Chi è Takeshi Kitano? L'icona del nuovo cinema giapponese? Un anarchico comico televisivo? Il cantore di profondi silenzi? Un artista dai molteplici talenti? Espandi ▽
Approfittando della personale di Kitano pittore tenutasi alla Fondation Cartier di Parigi (2010) e tenendo come traccia l’attaccamento dell’artista alla spontaneità della propria dimensione infantile, Yves Montmayeur confeziona una descrizione ricca e documentata di una personalità creativa multipla e iperattiva, fornendo molte informazioni basilari sulla sua infanzia e formazione professionale, a volte integrate da eleganti disegni, lì dove l’apparato iconografico manca. A tenere i fili rossi del profilo è Michel Temman, giornalista francese (autore della monografia “Kitano par Kitano”, Grasset), insieme a pochi, selezionati collaboratori e colleghi di Beat Takeshi. Il taglio è anti didattico, il montaggio invisibile, le scene estratte dai film (da Sonatine a Outrage) pertinenti alla costruzione di un complesso profilo psicologico.
Il film tiene insieme l’uomo dalle mille vite, l’autodidatta iconoclasta ma anche il vero samurai, il buffone antisistema che si prende in giro e il professionista che fa le cose sul serio. Il fool shakespeariano e il vendicatore degli emarginati. Un bambino del 1947 che irride l’autorità ma sa far trasparire la felicità pudica dell’essere apprezzato per la sua sintesi grafica che è l’essenza della tradizione giapponese. Accade quando parla una leggenda come Akira Kurosawa: “Mi sono piaciuti tutti i tuoi film, Beat. E sai perché? Perché non danno spiegazioni superflue”.