiato che solamente attraverso i classici della letteratura riuscì a placare un vuoto interiore altrimenti incolmabile.
Fra gli autori prediletti da McCandless, e sua vera fonte d’ispirazione: Jack London, con i suoi Il richiamo della foresta (The Call of the Wild; 1903) e Zanna Bianca (White Fang; 1906) e soprattutto Henry David Thoureau, filosofo e autore americano del XIX secolo, precursore dell’ambientalismo e reso celebre dal suo romanzo autobiografico: Walden, ovvero vita nei boschi (Walden; or, Life in the Woods; 1854).
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“Perdersi per ritrovarsi ….”
– Chris McCandless
Questo il messaggio veicolato dal terzultimo film diretto da Sean Penn, gravemente snobbato fra i vincitori della notte degli Oscar 2008 ma non certo ignorato al botteghino. La vita di un ragazzo agiato che solamente attraverso i classici della letteratura riuscì a placare un vuoto interiore altrimenti incolmabile.
Fra gli autori prediletti da McCandless, e sua vera fonte d’ispirazione: Jack London, con i suoi Il richiamo della foresta (The Call of the Wild; 1903) e Zanna Bianca (White Fang; 1906) e soprattutto Henry David Thoureau, filosofo e autore americano del XIX secolo, precursore dell’ambientalismo e reso celebre dal suo romanzo autobiografico: Walden, ovvero vita nei boschi (Walden; or, Life in the Woods; 1854). Già incensato dal professor John Keating de L’attimo Fuggente (Dead Poets Society; 1989).
Autori che, nella mente dell’appena ventiquattrenne Chris diventano immediatamente dispensatori di consigli e mentori di uno stile di vita molto differente rispetto a quello che la sua famiglia avrebbe anelato per lui. Penn, partendo dal romanzo omonimo scritto dal giornalista per diletto e alpinista, per professione, Jon Krakauer; e dopo aver lottato per oltre dieci anni con i genitori di McCandless, per poter portare sul grande schermo la storia di Chris, è riuscito nel non facile compito di restituire una dignità e una maggiore profondità alla figura di un ragazzo che da molti è stato osservato con grande ammirazione, ancora oggi le peregrinazioni di McCandless sono replicate da stuoli di ammiratori. Ma da altri tacciato di una grave serie d’inutili imprudenze. Nel mezzo una storia struggente, ripercorsa attraverso i ricordi e le testimonianze delle persone che nel corso dei due anni hanno avuto occasione d’incontrarlo, che gli hanno parlato cercando di capirne le ragioni che lo hanno portato a una scelta così drastica e in controtendenza.
Una pellicola accompagnata da una splendida fotografia e da un altrettanto splendida
colonna sonora composta dal leader dei Pearl Jam: Eddie Vedder che per l’occasione ha scelto di creare una serie di brani inediti ed esclusivamente acustici.
Sullo sfondo le movenze di Emile Hirsc, le cui variazioni di peso, necessarie a sottolineare la vita fatta di stenti di McCandless, e un’interpretazione mirata a enfatizzarne le idee molto radicali, ne hanno velocemente proiettato le azioni nel jet set della mecca di Hollywood. Il contorno è una sfilata di situazioni e personaggi, questi ultimi interpretati da un nugolo di ottimi caratteristi fra cui è difficile non notare l’attore e produttore cinematografico Vince Vaughn e William Hurt nel ruolo del padre di Chris.
Film imperdibile se siete appassionati di viaggi e letteratura. E in ogni caso da vedere per rendersi conto che a volte la realtà può facilmente superare la fantasia e la finzione.
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