Dracula di Bram Stoker

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Un film di Francis Ford Coppola. Con Gary Oldman, Winona Ryder, Anthony Hopkins, Keanu Reeves, Cary Elwes.
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Titolo originale Dracula. Horror, durata 128 min. - USA 1992. MYMONETRO Dracula di Bram Stoker * * * * - valutazione media: 4,27 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Fedeltà non al 100% ma lo scopo finale è intatto. Valutazione 3 stelle su cinque

di Great Steven


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domenica 17 agosto 2014

DRACULA DI BRAM STOKER (USA, 1992) diretto da FRANCIS FORD COPPOLA. Interpretato da GARY OLDMAN – WINONA RYDER – ANTHONY HOPKINS – KEANU REEVES – RICHARD E. GRANT – CARY ELWES – BILLY CAMPBELL – SADIE FROST – TOM WAITS – MONICA BELLUCCI § Nel 1480, brutale paladino dell’Europa cristiana contro i turchi invasori, maledice Dio e diventa vampiro dopo che sua moglie muore suicida, credendo che lui sia perito in battaglia. Nel 1897, a Londra, il conte Dracula vede in Mina Murray la reincarnazione della consorte e per amore si rifiuta di farne una sua simile, ma lei, infatuata, beve il suo sangue. In Romania i due si riuniscono. Ridotto a un mostro, Dracula le chiede di dargli pace, e lei obbedisce. Su una sceneggiatura di James Hart – che ha attinto anche da The Annotated Dracula di Leonard Wolff – e con almeno quaranta milioni di dollari dalla Columbia Tristar (Sony) a disposizione, Coppola dà una struttura epica, romantica e luciferina al personaggio, e continua il suo percorso di sperimentazioni stilistiche con una serie di invenzioni narrative, tecniche, cromatiche, figurative. Incorpora nel film la dimensione diaristica del libro. Fa subire a G. Oldman numerose metamorfosi diaboliche o zoologiche. Ricorre solamente a effetti speciali di carattere fotografico (quindi non computerizzato). Effettua una puntigliosa ricostruzione della Londra vittoriana di fine Ottocento con qualche civetteria e almeno un anacronismo storico (la sequenza del cinematografo). Riempie il film di rimandi al romanticismo e al simbolismo pittorico del XIX secolo con curiose escursioni orientaleggianti (i costumi della giapponese Eiko Ishiota) ed espliciti agganci alla più raffinata grafica del fumetto, oscillando dal poetico al ridicolo involontario, dal gratuito al grossolano. È una pellicola senza stile perché ne insegue troppi. È il Dracula di W. Ryder: la parte stupefacente è la sua, non quella di Oldman, troppo coperto da trucchi e travestimenti. Il film non è comunque troppo fedele al romanzo di Stoker come il titolo lascia supporre. Ispirato figurativamente a Bruegel, detto “degli inferni”, a Magritte e all’espressionismo in generale, l’opera di Coppola è una grandiosa revisione del mito cinematografico del celebre vampiro. Nulla viene risparmiato per colpire ogni tipo di pubblico. È il solo ma non trascurabile limite del film, che pecca per un eccessivo accumulo di stereotipi deformati dal desiderio di sorprendere. Tuttavia il risultato finale è parente prossimo del capolavoro. Straordinaria l’intuizione di mostrare i due protagonisti mentre vanno al cinema: siamo alla fine di un secolo, come se Dracula, da sempre sfruttato sullo schermo, volesse vendicarsi di sé stesso. Se la Ryder e K. Reeves sono il prezzo pagato alla giovane generazione degli spettatori, Oldman e A. Hopkins sono i continuatori dell’infinita stagione dei magnifici interpreti del grande cinema. E chi oserà realizzare ancora un film sul mefistofelico conte? La sfida è aperta. Qualche parola in più va spesa per celebrare le splendide interpretazioni dei personaggi principali: oltre al protagonista, cupo e ombroso come richiede la spiegazione letteraria, nonché assetato di vendetta e con inclinazioni omicide, c’è una bravissima Ryder che ci regala una Mina Murray coraggiosa, intraprendente e indipendente, che sa sacrificarsi per la giusta causa pur di aiutare gli uomini con cui collabora a portare a termine il loro pericolosissimo e oneroso compito; Hopkins è un dottor Abraham Van Helsing istruito, colto, pragmatico e determinato, che fa della sua senile (ma non vetusta) saggezza lo strumento per distruggere tutto ciò che può giovare al Conte per rimanere in vita, consigliando nella maniera più savia i compagni e rassicurandoli con la sua caparbietà e il suo desiderio di procedere negli incarichi gravosi che intraprende con tanto ardore e malcelata vanità; Reeves incarna Jonathan Harker, l’archivista/bibliotecario che su invito di Dracula va a visitare il suo castello in Transilvania, rimanendone intrappolato e ricevendo le stregonesche cure delle spose di Dracula (una delle quali è un’irriconoscibile e melliflua M. Bellucci) ma riuscendo in seguito a fuggire per salvarsi la pelle, e la sua interpretazione non pecca di superbia ma al contrario regala emozioni per la sua audacia e il suo temperamento mascolino e ben forgiato; C. Elwes è un Lord Arthur Godalming pratico, serio e diplomatico, che non rinuncia ad aiutare i colleghi con le sue conoscenze altolocate e il titolo nobiliare di cui si fregia unicamente a fin di bene e mai per egoismi esibizionistici; B. Campbell è un Quincey Morris dotato di acume e pazienza, che sta accanto ai suoi aiutanti nella gelida e rischiosa missione che lo attende al pari degli altri per mettere alla prova il suo sangue freddo e la sua temerarietà, contando sui valori che porta l’amicizia come un trofeo conquistato in una gara sportiva che ripaga della fatica di un’azione improba; R. E. Grant è, infine, un dottor John Seward che segue con maestria il suo paziente zoofago e introverso Renfield (un T. Waits molto singolare, curioso ed eccentrico) e si accalca nella missione contro Dracula con tutta la sua professionalità e il suo bagaglio di conoscenze scientifiche avanzate, senza mai indietreggiare e senza perdere la speranza che alberga nel suo cuore. Come ripeto, la fedeltà al romanzo non è totale, eppure il copione non ha travisato il senso dell’orrore e la suspense metodica che le pagine di Bram Stoker propinano al lettore in un crescendo rossiniano di amori, passioni, ferocie, atrocità, percorsi indaffarati ed ellenismi sfavillanti. Il fine ultimo dell’opera scritta è non stato perciò tradito e, se fosse ancora vivo, l’autore se ne rallegrerebbe sicuramente. Tre Oscar: costumi, trucco, montaggio della colonna sonora.

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