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28° Tokyo Film Festival, apre The Walk

In programma dal 22 al 31 ottobre, un bel mosaico di film giapponesi. In concorso l'italiano Se Dio vuole di Edoardo Falcone.
di Paolo Bertolin

In foto una scena del film d'apertura The Walk del premio Oscar Robert Zemeckis.
Joseph Gordon-Levitt (Joseph Leonard Gordon-Levitt) (43 anni) 17 febbraio 1981, Los Angeles (California - USA) - Acquario.

giovedì 22 ottobre 2015 - Festival

Si apre questa sera con la prima giapponese di The Walk di Robert Zemeckis la 28a edizione del Festival Internazionale di Tokyo. E si tratta certo di un film d'apertura che la dice lunga su un'edizione che pare marcare una battuta d'arresto per il principale evento cinematografico nipponico. Se è certo tradizione consolidata, qui a Tokyo, quella di aprire con pellicole hollywoodiane, il fatto che il film di Zemeckis sia già in regolare distribuzione in molti paesi dà un segnale di fondo del tutto diverso da quello dell'inaugurazione dello scorso anno, quando ad aprire le danze festivaliere fu la prima mondiale di Big Hero 6.

Non c'è dubbio che il 2015 sia stato un anno problematico nel circuito festivaliero: critici e professionisti di settore concordano che la produzione globale non abbia riservato molte sorprese felici e il raccolto di buoni film è stato particolarmente parco per le cinematografie dell'Asia orientale. In questa parte di mondo ha difatti fatto scalpore l'assenza all'ultima Mostra del Cinema di Venezia di nuovi film dalla Corea del sud e dal Giappone (se si esclude un film 'auto-prodotto' nel quadro di Biennale College). L'assenza di film nipponici dal festival che ha premiato e lanciato in Occidente maestri come Kurosawa, Mizoguchi e Kitano è stata percepita come un campanello d'allarme da non sottovalutare.
Ecco che da queste premesse discende un programma che, da un lato, pare un po' debole sul fronte della selezione internazionale, soprattutto a confronto degli ultimi due, tre anni, in cui il concorso pareva aver trovato un buon equilibrio tra scelte artistiche e necessità di compiacere l'industria locale e dall'altro, rafforza e amplia il sostegno alla produzione nazionale, in tutte le sue linee di programmazione.

Ovviamente, è difficile giudicare sulla carta una selezione nel suo complesso, ma salta subito agli occhi che la componente internazionale del concorso principale non include nomi di peso conclamati, a meno che tali non si vogliano considerare l'olandese David Verbeek (Full Contact) o l'estone Veiko Õunpuu (Roukli), che dopo aver vinto il Premio Orizzonti di Venezia 2007 con l'esordio Autumn Ball ha faticato a ripetersi. Si può sempre sperare in qualche sorpresa, ma le voci attorno ai film già passati altrove (come il veneziano Un monstruo de mil cabezas di Rodrigo Plá) non sono particolarmente incoraggiati. Segnaliamo la presenza in concorso anche dell'italiano Edoardo Falcone con la prima internazionale di Se Dio vuole.

Più curiosa pare la competizione Asian Future, dedicata ai nuovi talenti da tutto il continente, dalla Turchia fino all'Indonesia, passando per India, Corea e Thailandia. Spicca in questa sezione la forte presenza cinese, con due titoli dalla Repubblica Popolare (A Simple Goodbye di Degena Yun e Young Love Lost di Xiang Guoqiang), uno da Taiwan (The Kids di Sunny Yu) e uno da Hong Kong (Lazy Hazy Crazy di Luk Yee-sum).

Ma non c'è dubbio che il dato più palese di questa 28a edizione è il riposizionamento strategico attorno al perno della produzione nazionale. In concorso, sono ben tre i film nipponici in corsa per il Sakura Grand Prize; sintomaticamente, si tratta di tre titoli emblematici delle diverse anime della produzione locale. C'è il ritorno dietro la macchina da presa di un autore 'da festival' come Oguri Kohei, noto anche in Italia grazie alla programmazione televisiva di "Fuori Orario" de L'aculeo della morte (Grand Prix du Jury a Cannes 1990) e de L'uomo che dorme (1996) e di un'integrale torinese. Il suo Foujita, biopic di un pittore giapponese che trovò le sue fortune in Francia, interpretato da Odagiri Jo, è la classica produzione 'di prestigio', pensata per i festival e il mercato d'essai internazionali. Vista anche l'ovvia connessione francese, si vocifera che il film fosse già pronto per Cannes. Si prosegue con la nuova prova dell'indipendente 'in ascesa' Fukada Koji, che ritorna in gara a due anni dal fortunato - e appropriatamente rohmeriano - Au revoir l'été; il suo Sayonara è l'adattamento di un testo teatrale ambientato in un Giappone futuro dove umani e androidi convivono e condividono un'atmosfera post-apocalittica da day after. Infine, Nakamura Yoshihiro rappresenta la rodata produzione di genere degli studio locali (Shochiku, in questo caso) con il J-horror The Inerasable.
C'è poi la chiusura (slot tradizionalmente locale) con Terminal, adattamento di un best seller locale ad opera di Shinohara Tetsuo, la presenza in Asian Future della produzione Nikkatsu The Actor, il consueto, rinvigorito concorso locale Japanese Cinema Splash, da cui sono emersi negli ultimi due anni film notevoli come FORMA di Sakamoto Ayumi (Premio Fipresci al Forum di Berlino 2014) e 100 Yen Love di Take Masaharu (che quest'anno rappresenta il Giappone agli Oscar). A questi, si aggiungono ben due omaggi retrospettivi, uno al grande attore Takakura Ken, scomparso l'anno scorso, e l'altro al cineasta Terayama Shuji, morto a soli 47 anni (ne avrebbe compiuti 80 quest'anno), una sezione di classici digitalizzati (con Ran di Kurosawa e Conflagration di Ichikawa Kon in 4K, nonché quattro titoli della serie Gamera), nonché una nuova sezione panoramica, Japan Now, che propone il meglio dell'ultima annata del cinema nipponico. Tra questi ultimi, troviamo i più recenti film di Koreeda Hirokazu (Our Little Sister, visto a Cannes) e Hashiguchi Ryosuke (Three Stories of Love), le animazioni Miss Hokusai di Hara Keiichi e The Boy and the Beast di Hosoda Mamoru, l'irresistibile ed eccentrico Love & Peace di Sono Sion e, fortunatamente e giustamente, il magistrale Nobi-Fires on the Plain di Tsukamoto Shin'ya, poco compreso alla Mostra di Venezia dello scorso anno.
Se si aggiungono poi due (ottimi) titoli che in Italia si sono visti lo scorso aprile al Far East Film di Udine (La La La at Rock Bottom di Yamashita Nobuhiro e 0.5mm di Ando Momoko), si potrà facilmente concludere che, sì, la sezione compone un bel mosaico della produzione locale, ma che pure qui non ci si addentra in un terreno di caccia per novità e scoperte.

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