Titolo originale | Qin Ai De Xiao Hai |
Anno | 2014 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Cina, Hong Kong |
Durata | 135 minuti |
Regia di | Peter Ho-Sun Chan |
Attori | Zhao Wei, Bo Huang, Dawei Tong, Lei Hao, Yuqi Zhang Zhang Yi, Guoqiang Zhang, Seung-Shui Cho, Xiang Feng, Xiaoke Guo, Jianxin Huang, Kunjie Huang, Lingmei Kong, Yiqing Li, Xiaomei Liao, Lili Liu, Guojie Pan, Shengnan Wang, Yi Xia, Rui Yan, Ailei Yu, Enning Zhang. |
Tag | Da vedere 2014 |
MYmonetro | 3,18 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 23 febbraio 2017
Dopo Swordsmen e American Dreams in China Peter Chan cambia genere e racconta un dramma familiare. Il film ha ottenuto 1 candidatura a Asian Film Awards,
CONSIGLIATO SÌ
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Bastano pochi minuti di distrazione e una sfortuna coincidenza perchè il piccolo Pengpeng venga rapito gettando i genitori (divorziati) in un oceano di disperazione e furiosa ricerca che passa per clamorose truffe e orrendi raggiri (offrendo una ricompensa a chi lo ritrovi subiscono continuamente telefonate che millantano il ritrovamento per avere il denaro). Dimenticati dallo stato e vessati dai propri pari i genitori passano due anni senza arrendersi e quando l'ennesima soffiata si rivela vera scoprono che la situazione è molto più complessa di quanto non credessero. Forse i protagonisti di questa storia non sono loro.
L'inizio di Dearest non è molto diverso da quello di altri racconti, aderisce in pieno al cinema delle sparizioni e dei rapimenti (quello in cui ad un inizio idillico, turbato dalla subitanea scomparsa di un figlio, segue una furiosa ricerca da parte più dei genitori che della polizia) ma ben presto mostra una capacità di sorprendere e ribaltare ogni aspettativa e ogni regola di genere tali che comincia ad essere evidente che si tratta di una storia vera.
Film da storie vere se ne sono sempre fatti ma la consuetudine era di "ispirarsi" e piegare i fatti alle esigenze di linguaggio e struttura di un film (i tre atti, personaggi chiari e dai caratteri definiti ecc. ecc.), recentemente invece la mescolanza tra vero e falso al cinema sta generando ibridi fenomenali e Dearest ne è un esempio. Nonostante una volontà precisa e forte di commuovere, che porta il film a concedersi molte libertà nel campo della logica della trama (non tutto è preciso, si collega e fila bene) e della ruffianeria strappalacrime, lo stesso i continui cambi di fronte in una storia in cui lo spettatore è continuamente convinto di sapere dove si vada a parare ma viene costantemente sorpreso rivelano gli intenti migliori.
Con uno stile che rifiuta il minimalismo autoriale e fa moltissime concessioni al cinema più commericale (e fa bene) Peter Ho-Sun Chan infarcisce il suo racconto disperato di inseguimenti, corse e scene madri come se volesse mettere la realtà in concorrenza con il cinema. Più i fatti veri si dispiegano in tutta la loro clamorosa problematicità, superando in audacia le solite sceneggiature, più il regista cerca di far emergere il linguaggio del cinema per evitare che soccomba a tanta prepotenza, addirittura ampliando lo spettro e, come accenna il titolo, cercando di dire qualcosa di ancora più grande su tutti i tipi di rapporti figlio-genitore.
Se nei film americani di rapimento è lampante e fuor di dubbio chi siano i buoni e chi i cattivi, Dearest riesce a mettere in dubbio anche questo, a metà cambia protagonista e quasi diventa un'altra pellicola. Come un Zhang Yimou di fine anni '90 (quello di La storia di Qiu Ju e Non uno di meno) ma con la voglia di aderire ai generi (in questo caso il melodramma) del cinema di Hong Kong, filma l'odissea di una povera donna in una città spietata, calca la mano sull'orrore dei cittadini cinesi, capaci di approfittarsi di tutto e tutti (prima truffando i genitori in cerca del figlio rapito per ottenere i soldi del riscatto e poi rifiutandosi di aiutare chi ne ha palesemente bisogno). Non solo in Cina i bambini vengono rapiti con una frequenza allarmante ma non c'è nemmeno vero aiuto da parte dei propri pari per chi cerca di ritrovarli e questo è urlato con la rabbia del neorealismo italiano. Peter Ho-Sun Chan mostra uno stato e una popolazione terribili, un paese intero che è il villain di questo melodramma, cioè la forza che mira a tenere separati i protagonisti dalla realizzazione dei propri affetti.
Si può storcere la bocca di fronte alla sfacciataggine con la quale Dearest pretende la commozione del pubblico fin dai primi 10 minuti ma non si può rimanere indifferenti alla maniera in cui per raggiungere il suo scopo cancella ogni preconcetto e sfida ogni buonismo e semplicismo fino allo straziante colpo di scena dell'ultima inquadratura.