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Sessant'anni fa moriva Marilyn Monroe

Warhol le disse: "Diventerai un modello molto importante, forse il più importante del secolo, specie se dovessi morire giovane". Una lettera immaginaria.
di Pino Farinotti

Marilyn Monroe (Norma Jean Baker) 1 giugno 1926, Los Angeles (California - USA) - 5 Agosto 1962, Los Angeles (California - USA).
venerdì 5 agosto 2022 - Focus

 
A questo punto non posso che ringraziare tutti. Sono la donna del secolo. Lo sono diventata dopo che ero morta, naturalmente. Da qui la prospettiva è diversa, è buona, è esatta. Da qui certo ho capito tutto. Ho acquisito qualità, cultura e anche … vocabolario, tutto ciò che mi ha permesso di scrivere questo racconto.

Credo proprio che abbiate esagerato. Anche se un segnale in quel senso – a dire il vero più di uno – lo avevo avuto anche in vita, dal mio amico Andy Warhol, quando mi aveva dedicato quella sua opera. “Diventerai un modello molto importante, forse il più importante, specie se dovessi morire giovane”. E così è stato. E non so se devo esserne contenta.

Quando venni a Hollywood, dopo la guerra, ero bella, ma ero una delle tante. Basta guardare le foto di quell’epoca, davvero non c’erano segnali del destino che ho avuto. E, lo dico, ero disposta a stare alle regole. In modo meno elegante dico che ero disposta a tutto. C’era naturalmente quella che viene detta gavetta, parlo di piccola pubblicità, parti minime, casting infiniti, quelli non mancavano mai. E poi ruoli in filmetti particolari, diciamo così. E infine le cene i dopo cena, anche quelli non mancavano mai. È vero che tanti produttori avevano il mio numero di telefono, e mi chiamavano, anche quando mi chiedevano di fare… favori ad altri. Come ho detto era la regola, per tante, non solo per me. Un giornalista promise che mi avrebbe dedicato un pezzo. Poi scrisse che io ero il più efficace rimedio per i foruncoli degli adolescenti, dunque socialmente utile.


Tutto ciò che mi è successo, il privato e il pubblico, alla fine è emerso: tutto, e magari più di tutto.
Certo avevo un corpo, eccome, ma c’erano ragazze con gambe più belle e lunghe, con proporzioni migliori delle mie. La famosa scena di Quando la moglie è in vacanza, dove il vento mi solleva la gonna, ha fatto dire a chi non mi amava che le mie cosce erano dei prosciutti. Può darsi che fosse così, ma quasi mai la perfezione ti porta a quel successo sproporzionato, magari è il sedere in fuori, che ti ci porta. E certo l’arte c’era, ballavo e cantavo, e recitavo, ma se ne sono accorti tardi. E poi c’è quel mistero indefinibile, quella grazia inspiegabile che ti dà quel qualcosa in più. Io lo avevo, lo hanno detto tutti, è confermato e accettato. Ma confesso che non sono mai riuscita a capire, del tutto, cos’era.

In un film, Fermata d’autobus, il mio preferito, dico una frase molto personale e molto vera “Gli uomini hanno cominciato a interessarsi a me quando avevo dodici anni”. Era proprio così, e io cercavo di difendermi, ma qualche volta non mi bastò difendermi… piccola com’ero. E così quell’ “interesse” è stato il centro della mia vita. Con una premessa come quella, dagli uomini avrei dovuto aspettarmi felicità, invece sono arrivati dei disastri, quasi sempre.

Joe di Maggio mi ha voluto bene davvero, ma l’ho fatto soffrire. Sapevo di tenerlo in pugno, gliene ho fatte di tutti i colori. Il più grande sportivo americano sposato con la più bella donna americana. Che bella frase. Ma una ancora più bella era “il grande corpo e la grande intelligenza”, che poi era quella di Arthur Miller, il più grande scrittore. Non capivo niente di quello che mi diceva. Non avevo mai letto un libro in vita mia. Per lui ero un simbolo irresistibile, un trofeo, sì, un oggetto, come dicevano. Se fossi stata forte, all’altezza, o magari semplicemente furba, sarebbe stato lui, il trofeo della Monroe.
Una cosa però l’ho capita, meglio l’ho misurata: quanto ero infelice.

E poi il Presidente degli Stati Uniti. Anche in quel caso ero un oggetto. È vero, non c’ero più con la testa. Psicofarmaci, alcol, analisti e tutto il resto. So bene, adesso, quanto fossi ingombrante e insopportabile. E non so se la mia morte c’entri con quella famiglia.
So che sono sempre stata tenuta un passo indietro quando c’era di mezzo il momento e il riconoscimento più alto. Ranieri, il principe, aveva pensato a me, ma gli dissero che ero troppo compromessa, incompatibile col ruolo di principessa, così sposò Grace, che era compromessa quanto me, ma era meno chiacchierata.
E poi l’Oscar: non me lo hanno mai dato, non ero abbastanza “nobile”, appunto. Non avevo, a sentir loro, la giusta qualità. E quanto si sono sbagliati, sappiamo. Ne hanno dati due a Liz, più giovane di me di sei anni, coccolata e protetta. E anche lei ne aveva fatte di tutti i colori.

So adesso che per la mia felicità non era destino. Troppo impreparata, troppo… diseducata e fragile. Ti danno il mondo in mano e le dita si irrigidiscono, e lo lasciano cadere.
Spesso do un’occhiata laggiù, alla mia tomba, al Memorial Park Cemetery. Per anni Joe ha portato dei fiori. E poi altri li portavano. Adesso ci passa qualche visitatore che si ferma un momento. Lo prendo come un segnale: Marilyn, cioè il corpo, è quasi dimenticato, mentre Marilyn, il mito successivo, continua ad essere ricordato, anzi, sempre più ricordato.

Così, come sintesi finale, rilevo l’enorme differenza di Marilyn in vita e di Marilyn dopo la vita. Due donne opposte, semplicemente. Negli ultimi sessant’anni hanno scritto centinaia di libri su di me, migliaia di servizi. Le firme erano, e sono, quelle dei più grandi giornalisti e scrittori. Tutto è stato sviscerato, messo a nudo. A nessuna è stato riservato un’attenzione simile. Chi mi ha conosciuta ha venduto tutto ciò che poteva vendere. È stato scritto un libro persino sulla mia vestizione da morta.

Mi truccarono, mi pettinarono, mi misero un certo vestito verde. Come quando mi preparavano prima del set. Solo che ero lì, inerte e nuda, senza difesa.
E anche adesso che sono emancipata, diciamo così, e capisco tutto, vi dico ancora che con me avete esagerato. Sono diventata uno strumento, postumo, ma confesso, con un mezzo sorriso, che non mi dispiace più di tanto. Mi dispiace molto meno di quando ero uno strumento in vita.

Grazie a tutti, comunque.

Marilyn Monroe
 
 


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