Titolo originale | Porto |
Anno | 2016 |
Genere | Drammatico, Sentimentale |
Produzione | USA, Francia, Portogallo, Polonia |
Durata | 75 minuti |
Regia di | Gabe Klinger |
Attori | Anton Yelchin, Lucie Lucas, Françoise Lebrun, Paulo Calatré, Chantal Akerman Florie Auclerc, Diana de Sousa, Filomena Gigante, Rita Pinheiro, Aude Pépin, Leonor Brunner, Leonor Cordes, Naga. |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 5 ottobre 2017
Due outsider che vivono a Porto si incontrano e vivono un momento travolgente. Qualche tempo dopo cercano di ricordare quell'episodio.
CONSIGLIATO SÌ
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Jake è un americano espatriato, Mati una studentessa francese. Si incontrano nella suggestiva Porto e passano insieme una notte che segna le loro vite, ma soprattutto quella di Jake.
Il breve incontro tra i due è alternato ad alcuni momenti che si collocano temporalmente dopo quella notte e raccontano del matrimonio di Mati, non esattamente riuscito, delle sue inquietudini mai sopite, e della strenua, apparentemente folle, testardaggine con cui Jake tiene fede negli anni alle sue parole. Varia, a seconda del contenuto delle scene, anche il formato del film. Il cinefilo Klinger gira il suo debutto nel cinema di finzione in Super8, in 16 e in 35, e non si ha mai l'impressione che sia una scelta fatta per vezzo: piuttosto, il presentarsi in maniera differente dei diversi momenti è affine e vicino al modo in cui si presentano i ricordi, addolciti e ridimensionati dalla nostalgia oppure sgranati, fagocitanti come un sogno. La dimensione notturna e intima di gran parte del racconto spalleggia questa sensazione onirica, brilla e intorpidita, in cui le frasi che i due amanti si scambiano sono coraggiose e l'incontro è totale e totalizzante. La luce del giorno, invece, racconta una storia diversa. Chi è più pazzo, dunque, Mati o Jake? Chi vede quel che vuol vedere o chi non vede quel che dovrebbe o potrebbe vedere? Porto si ferma prima, non fa domande, non dà risposte, e parla soltanto la lingua degli sguardi, dell'eterno presente verbale di cui è capace il cinema, anche quando è un presente di anni prima o un presente soltanto ipotetico. L'atmosfera romantica della città portoghese, con l'oceano che incalza da un lato e il calore dei caffè che rispondono sottovoce dall'altro, è lo strato di colore che finisce il dipinto, chiudendolo dentro una malinconia ancora palpitante, com'è quella di un bel ricordo amoroso, e dentro una misura calibrata e scelta, quella di un piccolo film con due interpreti di grande bellezza e indubbia intensità.
Ci si mette però di mezzo la vita, anzi la morte, di Anton Yelchin, a reclamare l'ultima parola, l'ultima pennellata. La tragedia del giovane attore carica ogni immagine di sofferenza e di speranza che passa sul suo viso sullo schermo di un'aura definitiva, regalando al film uno struggimento non contemplato, eppure irrifiutabile. Come il terreno dello scavo archeologico dove s'incontrano la prima volta Mati e Jake, anche un film è fatto di tracce sovrapposte lasciate dall'azione umana e dagli eventi naturali, e allo spettatore appassionato è concesso di passeggiare, con rispetto, attraverso la bellezza e la melancolia del sito.