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Christian De Sica: «devo tutto ai cinepanettoni, ma ora voglio battere strade mai tentate»

Ospite a Cortinametraggio, l’attore racconta a MYmovies dei suoi settant’anni, della malinconia, di un cinema diverso e della gioia immensa di esser riscoperto, oggi, dal cinema d’autore. GUARDA SU MYMOVIES I CORTI DI CORTINAMETRAGGIO »
di Giovanni Bogani

sabato 26 marzo 2022 - Incontri

Parla del nuovo film di Paolo Virzì, di cui sarà fra i protagonisti. Parla dei suoi settant’anni, della malinconia, di un cinema diverso: degli autori che adesso lo cercano. Parla dei “boati” in platea, a cui era costretto quando faceva i film per Aurelio De Laurentiis.

Christian De Sica arriva nella “sua” Cortina. Quella che vedeva da bambino insieme a suo padre Vittorio. Quella in cui ha girato il film che gli ha cambiato la vita: “Prima facevo la fame, mangiavo grazie a mia moglie Silvia che faceva la speaker radiofonica. Poi di colpo è cambiato tutto”.

E cambia di nuovo, oggi, per Christian De Sica. Non più legato al successo a tutti i costi, ai “boati” da sentire in platea, previsti già nei contratti con Aurelio De Laurentiis – dice: “nei contratti si indicava che dovevano esserci almeno tre ‘boati’ nel film”. è un Christian De Sica che sta affrontando una nuova fase della sua carriera, e della sua vita. Pacificato. In equilibrio, fra leggerezza e malinconia.

Lo incontriamo a Cortina, in margine al festival Cortinametraggio, vetrina di alcuni dei migliori corti italiani, diretto da Maddalena Mayneri e realizzato in partnership con MYmovies (scopri i film in streaming). Christian parla del nuovo film di Paolo Virzì, del quale sarà uno dei protagonisti. Parla di un altro film, una storia d’amore impossibile, malinconica tra un uomo malato di Alzheimer e una ragazza di vent’anni, che girerà con una regista giovane.

Infine, racconta il suo sogno da regista – il secondo, dopo che ha dovuto rinunciare a interpretare suo padre ne “Le porte del cielo”: un film  che racconta l’amicizia fra lui e un migrante, venditore di occhiali e accendini alla stazione. Parla della guerra, della paura sua e di quella di tutti, di Biden e di Putin. Di Checco Zalone, di come gli piacerebbe fare un film con lui. E dei film che non ha fatto, e che stava per fare: L’uomo delle stelle di Giuseppe Tornatore e un ulteriore episodio del Padrino.


Christian, che cosa è cambiato, per lei, oggi?
“Mi offrono più ruoli, adesso che ho settant’anni. Sembra impossibile, ma è così. Prima i contratti con Aurelio De Laurentiis erano blindati, ogni volta eri legato a lui in esclusiva per anni. Io non rimpiango niente, sono stati anni bellissimi. Ma adesso, essere in qualche modo ‘scoperto’, alla mia età, dal cinema d’autore è una gioia immensa.

Il lavoro con Paolo Virzì a che punto è? Come è stato il vostro incontro?
L’incontro è stato fantastico: sono stato molte volte a casa sua, a parlare del personaggio che dovrò interpretare – le riprese si svolgeranno a maggio, forse inizio giugno. Ho conosciuto un uomo entusiasmante ed entusiasta, con una enorme capacità di unire risate e malinconia.

Il film dovrebbe avere per titolo Un altro Ferragosto. Sarà il sequel di Ferie d’agosto, il suo film del 1995?
Sì: ci sono quei personaggi lì, un quarto di secolo dopo. Attraverso quei personaggi, Paolo Virzì raccontava il paese. E farà lo stesso questa volta.

C’è anche un altro film che sta per girare?
Sì. È la storia di un amore platonico, fra un uomo malato di Alzheimer e una ragazza giovane, con un marito mascalzone. Si parlano da un terrazzo all’altro, capiscono l’uno le sofferenze dell’altra, si stringono idealmente. È una storia molto poetica, diretta da una donna, Caterina Carone.

Sembrano film lontani anni luce dalla comicità dei cinepanettoni.
Ed è così: ma se io oggi sono qui, lo devo a quei film. Per raccontare l’Italia degli anni ’90 devi vedere quei film, e non i film d’autore che non hanno lasciato il segno. Quei film erano quello che erano: ma in ognuno di quei film c’erano cinque minuti fantastici!.

È anche in sala, in questi giorni, con Altrimenti ci arrabbiamo. Sulle tracce di Bud Spencer e Terence Hill…
Ma io sono soltanto in un piccolo ruolo, sono una figura a margine della storia, i cui protagonisti sono Edoardo Pesce e Alessandro Roja. Bud Spencer e Terence Hill sono due miti assoluti dell’immaginario italiano, rappresentano la gioia e la spensieratezza degli anni ’70, del cinema degli anni ’70 che pure galleggiava in un momento storico di enormi tensioni. E quella gioia, quella spensieratezza oggi non esiste più.

Infine c’è un suo progetto da regista.
Voglio battere strade mai tentate. Vorrei mettere in cinema ‘Fannulloni’, il romanzo di Marco Lodoli: intanto sto scrivendo la sceneggiatura. È la storia di un uomo della mia età, e del suo incontro con un ragazzo di colore che vende occhiali alla stazione. Diventano amici, poi si scopriranno delle cose che danno al film un’altra dimensione, diciamo filosofica.

A settantun anni, che bilancio fa della sua carriera, della sua vita?
Apro la finestra ogni mattina e mi dico che è stato un miracolo, che devo ringraziare Dio. Quando mio padre è morto avevo ventitré anni. Non ha fatto in tempo a darmi i consigli che avrebbe potuto darmi, e a ventitré anni si era ancora poco più che bambini. Io ho fatto il cameriere in Venezuela, avevo iniziato a fare spettacoli di nascosto da mio padre, ma quando lui è scomparso non ero nessuno. E anzi, quel nome era pesante da portare. Ho fatto letteralmente la fame per anni: solo quando ho visto Vacanze di Natale, alla prima proiezione di prova, ho chiamato Silvia e le ho detto: Silviè, da oggi si mangia!.

Con chi farebbe volentieri un film?
Checco Zalone è una forza della natura. È l’unico che ha saputo ignorare il politicamente corretto: oggi la comicità ha paura di tutto, lui è scorretto, non se ne cura e ha successo.

Di che cosa ha paura?
Come tutti, ho paura di questo momento. Ho terrore. E ne ho vergogna. Sono cresciuto nel dopoguerra, pensavo che l’umanità avesse dimenticato la guerra, pensavo che scene come quelle che vediamo fossero impensabili. È uno schifo, una vergogna.

Ha rimpianti, nella carriera?
Ho fatto tutto quello che volevo fare, e non l’ho fatto né per i soldi né per la carriera. Solo in due casi ho sfiorato due impegni che mi avrebbero reso felice: sono stato sul punto di girare L’uomo delle stelle di Tornatore e mi avevano già previsto per un episodio della saga Il padrino. Ma è acqua passata. Questo mestiere è tutto una casualità: poi, dentro, ci devi mettere impegno, dedizione, fatica, attenzione fino all’ultimo accento dell’ultima riga del copione.


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