The Movie of My Life

Brasile del Sud, anni Sessanta. Quando Tony Terranova, ventenne, torna al paese di Remanso col sorriso sul volto e il diploma di professore in tasca, suo padre sale sullo stesso treno per sparire per anni, abbandonando moglie e figlio e dicendo di dover far ritorno in Francia, sua patria natìa. Ma sarà a pochi chilometri da dove vive, in un centro urbano poco più grande, dentro una sala cinematografica, che Tony scoprirà la verità su suo padre e sulla sua lunga assenza.

Selton Mello adatta il romanzo del 2010 di Antonio Skármeta, pubblicato in Italia come "Un padre da film", trasportandolo dal Cile al Brasile, per volontà dello scrittore stesso, ma lasciando risuonare, come già sulla carta, le canzoni di Jean Sablon e di Yves Montand e approfittandone per portare dalla sua parte dell'Oceano anche il cinema francese di quel periodo, ovvero il cinema della Nouvelle Vague.

Il progetto estetico di Mello appare però subito confuso, allo stesso tempo ambizioso e impolverato, desideroso di fare di The Movie of My Life un film senza tempo, intriso di colorata nostalgia e possibilmente fortunato come un Nuovo cinema Paradiso o un Postino, e però spesso ingenuo e stucchevole nella costruzione di quella stessa nostalgia, fatta coincidere banalmente con una fotografia effettata o con una voice over letteraria.

Il romanzo di formazione di Tony, svezzato dall'esperta Camelia, assoggettato al fascino della bellissima Petra ma realmente innamorato di sua sorella, l'altrettanto sensuale Luna, e a sua volta mentore del terzo fratello, il più piccolo Augusto, funziona meglio del racconto drammatico di come pesa l'assenza del padre su di lui e sulla madre rimasta sola e desiderante. L'affresco giovanile permette al regista di muoversi con freschezza, sfruttando stilemi e inquadrature nouvelle vague in maniera forse modaiola ma efficace; il resto del tempo è invece occupato da un film radicalmente diverso, artificialmente nostalgico, nel quale Vincent Cassel sembra non saper bene che fare, se agire con distacco o complicità, e finisce per prestarsi come una marionetta.

Selton Mello, alla sua terza regia, ritaglia per sé anche un ruolo importante da interprete, quello del personaggio di Paco, un uomo che non conosce la poesia e giudica il tempo passato in compagnia di un western di Hawks tempo perso. Fuor di finzione è invece evidente la volontà di Mello regista di omaggiare l'arte del cinema e il suo potere mitopoietico, ma troppo spesso l'omaggio appare innamorato di sé più che del suo vero referente. 