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Nimic di Lanthimos e altri corti d’autore. Cinque grandi new entry in streaming su MYmovies

Si amplia il catalogo di WeShort con cortometraggi premiati nei maggiori festival e candidati agli Oscar.
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di Luigi Coluccio

martedì 19 marzo 2024 - mymoviesone

Capolavori del passato e classici moderni, cinematografie vicine e lontane, registi cult e star mondiali: l’offerta di MYmovies ONE è in continuo aggiornamento ed espansione, toccando ogni angolo della Settima Arte. Ora anche la library del canale tematico WeShort si arricchisce ancora di più con l’arrivo di cinque corti d’autore tutti passati per le nomination – e le vittorie – dei festival e dei premi più importanti.

E si parte con chi ha fatto incetta di riconoscimenti nel 2024, cioè Yorgos Lanthimos. Reduce dalla serata degli Oscar con quattro statuette vinte (tra cui Emma Stone miglior attrice) per Povere creature!, Lanthimos prima del successo globale di quest’anno ha incastonato nella sua particolarissima filmografia un corto che è assieme summa e frammento di quello che era venuto prima – Nimic
 

Uscito nel 2019, e ora presente nel catalogo di MYmovies ONE, si tratta di una preziosa occasione per vedere all’opera nel formato breve l’autore greco, che come nel precedente corto Necktie e nel successivo Bleat, non rinuncia ad un grammo della sua poetica. Un uomo (Matt Dillon) è alle prese con la sua routine, la mattina le uova, poi colazione con con la famiglia, quindi le prove da violoncellista e via di seguito; un giorno, sulla metro, chiede l’ora ad una donna (Daphne Patakia); da lì in poi lei inizia a seguire lui, finché i rispettivi ruoli verranno meno... Tra fish-eye e movimenti di macchina oppressivi, Nimic è puro Lanthimos-distillato
 


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Nimic segue un violoncellista professionista che incontra una sconosciuto in metropolitana. Da quel momento, la vita dell'uomo non sarà più la stessa.

Sono invece delle indagini sulle relazioni umane e cosa le muovono The Letter Room e Man of the Hour. Il primo, firmato nel 2020 dalla documentarista Elvira Lind (nomination agli Oscar di quell’anno), e interpretato da Oscar Isaac e Alia Shawkat, mette in scena la connessione che si può creare anche in una prigione, e anche tra sorvegliante e sorvegliato, grazie a delle semplici emozioni vergate su carta. Da qui Lind parte per un piccolo quadro dell’America di oggi, fatta di così tante barriere che quella del carcere è solo l’ultima e definitiva.

Il secondo, invece, della coppia (nella vita come dietro la macchina da presa) Linda Ludwig e James Curle, mette al centro Gemma e il misterioso invito che riceve per presenziare alla festa del milionario Jeremy e farsi passare come sua amica di vecchia data, ma chi è davvero quel facoltoso padrone di casa che sembra non avere nessuno? Vincitore a Cannes nel 2018, il corto di Ludwig e Curle, spicca per una costruzione visiva sfarzosa e produttivamente impeccabile.


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The Letter Room segue un agente penitenziario che si lascia coinvolgere nelle vicende personali di un detenuto.

Ma anche gli ultimi due nuovi arrivi non sono da meno, a partire da The Dress del polacco Tadeusz Lysiak. Nato come saggio di diploma della Warsaw Film School, già vincitore all’Atlanta Film Festival e nominato agli Oscar nel 2022, il corto di Lysiak è una lenta discesa nell’esistenza solitaria delle persone affette da microsomia (nanismo): Julia lavora come donna delle pulizie in un motel, sempre spinta ai margini a causa della sua disabilità; quando un camionista inizia a frequentare la struttura e le chiede di uscire, le cose sembrano cambiare – ma sarà davvero così?

Un altro colpo al cuore e alle società create dagli uomini è Ala Kachuu – Take and Run di Maria Brendle (candidato agli Oscar nello stesso anno di Lysiak). Qui seguiamo la straziante vicenda di Sezim, giovane studentessa di Biskek, capitale del Kirghizistan, che viene rapita e portata nelle aree rurali dove sarà data in sposa ad un altro ragazzo. Il corto di Brendle ha necessitato di anni di ricerche e documentazione, per una pratica rituale, quella del rapimento di ragazze a scopo di farle sposare in modo forzato (l’ala kachuu, appunto), che tutt’ora riguarda decine di migliaia di casi ogni anno.


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