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Janet De Nardis: «Il mio film è un invito a riflettere sui pericoli della tecnologia»

Pericoli della tecnologia, segreti, violazione della privacy nel debutto alla regia di Janet De Nardis Good Vibes.
di Claudia Catalli

martedì 10 ottobre 2023 - Incontri

Pericoli della tecnologia, segreti, violazione della privacy, manipolazione, spionaggio. Tutto questo ha voluto raccontare l’attrice Janet De Nardis, nel film che segna il suo debutto alla regia Good Vibes. Al centro c’è una misteriosa quanto potente applicazione che consente a chiunque ne entri in possesso di accedere ai dati più sensibili di chiunque. 

Com’è nata l’idea di questa app che hackera segretamente i profili?
«Da una chiacchierata con i miei cosceneggiatori Ersilia Cacace e Mirko Virgili. Avevamo già iniziato a scrivere la storia, partendo dall’idea che si potesse spiare la vita degli altri attraverso la tecnologia. Immaginando che certe realtà, come ad esempio i servizi segreti, possano entrare nei telefoni di chiunque abbiamo tirato fuori questa idea della app, rendendola più fantastica attraverso l’uso degli effetti speciali. Di base il film è una metafora per raccontare i veri pericoli della tecnologia che ci attendono nell’immediato domani. Credo che l’abuso della tecnologia e l’insistenza a mettere in piazza ogni aspetto della vita siano tendenze molto pericolose per tutti, specie per le nuove generazioni, controllate di continuo in ogni aspetto, partendo dal registro elettronico a scuola. 

Perché ha scelto “Good Vibes” come titolo?
Good Vibes perché ogni volta che un personaggio entra in possesso del cellulare le prime vibrazioni sono positive, si rende subito conto del grande potere che ha in mano, poi tutto peggiora perché la tentazione di abusare del potere si rivela troppo forte.

Che cosa l’ha spinta a esordire alla regia?
Dopo un percorso nel mondo del cinema attraverso spot, corti, sceneggiature e festival, sentivo la voglia di volermi esprimere dietro la macchina da presa. Mi piaceva far riflettere il pubblico sulle conseguenze dell’abuso della tecnologia e dell’esaltazione del mezzo tecnologico, in questo caso il cellulare. 

Che cosa ha imparato firmando questa sua opera prima?
È stato un film difficilissimo con una produzione molto complicata, ho imparato che tutto riesce se hai una grande squadra e la mia lo è stata, mi hanno ascoltato e sostenuto in tutta la lavorazione.

Il suo film inizia come un teen movie, poi diventa un thriller sul femminicidio, poi un gangster movie: ci spiega questa scelta di forte eterogeneità?
Volevo raccontare realtà totalmente diverse, attraversare mondi differenti permette di mostrare come la quotidianità sia fatta di persone e ambienti completamente diversi tra loro. Il messaggio è lo stesso ed è rivolto a tutti: attenzione all’appiattimento sulla tecnologia di cui siamo tutti vittime. Potremmo diventarne consapevoli e proteggerci dalle peggiori conseguenze, il mio film è un invito a rifletterci. Ho scelto di usare la lente del cinema di genere, che tra le nuove generazioni va molto: amo molto il thriller, il fantasy, tutto quello che esula dal “semplice” dramma o commedia. Trovo più interessante la commistione tra i generi.

Come ha lavorato con il cast, da Vincent Riotta a Caterina Murino, passando per Mimmo Calopresti?
Da maniaca del dettaglio quale sono ho cercato di non lasciare nulla al caso, sono stata pressante e anche un po’ assillante con gli attori nel lavoro di ricerca dei loro personaggi, mi premeva curare al meglio la riuscita delle interpretazioni di cui oggi sono orgogliosa. Da Vincent Riotta e Caterina Murino ho visto grande messa in discussione e disponibilità di arricchire di sfumature i loro personaggi, carichi di sottotesti anche nei numerosi primi piani che ho utilizzato, per puntare all’intimismo della rappresentazione avendo un budget ristretto a disposizione.

Quali sono i suoi modelli cinematografici?
Come interpreti ho sempre amato Charlize Theron e il poliedrico Will Smith. Come Steven Spielberg e Christopher Nolan. Tra gli italiani considero Paolo Sorrentino un’ispirazione costante, riesce a rendere magica ogni inquadratura. Tra gli attori stimo Luca Marinelli, Caterina Murino - con cui sono stata fiera di poter lavorare prima che fosse chiamata come Madrina di Venezia - e Valentina Bellè che trovo bravissima. 

Sta preparando già la sua opera seconda?
La sto scrivendo, sarà un fantasy per famiglie molto lontano da questo. Parte da un mio vissuto – ma non è autobiografico – e affronta il tema della maternità.


 


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