Titolo originale | Appurushîdo |
Anno | 2004 |
Genere | Animazione |
Produzione | Giappone |
Durata | 103 minuti |
Regia di | Shinji Aramaki |
MYmonetro | 2,91 su 2 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Dal celebre manga di Masanume Shirow, già autore dell'osannato Ghost in the Shell, un anime ipertecnologico, ambientato in una Terra devastata dalla guerra non-nucleare del 2131.
CONSIGLIATO SÌ
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2131. Una guerra non-nucleare ha distrutto il pianeta Terra. Deunan Knute continua a combattere mentre tutte le linee di comunicazione sono state tagliate e quindi non sa che la Guerra è finita. La ragazza viene poi portata in salvo a Olympus, una città futuristica dove scopre che il suo ex fidanzato è diventato un cyborg.
Deunan scopre che più della metà degli abitanti di Olympus sono cloni, creati per portare stabilità sulla terra. Al comando della città ci sono invece sette saggi e un computer...
Appleseed da un punto di vista drammaturgico è riuscito a metà: il background narrativo, pur classico, è ben realizzato e spiegato con dovizia di particolari, cosa questa che rende necessarie parecchie scene parlate che alla lunga appesantiscono leggermente il ritmo generale. Ghost in the Shell, da un punto di vista contenutistico è ancora molto lontano, ma che stavolta si sia voluta premiare la spettacolarità visiva, è palese: Amaraki è bravo nel riuscire a dare il giusto spazio a tutti i personaggi in poco più di un'ora e mezza di proiezione, ma alla fine, quello che resta del film dopo la visione, è soprattutto l'immagine scintillante delle straordinarie sequenze action, che il film regala, centellinandole fin troppo. Tanto di cappello comunque al team di realizzatori, capace di attentare alla incredulità degli spettatori in più di un momento.
Difficile trovare, al giorno d'oggi, pellicole di animazione capaci di far restare a bocca aperta lo spettatore. Molti film recenti hanno settato nuovi standard qualitativi nella resa grafica di personaggi e fondali ma, Appleseed , nuovo tentativo di rendere su schermo il mondo creato da Masamune "Ghost in the Shell" Shirow , riesce, molto spesso, ad esaltare e sorprendere, a dispetto di qualche ingenuità a livello narrativo.
Il film è realizzato con una tecnica chiamata "3D live anime", piuttosto ostica da descrivere compiutamente, che permette di avere un realismo assoluto per quanto concerne i fondali (fotorealistici), ed una più spiccata caratterizzazione "anime" per quanto riguarda i personaggi. Questi ultimi però sono realizzati con una sorta di cell-shading che fa sì che i contorni delle figure appaiano nettamente staccati dal fondale su cui si muovono e che alcuni particolari, i capelli ad esempio, appaiano molto meno particolareggiati di quanto non siano in realtà.
La conseguenza di tutto ciò è che, nelle sequenze in movimento, sembra davvero di assistere ad un filmato in computer grafica della centesima generazione, mentre nelle parti più statiche, di osservare un wallpaper creato con risoluzioni differenti in base agli oggetti e persone che vi sono rappresentati.
In ogni caso, e per dirla in breve, l'impressione generale è di piacevole sbigottimento.
Spese le necessarie parole per esaltare la realizzazione tecnica, che sicuramente farà storcere il naso a qualcuno, ma che rappresenta di fatto un vero e concreto passo in avanti (forse sarebbe meglio dire laterale) rispetto ai canoni convenzionali del cinema di animazione nipponico, l'analisi del plot e della sceneggiatura, comporta un impegno decisamente meno oneroso in termini di caratteri.
Infatti, nonostante i tentativi di regista e del duo composto da Haruka Handa e Tsutomu Kamishiro (gli sceneggiatori) di creare qualcosa di "altro" e diverso rispetto alle trame classiche delle produzioni di questo tipo, non si può non notare una certa rozzezza e banalità nella composizione dei personaggi che sanno di stereotipo lontano un miglio. Appleseed da un punto di vista drammaturgico è riuscito a metà: il background narrativo, pur classico, è ben realizzato e spiegato con dovizia di particolari, cosa questa che rende necessarie parecchie scene parlate che alla lunga appesantiscono leggermente il ritmo generale. Ghost in the Shell, da un punto di vista contenutistico è ancora molto lontano, ma che stavolta si sia voluta premiare la spettacolarità visiva, è palese: Amaraki è bravo nel riuscire a dare il giusto spazio a tutti i personaggi in poco più di un'ora e mezza di proiezione, ma alla fine, quello che resta del film dopo la visione, è soprattutto l'immagine scintillante delle straordinarie sequenze action, che il film regala, centellinandole fin troppo. Tanto di cappello comunque al team di realizzatori, capace di attentare alla incredulità degli spettatori in più di un momento. Alla fine del film ci si rammarica, perché, vista la grandiosità degli ultimi venti minuti, caratterizzati da quella che è la migliore sequenza action degli ultimi anni, capace di racchiudere in sé pathos, mirabilie tecniche e colpi di scena serrati, grazie ad un montaggio semplicemente divino, se ne vorrebbe ancora. E ancora. E ancora.