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Celentano: dal rock al vangelo

ONDA&FUORIONDA di Pino Farinotti.
di Pino Farinotti

In foto una scena di Joan lui.
Adriano Celentano (86 anni) 6 gennaio 1938, Milano (Italia) - Capricorno. Interpreta Joan Lui nel film di Adriano Celentano Joan Lui - Ma un giorno nel paese arrivo io di lunedì.

domenica 29 marzo 2015 - Focus

Allo spazio Ligera di Milano, a cominciare da mercoledì 25 marzo, a proseguire per i due mercoledì successivi, viene presentato un breve ciclo di film dal titolo: Il cinema di Adriano Celentano fra pop e apocalisse. I titoli sono Yuppi Du, Geppo il folle e Joan Lui - Ma un giorno nel paese arrivo io di lunedì. I primi due sono storie di evasione, commediole, diciamo così, ma Joan è... ben altro. Il titolo è riuscito a mettere d'accordo due Dizionari dei film che raramente sono d'accordo.
Baldini Castoldi: "Celentano mette in scena una personale rilettura del cristianesimo in musical. C'è un'assoluta mancanza di ogni misura e pudore. Il film è un delirio finto-apocalittico che riesce solo a elencare, banalmente, i peggiori luoghi comuni del qualunquismo. Giustamente ignorato dal pubblico."
Newton Compton: "Celentano firma un delirante apologo sui mille mali di questa società preda del maligno. Ma per fortuna un giorno arriva lui, nei panni di un nuovo redentore, ad aprire gli occhi e i cuori della gente ormai corrotta e priva di ideali. Film figlio della megalomania e delle crisi mistiche di un cantante attore che dimostra come i tempi per dare vita in tv a quello scandaloso Fantastico televisivo fossero ormai maturi."
Poi venne "Fantastico", appunto, il programma della Rai che Celentano assunse per il suo ruolo di filosofo, intellettuale, nuovo evangelista. Affrontò i grandi temi della vita e della morte, diede soluzioni che studiosi, maestri di ogni disciplina, ricercatori, autori, santi e pensatori, in venti secoli (parto dal cristianesimo, ma potrei partire da molto prima, dai greci per esempio) non erano riusciti a dare. Avevano potuto solo esprimere il dolore di poterli soltanto affrontare quei temi, mai di risolverli. Ma Celentano, coi suoi monologhi lenti, balbettati, ci spiegava che il paradiso è bello e pieno di fiori, che l'illuminismo non è cosa buona perché è contro la fede, che l'uomo inquina il pianeta e ci indicava i buoni e i cattivi della politica, i famosi "lenti" o "rock". Oltre a mille altre indicazioni. Vera onnipotenza, con tanto di delirio. Una cultura da media inferiore, ignara della propria ignoranza, un pensiero debole, un trionfo qualunquista (appunto) che intendeva assumere il ruolo guida per tutti noi. Tutto questo naturalmente è stato rilevato, più volte e con insistenza dalla fascia che ha superato le medie. Ma niente da fare, Celentano continua ad avere i pulpiti più alti insieme a... un sacco di soldi. Una volta Gianni Minà lo definì "un ignorante di talento". Mi fanno un po' paura queste parole, perché sarebbe bene che il talento non fosse applicato all'ignoranza, che poi con le possibilità infinite di divulgazione di cui dispone, diventa un'arma nucleare. La spiegazione naturalmente sta, come sempre, è notorio, nel business: Celentano ha il gradimento di una larga fascia, ha audience e dunque guai a toccarlo o a fermarlo. È un discorso antico che spiego con una citazione da scuola media inferiore: la Firenze del 1300 era divisa fra le fazioni dei Bianchi e dei Neri, la lotta era dura e mortale, Dante era schierato coi Bianchi. Le fortune alterne portarono il poeta a dover fuggire da Firenze per salvarsi la pelle. Riparò a Verona presso Bartolomeo della Scala. Un giorno camminava in città e incrociò il giullare di corte con tutto il suo seguito. Il giullare fermò il poeta e gli disse: "come mai un sommo vate come te è in queste condizioni? Guarda il tuo abito, vecchio e logoro, e guarda il mio, e guarda questa borsa al mio fianco, è piena di monete d'oro." La risposta dell'Alighieri fu breve: "Perché ce ne sono più dei tuoi che dei miei."

Registro
Ma qui devo cambiare registro, è opportuno e doveroso. Perché una volta c'era l'altro Celentano. C'era il molleggiato, siamo ai primi anni sessanta, che con Bobby Solo e Little Tony rifaceva il solito Elvis, ma con potenza maggiore degli altri due. E poi certe canzoni, come Ora sei rimasta sola, Il tuo bacio è come un rock, 24mila baci, Azzurro, e molte altre, erano il segnale di una stagione, di un'atmosfera o di un amore. Ed erano trasversali nelle generazioni, compresa la mia. E si attestavano nel sentimento e nella memoria come una tradizione leggera e buona. E anche certi film portavano qualità, prima dell'"annunciazione". Ne cito uno, Er più -Storia d'amore e de coltello, picaresco con intelligenza, buono anche per chi sta con l'Alighieri. Com'era speso bene, allora, il talento. Poi è arrivata la via di Damasco, al contrario.

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