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Gianfranco Rosi, non solo Sacro GRA

I tre film precedenti del regista Leone d'Oro in streaming on demand su MYMOVIESWIDE!
di Mauro Gervasini

In foto Gianfranco Rosi.
Gianfranco Rosi 1964, Asmara (Eritrea).

venerdì 11 ottobre 2013 - News

Abbiamo già parlato di Gianfranco Rosi ma torniamo sul luogo del delitto per una "seconda parte" quasi imposta dagli eventi. Il regista, con Sacro GRA, non solo ha vinto uno storico Leone d'oro alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica ma sta riscuotendo un ottimo successo in sala, proporzionale alla sua distribuzione (il primo fine settimana di programmazione ha addirittura avuto la migliore media, battendo blockbuster come Rush e Puffi 2). La vittoria di Sacro GRA ha favorito un dibattito sul documentario di cui stanno beneficiando anche altre produzioni italiane (è notizia delle ultime ore che Con il fiato sospeso di Costanza Quatriglio avrà una distribuzione cinematografica). E ha incuriosito molti spettatori, magari anche cinefili, ma poco abituati al "fuori formato", quel cinema non conforme ai consueti modelli narrativi. Infine, ma non è secondario, in molti siamo andati alla scoperta dei film precedenti di Gianfranco Rosi, la cui visione è importante anche per capire il processo creativo che ha portato a Sacro GRA. Titoli se vogliamo più personali, punti di arrivo di veri e propri viaggi che hanno impegnato il regista per anni.

Da oggi i primi tre lungometraggi di Rosi, Boatman (1993), Below Sea Level (2008) e El Sicario - Room 164 (2010), sono disponibili in streaming on demand su MYMOVIESWIDE!. Se l'ultimo racconta l'incontro con un killer dei narcos messicani nella stanza spesso usata da lui per torturare i nemici, e Below Sea Level è un'immersione nella comunità di homeless di una base militare dismessa nel deserto del Nuovo Messico, Boatman, ambientato a Benares, sulla riva occidentale del Gange, si concentra soprattutto sulla figura di Gopal, un barcaiolo (anche) al servizio dei turisti, capace di acute dissertazioni sulla natura degli uomini, sul rapporto/conflitto tra culture, sulla relativizzazione della morte e della vita, a seconda dei punti di vista. Rosi ha viaggiato tra New York, dove era residente, e l'India per ben tre anni, fermandosi a riprendere Gopal per intere settimane, ma non c'è una sola inquadratura del film (saggiamente in bianco e nero) che possa far sembrare il suo sguardo turistico. Anzi, la scelta della soggettiva rende le riprese stranianti, perché guardando in macchina gli "altri" (non necessariamente "interlocutori": semplici passanti che non capiscono cosa faccia un tizio con quel marchingegno in mano) rendono esotico il regista, il cinema, noi spettatori. Mai il contesto. Un'intuizione fulminante che fa il paio con la scoperta di figure anomale. Quasi presagendo Sacro GRA e la sua densa umanità, Rosi trova un tizio grasso dal forte accento romano che da dodici anni va a Benares a fare yoga e a cercare se stesso (cosa troverà? chissà...). Come a costruire una gag interna (montaggio sempre di Jacopo Quadri, l'unico costante collaboratore di un autore abituato a fare tutto da solo) incontra poi un tizio magro che parla solo in genovese («per farmi capire, perché non so né l'hindi né l'inglese»).

Normalità, quotidianità, eccezionalità. Ossimori di cui si nutre il cinema di Gianfranco Rosi. Tanto che qualcuno ha pensato fossero artefatte certe situazioni di Sacro GRA, come le riprese all'interno dell'autolettiga oppure i monologhi/dialoghi del nobiluomo torinese decaduto. Rosi giustamente non svela le proprie carte, la sua "drammaturgia" presuppone la figura di un regista e di un montatore, perché la realtà non basta a se stessa. È una sintesi poetica di cose che accadono, voci che si sentirebbero comunque pur restando inascoltate. Un po' come il tizio che nel film ha dichiarato guerra al parassita delle palme: quante rumoreggianti creature deve ascoltare prima di riuscire a localizzarne una?

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